N. 233 SENTENZA 30 giugno - 11 luglio 2003
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Questioni oggetto del giudizio - Proposizione in via principale e in via subordinata - Ordine di trattazione - Inversione. Responsabilita' civile - Risarcimento di danni non patrimoniali - Ritenuta esclusione nel caso in cui la responsabilita' dell'autore del fatto illecito venga affermata in base ad una presunzione di legge - Limitazione di un mezzo di prova tipico del processo civile - Conseguente irragionevole contrasto con il principio di parita' delle giurisdizioni, civile e penale - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione. - Cod. civ., art. 2059. - Costituzione, art. 3. Responsabilita' civile - Risarcimento di danni non patrimoniali - Limitazione ai soli casi stabiliti dalla legge - Difetto di rilevanza della questione - Inammissibilita'. - Cod. civ., art. 2059. - Costituzione, artt. 2 e 3.(GU n.28 del 16-7-2003 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 del codice civile, promosso con ordinanza del 20 giugno 2002 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Manetti Luciano ed altri contro Ingretolli Daniela ed altri, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2003. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2003 il giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell'11 maggio 2002, depositata il 20 giugno 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 cod. civ. In punto di rilevanza, il rimettente espone di doversi pronunciare su domande di risarcimento del danno morale avanzate dagli eredi di persone decedute in un sinistro stradale nei confronti dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro stesso. Aggiunge che nessuna delle parti e' riuscita a superare la presunzione di colpa in pari misura concorrente posta a carico di ciascuno dei conducenti dall'art. 2054, secondo comma, cod. civ., cosicche' le suddette domande risarcitorie dovrebbero essere respinte, stante la limitazione posta dall'art. 2059 cod. civ., dovendo - per diritto vivente - escludersi la risarcibilita', ex art. 185 cod. pen., del danno morale nel caso in cui la responsabilita' dell'autore del fatto illecito, pur astrattamente costituente reato, sia accertata in base ad una presunzione di legge e non in base all'oggettiva ricostruzione del fatto. La previsione di risarcibilita' del danno non patrimoniale nei soli casi previsti dalla legge, contenuta nella norma impugnata, sarebbe tuttavia lesiva del diritto fondamentale dell'individuo alla serenita' morale, tutelato dall'art. 2 Cost., oltre ad essere fonte di inique ed ingiustificate disparita' di trattamento, tali da violare il principio di eguaglianza. Sotto altro aspetto, essa avrebbe prodotto - per effetto di orientamenti giurisprudenziali nel tempo consolidatisi - ingiustificate duplicazioni risarcitorie, contrastanti con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, rispetto al tertium comparationis rappresentato dall'art. 2043 cod. civ. Con riguardo al primo dei profili considerati, il rimettente osserva che la norma impugnata si fonderebbe, in definitiva, sull'assunto secondo cui i diritti della personalita' non costituiscono elementi del patrimonio del titolare e la loro lesione non darebbe percio' luogo a risarcimento. Siffatto assunto non potrebbe tuttavia trovare cittadinanza nell'ordinamento costituzionale, posto che tutti i diritti della personalita', nessuno escluso, ricevono tutela dagli artt. 2 e 3 Cost., come e' del resto riconosciuto sia dalla giurisprudenza di legittimita' e di merito sia dalla migliore dottrina. Ne', d'altro canto, potrebbe sostenersi che la sofferenza morale causata dalla perdita di un prossimo congiunto non sia tutelata da alcun precetto costituzionale e quindi - non costituendo un diritto della personalita' - non possa essere risarcita se non nei limiti stabiliti dall'art. 2059 cod. civ. L'assurdita' di una simile tesi, sul piano giuridico, risulterebbe - secondo il rimettente - palese ove si consideri che, secondo l'orientamento prevalente della dottrina, della giurisprudenza di legittimita' e di quella costituzionale, l'art. 2 Cost. sancisce il valore assoluto della persona umana ed e' norma a contenuto precettivo e non programmatico, cosicche' ogni proiezione della persona nella realta' sociale sarebbe suscettibile di assurgere al rango di diritto soggettivo perfetto, con la conseguente configurabilita' di una tutela risarcitoria in caso di lesione. Non potendo dubitarsi che la famiglia sia una delle formazioni sociali nelle quali l'individuo esplica la propria personalita' e che i vincoli famigliari costituiscano proiezione della persona nella realta' sociale, ne discenderebbe che i suddetti vincoli costituiscono, ex art. 2 Cost., oggetto di un diritto soggettivo perfetto. L'art. 2059 cod. civ., impedendone la risarcibilita' in caso di lesione, salvo i casi previsti dalla legge, violerebbe percio' tanto l'art. 2 Cost., frustrando un diritto fondamentale, quanto l'art. 3, con riguardo al principio di eguaglianza, differenziando ingiustamente la situazione di chi perde un congiunto in conseguenza di un illecito accertato e quella di chi invece lo perde in conseguenza di un illecito presunto ex art. 2054 cod. civ. La norma impugnata, d'altro canto, non sarebbe - ad avviso del rimettente - suscettibile di una lettura costituzionalmente orientata, cosi' da superare il prospettato dubbio di legittimita' con riferimento al canone di ragionevolezza. In particolare, non ritiene il giudice a quo di poter condividere la tesi secondo la quale la lesione di un diritto costituzionalmente protetto sarebbe comunque risarcibile, nonostante il tenore dell'art. 2059, in base al combinato disposto dell'art. 2043 e della norma costituzionale di volta in volta violata. In primo luogo, tale orientamento si fonda sull'assunto che l'art. 2043 sia una norma in bianco, ma siffatto assunto e' stato ormai abbandonato dalla giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 500 del 1999, nella quale il danno risarcibile e' espressamente definito come la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse leso, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega. In tale ottica la risarcibilita' discende dunque dal fatto che l'interesse leso sia rilevante per l'ordinamento, a prescindere dall'esistenza di una garanzia costituzionale, e non vi e' dubbio - ad avviso sempre del giudice a quo - che l'interesse alla propria serenita' morale sia preso in considerazione, sotto molti aspetti, dall'ordinamento. Secondariamente, la tesi cosiddetta «del combinato disposto» condurrebbe a svuotare l'art. 2059 cod. civ. di ogni contenuto, atteso che qualsiasi danno morale potrebbe astrattamente ricondursi alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto. Ma tra una interpretatio abrogans conforme a Costituzione ed una interpretatio utilis con questa contrastante l'interprete - secondo il rimettente - dovrebbe necessariamente scegliere la seconda. L'orientamento ermeneutico in esame porterebbe, infine, ad una irragionevole duplicazione di risarcimento nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato: in tal caso, infatti, il danneggiato potrebbe agire sia per il risarcimento del danno ingiusto, in base al combinato disposto degli artt. 2 Cost. e 2043 cod. civ., sia per il risarcimento del danno morale in base all'art. 2059 cod. civ. In via dichiaratamente subordinata, il rimettente solleva poi, in riferimento all'art. 3 Cost., una diversa questione di legittimita' costituzionale della stessa norma, nella parte in cui non consente la liquidazione del danno non patrimoniale nei casi in cui la responsabilita' dell'offensore venga affermata - come e' nel giudizio a quo - in base ad una presunzione di legge. Il rimettente muove dalla considerazione che siffatta lettura della norma, costituente diritto vivente, nacque in un'epoca storica nella quale, vigendo l'art. 3 cod. proc. pen. del 1930, l'accertamento dell'illecito in sede civile era necessariamente subordinato all'accertamento del reato in sede penale. L'irrisarcibilita' del danno morale in caso di responsabilita' presunta, quale conseguenza dell'inesistenza del reato affermata in sede penale, discenderebbe pertanto dalla preminenza logica della giurisdizione penale rispetto a quella civile. La situazione sarebbe radicalmente mutata a seguito dell'introduzione del nuovo art. 75 cod. proc. pen., per effetto del quale l'azione risarcitoria in sede civile puo' avere uno svolgimento del tutto autonomo, ed un esito anche contrastante, rispetto all'eventuale azione penale che sia promossa per lo stesso fatto. La norma impugnata si porrebbe pertanto in contrasto con l'art. 3 Cost. in quanto - «in modo irrazionale rispetto al dettato dell'art. 75 cod. proc. pen., considerato quale tertium comparationis» - nonostante la conclamata parita' delle giurisdizioni, precluderebbe al danneggiato che agisca in sede civile ai fini del risarcimento del danno morale «di avvalersi di uno dei mezzi di prova piu' tipici e risalenti del processo civile, cioe' la presunzione». 2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di non fondatezza della questione. Ad avviso della parte pubblica, il senso della norma impugnata sarebbe quello non di negare il riconoscimento dei diritti della personalita' tutelati dagli artt. 2 e 3 Cost., ma di limitare un profilo risarcitorio privo - per la particolare natura di quei diritti - di effettiva idoneita' ripristinatoria della perdita subita. La norma troverebbe in definitiva la propria giustificazione nell'esigenza - pur essa frutto di civilta' giuridica - di evitare che il debitore si trovi assoggettato ad un carico risarcitorio sproporzionato rispetto all'entita' del fatto illecito, tanto piu' che, una volta ammessa la piena risarcibilita' del danno morale, sarebbe difficile giustificare la limitazione della tutela risarcitoria - in una fattispecie come quella sottoposta all'esame del giudice a quo - ai soli congiunti e non anche ad altri soggetti legati alle vittime del sinistro da rapporti di diversa natura. La scelta operata dal legislatore sarebbe dunque frutto di una valutazione non solo ampiamente discrezionale ma altresi' riconducibile ad un sistema complessivo, «non suscettibile di riscrittura attraverso una mera pronuncia abrogativa». Legando la possibilita' del risarcimento alla natura penale dell'illecito, l'ordinamento avrebbe inteso, non irragionevolmente, attribuire valore differenziale, tenuto conto della specialita' di questo tipo di danni, alla natura della condotta anziche' a quella dell'evento. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Roma - chiamato a pronunciarsi su domande di risarcimento del danno morale avanzate dai prossimi congiunti di persone decedute in un incidente automobilistico, nei confronti dei conducenti dei veicoli coinvolti, la cui responsabilita' discende, secondo lo stesso, esclusivamente dalla presunzione di cui all'art. 2054, secondo comma, cod. civ. - solleva due diverse questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 cod. civ. La prima, che il rimettente qualifica come principale, ha ad oggetto - con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. - la previsione di risarcibilita' del danno non patrimoniale «solo nei casi determinati dalla legge». Siffatta limitazione risarcitoria sarebbe - ad avviso del rimettente - lesiva del diritto fondamentale dell'individuo alla serenita' morale, tutelato dall'art. 2 Cost., nonche' fonte di ingiustificate disparita' di trattamento tra danneggiati. Avrebbe inoltre dato causa - per effetto di orientamenti giurisprudenziali nel tempo consolidatisi - ad ingiustificate duplicazioni risarcitorie, contrastanti con l'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza. La seconda questione, indicata come subordinata, riguarda invece, con riferimento all'art. 3 Cost., la medesima norma nella parte in cui escluderebbe la risarcibilita' del danno non patrimoniale allorche' la responsabilita' dell'autore del fatto, corrispondente ad una fattispecie astratta di reato, venga affermata - come appunto nel caso di specie - in base ad una presunzione di legge. Siffatta esclusione si porrebbe in irragionevole contrasto con il principio di parita' delle giurisdizioni civile e penale, proclamato dall'art. 75 cod. proc. pen., precludendo al danneggiato che agisca in sede civile ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale di avvalersi di un mezzo di prova tipico del processo civile, quale la presunzione. Presupposto interpretativo comune ad entrambe le questioni e' quello - certamente non implausibile - secondo cui l'ambito di applicazione dell'art. 2059 cod. civ. copre l'intera area del danno non patrimoniale, restando percio' preclusa al giudicante la possibilita' di risarcire il pregiudizio alla serenita' morale, derivante dalla perdita di un congiunto per fatto illecito altrui, mediante il ricorso all'art. 2043 cod. civ., in combinato disposto con l'art. 2 Cost. 2. - Una corretta valutazione del rapporto di pregiudizialita' tra le questioni oggetto del presente giudizio porta ad invertire l'ordine di trattazione seguito dal rimettente, esaminando prioritariamente la questione sollevata, nell'ordinanza, in via subordinata. Il rimettente infatti, in relazione ad una domanda di risarcimento del danno morale derivato agli attori dalla morte di congiunti in uno scontro tra veicoli provocato da fatto illecito altrui, ritiene di non poter accertare concretamente l'elemento soggettivo del dolo o della colpa dell'autore dell'illecito e di dover quindi ricorrere alla presunzione di pari responsabilita' dei conducenti dei veicoli, posta dall'art. 2054, secondo comma, cod. civ. Pertanto il dubbio di costituzionalita' da lui sollevato in ordine all'art. 2059 cod. civ., nella parte relativa alla limitazione della risarcibilita' del danno non patrimoniale ai soli casi determinati dalla legge (tra i quali rientra quello del danno derivante da reato, ai sensi dell'art. 185 cod. pen.) in tanto puo' ritenersi rilevante in quanto si assuma l'esclusione di tale risarcibilita' nelle ipotesi in cui il ricordato elemento soggettivo discenda da una presunzione di legge. Ma poiche' il rimettente dubita (anche) della legittimita' costituzionale dell'art. 2059 cod. civ. proprio sotto questo specifico profilo, e' evidente come la relativa questione sia preliminare all'altra, prospettata come principale. 3. - La questione individuata come logicamente preliminare deve essere dichiarata non fondata nei sensi di cui in motivazione. 3.1. - Il rimettente nel sollevare il dubbio di costituzionalita' muove dalla ritenuta necessita', ai fini della risarcibilita' del danno non patrimoniale, dell'accertamento in concreto di un reato e, quindi, anche dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Ma e' proprio una interpretazione siffatta, assunta in termini di diritto vivente, a risultare del tutto dissonante rispetto alla ratio della norma impugnata, quale si desume dalla evoluzione legislativa e giurisprudenziale verificatasi in materia. 3.2. - Non vi e' dubbio che l'art. 2059 cod. civ., stabilendo che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge, circoscriveva originariamente la risarcibilita' all'ipotesi, contemplata dall'art. 185 cod. pen., del danno non patrimoniale derivante da reato, e le conferiva un carattere sanzionatorio, reso manifesto, tra l'altro, dalla stessa relazione al codice civile, secondo la quale «soltanto nel caso di reato e' piu' intensa l'offesa all'ordine giuridico e maggiormente sentito il bisogno di una piu' energica repressione con carattere anche preventivo». Coerentemente a cio', si riteneva, poi, che il riferimento al reato, contenuto nell'art. 185 cod. pen., dovesse essere inteso nel senso della ricorrenza in concreto di una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitutivi, anche di carattere soggettivo. Con la conseguente inoperativita', in tale ambito, della presunzione di legge destinata a supplire la prova, in ipotesi mancante, della colpa dell'autore della fattispecie criminosa. 3.3. - L'indirizzo interpretativo riassuntivamente esposto risulta, tuttavia, destinato ad entrare in crisi per effetto della richiamata evoluzione sull'area di risarcibilita' del danno non patrimoniale. Da un lato, infatti, il legislatore ha introdotto ulteriori casi di risarcibilita' del danno non patrimoniale estranei alla materia penale, riguardo ai quali e' del tutto inconferente qualsiasi riferimento ad esigenze di carattere repressivo (si pensi, ad esempio, alle azioni di responsabilita' previste dall'art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, per i danni derivanti da ingiusta privazione della liberta' personale nell'esercizio di funzioni giudiziarie; dall'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, per i danni derivanti dal mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo). Dall'altro, la giurisprudenza - sia pure muovendosi nell'ambito di operativita' dell'art. 2043 cod. civ., nel corso di un travagliato itinerario interpretativo nel quale questa Corte e' ripetutamente intervenuta - ha da tempo individuato ulteriori ipotesi di danni sostanzialmente non patrimoniali, derivanti dalla lesione di interessi costituzionalmente garantiti, risarcibili a prescindere dalla configurabilita' di un reato (in primis il cosiddetto danno biologico). Il mutamento legislativo e giurisprudenziale venutosi in tal modo a realizzare ha fatto assumere all'art. 2059 cod. civ. una funzione non piu' sanzionatoria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi di risarcibilita' del danno non patrimoniale. Su tale base, pertanto, anche il riferimento al «reato» contenuto nell'art. 185 cod. pen., in coerenza con la diversa funzione assolta dalla norma impugnata, non postula piu', come si riteneva per il passato, la ricorrenza di una concreta fattispecie di reato, ma solo di una fattispecie corrispondente nella sua oggettivita' all'astratta previsione di una figura di reato. Con la conseguente possibilita' che ai fini civili la responsabilita' sia ritenuta per effetto di una presunzione di legge. Del resto, e' significativo come la stessa giurisprudenza di legittimita' abbia affermato, in relazione al reato commesso da persona non imputabile, che la risarcibilita' del danno non patrimoniale a norma dell'art. 2059 cod. civ., in relazione all'art. 185 cod. pen., non richiede che il fatto illecito integri in concreto un reato punibile per il concorso di tutti gli elementi a tal fine rilevanti per la legge penale, essendo sufficiente che il fatto stesso sia astrattamente preveduto dalla legge come reato. Sicche' puo' dirsi che, anche sotto l'aspetto della complessiva coerenza del sistema, la tesi che alla parola «reato» attribuisce il significato di fatto (solo) astrattamente previsto come tale dalla legge risulta certamente non estranea alla stessa giurisprudenza, pur richiamata dal rimettente a sostegno della contraria opinione. Ne', d'altro canto, potrebbe ancora invocarsi, quale argomento a favore della tesi opposta, una asserita prevalenza della giurisdizione penale rispetto a quella civile. L'art. 75 cod. proc. pen., ha definitivamente consacrato il principio di parita' delle giurisdizioni, cosicche' perfino la possibilita' di giudicati contrastanti in relazione al medesimo fatto, ai diversi effetti civili e penali, costituisce evenienza da considerarsi ormai fisiologica. 3.4. - Occorre da ultimo considerare che l'indirizzo interpretativo assunto dal rimettente come diritto vivente risulta disatteso, successivamente all'ordinanza di rimessione, dalla stessa giurisprudenza di legittimita'. Giova al riguardo premettere - pur trattandosi di un profilo solo indirettamente collegato alla questione in esame - che puo' dirsi ormai superata la tradizionale affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall'art. 2059 cod. civ., si identificherebbe con il cosiddetto danno morale soggettivo. In due recentissime pronunce (Cass., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828), che hanno l'indubbio pregio di ricondurre a razionalita' e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona, viene, infatti, prospettata, con ricchezza di argomentazioni - nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale - un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ., tesa a ricomprendere nell'astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrita' psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona. Per quanto specificamente riguarda il tema - che qui ci occupa - della risarcibilita' del danno non patrimoniale in caso di colpa presunta, altre, anch'esse recentissime, sentenze del giudice di legittimita', muovendo dalla «sempre piu' avvertita esigenza di garantire l'integrale riparazione del danno ingiustamente subito (...) nei valori propri della persona, anche in riferimento all'art. 2 Cost.», sono giunte all'enunciazione di un principio di diritto perfettamente coerente con le considerazioni sin qui svolte. Si afferma, infatti, in tali pronunce che alla risarcibilita' del danno non patrimoniale ex artt. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen., non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore del danno se essa, come nei casi di cui agli artt. 2051 e 2054 cod. civ., «debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato» (Cass., 12 maggio 2003, nn. 7281 e 7282). Sicche', nessun ostacolo sussiste, neppure sotto l'aspetto di un contrario diritto vivente, all'accoglimento di una interpretazione opposta a quella da cui muove il rimettente nel sollevare il dubbio di costituzionalita'. 3.5. - Conclusivamente, l'art. 2059 cod. civ., deve essere interpretato nel senso che il danno non patrimoniale, in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato, e' risarcibile anche nell'ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell'autore del fatto risulti da una presunzione di legge. Resta in tal modo superato il dubbio di legittimita' costituzionale originato da una contraria lettura della norma, mentre la concreta possibilita' di una tutela risarcitoria dei danneggiati nel giudizio principale rende evidentemente priva di rilevanza e, pertanto, inammissibile l'ulteriore questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 cod. civ., prospettata dal medesimo rimettente in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. e diretta a censurare la limitazione della risarcibilita' del danno non patrimoniale ai soli casi stabiliti dalla legge.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 del codice civile sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe; Dichiara inammissibile l'ulteriore questione di legittimita' costituzionale della medesima norma, sollevata dallo stesso rimettente in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 2003. Il Presidente: Chieppa Il redattore: Marini Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria l'11 luglio 2003. Il direttore della cancelleria:Di Paola 03C0809