N. 289 ORDINANZA 10 - 30 luglio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  penale  -  Competenza  territoriale  -  Spostamento  di
  singoli  procedimenti  dalla  sezione  distaccata  al  tribunale  e
  viceversa  -  Prospettata  violazione  del  principio  del  giudice
  naturale   -  Richiesta  d'avallo  interpretativo  della  soluzione
  accolta   dal   rimettente   -   Manifesta  inammissibilita'  della
  questione.
- R.D.    30 gennaio   1941,   n. 12,   art. 48-quinquies,   aggiunto
  dall'art. 15 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.31 del 6-8-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA,  Annibale  MARINI,  Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE   SIERVO,   Paolo  MADDALENA,  Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 48-quinquies
del   regio   decreto   del   30 gennaio   1941,  n. 12  (Ordinamento
giudiziario),   aggiunto   dall'art. 15   del   decreto   legislativo
19 febbraio  1998,  n. 51, promosso con ordinanza del 5 novembre 2002
dal  Tribunale  di  Torino  nel procedimento penale a carico di S.U.,
iscritta al n. 572 del registro ordinanze del 2002 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 3,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 giugno 2003 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  il  Tribunale di Torino ha sollevato, in relazione
agli  artt. 3  e  25  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 48-quinquies  del  regio decreto 30 gennaio
1941,  n. 12  (Ordinamento  giudiziario),  aggiunto  dall'art. 15 del
decreto  legislativo  19 febbraio  1998,  n. 51  nella  parte in cui,
«cosi' come interpretato ed applicato dal Presidente del Tribunale di
Torino»,  consente  al presidente del tribunale di disporre che anche
singoli  procedimenti - e non soltanto «una o piu' udienze relative a
procedimenti  civili  o  penali»  -  siano  «spostati  dalla  sezione
distaccata   al   tribunale   e   viceversa,   in  considerazione  di
"particolari esigenze"»;
        che  il  giudice  rimettente  premette  che,  in  forza di un
provvedimento  adottato,  in  applicazione della norma censurata, dal
Presidente  del  Tribunale  di  Torino,  gli  e'  stato  assegnato il
dibattimento  di  un  procedimento  penale  per  il reato di illecito
reingresso dello straniero in esito ad espulsione (art. 13, comma 13,
del  d.lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  come modificato dall'art. 12,
comma 1,  della  legge 30 luglio 2002, n. 189): reato che - accertato
in  Bardonecchia e, dunque, di competenza della sezione distaccata di
Susa  -  era  stato  contestato ad imputato in stato di arresto ed in
relazione   al  quale,  previo  giudizio  di  convalida  dell'arresto
medesimo,   occorreva   procedere   secondo   il  rito  direttissimo,
espressamente  previsto  per legge (art. 13, comma 13 ter, del citato
d.lgs. n. 286 del 1998);
        che  nondimeno  -  secondo  quanto  ulteriormente dedotto dal
giudice  a  quo  - era invalsa la prassi, da parte dell'ufficio della
Procura  della  Repubblica presso il Tribunale di Torino, in ordine a
tale tipologia di reato, di «presentare sempre l'imputato in stato di
arresto  dinnanzi  al  giudice  del  dibattimento,  chiedendo  ... la
convalida  dell'arresto  ed il conseguente giudizio direttissimo», in
luogo  di  investire prima, per la convalida dell'arresto, il giudice
per  le  indagini  preliminari,  a  cio' funzionalmente competente, e
successivamente   il   tribunale,   per   la  celebrazione  del  rito
direttissimo:  con  la conseguenza - secondo il rimettente - che, per
un verso, «e' lo stesso pubblico ministero che finisce, di fatto, col
fissare  le udienze al giudice»; e che, per altro verso, considerando
i  tempi  ristretti della convalida, spesso «il pubblico ministero si
trova in tale ritardo rispetto alla scadenza, da non poter presentare
richiesta di convalida tempestiva al giudice della sezione distaccata
di questo Tribunale»;
        che,  ad avviso del rimettente, quest'ultima evenienza si era
verificata per il dibattimento in questione, in relazione al quale il
Presidente  del  Tribunale - «evidentemente interessato» dal pubblico
ministero per scongiurare la scadenza dei termini per la richiesta di
convalida  -  «ha emesso il provvedimento in atti, in data odierna, a
norma     dell'art. 48-quinquies     dell'ordinamento    giudiziario,
stabilendo,  in  sostanza,  che,  al  posto del giudice della sezione
distaccata di Susa, fosse questo giudice a doversi occupare del fatto
in questione»;
        che  da  cio' - «se l'interpretazione data ... dal Presidente
del  Tribunale  che  ha  adottato  il  provvedimento in parola, e' da
ritenere vincolante» - conseguirebbe, ad avviso del giudice a quo, la
non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
costituzionale dell'art. 48-quinquies del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12
(aggiunto  dall'art. 15  del  decreto  legislativo  19 febbraio 1998,
n. 51),   in   relazione  agli  artt. 3  e  25,  primo  comma,  della
Costituzione, sotto molteplici profili;
        che  infatti, a parere del rimettente, ove la norma censurata
venga  interpretata  nel  senso  di  rendere possibile lo spostamento
anche   di  un  singolo  procedimento  dalla  sezione  distaccata  al
tribunale  e  viceversa,  risulterebbe  lesa  la garanzia del giudice
naturale:  sia  in  quanto  il  giudice competente verrebbe ad essere
designato  con criteri non automatici e precostituiti; sia in quanto,
oltre  all'illegittimo mutamento della competenza territoriale per il
dibattimento,  al  giudice  di  quest'ultimo  verrebbe  attribuita la
competenza  alla  convalida dell'arresto, sottraendola al giudice per
le indagini preliminari, giudice naturale dell' udienza di convalida;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   il   quale  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile:  e  cio',  sia  perche' la questione avrebbe carattere
astratto;  sia  in  quanto  il  Tribunale  rimettente  avrebbe dovuto
dichiarare  la  propria  incompetenza,  alla luce della ricostruzione
interpretativa    effettuata   e   «nell'esercizio   della   potesta'
giurisdizionale riconosciutagli».
    Considerato che il Tribunale rimettente censura espressamente non
tanto  la  norma  in  se',  quanto  il  modo  in  cui  essa  e' stata
«interpretata ed applicata» dal Presidente del Tribunale di Torino;
        che, dunque, il quesito si risolve non gia' nella denuncia di
incostituzionalita' della norma, quanto piuttosto nella contestazione
dell'interpretazione  ad  essa  data da altro organo giurisdizionale,
nell'adozione di un singolo e concreto atto ordinamentale;
        che, di conseguenza, il controllo di costituzionalita' non e'
sollecitato   in  riferimento  alla  disposizione  di  legge,  ma  in
relazione al provvedimento che costituisce espressione di un criterio
interpretativo di quest'ultima: cio' che si risolve, comunque, in una
richiesta, a questa Corte, di un avallo interpretativo;
        che,   pertanto,  la  questione  proposta,  alla  luce  della
costante  giurisprudenza  di questa Corte (v., ex plurimis, ordinanze
n. 109 del 2003, n. 472 del 2002, n. 351 e n. 233 del 2001) si palesa
manifestamente  inammissibile, atteso che il rimettente ha utilizzato
in   modo  improprio  il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,
attivato  per  contrastare  una interpretazione che egli non solo non
condivide, ma che reputa del tutto errata;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 48-quinquies del regio decreto
30 gennaio    1941,   n. 12   (Ordinamento   giudiziario),   aggiunto
dall'art. 15  del  decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme
in  materia  di  istituzione  del  giudice  unico  di  primo  grado),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal
Tribunale di Torino, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 30 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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