N. 293 ORDINANZA 10 luglio - 4 agosto 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero   -   Cittadinanza  -  Straniero  maggiorenne  adottato  da
  cittadino  italiano  -  Perdita  della  cittadinanza  del  Paese di
  origine  -  Mancata  previsione  di  acquisto  immediato  di quella
  italiana  -  Prospettata  violazione del diritto inviolabile ad una
  cittadinanza  nonche'  disparita' di trattamento rispetto al minore
  straniero  adottato da cittadino italiano - Affermazione apodittica
  della    rilevanza    della   questione   sollevata   -   Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 9, comma 1, lettera b).
- Costituzione, artt. 2 e 3.
(GU n.32 del 13-8-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA,  Annibale  MARINI,  Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE   SIERVO,   Paolo  MADDALENA,  Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 9, comma 1,
lettera b),   legge   5 febbraio   1992,  n. 91  (Nuove  norme  sulla
cittadinanza) promosso con ordinanza del 7 ottobre 2002 dal Tribunale
di  Savona sul ricorso presentato da, iscritta al n. 550 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
del 27 dicembre 2002, 1ª serie speciale, edizione straordinaria.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 giugno 2003 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto   che  il  Tribunale  di  Savona  -  adito  con  ricorso
presentato  da  Margarita  Coppo Zaimaj per ottenere dalla competente
Questura il rinnovo del passaporto - con ordinanza del 7 ottobre 2002
(r.o. n. 550 del 2002), ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3
della   Costituzione,  questione  di  costituzionalita'  dell'art. 9,
comma 1,  lettera b), della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme
sulla  cittadinanza),  nella  parte  in  cui  non prevede che divenga
immediatamente  cittadino  italiano  lo  straniero maggiorenne che, a
seguito  della  adozione  da  parte  di  cittadino italiano, perda la
cittadinanza del paese di origine;
        che  il  giudice  a  quo  premette che la ricorrente, nata in
Albania, e' stata adottata con decreto in data 4 dicembre 2000 e che,
da  quella  data,  non  e'  piu' cittadina albanese per effetto della
cancellazione dall'ufficio dello stato civile del suo paese a seguito
della  comunicazione  del decreto di adozione e aggiunge che non puo'
ancora  acquistare  la  cittadinanza italiana, non essendo decorso il
termine  previsto  dall'art. 9  della  legge  n. 91  del 1992, con la
conseguenza che non puo' munirsi di documento valido per l'espatrio;
        che,  secondo  il  giudice  rimettente,  l'art. 9  cit. - non
prevedendo   la   «immediata  concessione»  della  cittadinanza  allo
straniero  maggiorenne  adottato,  proveniente  da  uno  Stato la cui
legislazione  stabilisca  la  perdita  della  cittadinanza al momento
dell'adozione da parte di uno straniero - violerebbe, in primo luogo,
l'art. 2  della  Costituzione,  comprimendo il diritto inviolabile di
ciascuno  ad avere una propria cittadinanza e ad ottenere i documenti
che gli consentano di soggiornare regolarmente nel proprio paese e di
spostarsi  da un paese all'altro, e contrasterebbe con l'art. 3 della
Costituzione,  perche' introducendo una disparita' di trattamento non
giustificata  rispetto  al  minore  straniero  adottato  da cittadino
italiano per il quale (secondo la previsione dell'art. 3 della stessa
legge)  il legislatore ha voluto evitare che l'adottato, anche se nel
frattempo divenuto maggiorenne, rimanga privo di cittadinanza;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
chiedendo   che   la  questione  sia  dichiarata  infondata,  per  la
ragionevolezza  della  diversa  disciplina tra adottato maggiorenne e
minorenne,   nel  contesto  di  adeguate  garanzie  per  entrambe  le
fattispecie;
        che,   secondo  la  difesa  erariale,  la  previsione  di  un
procedimento  di  naturalizzazione  attivato da una manifestazione di
volonta' per l'adottato maggiorenne, in luogo dell'acquisto ope legis
della  cittadinanza  dei  genitori  per gli adottati minorenni, trova
ragionevole  fondamento nella necessita' di salvaguardare la volonta'
degli  adottati,  in  linea  con  uno dei principi fondamentali della
riforma del 1992;
        che,  inoltre,  la  previsione  -  innovativa  rispetto  alla
precedente   disciplina,   che  non  conteneva  alcun  beneficio  per
l'adottato  maggiorenne  - del termine quinquennale, invece di quello
decennale  stabilito  per  le  altre fattispecie di naturalizzazione,
costituisce  una  ragionevole  e giustificata cautela del legislatore
per evitare l'insorgenza di adozioni fittizie, con la conseguenza che
la   possibilita'  -  per  effetto  delle  disposizioni  della  legge
nazionale  d'origine - che alcuni adottati si trovino temporaneamente
senza  alcuna  cittadinanza,  appare  giustificata  in relazione agli
interessi   da   comparare,   tanto   piu'   che   il  riconoscimento
amministrativo  o  giudiziale  medio  tempore  dello stato di apolide
(art. 17,  d.P.R.  12 ottobre 1993, n. 572, Regolamento di esecuzione
della  legge  5 febbraio  1992,  n. 91,  recante  nuove  norme  sulla
cittadinanza)   attribuisce   agli  interessati  la  possibilita'  di
ottenere  un  titolo di viaggio per l'estero e di essere iscritti nel
registro  dell'anagrafe  del comune di residenza e di essere titolari
di  tutti gli altri diritti connessi allo stato di apolide, in Italia
sostanzialmente equiparato al cittadino.
    Considerato  che  il giudice rimettente afferma in modo del tutto
apodittico  ed immotivato la rilevanza della questione nel giudizio a
quo;
        che,  d'altra parte, non e' possibile desumere tale rilevanza
dalla  descrizione della fattispecie dedotta in giudizio, dal momento
che,  nell'ordinanza,  ci  si  limita  ad enunciare che il ricorso e'
stato  proposto  al  fine  di  ottenere  dalla competente Questura il
rinnovo del passaporto a suo tempo rilasciato;
        che   non  risulta  con  chiarezza  quale  azione  sia  stata
esercitata  nel giudizio a quo, ne' quali sarebbero gli effetti sullo
stesso    di   un   eventuale   accoglimento   della   eccezione   di
costituzionalita'  proposta,  anche  in  considerazione del fatto che
sulle  questioni  relative  al passaporto, nonche' su quelle relative
all'acquisto  della  cittadinanza,  per naturalizzazione, sussiste la
giurisdizione del giudice amministrativo;
        che,  pertanto,  risulta  la manifesta inammissibilita' della
questione sollevata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 9,  comma 1, lettera b) della
legge  5 febbraio  1992,  n. 91  (Nuove  norme  sulla  cittadinanza),
sollevata  in  riferimento  agli  artt. 2 e 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Savona, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 4 agosto 2003.
                      Il cancelliere:Fruscella
03C0917