N. 565 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2003

Ordinanza  emessa  il 16 aprile 2003 dal tribunale di Acqui Terme nel
procedimento penale a carico di Haman Yasine

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Attribuzione  alla  polizia  giudiziaria  di  un  potere autonomo e
  superiore rispetto a quello riconosciuto alla autorita' giudiziaria
  -  Inidoneita' del meccanismo giudiziario previsto ad assicurare la
  immediata  espulsione  dello  straniero - Disparita' di trattamento
  rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu' gravi - Violazione del
  principio di ragionevolezza.
- Legge  30 luglio  2002,  n. 189, art. 14, comma 5-quinquies (recte:
  d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189).
- Costituzione, artt. 3, 13, comma terzo, e 97.
(GU n.34 del 27-8-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Haman Yasine e' stato tratto in arresto in flagranza del reato di
cui  all'art. 14,  comma  5-ter,  in  relazione  all'art. 5-quinquies
d.lgs.  n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, in data
4  dicembre  2002 e presentato all'odierna udienza per il giudizio di
convalida, venendogli contestato di essersi trattenuto nel territorio
dello  Stato  in  violazione dell'ordine impartito in data 14 ottobre
2002 dal Questore di Piacenza.
    In   sede   di   udienza,  il  p.m.  ha  richiesto  la  convalida
dell'arresto  ed il difensore ha eccepito l'incostituzionalita' della
norma in quanto in violazione degli artt. 3, 13 e 97 Costituzione.
    I  profili  di incostituzionalita' addotti dalla difesa in ordine
alla  previsione  normativa  introdotta  con  l'art. 14 commi 5-ter e
5-quinquies  d.lgs. n. 286/1998 non appaiono manifestamente infondati
e  sono  rilevanti  in  relazione  all'odierno  procedimento, per cui
appare  necessario rimettere gli atti alla Corte costituzionale per i
seguenti motivi.
    1)  Non manifesta infondatezza del profilo di incostituzionalita'
dell'art.  14,  comma  5-quinquies,  in  relazione  all'art. 13 della
Costituzione.
    Il  primo  motivo  di incostituzionalita' deriva dalla disciplina
prevista  dall'art. 14 d.lgs n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 286/1998, nella parte in cui, attribuendo alla polizia giudiziaria
il    potere/dovere    di    procedere   all'arresto   (obbligatorio)
dell'indagato,  conferisce alla stessa un potere autonomo e superiore
rispetto a quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria.
    Tale  disciplina,  di  fatto,  deroga ed amplia i limiti previsti
dall'art. 13   Costituzione   che   attribuisce,  secondo  l'opinione
prevalente,  alla sola autorita' giudiziaria la competenza ad operare
restrizioni della liberta' personale, invece riservando all'autorita'
di  pubblica  sicurezza  un potere solo di supplenza ed anticipazione
dell'operato  dell'autorita' giudiziaria quando questa, per l'urgenza
del caso, non sia in grado di intervenire tempestivamente.
    La  norma  di  cui  si  eccepisce  l'incostituzionalita', invece,
istituisce una competenza dell'autorita' di p.s. analoga, seppur piu'
limitata, a quella dell'autorita' giudiziaria.
    Va  evidenziato  che,  secondo  il  dettato  costituzionale,  gli
interventi  dell'autorita'  di p.s. sono necessariamente «provvisori»
ed   eccezionali:   provvisori   in   quanto   destinati  quindi  fin
dall'origine   ad   essere   trasformati  e  sostituiti  da  un  atto
dell'autorita'  giudiziaria, con perdita di ogni effetto se non vi e'
tempestiva   comunicazione  all'a.g.  e  convalida  di  quest'ultima;
eccezionali  in  quanto di natura essenzialmente derogatoria rispetto
al    principio   generale   della   necessiarieta'   dell'intervento
dell'autorita'  giudiziaria  in  tema  di  restrizione della liberta'
personale.
    Tale   interpretazione   della   norma   appare   costante  nella
giurisprudenza, sia costituzionale che di legittimita'.
    Infatti   la  provvisorieta'  ed  eccezionalita'  dell'intervento
dell'autorita'  di  polizia,  in  temporanea  vece e sostituzione del
giudice,   hanno  trovato  espressione  nelle  pronunce  della  Corte
costituzionale  numeri 71/173 e 89/503); mentre secondo la Cassazione
lo  stesso  titolo  formale  di detenzione, all'esito del giudizio di
convalida,  e'  solo  il provvedimento giudiziale che ha efficacia ex
tunc (Cass. 73/297).
    Anche  nell'attuale codice di procedura penale si trova una piena
adesione    a   tale   impostazione,   prevedendo   sia   l'immediata
comunicazione  al  p.m.,  cui l'arrestato viene posto a disposizione,
sia  il  sindacato  del  p.m. sull'operato della p.g. con facolta' di
chiedere  l'immediata liberazione sia nel caso di arresto al di fuori
dei  casi  consentiti  (art. 389  c.p.p.)  che  di  insussistenza  di
esigenze cautelari (art. 121 disp. att. c.p.p.): elementi sintomatici
di  una  configurazione  dell'operato  della polizia giudiziaria come
mera    anticipazione    dell'attivita'    giuridica   dell'autorita'
giudiziaria,  cosi'  come  del  resto implicitamente confermato dalla
stessa  Corte costituzionale, ove ha definito la presentazione per il
giudizio  direttissimo  da parte degli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria  come  una  «sorta  di  attivita'  delegata  del pubblico
ministero che si esplica sotto il costante controllo di quest'ultimo,
al  quale  deve  essere  data immediata notizia dell'arresto e che e'
tenuto a formulare l'imputazione» (Corte cost. 98/374).
    Rispetto  a  tale  impostazione,  che esclude in base all'art. 13
Costituzione  l'attribuzione  all'autorita'  di pubblica sicurezza un
autonomo  potere  di  limitazione  della  liberta'  personale, appare
consequenziale  che  all'autorita'  di  pubblica  sicurezza non possa
essere  conferito  un  potere  piu'  esteso  di  quello  riconosciuto
all'autorita'  giudiziaria,  in  quanto tale potere non potrebbe piu'
costituire  una  anticipazione  e supplenza del potere dell'autorita'
giudiziaria  potendosi  esercitare  in  casi nei quali analogo potere
all'a.g. non e' concesso.
    Invece,  l'attuale formulazione dell'art. 14, comma 5-ter, d.lgs.
n. 286/1998,  nega  all'autorita'  giudiziaria  qualunque  potere  di
limitazione  della  liberta' personale essendo l'illecito configurato
come  contravvenzione  punita con pena dell'arresto da sei mesi ad un
anno  e  difettando  norme  speciali che consentano l'applicazione di
misura  cautelare  in  deroga alle disposizioni generali sulle misure
cautelari.
    Con  la  conseguenza  che  appare non manifestamente infondato il
dubbio  di  costituzionalita'  in  ordine  a  tale  potere/dovere  di
procedere    all'arresto   (obbligatorio)   dell'indagato   conferito
dall'art. 14,  d.lgs.  n. 286/1998  all'autorita'  di p.s., in quanto
tale  potere  viene  configurato come autonomo e superiore rispetto a
quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria.
    Un  secondo  profilo  di incostituzionalita', sempre in relazione
all'art. 13      Costituzione,      deriva      dalla      previsione
dell'obbligatorieta'  del  rito  direttissimo per chi e' arrestato in
violazione  della  norma  censurata,  previsione  che  introduce  una
implicita  ma  necessaria  deroga  all'art. 121 disp. att. c.p.p., in
quanto  la  ratio  della  norma  e'  quella di condurre l'imputato al
giudizio direttissimo in stato di detenzione.
    Tale  deroga  costituisce una indiretta conferma della espansione
dei poteri della polizia giudiziaria, a scapito di quelli del p.m.: e
costituisce  una  indiretta conferma della natura autonoma del potere
attribuito con la norma ordinaria alla autorita' di p.s.
    Da  tale deroga deriva un profilo di incostituzionalita' connesso
alla   violazione  dell'art. 3  Costituzione,  in  quanto  il  regime
processuale  per  la  contravvenzione  prevista  dall'art. 14  citato
risulta  deteriore  rispetto  a  quello  previsto  per molti delitti,
puniti  anche  con  pena  edittale  piu'  alta, ma per i quali non e'
previsto  l'arresto  in  flagranza  o  comunque e' sempre prevista la
possibilita' di liberazione immediata ex art. 121 disp. att. c.p.p.
    2)  Non manifesta infondatezza del profilo di incostituzionalita'
dell'art  14,  comma  5-quinquies,  in  relazione  all'art.  3  della
Costituzione.
    Un secondo motivo di incostituzionalita', in relazione all'art. 3
Costituzione,  deriva dal raffronto tra la disciplina prevista per il
reato  di  cui  all'art. 14,  comma  5-quinquies,  e  quella  di  cui
all'art. 13, comma 13-ter, stesso d.lgs.
    Mentre  nella  norma censurata e' previsto l'arresto obbligatorio
nei  confronti  di chi sia indagato del reato previsto dal precedente
comma 5-ter, nell'art. 13, comma 13-ter, e' previsto invece l'arresto
facoltativo.
    Ma  l'art. 13,  comma 13, richiama due distinte ipotesi di reato:
l'una,  prevista  dal  comma  13 stessa norma che e' punita, con pena
identica  a  quella  comminata  al reato previsto dall'art. 14, comma
5-ter;  l'altra,  prevista  precedente comma 13-bis, che e' punita in
modo  piu' grave (delitto sanzionato con pena della reclusione fino a
quattro anni).
    Con   la   conseguenza   che,   situazioni  ritenute  uguali  dal
legislatore   subiscono   poi  conseguenze  processuali  diverse:  ed
addirittura che a situazioni meno gravi conseguono trattamenti penali
piu' afflittivi di quelli riservati a fatti addirittura piu' gravi.
    Appare quindi violato il principio di ragionevolezza, secondo cui
situazioni  uguali  devono  essere  regolamentate  in  modo uguale, e
situazioni diverse in modo diverso.
    3)  Non manifesta infondatezza del profilo di incostituzionalita'
dell'art.  14,  comma  5-quinquies,  e in relazione all'art. 97 della
Costituzione.
    Un  terzo  ed  ultimo  motivo  di  incostituzionalita'  emerge in
relazione  all'art. 97  Cost., in quanto la disciplina dell'arresto e
del   giudizio  direttissimo  obbligatorio,  cosi'  come  attualmente
disciplinato,  non appaiono funzionali all'immediata espulsione dello
straniero: invero da un lato viene attivato un meccanismo giudiziario
complesso  e  costoso  senza  che  possa  essere emessa alcuna misura
cautelare  conseguente  alla  convalida;  dall'altro  si  ritarda, di
fatto,  l'immediata  espulsione  dello  straniero che potrebbe essere
assicurata dall'esecuzione dell'espulsione ad opera del questore.
    4) Rilevanza della questione di costituzionalita'.
    Il  profilo della rilevanza e' rilevabile dalla stessa situazione
processuale  nell'ambito  della quale viene sollevata la questione di
costituzionalita':  la  norma in questione costituisce il presupposto
necessario  per  l'arresto  e  il conseguente giudizio di convalida e
prosecuzione  del  processo  con  il  rito  direttissimo,  sicche' la
decisione   sulla   questione   appare  pregiudiziale  rispetto  alle
decisioni  che  il  tribunale  deve assumere. In particolare, essendo
l'imputato  tratto  in  arresto,  ed  avendo  la  p.g. rispettato gli
obblighi  previsti  dall'art. 386  c.p.p., cosi' come le prescrizioni
normative  poste  dagli  artt. 390  e  391  c.p.p.  la  questione  di
costituzionalita'  risulta  decisiva  ai  fini  della  emissione  del
provvedimento  di convalida e del successivo svolgimento del giudizio
di costituzionalita'.
    La  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza della questione di
costituzionalita'   determinano   la   necessita'  di  sospendere  il
procedimento per sollevare la questione medesima di fronte alla Corte
costituzionale.
    La  necessita'  di  sospensione  del procedimento impone comunque
l'immediata  remissione  in  liberta'  dell'imputato  in  mancanza di
adeguato titolo detentivo.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, legge
n. 189/2002  nella  parte  in  cui  prevede, per il reato previsto al
comma  5-ter,  l'arresto  obbligatorio  dell'indagato, per violazione
degli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.
    Dispone  l'immediata  remissione in liberta' dell'imputato se non
detenuto per altra causa.
    Sospende  il presente procedimento e ordina la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
        Acqui Terme, addi' 16 aprile 2003
                       Il giudice: Pellegrini
03C0844