N. 578 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2003
Ordinanza emessa il 9 maggio 2003 dal tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di Cavalera Cosimo ed altri Processo penale - Giudizio immediato - Richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad integrazione probatoria - Rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari - Mancata previsione della facolta' di riproporre la richiesta dinanzi al giudice del dibattimento nonche' del potere di questi, verificata l'ammissibilita' della domanda, di disporre il giudizio abbreviato - Irragionevolezza, anche in relazione alla diversa disciplina prevista in caso di richiesta di applicazione della pena - Lesione del diritto di difesa. - Cod. proc. pen., artt. 438, 441 e 442. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.34 del 27-8-2003 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva che precede; rilevato che in limine all'odierno dibattimento, subito dopo la costituzione delle parti, l'avv. Vincenzo Venneri, difensore dell'imputato Cavalera Cosimo, premesso che la propria richiesta di definizione del processo con rito abbreviato, condizionata all'esame della parte offesa Antonaci Maria era stata disattesa dal g.u.p. (onde, in esito all'udienza preliminare, ne era derivato il rinvio a giudizio del suo assistito) e osservato che, per il combinato disposto degli artt. 438, 441 e 442 c.p.p., a fronte del diniego del g.u.p., detta richiesta non puo' piu' essere riproposta dinanzi al giudice del dibattimento, con chiaro pregiudizio per l'imputato, che si vede cosi' privato dei benefici premiali di cui all'art. 442, terzo comma, c.p.p., sollevava questione di legittimita' costituzionale delle citate disposizioni del codice di rito penale per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione; Che i difensori degli altri imputati Cavalera Andrea e Cardellini Antonio, avv. Stefano Maggio, Ugo Lisi e Luigi Suez si associavano alla richiesta; Ritenuto che la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione appare rilevante e non manifestamente infondata per le ragioni di seguito specificate: come e' noto, a seguito delle profonde modifiche apportate dalla legge n. 479/1999, la possibilita' di «decidere allo stato degli atti» non costituisce piu' un presupposto per la definizione del procedimento con rito abbreviato, che non si fonda piu' sul consenso delle parti, ma viene, invece, instaurato sulla base della mera richiesta dell'imputato. Residua, peraltro, una valutazione di ammissibilita' nell'ipotesi in cui la richiesta sia subordinata ad integrazione probatoria, posto che, in tal caso, la valutazione del giudice deve essere rapportata a quanto statuito dall'art. 438, quinto comma c.p.p. (necessita' della prova ai fini della decisione e sua compatibilita' con le esigenze di economia processuale e di speditezza proprie del procedimento). Ad onta di tali modifiche, permane, tuttavia, il problema delle garanzie contro errate decisioni di rigetto, anche se in termini del tutto nuovi rispetto al sistema pregresso. Concretamente, detto problema si pone oggi nell'ipotesi di richiesta incondizionata che venga ingiustamente rigettata per errore del giudice, ovvero di richiesta condizionata disattesa ai sensi dell'art. 438, quinto comma, c.p.p. (come nel caso dell'odierno procedimento). Nel sistema precedente l'entrata in vigore della c.d. «legge Carotti» la Corte costituzionale (Sentenza n. 23/1992), in ipotesi in cui l'accesso al rito speciale era stato negato per dissenso (ritenuto) ingiustificato del p.m., dopo aver posto in rilievo le conseguenze di carattere sostanziale derivanti all'imputato dall'ammissione - o meno - al giudizio abbreviato, aveva dichiarato illegittima la mancata previsione del potere del giudice di sindacare, in esito al dibattimento, il rigetto ingiustificato da parte del g.i.p. della richiesta, proprio perche' appariva lesivo della «posizione sostanziale» dell'imputato l'attribuire, in via esclusiva, al giudice per le indagini preliminari del potere di definire in senso negativo il giudizio sui presupposti per l'ammissione al rito speciale, «senza alcun controllo al riguardo». Ora, a giudizio di questo tribunale, le ricordate innovazioni legislative, che hanno ridefinito anche quanto ai presupposti il «nuovo» giudizio abbreviato, non hanno intaccato i principi enucleati dalla Corte nella citata sentenza n. 23/1992, permanendo la necessita' costituzionale di un sindacato successivo alla decisione di rigetto della richiesta, a prescindere dalle mutate condizioni di ammissibilita' del rito, proprio per l'incidenza della misura della pena sulla «posizione sostanziale» dell'imputato. L'attenzione degli interpreti si e' incentrata essenzialmente sul meccanismo di recupero dello sconto di pena all'esito del dibattimento e non sono mancate decisioni (Trib. Milano, Sez. VII, 19 luglio - 11 settembre 2001) che hanno ritenuto applicabile la riduzione di in terzo di pena, all'esito del dibattimento, in caso di ingiustificato rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, considerando ancora valido ed efficace l'intervento additivo della Consulta sull'art. 442 con la ricordata sentenza n. 23/1992. II Tribunale di Napoli, evidentemente ritenendo (contrariamente al Tribunale di Milano) travolta dalla riforma «Carotti» l'efficacia «normativa» delle precedenti statuizioni della Corte costituzionale sul rito abbreviato, ha sollevato questione di costituzionalita' in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, degli artt. 438, 441 e 443 c.p.p. «nella parte in cui non prevedono che il giudice del dibattimento possa applicare, all'esito del giudizio, la diminuzione di pena prevista dall'art. 442 c.p.p., ove ritenga ingiustificata o comunque erronea la decisione con cui il giudice per le indagini preliminari abbia rigettato la richiesta di giudizio abbreviato, subordinata ad integrazione probatoria ...». Con sentenza n. 54/2002 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la prospettata questione di costituzionalita', negando che la situazione presenti reali analogie con quella risolta dalla citata sentenza n. 23/1992, intervenuta in un diverso «contesto normativo, in cui presupposti per l'introduzione del rito erano la richiesta dell'imputato e il consenso del p.m.» ed inoltre «quale condizione di ammissibilita', una valutazione positiva del g.i.p. in ordine alla possibilita' di definire il processo allo stato degli atti». Oggi invece, rileva la Corte, a seguito delle innovazioni legislative di cui alla legge n. 479/1999, l'unica «valutazione di ammissibilita' e' prevista soltanto nell'ipotesi in cui la richiesta di giudizio abbreviato sia subordinata ad una integrazione probatoria», ma trattasi di valutazione «alla stregua di un parametro molto piu' circoscritto, il cui eventuale riesame non deve necessariamente essere collocato in esito al dibattimento». Di qui la dichiarazione di inammissibilita' in quanto, «al fine di superare i denunciati profili di incostituzionalita', il rimettente prospetta una soluzione incongrua rispetto alla disciplina del giudizio abbreviato». Appare, dunque, evidente anche da tale decisione la necessita' di una rivisitazione (la Corte usa l'espressione «riesame») della decisione negativa del g.i.p. in ordine alla richiesta di abbreviato condizionato, rivisitazione che, se pur non collocata necessariamente in esito al dibattimento, deve essere tuttavia effettuata da un giudice diverso da quello che gia' si e' pronunciato (sia perche' il concetto stesso di «riesame» pare implicare ma siffatta «diversita», sia perche' appare francamente difficile che il giudice dell'udienza preliminare riesamini il proprio provvedimento, onde una soluzione siffatta e' da ritenere improponibile), che altri non puo' essere che il giudice del dibattimento. Ma, se cosi' e' - e non pare essere altrimenti, dovendosi del pari escludere che all'impasse denunciata possa ovviarsi con una richiesta di rito abbreviato incondizionato, pure prospettata da qualche autore, attesa la differenza sostanziale fra i due istituti (si consideri per esempio l'ipotesi in cui l'imputato intenda ottenere dalle dichiarazioni della parte offesa, cui ha condizionato il rito, il riconoscimento dell'avvenuto risarcimento del danno, con le conseguenze che cio' comporta quanto all'irrogazione della pena) - devesi poter consentire all'imputato di rinnovare la richiesta di rito abbreviato condizionato in limine ed al giudice di valutare siffatta richiesta, eventualmente ammettendo l'imputato al rito speciale ove ritenga ingiustificato il rifiuto del giudice per le indagini preliminari (cosi' come avviene oggi per l'istituto del patteggiamento, ai sensi dell'art. 448, primo comma, c.p.p.). Ne discende che l'attuale disciplina di cui agli artt. 438 e ss. appare incostituzionale proprio nella parte in cui non prevede che l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, possa rinnovare la medesima richiesta di rito abbreviato, gia' proposta al giudice per le indagini preliminari e da questi disattesa e che il tribunale, ove la ritenga fondata, possa, accogliendola, procedere a giudizio abbreviato. Le considerazioni che precedono portano, dunque, a ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di Cavalera Cosimo e fatta propria dagli altri difensori, nei termini di cui in narrativa, per violazione degli artt. 3 (irragionevolezza della norma, anche avuto riguardo a quanto previsto per l'istituto del patteggiamento) e 24 (violazione del diritto di difesa) della Costituzione. La questione e', poi, sicuramente rilevante, avendo il Cavalera formulato richiesta di rito abbreviato, subordinata all'esame della persona offesa dal reato, richiesta rigettata dal g.u.p. e riproposta in limine al presente giudizio.
P. Q. M. Il tribunale, vista la legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 c.p.p. per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione; Sospende il giudizio nei confronti degli imputati Cavalera Cosimo, Cavalera Andrea e Cardellini Antonio ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, in Roma. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, ivi compresi quelli relativi alla notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lecce, addi' 9 maggio 2003 Il Presidente estensore: Tanisi 03C0890