N. 59 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 agosto 2003

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 agosto 2003 (della Provincia autonoma di Bolzano)

Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)  -  Delega legislativa al Governo per la mera ricognizione
  dei  principi  fondamentali esistenti nelle materie di legislazione
  concorrente - Possibile individuazione, nelle stesse materie, delle
  disposizioni   rientranti  nella  competenza  statale  esclusiva  -
  Ricorso   della   Provincia   autonoma   di  Bolzano  -  Denunciata
  implausibilita'  del carattere meramente ricognitivo degli emanandi
  decreti   legislativi  (avendo  questi  ultimi  forza  di  legge  e
  carattere  innovativo)  - Violazione della riserva di legge formale
  del   Parlamento   in   ordine  alla  determinazione  dei  principi
  fondamentali  -  Incongruita'  e  contraddittorieta' dell'uso della
  delega  nelle  materie  di  legislazione  concorrente - Mancanza di
  principi  e  criteri  direttivi  idonei  a  limitare  e indirizzare
  l'esercizio   del   potere  delegato  -  Lesione  delle  competenze
  provinciali.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 1, commi 4, 5 e 6.
- Costituzione,  artt. 76  e  117,  comma terzo; legge costituzionale
  18 ottobre  2001,  n. 3,  artt. 10  e  11;  Statuto  speciale della
  Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e s.m.),
  art. 9.
Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)   -   Rapporti  con  l'Unione  Europea  nelle  materie  di
  competenza  legislativa  delle  Regioni e delle Province autonome -
  Norme procedurali riguardanti la partecipazione regionale alla fase
  (c.d.  ascendente)  di  formazione  degli  atti comunitari, nonche'
  l'impugnazione  su  richiesta  delle  Regioni  o  della  Conferenza
  Stato-Regioni degli atti normativi comunitari davanti alla Corte di
  giustizia   -   Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  -
  Denunciata   esorbitanza   dall'ambito  dei  principi  fondamentali
  riservato  alla  legislazione  statale  -  Invasione della potesta'
  regionale  concorrente  in  materia  di  «rapporti ... con l'Unione
  europea  delle  Regioni»  - Assenza di garanzie di consistenza e di
  effettivita' della partecipazione regionale - Discriminazione delle
  autonomie  territoriali  speciali  rispetto  a  quelle  ordinarie -
  Lesione   di   competenze   costituzionalmente   e  statutariamente
  spettanti alla Provincia ricorrente.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 5, commi 1 e 2.
- Costituzione,  art. 117, commi terzo e quinto; legge costituzionale
  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  Statuto  speciale della Regione
  Trentino-Alto   Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  e  s.m.),
  artt. 8, 9, 10 e 16 (e relative norme di attuazione).
Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)  -  Norme  sull'attivita'  internazionale  delle Regioni -
  Previsione di procedure e limiti per la stipula di intese (con enti
  territoriali  interni  ad  altri  Stati)  e  di  accordi (con Stati
  esteri),  attribuzione  agli  organi statali di poteri di ingerenza
  nel  merito  degli  accordi  stessi, subordinazione della validita'
  della  stipula  al  conferimento dei pieni poteri di firma da parte
  del Ministro degli affari esteri - Ricorso della Provincia autonoma
  di  Bolzano  - Denunciata introduzione di una disciplina specifica,
  compiuta  e analitica in tema di «rapporti internazionali ... delle
  Regioni»   -  Esorbitanza  dall'ambito  dei  principi  fondamentali
  riservato  alla  legislazione  statale  - Svuotamento del potere di
  concludere   accordi  astrattamente  riconosciuto  alle  Regioni  -
  Lesione   di   competenze   costituzionalmente   e  statutariamente
  spettanti alla Provincia ricorrente.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 6.
- Costituzione,  art. 117,  commi  terzo e nono; legge costituzionale
  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  Statuto  speciale della Regione
  Trentino-Alto   Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  e  s.m.),
  artt. 8, 9, 10 e 16 (e relative norme di attuazione).
Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)   -   Norme   in   materia  di  esercizio  delle  funzioni
  amministrative - Previsto conferimento da parte dello Stato e delle
  Regioni  delle  funzioni  da  loro  rispettivamente  «esercitate» -
  Ricorso  della  Provincia autonoma di Bolzano (per l'ipotesi in cui
  la  normativa  censurata  sia  ad  essa  applicabile)  - Denunciata
  lesione  del  principio del parallelismo tra funzioni legislative e
  amministrative  delle  Province autonome - Riduzione dell'autonomia
  provinciale  -  Violazione  dello  statuto speciale - In subordine:
  sottrazione  alla  Provincia  ricorrente del potere di conferire le
  funzioni   acquisite   in   titolarita'   (a  seguito  della  legge
  costituzionale  n. 3/2001),  ma  di fatto ancora «esercitate» dallo
  Stato.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 7, comma 1.
- Costituzione,   art. 117,   comma   terzo;   legge   costituzionale
  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  Statuto  speciale della Regione
  Trentino-Alto   Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  e  s.m.),
  artt. 8, 9, 10, 16 e 18 (e relative norme di attuazione).
Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)  -  Norme  sull'esercizio  da parte del Governo del potere
  sostitutivo  di cui all'art. 120, comma secondo, della Costituzione
  -Estensione    degli    interventi    sostitutivi   alle   funzioni
  normative-legislative (anziche' solo a quelle amministrative) delle
  Regioni  - Conseguente possibilita' per il Governo di adottare atti
  sostitutivi  con  forza di legge - Ricorso della Provincia autonoma
  di Bolzano (per l'ipotesi in cui la normativa censurata sia ad essa
  applicabile)  -  Denunciata  istituzione con legge ordinaria di una
  nuova   fonte   primaria,   non  assimilabile  al  decreto-legge  -
  Svuotamento  delle  competenze legislative provinciali - Violazione
  dello  statuto speciale e delle norme di attuazione - Contrasto con
  la  speciale  disciplina della «inadempienza comunitaria» contenuta
  in   queste   ultime  -  In  subordine:  mancata  previsione  della
  partecipazione dei Presidenti delle Province autonome alle riunioni
  del   Consiglio   dei  ministri  per  l'adozione  di  provvedimenti
  sostitutivi riguardanti le Province stesse.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 8, commi da 1 a 4.
- Costituzione, artt. 70, 77 e 117, comma terzo; legge costituzionale
  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  Statuto  speciale della Regione
  Trentino-Alto   Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  e  s.m.),
  artt. 8,  9,  10,  52,  ultimo  comma,  e  107 (e relative norme di
  attuazione); d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, art. 8.
Costituzione  e  leggi  costituzionali  -  Riforma del titolo V della
  parte  II  della Costituzione - Legge di attuazione (c.d. legge «La
  Loggia»)  -  Funzioni del rappresentante dello Stato per i rapporti
  con  il  sistema  delle  autonomie  -  Applicabilita'  (in  via  di
  principio)  ai  commissariati  del  Governo  di Trento e di Bolzano
  delle  norme regolamentari relative agli U.T.G., emanate con d.P.R.
  n. 287/2001  -  Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  -
  Denunciata violazione dell'autonomia provinciale - Contrasto con la
  disciplina statutaria e con le norme di attuazione - Irrazionalita'
  in  raffronto  a  quanto  previsto  per  le altre Regioni a statuto
  speciale.
- Legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 10, comma 6.
- Statuto   speciale   della   Regione  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.
  31 agosto 1972, n. 670 e s.m.), artt. 87 e 107; decreto legislativo
  16 maggio 2001, n. 260.
(GU n.41 del 15-10-2003 )
    Ricorso  della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del vice
presidente  sostituto  della  Provincia,  dott.  Otto  Saurer, giusta
deliberazione  della giunta n. 2527 del 28 luglio 2003, rappresentata
e  difesa  - in virtu' di procura speciale del 1° agosto 2003, rogata
dal   segretario   generale  della  giunta  provinciale,  avv.  Adolf
Auckentaler (repertorio n. 20197) - dagli avv. proff. Sergio Panunzio
e  Roland Riz, e presso il primo di essi elettivamente domiciliato in
Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284;

    Contro  la  Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente del Consiglio in carica;
    Per la dichiarazione d'incostituzionalita' dell'articolo 1, commi
4,  5 e 6; dell'articolo 5, commi 1 e 2; dell'articolo 6, commi 1, 2,
3,  e  5;  dell'articolo 7,  comma 1; dell'articolo 8, commi 1 - 4; e
dell'articolo 10, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (recante
«Disposizioni  per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»).

                                Fatto

    1.  -  Dopo  una lunga attesa, e' stata approvata una delle leggi
ordinarie  che  debbono  dare  attuazione alla revisione del titolo V
della   parte  II  della  Costituzione,  gia'  disposta  dalla  legge
costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3. Si tratta della legge 5 giugno
2003,   n. 131  (c.d.  legge  «La  Loggia»,  dal  nome  del  ministro
proponente).
    Di  tale  legge  vengono  qui  in evidenza - ai fini del presente
ricorso - i seguenti articoli.
    2.1.  -  L'articolo 1  della  legge  n. 131  del  2003 disciplina
l'azione  dell'articolo 117,  commi 1  e  3  della Costituzione (come
modificato  dalla  legge costituzionale n. 3/2001): in particolare il
comma 4   riguarda   la   potesta'   legislativa  regionale  di  tipo
«concorrente»  e  la  problematica  relativa  alla individuazione dei
relativi  «principi  fondamentali» di competenza della legge statale;
mentre  il  comma 5  riguarda la individuazione delle disposizioni di
leggi di competenza esclusiva dello Stato, ma che riguardino pero' la
competenza legislativa regionale «concorrente».
    In  particolare il comma 4 dell'articolo 1, al fine di «orientare
l'iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all'entrata
in  vigore  delle  leggi con le quali il Parlamento definira' i nuovi
principi fondamentali», conferisce una delega al Governo per adottare
entro  un  anno «uno o piu' decreti legislativi meramente ricognitivi
dei  principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle
materie previste dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione»,
attenendosi  ai  principi  indicati  dallo  stesso comma 4 («principi
della   esclusivita'   adeguatezza,  chiarezza,  proporzionalita'  ed
omogeneita»),  e  ad  una serie di «criteri direttivi» elencati nelle
lettere da a) ad e) del successivo comma 6 dello stesso articolo 1.
    A  sua  volta  il  successivo comma 5 stabilisce che «Nei decreti
legislativi  di cui al comma 4, sempre a titolo di mera ricognizione,
possono  essere  individuate le disposizioni che riguardano le stesse
materie  ma  che  rientrano  nella competenza esclusiva dello Stato a
norma dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione».
    2.2. - L'articolo 5 della legge «La Loggia» reca norme in materia
di  «Attuazione  dell'articolo 117, comma 5, della Costituzione sulla
partecipazione delle regioni in materia comunitaria».
    Il  primo  comma  dell'articolo 5  disciplina  il  concorso delle
Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano alla formazione
degli   atti   comunitari,  nelle  materie  di  loro  competenza.  In
particolare  vi  si  stabilisce  che, a tale scopo, esse partecipano,
«...  nell'ambito  delle  delegazioni del Governo, alle attivita' del
Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della
Commissione  europea,  secondo  modalita'  da  concordare  in sede di
Conferenza Stato-Regioni che tengano conto della particolarita' delle
autonomie   speciali  e,  comunque,  garantendo  l'unitarieta'  della
rappresentazione   della   posizione   italiana  da  parte  del  Capo
delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve
essere  prevista  la partecipazione di almeno un rappresentante delle
Regioni  a  statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano».
    Il  successivo  secondo  comma del medesimo articolo 5 stabilisce
poi  che  «Nelle  materie  di  competenza legislativa delle Regioni e
delle  Province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano, il Governo puo'
proporre  ricorso  dinanzi  alla  Corte  di giustizia delle comunita'
europee  avverso  gli  atti normativi comunitari ritenuti illegittimi
anche su richiesta di una delle Regioni o delle Province autonome. Il
Governo  e' tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto
dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e
delle Province autonome».
    2.3. - L'articolo 6 della legge «La Loggia» reca norme in materia
di   attuazione   dell'articolo 117,   quinto  e  nono  comma,  della
Costituzione sull'attivita' internazionale delle Regioni.
    Dopo avere trattato - rispettivamente nel primo e secondo comma -
dell'attivita'   delle   Regioni   e  Province  autonome  volta  alla
attuazione  ed esecuzione degli accordi internazionali ratificati, ed
a  quella relativa alla conclusione, con enti territoriali interni ad
altro  Stato,  di intese dirette a favorire il loro sviluppo, ed allo
svolgimento  di  «attivita' di mero rilievo internazionale», al terzo
comma l'impugnato articolo 6 detta una disciplina degli accordi che i
medesimi enti possono concludere con altri Stati.
    In particolare vi si prevede che tali enti, nelle materie di loro
competenza,  possono  concludere  accordi esecutivi ed applicativi di
accordi   internazionali   gia'   in   vigore,   accordi   di  natura
tecnico-amministrativa,  ed  accordi di natura programmatica, purche'
nel  rispetto, oltre che dei limiti gia' stabiliti dall'articolo 117,
commi 1 e 3, della Costituzione, anche «dalle linee e dagli indirizzi
di   politica  estera  italiana».  A  questo  scopo  il  terzo  comma
dell'articolo 6  disciplina  una complessa procedura che prevede, fra
l'altro,  la comunicazione delle trattative al Ministero degli affari
esteri  ed  alla Presidenza del Consiglio; la eventuale fissazione da
parte  del  Ministero  degli esteri di principi e criteri seguire nei
negoziati;  qualora  questi si svolgano all'estero, la collaborazione
delle  rappresentanza diplomatiche e degli uffici consolari italiani.
E  vi  si prevede, infine, che prima della sottoscrizione il progetto
di.  accordo  deve  essere  comunicato  al  Ministero degli esteri il
quale,  dopo  avere  sentito  la  Presidenza  del  Consiglio ed avere
accertato    «...   l'opportunita'   politica   e   la   legittimita'
dell'accordo,  ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri
di  firma  previsti dalle norme del diritto internazionale generale e
dalla  Convenzione  di  Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio
1969,  ...  Gli  accordi  sottoscritti in assenza del conferimento di
pieni poteri sono nulli».
    Tale disciplina e' a sua volta integrata da quella dei successivi
commi 5 e 6 del medesimo articolo 6.
    Infatti,  il  comma 5  attribuisce  al  Ministro  degli esteri il
potere  di  rappresentare  in  ogni  momento  alle Regioni e Province
autonome «questioni di opportunita' politica inerenti le attivita' di
cui  ai  commi 1  e  3  e derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di
politica  estera  dello  Stato  e,  in  caso  di dissenso, sentita la
Presidenza del Consiglio ... chiedere che la questione sia portata in
Consiglio  dei  ministri  che,  con l'intervento del Presidente della
giunta   regionale   o   provinciale   interessato,   delibera  sulla
questione».
    Infine,  il  comma 6  stabilisce che «In caso di violazione degli
accordi  di  cui  al comma 3, ferma restando la responsabilita' delle
Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni dell'articolo 8,
commi  1, 4 e 5, in quanto compatibili» (cioe', come ora si dira', il
potere sostitutivo di cui all'articolo 120 della Costituzione, la cui
disciplina attuativa e' appunto contenuta nell'articolo 8 della legge
«La Loggia»).
    2.4.  -  L'articolo 7  della  legge  «La  Loggia»  disciplina  la
«Attuazione   dell'articolo 118  della  Costituzione  in  materia  di
esercizio delle funzioni amministrative».
    Ai  fini del presente ricorso rileva in particolare modo il primo
comma  il  quale - con riferimento a quanto stabilito dal primo comma
del  nuovo  articolo 118  Cost.  circa l'attribuzione ai comuni delle
funzioni  amministrative  -  stabilisce  che  «Lo Stato e le Regioni,
secondo  le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni
amministrative  da  loro  esercitate  alla  data di entrata in vigore
della  presente  legge,  sulla  base  dei principi di sussidiarieta',
differenziazione   e  adeguatezza,  attribuendo  a  Province,  citta'
metropolitane,  Regioni  e  Stato  soltanto  quelle  di  cui  occorra
assicurare l'unitarieta' di esercizio, ...».
    2.5.  - L'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 reca norme sulla
«Attuazione   dell'articolo 120   della   Costituzione   sul   potere
sostitutivo».
    E'  noto  il  dibattito  avutosi  in  dottrina  circa  il  potere
sostitutivo  affidato  al  Governo dal revisionato articolo 120 della
Costituzione: se esso sia limitato alla funzione amministrativa, o se
invece esso sia da intendersi come comprensivo di sostituzioni in via
normativa,  nelle  forme  di  un  atto  con forza di legge «atipico»,
operante   con   presupposti   e  forme  diversi  rispetto  a  quelli
dell'articolo 77  della  Costituzione.  Al  riguardo  l'articolo 8 in
questione ha optato decisamente per la seconda tesi.
    Infatti il primo comma dell'articolo 8 stabilisce che «Nei casi e
per  le  finalita'  previsti  dall'articolo 120, secondo comma, della
Costituzione   ...»  -  e  dopo  che  sia  stato  assegnato  all'ente
interessato  un  congruo termine per provvedere, che tale termine sia
decorso  inutilmente,  e  che  l'organo interessato sia stato su cio'
sentito  -  il  Consiglio  dei ministri «... su proposta del Ministro
competente  o  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri, adotta i
provvedimenti  necessari,  anche normativi, ovvero nomina un apposito
commissario.  Alla  riunione  del Consiglio dei ministri partecipa il
Presidente  della  giunta  regionale  della  Regione  interessata  al
provvedimento».
    Il  successivo  comma 2  dell'articolo 8  integra poi la suddetta
disciplina  con  una  disposizione  particolare (attuativa del quinto
comma  dell'articolo 117  Cost.) secondo cui «Qualora l'esercizio del
potere  sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla
violazione  della  normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti
di  cui  al  comma 1  sono  adottati  su  proposta del Presidente del
Consiglio  dei ministri o del ministro per le politiche comunitarie e
del  ministro  competente  per  materia.  L'articolo 11  della  legge
9 marzo 1989, n. 86, e' abrogato».
    Infine,  il  comma 4 del medesimo articolo 8 disciplina l'ipotesi
piu'  particolare  in cui, oltre che l'inerzia dell'ente territoriale
competente a provvedere (come al comma 1) vi sia anche una situazione
di  «assoluta  urgenza». Recita infatti il quarto comma che «Nei casi
di   assoluta  urgenza,  qualora  l'intervento  sostitutivo  non  sia
procrastinabile  senza  mettere  in  pericolo  le  finalita' tutelate
dall'articolo 120  della  Costituzione, il Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o
degli  enti  locali,  adotta  i  provvedimenti  necessari,  che  sono
immediatamente   comunicati  alla  Conferenza  Stato-Regioni  o  alla
Conferenza    Stato-Citta'   e   autonomie   locali,   allargata   ai
rappresentanti  delle  comunita'  montane,  che  possono chiederne il
riesame».
    2.6.  -  Infine, l'articolo 10 della legge «La Loggia» reca norme
sul  «Rappresentante  dello Stato per i rapporti con il sistema delle
autonomie».
    Dopo  avere  disciplinato  nei  primi  quattro  commi funzioni ed
organizzazione   dei  «rappresentanti»  in  questione  con  esplicito
riferimento alle Regioni a statuto ordinario (nelle quali la funzione
di  rappresentante  dello  Stato  per i rapporti con il sistema delle
autonomie  e'  svolto  dal prefetto preposto all'ufficio territoriale
del  Governo  avente  sede  nel capoluogo regionale), il quinto comma
dell'articolo 10  stabilisce che «Nelle Regioni a statuto speciale le
funzioni  del rappresentante dello Stato ai fini della lettera d) del
comma 2  sono  svolte  dagli  organi  statali  a competenza regionale
previsti  dai  rispettivi  statuti,  con  le  modalita'  definite  da
apposite norme d'attuazione». La richiamata lettera d) attribuisce al
rappresentante   dello   Stato  «l'esecuzione  di  provvedimenti  del
Consiglio  dei  ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo
di  cui all'articolo 120 della Costituzione, avvalendosi degli uffici
territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel
territorio regionale».
    A  sua  volta, infine, il successivo sesto comma dell'articolo 10
stabilisce  che  «Ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano
si  applicano  le  disposizioni del regolamento di cui al decreto del
Presidente  della  Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, compatibilmente
con  lo  statuto  speciale  di  autonomia  e con le relative norme di
attuazione».
    3. - Cosi'  come la disciplina contenuta nel titolo V della parte
Il  della  Costituzione  non  si  applica,  di massima alle Regioni a
statuto  speciale (ed alle Province autonome di Trento e Bolzano), lo
stesso  si  deve  dire per la legge ordinaria di attuazione di quella
disciplina  costituzionale:  appunto  la  legge n. 131 del 2003. Cio'
sembrerebbe trovare conferma nel primo comma dell'articolo 11 di tale
legge,  dove e' stabilito che «Per le Regioni a statuto speciale e le
Province  autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto
dai  rispettivi statuti speciali e dalle relative norme d'attuazione,
nonche'  dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3».
    Peraltro  e'  noto,  altresi',  che in base all'articolo 10 della
appena richiamata legge costituzionale n. 3 del 2001, e fino a quando
gli  statuti  speciali  non  saranno  stati adeguati alla riforma del
titolo  V, le nuove norme costituzionali contenute in quest'ultimo si
applicano  anche alle Regioni a statuto speciale ed alle due Province
autonome «per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie
rispetto  a  quelle  gia' attribuite». Ne discende che, cosi' come le
disposizioni  costituzionali  che  risultano applicabili in base alla
norma  di rinvio dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001,  saranno  parimenti applicabili alle regioni a statuto speciale
le  relative  disposizioni  attuative contenute nella legge ordinaria
n. 131 del 2003.
    Non  solo.  La  stessa  legge  «La  Loggia»,  in  molte delle sue
disposizioni   (anche   in  quelle  dianzi  riportate)  si  riferisce
espressamente  anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province
autonome.
    In conclusione, dunque, e' indubbio che la disciplina della legge
n. 131  del  2003  risulta  essere  in  parte  applicabile anche alle
Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome. Ma nella misura
in  cui  essa lo e', e relativamente alle specifiche disposizioni che
si  sono  in  precedenza  richiamate,  tale  legge lede le competenze
costituzionalmente spettanti alla Provincia autonoma di Bolzano; onde
questa la impugna, per i seguenti motivi di

                               Diritto

    1. - Incostituzionalita'  delle  disposizioni dell'articolo commi
4,  5  e  6  della  legge 5 giugno 2003, n. 131, per violazione delle
competenze    provinciali    di    cui    al    combinato    disposto
dell'articolo 117,  comma 3,  Cost.  e  dell'articolo 10  della legge
costituzionale  n. 3 del 2001 (nonche', per quanto di ragione, di cui
all'articolo 9  dello  Statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige
dell'articolo 11 della suddetta legge costituzionale n. 3 del 2001; e
dell'articolo 76 Cost.
    11. - Con  riserva  di  argomentare piu' ampiamente le censure in
una  successiva  memoria, veniamo ora a dedurre vizi che inficiano le
disposizioni  legislative  impugnate.  A  cominciare dalla disciplina
contenuta nell'articolo 1 della legge «La Loggia».
    Come  si  e' gia' visto, il quarto comma dell'articolo 1 contiene
una  delega  al  Governo  ad  adottare  dei  decreti  legislativi che
dovrebbero  essere  «meramente  ricognitivi dei principi fondamentali
che   si   traggono   dalle  leggi  vigenti  nelle  materie  previste
dall'articolo 117,   terzo   comma,  della  Costituzione».  Il  primo
interrogativo   che   pone   tale   disposizione   e'  se  abbia  una
plausibilita'  ed un senso giuridici parlare di una mera ricognizione
fatta con un atto con forza di legge del Governo.
    A nostro avviso la risposta all'interrogativo non puo' che essere
negativa.  In  primo  luogo  si  potrebbe  osservare che in tal senso
milita  gia' la circostanza che se si trattasse realmente di una mera
ricognizione  di  principi  gia'  autonomamente  esistenti  la delega
sarebbe del tutto inutile. Infatti gli atti di esercizio della delega
non  noverebbero  la  fonte  dei principi da essi «riconosciuti»; ne'
essi  sarebbero  in grado - diversamente da quello che sembrerebbe lo
scopo   dichiarato   della   delega   («per   orientare  l'iniziativa
legislativa dello Stato e delle Regioni ...») - di evitare incertezze
e  contrasti interpretativi fra lo Stato e le Regioni. Questo perche'
-  nonostante  la  procedura  «collaborativa» con la quale i principi
fossero  individuati  dal  Governo  -  i  legislatori  regionali  non
sarebbero  (ne'  avrebbero motivo di sentirsi) vincolati dai principi
fondamentali  individuati in via «meramente ricognitiva». Quindi - in
definitiva  -  sarebbe  sempre  codesta  Ecc.ma  Corte costituzionale
(soprattutto  in  sede  di  giudizio di costituzionalita' delle leggi
regionali  impugnate  dal Governo perche' ritenute in contrasto con i
principi   fondamentali  gia'  individuati  dal  medesimo)  a  dovere
stabilire  se  il  principio  esiste  e quale ne sia il suo effettivo
contenuto  precettivo;  ovvero,  seguendo  un'ipotesi  ulteriore,  ad
annullare  i  principi  «individuati»  dal Governo, ma in realta' non
corrispondenti a principi fondamentali preesistenti.
    Del  resto,  se  si  trattasse  di  mera ricognizione di principi
esistenti,  non  c'era  bisogno  di  una  delega legislativa, essendo
sufficiente un atto del Governo privo di forza di legge.
    Il   problema  nasce  soprattutto  dal  fatto  che  il  carattere
meramente «ricognitivo» dei decreti legislativi in questione e' assai
difficilmente  sostenibile,  per  motivi  sia  logico-dogmatici,  che
testuali.  I  principi,  infatti,  non  sono  -  se  ci  si  consente
l'espressione  -  «cose» che il Governo potrebbe trovare gia' belle e
fatte  «rovistando»  nell'ordinamento  legislativo.  I  principi  non
scritti,  infatti,  sono  sempre  ed  inevitabilmente  il  frutto  di
un'attivita'  ermeneutica che e' inevitabilmente intrisa di scelte di
valore.
    Per  di  piu',  nel  caso  in questione, la predeterminazione dei
principi  e  criteri  direttivi  cui  si dovrebbe attenere il Governo
nell'esercizio  della delega (i primi contenuti nello stesso comma 4,
i  secondi  nel  successivo comma 6) mal si concilia con un'attivita'
meramente    ricognitiva,   ma   implica   piuttosto   il   carattere
sostanzialmente   legislativo  e,  quindi,  «innovativo»  del  potere
conferito   al  Governo.  Cio'  e'  particolarmente  evidente  se  si
considera  lo  specifico contenuto di alcuni di essi: per esempio, si
pensi  ai  principi,  della  «adeguatezza»  o della «proporzionalita»
(comma   4);   e   ad  un  criterio  direttivo  quale  e'  quello  di
«salvaguardare  la  potesta' legislativa riconosciuta alle Regioni ai
sensi  dell'articolo 117,  terzo  comma,  della Costituzione» (cioe',
come  diceva in modo meno ambiguo, ma sostanzialmente corrispondente,
il  testo  originario  del  disegno  di  La  Loggia,  «... in modo da
richiedere disposizioni applicative regionali»).
    Riservandoci  (come gia' detto in precedenza) di ritornare in una
successiva  memoria  su  questi  aspetti  di fondo della problematica
evocata  dall'articolo  1  della  legge  «La  Loggia»,  in realta' e'
proprio  la  «forza  di legge» che caratterizza i decreti legislativi
delegati in base a Costituzione cio' che osta a considerare i decreti
legislativi  in questione come meramente ricognitivi. Nella «forza di
legge»  che  e'  propria di quei decreti, infatti, e' strutturalmente
insito  un  carattere innovativo-creativo che la legge di delegazione
non  puo'  certo  «sterilizzare» (poiche' la legge ordinaria non puo'
disporre  della  «forza di legge», essendo cio' riservato alle, fonti
costituzionali).  Per  cui,  in  definitiva,  la  formula della «mera
ricognizione»  impiegata  dalla  legge  impugnata  risulta  essere in
realta', aldila' delle parole, un espediente impiegato per cercare di
superare  la  troppo  palese  incostituzionalita'  di  una delega che
avesse avuto ad oggetto la «determinazione» dei principi fondamentali
(delega  di  cui si era inizialmente discusso, subito dopo la riforma
del  titolo  V).  Ma si tratta, appunto, di un espediente verbale che
non  puo'  mutare  la  sostanza  delle  cose: la quale porta a dovere
riconoscere il carattere inevitabilmente anche innovativo dei decreti
legislativi in questione.
    1.2.  -  Sulla  base di quanto si e' detto in precedenza, si puo'
passare   ad   indicare   sinteticamente,   quali  siano  i  vizi  di
incostituzionalita'  del  quarto  comma  dell' articolo 1 della legge
n. 131 del 2003.
    1.2.1.  -  La  incostituzionalita'  deriva, in primo luogo, dalla
violazione  della  riserva  di legge formale del Parlamento (e per di
piu' di legge approvata in assemblea).
    Infatti,   secondo   l'articolo   11,   comma   2,   della  legge
costituzionale  n. 3  del 2001 i progetti di legge che riguardano «le
materie  di  cui  al  terzo  comma  dell'articolo  117 ...» (e quindi
soprattutto  i  progetti  di  legge  statale  riguardanti i «principi
fondamentali»)   non   soltanto   debbono   essere   esaminate  dalla
Commissione  parlamentare  per  le  questioni  regionali  (di  cui al
precedente  comma  i dell'articolo 11), ma qualora la Commissione che
ha  svolto  l'esame  del  progetto  in  sede  «referente»  non si sia
adeguata al parere dato dalla Commissione per le questioni regionali,
in  tal  caso  sul  progetto  «... l'Assemblea delibera a maggioranza
assoluta dei suoi componenti».
    Tanto  basta  a  dimostrare in modo inequivocabile che la vigente
disciplina  costituzionale esclude che la individuazione dei principi
fondamentali  di  cui  al  terzo  comma dell'articolo 117 Cost. possa
costituire   oggetto   di   una   delega  legislativa,  potendo  tale
individuazione essere fatta solo dal Parlamento.
    Ma  in  ultima  istanza  si  consideri  anche che la formulazione
dell'articolo  11,  comma 2, della legge costituzionale n. 3 del 2001
(«...  progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma
dell'articolo 117  ...»)  e' tale per cui la riserva di legge formale
del  Parlamento non puo' essere esclusa neppure dal riconoscimento di
un carattere meramente «ricognitivo» dei decreti legislativi delegati
in questione.
    1.2.2. - In secondo luogo, la disciplina legislativa impugnata e'
incostituzionale    anche    perche'    viola   l'articolo 76   della
Costituzione.  Quest'ultimo,  infatti,  richiedendo  che  la legge di
delega   stabilisca  i  principi  che  dovranno  guidare  e  limitare
sostanzialmente  «l'attivita'  del Governo relativamente al contenuto
degli emanandi decreti legislativi, rende incongrua e contraddittoria
una  delega  al  Governo  per  la  individuazione-determinazione  dei
principi  fondamentali.  In  altri  termini,  nelle materie di cui al
terzo  comma dell'articolo 117 Cost. spetta allo Stato proprio e solo
quella  parte  della  legislazione  che  non  puo' costituzionalmente
essere  delegata al Governo (F. Bassanini, sub Articolo 1, commi 2-6,
in  AA.VV.,  La  legge «La Loggia» commento alla legge 5 giugno 2003,
n. 131, Maggioli, Rimini, 2003). E si puo' anche osservare che - come
ha  rilevato A. D'Atena, legislazione concorrente, principi impliciti
e  delega  per  la  formulazione  dei principi fondamentali, nel sito
internet   www.2.unife.it/forumcostituzionale  -  in  questo  caso  i
principi  della  delega  «...  (i principi - se cosi' puo' dirsi - al
quadrato),  essendo  finalizzati  alla formulazione di altri principi
verrebbero   fatalmente   ad   assumere   un  carattere  di  assoluta
evanescenza  (tanto piu' se - come nella specie - dovessero riferirsi
ad  una  ventina  di  materie  diverse,  fortemente  eterogenee l'una
dall'altra».
    Quanto poi, in particolare, al principio della «esclusivita» (che
ha sostituito quello che nel testo originario del disegno di legge La
Loggia  era  il  principio:  di «completezza»), se esso ha lo scopo -
come  viene  per  lo  piu'  affermato  -  di  impedire  al Governo di
impugnare   leggi  regionali  adducendo  la  violazione  di  principi
fondamentali  diversi  da quelli identificati nei decreti legislativi
delegati  «meramente  ricognitivi», cio' costituisce allora, in primo
luogo,  la dimostrazione che principi come questo non sono in realta'
diretti  ad indirizzare (ne', tanto meno, a limitare) sostanzialmente
-  come  invece  dovrebbero  -  l'attivita'  del  Governo  volta alla
individuazione  del contenuto dei principi fondamentali relativi alle
varie materie di competenza concorrente.
    In  secondo  luogo, se quello e' il significato del principio, di
«esclusivita»   (ma   quale  altro  potrebbe  essere?),  cio'  sta  a
confermare ulteriormente l'impossibilita' di attribuire agli emanandi
decreti  legislativi  un  carattere «meramente ricognitivo». Infatti,
posto  che i principi fondamentali esistono (e trovano la loro fonte)
al  di  fuori  dei decreti legislativi delegati in questione (appunto
solo  ricognitivi  della  loro  esistenza),  se in concreto una legge
regionale violasse un principio fondamentale in realta' esistente, ma
non  individuato  nei  decreti  legislativi ricognitivi in questione,
come  potrebbe  negarsi  al  Governo  il  potere  di  impugnarlo? Per
negarglielo   occorrerebbe  affermare  che  i  principi  fondamentali
vigenti  (fino  all'entrata  in  vigore  delle future leggi con cui -
secondo   quanto   previsto  nel  primo  periodo:  del  quarto  comma
dell'articolo 1  qui  impugnato  -  «il  Parlamento definira' i nuovi
principi  fondamentali») sono soltanto quelli individuati dai decreti
legislativi  «meramente ricognitivi»: decreti che dunque, in realta',
non  sarebbero «meramente ricognitivi», ma avrebbero invece novato la
fonte  dei  principi  fondamentali preesistenti (rendendo inofficiosi
quelli non espressamente «riconosciuti» nei decreti medesimi).
    1.3    -    La   incostituzionalita'   del   successivo   comma 5
dell'impugnato articolo 1 della legge n. 131 del 2003 e' conseguente,
e  comunque strettamente connessa, alla incostituzionalita' del comma
4 (e del collegato comma 6) di cui si e' trattato in precedenza.
    L'oggetto  della  delega  del  quinto  comma  e' diverso rispetto
all'oggetto  della  delega  del  quarto  comma:  non piu' i «principi
fondamentali»  relativi alle materie di competenza concorrente, ma le
disposizioni  legislative  statali «che riguardano le stesse, materie
ma  che  rientrano  nella  competenza  esclusiva  dello Stato a norma
dell'articolo 117,  secondo comma, della Costituzione». Identici sono
invece  gli  atti  di  esercizio  della  delega  («gli stessi decreti
legislativi   di   cui  al  comma  4»),  e  comune  e'  il  carattere
asseritamente  di  «mera  ricognizione»  che  dovrebbe avere anche la
individuazione di queste ultime disposizioni.
    Pertanto,  valgono  anche  a proposito della disciplina del comma
quinto le considerazioni critiche circa l'implausibilita' del preteso
carattere  meramente  ricognitivo dei decreti legislativi delegati di
cui al comma quarto (supra, n. 1.1.); e valgono in parte anche per il
comma quinto le censure gia' dedotte in relazione al comma quarto: in
particolare  quelle  relative  alla mancanza nella legge di delega di
principi  realmente  idonei ad indirizzare e limitare l'esercizio del
potere delegato al Governo (supra, n. 1.2.2.).
    Ma  nel  caso  della,  delega  di  cui  al  quinto comma il vizio
relativo alla mancanza di principi e criteri direttivi nella legge di
delega e' ancora piu' grave ed evidente.
    Infatti,  se  anche  il  rinvio - contenuto nel quinto comma - ai
«...  decreti  legislativi  di cui al comma 4» potrebbe essere inteso
(ma  solo  implicitamente)  come  comprensivo  dei principi direttivi
della delega in esso contenuti, resterebbero pero' estranei al rinvio
i criteri direttivi di cui al comma sesto. Ma in realta', se anche si
potesse ritenere che il rinvio abbraccia pure i criteri direttivi del
sesto  comma,  nel caso della delega del quinto comma il problema del
difetto  dei  principi  e  criteri  direttivi  non sarebbe in realta'
risolto.
    Il  vizio  insuperabile sta altrove: precisamente nel fatto che i
principi e criteri direttivi di cui ai commi quattro e sei riguardano
in realta' solo la individuazione dei principi fondamentali di cui al
comma  4,  ma  non  riguardano  minimamente  la  individuazione delle
«disposizioni» legislative statali di cui al comma 5.
    Gia'  si e' detto in precedenza come e perche', in relazione alla
delega  di  cui  al  comma,  vi  sia una grave carenza sostanziale di
principi  direttivi.  Ma,  bene o male (piu' male che bene come si e'
detto!),  almeno  formalmente  essi  sono  enunciati nei commi 4 e 6.
Viceversa,  nel caso della delega contenuta nel comma 5 si ha che: a)
il  quinto  comma  tace  sui principi e criteri direttivi, ne' rinvia
espressamente a quelli dei commi 4 e 6; b) avendo la delega del comma
5  un  oggetto  diverso  rispetto  a  quella del comma 4 i principi e
criteri  direttivi  relativi a quest'ultima non possono fungere anche
da principi e criteri direttivi per la delega del comma 5.
    Si  badi  che  la  qui  asserita  impossibilita'  di utilizzare i
medesimi  principi  e  criteri  direttivi in relazione a due distinte
deleghe,  aventi un oggetto diverso si fonda su valutazioni di ordine
sostanziale.  Il problema non sta tanto, o soltanto, nel fatto che le
due deleghe abbiano un oggetto diverso; ma sta invece soprattutto nel
fatto  che  i  principi e criteri direttivi di cui ai commi 4 e 6, se
pure sono del tutto insoddisfacenti (per i motivi gia' illustrati) ai
fini  della  delega  del quarto comma dell'articolo 1, sono del tutto
inutilizzabili ai fini della delega del quinto comma.
    Infatti  e'  del  tutto palese che i principi e criteri direttivi
del  quarto e quinto comma sono stati scritti pensando,esclusivamente
alla  «ricognizione»  dei  soli  principi  fondamentali. Cio' risulta
espressamente  nella  piu' gran parte dei criteri enunciati dal sesto
comma:  in  particolare, lettere a), b) ed e). Ma risulta chiaramente
anche.  per  gli altri criteri e principi: basti pensare, ad esempio,
ai  principi  di  adeguatezza  e di proporzionalita', i quali possono
anche  avere  un  senso in relazione alla individuazione dei principi
fondamentali  nelle  materie  di  legislazione concorrente, ma non ne
hanno   alcuno  in  relazione  alla  individuazione  di  disposizioni
legislative statali di dettaglio.
    2. - Incostituzionalita'  dell'art. 5  della legge 5 giugno 2003,
n. 131,   per   violazione   delle   competenze  provinciali  di  cui
all'art. 117,  comma 3  e  comma 5,  della Costituzione, in relazione
all'articolo 10  della  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e
per  violazione  delle competenze provinciali di cui agli artt. 8, 9,
10  e  16  dello  statuto speciale per il Trentino Alto-Adige (d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670) e relative norme d'attuazione.
    1.1. - Le nuove norme costituzionali introdotte dalla legge cost.
n. 3/2001  -  che,  come  gia' si e' detto, in base all'art. 10 della
stessa  legge  costituzionale si applicano alla Provincia autonoma di
Bolzano,  fino  all'adeguamento  del  relativo  statuto  speciale, in
quanto  prevedano forme di autonomia piu' ampie di quelle attualmente
assegnate  dallo  statuto  medesimo  -  dispongono che, in materia di
«rapporti  internazionali  e  con  l'Unione  europea  delle  Regione»
(art. 117, comma 3), lo Stato, abbia la potesta' legislativa limitata
ai  soli  principi  fondamentali  (legislazione  concorrente),  e che
spetti dunque alle Regioni quella di dettaglio.
    Stabiliscono  inoltre  che  «le Regioni e le Province autonome di
Trento  e Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni  dirette  alla formazione degli atti normativi comunitari e
provvedono    all'attuazione    e    all'esecuzione   degli   accordi
internazionali  e  degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle
norme  di  procedura  stabilite  da  legge dello Stato...» (art. 117,
comma 5).
    E'  evidente  che  la  normativa  statale di attuazione del nuovo
titolo  V  avrebbe  dovuto  tenere  conto di entrambe le disposizioni
costituzionali  appena  citate nel dettare la disciplina dei rapporti
delle  Regioni con l'Unione europea nelle materie di competenza delle
prime.
    Cio'   significa  che  lo  Stato  poteva,  e  doveva  dettare  la
disciplina  procedurale  di massima nell'ambito della quale Regioni e
Province autonome - possano prendere parte ai processi decisionali di
livello comunitario, limitandosi a tracciarne i principi fondamentali
e  lasciando  invece  alla  disciplina  regionale (o provinciale) gli
aspetti   di   dettaglio   di  detta  partecipazione,  (che  attiene,
evidentemente, ai «rapporti... con l'Unione europea delle Regioni» di
cui all'art. 117, comma 3, Cost.).
    Al  contrario,  in  pretesa  attuazione  di tali disposizioni, la
legge oggi impugnata, all'art. 5, comma 1, detta una disciplina della
partecipazione delle Regioni alla c.d. fase «ascendente» dei processi
decisionali  comunitari  che non si limita ai principi fondamentali e
non lascia alcuno spazio all'intervento di leggi regionali.
    Infatti,  anche laddove il primo comma dell'art. 5 non disciplina
direttamente gli aspetti piu' specifici di detta partecipazione, esso
rimette  la  loro regolamentazione alle decisioni da assumere in sede
di  Conferenza  Stato-Regioni:  comunque, la materia e' integralmente
sottratta alla potesta' legislativa regionale, in evidente violazione
del terzo comma dell'art. 117 Cost.
    Cio'  costituisce,  gia'  di  per  se',  motivo di illegittimita'
costituzionale della norma impugnata.
    Per  di  piu', la disciplina della partecipazione delle Regioni e
delle   Province   autonome   alle  decisioni  sugli  atti  normativi
comunitari  e'  configurata in modo assai riduttivo rispetto a quanto
e'  imposto  dal dettato costituzionale del comma 5 dell'art. 117, ed
e'  dunque  illegittima  per violazione di tale norma costituzionale.
Quest'ultima,  infatti,  nel  prevedere la diretta partecipazione dei
suddetti  enti  ai  processi  decisionali  comunitari,  riconosce  il
diritto delle Regioni (ed, ex art. 10 legge cost. 3/2001, anche delle
Province  autonome)  di  concorrere in modo incisivo ed efficace alla
fase  «ascendente» dei processi comunitari. Lo Stato deve, dunque, in
materia,   dettare   una  disciplina  che  garantisca  realmente  una
partecipazione effettiva.
    La  norma  impugnata,  invece,  si  limita  a  disporre  che tale
partecipazione  avvenga  nell'ambito  delle  delegazioni  del Governo
senza introdurre alcuna ulteriore garanzia.
    La  disciplina  dell'articolo 5,  comma 1, della legge La Loggia,
dunque, viola l'art. 117, comma 5, Cost., poiche' la sua formulazione
appare prevedere una partecipazione delle Regioni e Province autonome
scarsamente o per nulla incisiva, comunque non idonea a rappresentare
efficacemente  le  istanze di tali enti; e non assegna alle autonomie
territoriali un ruolo di reale rilievo nel processo decisionale.
    Non  e'  previsto, infatti, alcun meccanismo atto a garantire una
reale  consistenza  del  ruolo  delle  Regioni  nell'ambito  di dette
delegazioni  (quali, ad esempio, la previsione di un numero minimo di
rappresentati  regionali;  o  la  prescrizione  che  nelle materie di
legislazione   regionale  esclusiva  le  delegazioni  debbano  essere
composte di soli rappresentanti regionali).
    Resta,  cioe',  sempre  in  primo  piano  la presenza del Governo
statale  anche per le materie di competenza esclusiva regionale, e la
partecipazione  di  Regioni  e  Province  autonome  avviene  soltanto
attraverso tale «filtro».
    L'art. 5,  comma  1, della legge n. 131/2003 prevede altresi' che
nelle materie di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost. - che in via
residuale   appartengono  alla  competenza  esclusiva  delle  Regioni
ordinarie  -  il capo delegazione possa essere anche un presidente di
giunta regionale o di Provincia autonoma.
    Tale  previsione  appare lesiva delle competenze statutarie della
Provincia  autonoma  di  Bolzano  ed illegittimamente discriminatoria
delle autonomie territoriali speciali rispetto a quelle ordinarie, In
quanto   essa   e'  riferita  soltanto  alle  materie  di  competenza
esclusiva-residuale  delle  Regioni  ordinarie  ex art. 117, comma 4,
Cost.  e  non  anche  alle  materie  che  spettano  alla legislazione
primaria  della  Provincia  autonoma  di Bolzano in base allo Statuto
speciale del Trentino-Alto Adige (art. 8 del d.P.R. n. 670/1972).
    2.2.  -  Anche  il  secondo  comma  dell'art. 5  impugnato appare
costituzionalmente  illegittimo per violazione delle norme in rubrica
ed, in particolare, del quinto comma dell'art. 117 Cost.
    Tale  disposizione  costituzionale,  infatti,  nel  garantire  la
partecipazione delle Regioni e delle Province autonome, nelle materie
di  loro  competenza, alla formazione degli atti normativi comunitari
implica   che   tali   enti   debbano,   correlativamente,  avere  la
possibilita'  di  far  valere  eventuali  illegittimita'  degli  atti
medesimi   davanti   agli   organi  competenti  in  sede  comunitaria
(possibilita'  che  i  Trattati  comunitari  attribuiscono a ciascuno
Stato membro).
    Alle   Regioni  e  alle  Province  autonome  deve  quindi  essere
riconosciuto  un  canale  di  accesso  alla  Corte  di giustizia, che
consenta   loro  di  agire  -  tramite  il  Governo  italiano  -  per
l'impugnazione degli atti normativi comunitari.
    Del tutto insufficiente e', sul punto, la previsione dell'art. 5,
comma  2, della legge n. 131/2003, poiche' esso si limita a prevedere
la facolta' del Governo di propone l'azione richiesta dalle Regioni.
    Tale   facolta'   e'   tuttavia   rimessa   alla   piu'  assoluta
discrezionalita',  per  non  dire  al  vero  e  proprio arbitrio, del
Governo.
    L'unica  possibilita'  di  vincolare  il  Governo a presentare le
istanze  regionali  davanti  alla  Corte di giustizia e' rimessa alla
richiesta  della  Conferenza  Stato-Regioni,  a  maggioranza assoluta
delle Regioni e Province autonome.
    E'  evidente  come siffatta previsione sia del tutto inadeguata a
garantire l'effettivita' della «partecipazione» delle Regioni e delle
Province autonome di cui all'art. 117, comma 5, della Costituzione.
    La   richiesta  della  maggioranza  assoluta  vale,  infatti,  ad
escludere  sostanzialmente la possibilita' di una effettiva incidenza
di  Regioni e Province autonome tutte le volte in cui, ad esempio, la
materia  con  riferimento  alla quale si pone la questione non sia di
competenza  di  tutte  le  Regioni,  ma soltanto di alcune di esse, e
quindi  tutte  le  altre  non  hanno  nessun  interesse ad imporre ai
Governo di adire Corte di giustizia CE.
    La  previsione,  in  particolare,  lede  in  modo  assai grave la
provincia autonoma di Bolzano e gli altri enti territoriali dotati di
autonomia  speciale,  poiche'  questi,  essendo  dotati di competenze
legislative,  sia esclusive che concorrenti, anche in materie che non
spettano  invece  alle regioni ordinarie, potrebbero trovarsi in tali
ambiti,   in   netta   «minoranza»   all'interno   della   Conferenza
Stato-Regione,  e,  dunque, senza alcuna possibilita' di vincolare il
Governo all'azione in sede comunitaria.
    In  tali  ipotesi, gli enti in parola si troverebbero sforniti di
qualunque   strumento   di  «partecipazione»  in  sede  di  giustizia
comunitaria, dovendosi rimettere totalmente all'arbitrio del Governo.
    Cio'   costituisce   una  evidente  violazione  delle  competenze
provinciali e delle norme costituzionali indicate in rubrica.
    3. - Incostituzionalita'  dell'art. 6  della legge 5 giugno 2003,
n. 131,   per   violazione   delle   competenze  provinciali  di  cui
all'art. 117,  comma  3  e  comma 9, della Costituzione, in relazione
all'articolo  10  della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; e
per  violazione  delle competenze provinciali di cui agli artt. 8, 9,
10  e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31
agosto 1972, n. 670) e relative norme d'attuazione.
    3.1.  -  Come  si  e' ricordato nell'illustrazione del precedente
motivo,  il  terzo  comma  dell'attuale  art. 117  Cost.  affida alla
legislazione  concorrente  dello  Stato e delle Regioni la materia di
«rapporti  internazionali  ...  delle Regioni»: lo Stato deve, cioe',
limitarsi  alla  fissazione  di  principi fondamentali della materia,
senza   disciplinarla   in   toto,   ma  lasciando  alle  Regioni  la
determinazione della disciplina di dettaglio.
    Il  nono  comma  aggiunge,  inoltre,  che  «nelle  materie di sua
competenza  la Regione puo' concludere accordi con Stati e intese con
enti  territoriali  interni  ad  altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato».
    La  lettura sistematica delle due disposizioni rende evidente che
la  legge  statale  di  cui  al comma 9, per la disciplina dei casi e
delle  forme  nei  quali  le Regioni (e le Province autonome) possono
procedere  alla  stipula  di  accordi  o  intese,  dovra' limitarsi a
dettare  norme  di  principio,  che  lascino  il  dovuto margine alla
Regione (o alla Provincia autonoma) per la propria disciplina.
    Sotto  tale  profilo,  l'art. 6  della  legge  n. 131/2003 appare
radicalmente  illegittimo,  in  quanto pretende invece di dettare una
disciplina  specifica,  compiuta  ed analitica, sul tema dei rapporti
internazionali delle regioni.
    Peraltro,  anche  a voler accedere ad una diversa interpretazione
della  relazione  tra i due commi appena richiamati, ritenendo che il
contenuto  del comma 9 sia derogatorio rispetto a quanto previsto dal
comma  3 del medesimo articolo, e che, dunque, esso valga a riservare
integralmente  allo  Stato  la  disciplina dei «casi» e delle «forme»
degli  accordi  e  delle  intese  in  questione, e' evidente che tale
deroga   -   in  quanto  tale  -  non  puo'  che  essere  di  stretta
interpretazione.
    La   disciplina   statale  di  dettaglio,  dunque,  non  potrebbe
riguardare  altro  che  i  «casi»  e  le  «forme» degli accordi e non
potrebbe  certamente  coinvolgere altri aspetti. In particolare, essa
non  poterebbe  creare strumenti di ingerenza statale ne merito degli
accordi stessi.
    L'art. 6  della  legge  n. 131/2003,  invece,  va  ben oltre tali
limiti, disponendo una serie di limitazioni sostanziali all'esercizio
del  potere delle Regioni di stipulare accordi e intese che finiscono
per  snaturarlo  totalmente, svuotandolo sostanzialmente di qualsiasi
significato,  e  giungendo  ad  eliminare del tutto qualsiasi portata
innovativa  del  comma  9  dell'art. 117,  introdotto  dalla  recente
riforma costituzionale.
    Se,   infatti,   si   puo'   riconoscere,   nell'ambito  di  tale
ricostruzione,  che la legge statale possa limitare i tipi di accordi
che le Regioni possono concludere con altri Stati (i «casi») e che ne
possa fissare alcune regole procedurali (le «forme»: v. la tempestiva
comunicazione  delle  trattative  al Ministero degli affari esteri ed
alla Presidenza del Consiglio, o l'esigenza che gli accordi stipulati
ricevano pubblicita), appare, invece, radicalmente inconciliabile con
la  disciplina  dell'art. 117  Cost.,  commi  3 e 9, la previsione da
parte  dell'articolo  impugnato  di  un forte potere di ingerenza nel
merito da parte dello Stato, che si concreta in una serie di istituti
volti  a  eliminare  sostanzialmente il potere di decisione regionale
nei casi previsti.
    In  particolare,  si  fa  riferimento:  alla possibilita', per il
Ministero   degli  affari  esteri,  di  dettare  principi  e  criteri
direttivi  che  la  Regione  dovrebbe  seguire  nella  conduzione dei
negoziati (art. 6, comma 3); al necessario coinvolgimento dello Stato
nell'ambito  di  tutto  lo svolgimento dei negoziati, nel caso in cui
questi   si   svolgano  all'estero,  attraverso  l'imposizione  della
«collaborazione»  con  le rappresentanze diplomatiche ed i competenti
uffici  consolati  italiani  (art. 6 comma 3); alla necessita' che il
Ministero   degli   esteri   accerti  preventivamente  l'opportunita'
politica  e  la  legittimita'  dell'accordo  (art. 6,  comma 3); alla
possibilita'   che   siano   prospettate  dal  Governo  questioni  di
opportunita'  politica sull'accordo, in qualsiasi momento (e, dunque,
anche  successivamente alla sua stipula) e che in caso di dissenso la
decisione  spetti  esclusivamente  al Consiglio dei Ministri (art. 6,
comma 5).
    Si  tratta di una serie di previsioni le quali, come e' evidente,
singolarmente   e  soprattutto  nel  loro  complesso,  finiscono  per
svuotare   completamente   di  significato  il  potere  astrattamente
riconosciuto  alle Regioni e alle Province autonome di procedere alla
stipula  degli accordi nei «casi» indicati dallo stesso art. 6, comma
3,  della  legge  La  Loggia.  Tutti  casi, naturalmente, in cui noti
vengono  in  rilievo scelte fondamentali di politica estera (che, del
resto,  sono riservate allo Stato, ex art. 117, comma 2, lett. a), ma
soltanto  decisioni  di rilievo esclusivamente locale o di importanza
marginale: accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali
gia'  entrati  in  vigore;  accordi di natura tecnico-amministrativa;
accordi  programmatici  per  favorire  il proprio sviluppo economico,
sociale, culturale, ecc.
    Dunque,  le  suddette  disposizioni  dell'art. 6,  comma 3, della
legge   impugnata   sono   illegittime  per  violazione  delle  norme
costituzionali indicate in rubrica.
    3.2.  -  Analoghi rilievi possono essere fatti anche con riguardo
alla  previsione,  sempre  contenuta  nel comma 3, che per la stipula
dell'accordo  sia  necessaria  l'attribuzione  da  parte del ministro
degli  affari  esteri  dei pieni poteri di firma previsti dalle norme
del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna del
23 maggio 1969, pena la nullita' dell'accordo stesso.
    Si   tratta  di  una  ulteriore  prescrizione  volta  a  limitare
illegittimamente  i  poteri  delle Regioni e delle Province autonome,
consentendo  una  ingerenza  dello  Stato nel merito dell'accordo, in
violazione della nuova normativa costituzionale in materia.
    A tale scopo la legge impugnata ha utilizzato un istituto, quello
dell'attribuzione  dei  pieni  poteri,  del tutto incongruente con il
tema degli accordi stipulati dalla Regioni e dalle Province autonome.
    I  pieni  poteri  del  firmatario  sono,  infatti,  richiesti dal
diritto  internazionale  esclusivamente  per  i  trattati  tra Stati,
perche'  questi  possano  dirsi  vincolanti  per gli Stati stessi (v.
artt. 1.,  3  e  7  della Convenzione di Vienna adottata il 23 maggio
1969 e ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112).
    Gli  accordi  conclusi  ai  sensi  dell'art. 117, comma 9, Cost.,
invece,  non  sono,  ovviamente, dei «trattati» tra Stati, poiche' il
soggetto che li stipula non e' lo Stato, ma la Regione o la Provincia
autonoma. Ne', come tali, essi vincolano lo Stato, ma soltanto l'ente
che  lo  ha  sottoscritto  (non rientrando tali accordi tra quelli in
grado  di costituire un limite alla legislazione interna ex art. 117,
comma  1, Cost., che possono essere soltanto i trattati ratificati ex
art. 80  Cost.,  in  quanto  solo  questi  ultimi  possono comportare
«modificazioni di leggi» e, dunque, a fortiori vincoli al legislatore
futuro).
    E',   quindi,  del  tutto  priva  di  significato  la  previsione
dell'art. 6,  comma  3,  della  legge  impugnata, secondo la quale e'
necessario,  a pena di nullita', il conferimento dei pieni poteri per
la stipula di detti accordi.
    Si  tratta soltanto di un ulteriore meccanismo di ingerenza dello
Stato nel merito degli accordi stipulati dagli enti territoriali, nei
casi ad essi consentiti.
    Tale  norma, dunque, come le altre di cui si e' detto sopra, deve
essere dichiarate costituzionalmente illegittima per violazione delle
competenze provinciali di cui alle norme in rubrica.
    4. - Incostituzionalita'     delle     disposizioni     impugnate
dell'articolo  7,  comma  1,  della  legge 5 giugno 2003, n. 131, per
violazione  delle competenze provinciali di cui al combinato disposto
dell'articolo  117,  comma  3,  Cost.  e dell'articolo 10 della legge
cost.  n. 3  del  2001  (nonche',  per quanto di ragione, di cui agli
articoli   8,   9,  10,  16  e  18  dello  Statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige, e relative norme d'attuazione).
    4.1. - Si e' gia' visto che, nel dare attuazione all'articolo 118
della   Costituzione   in   materia   di   esercizio  delle  funzioni
amministrative e nel disciplinare il «conferimento» di tali funzioni,
il  primo  periodo del primo comma del qui impugnato articolo 7 della
legge  La  Loggia  si riferisce soltanto (come soggetti «conferenti»)
allo  Stato  ed  alle  Regioni  (diversamente,  per esempio, dai gia'
considerati  articoli  5  e  6 della stessa legge, che si riferiscono
esplicitamente  anche  alle Province autonome). Tale circostanza puo'
rafforzare  l'ipotesi  interpretativa  della  inapplicabilita'  della
disciplina  dell'articolo  7  della  legge  La  Loggia alla Provincia
Autonoma  ricorrente. Tale soluzione interpretativa, infatti, sarebbe
la  piu'  congruente  con  la  clausola della applicazione delle sole
parti  della  riforma  del  Titolo  V  che  prevedono  «...  forme di
autonomia   piu'   ampie»   (di   cui  all'articolo  10  della  legge
costituzionale  n. 3  del  2001); ed anche con la speciale disciplina
degli   articoli  16  e  18  dello  Statuto  speciale  T.-A.A.,  che,
rispettivamente,  stabiliscono  il  principio  del  parallelismo  fra
funzioni  provinciali  legislative  ed amministrative, e prevedono la
possibilita'  che  le  Province Autonome possano delegare alcune loro
funzioni  amministrative ai comuni o ad altri enti locali o avvalersi
dei loro uffici.
    Ma,  ove si ritenesse diversamente, la disciplina dell'articolo 7
impugnato  sarebbe  incostituzionale,  appunto,  per violazione delle
disposizioni  dello  Statuto  speciale  appena citate e del principio
dell'articolo  10  della  legge costituzionale n. 3 del 2001. Infatti
l'applicazione   anche   alla  Provincia  Autonoma  ricorrente  della
suddetta  disciplina  dell'articolo  7  (e  dello stesso articolo 118
della  Costituzione)  comporterebbe una riduzione della sua autonomia
amministrativa (sia pure a beneficio dei Comuni).
    4.2.  -  In  subordine,  qualora  la precedente censura non fosse
ritenuta    fondata,    si    deve   qui   comunque   contestare   la
incostituzionalita', sotto un particolare profilo, della disposizione
contenuta  nel  primo periodo del primo comma dell'impugnato articolo
7.
    Stante che, in virtu' della clausola dell'articolo 10 della legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  la riforma del Titolo V ha comunque
comportato  un  aumento  delle  competenze  della Provincia, autonoma
ricorrente  (delle  sue  competenze  legislative e parallelamente, in
base   all'articolo  16  dello  Statuto  speciale,  anche  delle  sue
competenze  amministrative),  risulta  impropria  e pericolosa per le
competenze della Provincia la formula impiegata nel primo periodo del
primo  comma  dell'articolo  7 circa il «conferimento» delle funzioni
amministrative. Ivi infatti, e' scritto che lo Stato e le Regioni (ed
in  denegata ipotesi le Province Autonome) «provvedono a conferire le
funzioni  amministrative  da  loro esercitate alla data di entrata in
vigore   della   presente   legge,   sulla   base   dei  principi  di
sussidiarieta', ...».
    Orbene,  in molti casi le funzioni amministrative statali che, in
base  alla  riforma  del  Titolo  V  ed  all'articolo  10 della legge
costituzionale  n. 3  del 2001, sono passate nella «titolarita» della
Provincia  ricorrente sono pero' di fatto, ancora «esercitate», dallo
Stato. In questi casi, allora, l'ambigua formulazione della impugnata
disposizione   del   primo   periodo  del  comma  1  dell'articolo  7
consentirebbe  allo  Stato  di  «conferire»  ad  altri  enti funzioni
amministrative  ormai  di  competenza provinciale, di cui egli non e'
piu'  titolare,  ma  che  di  fatto  ancora «esercitava» alla data di
entrata in vigore della legge La Loggia.
    Ne  deriva  la  incostituzionalita' della impugnata disposizione,
nella   parte   in  cui  si  riferisce  all'esercizio  anziche'  alla
titolarita'   delle   funzioni,   salva   la   possibilita'   di  una
interpretazione adeguatrice da parte di codesta, ecc.ma Corte.
    5. - Incostituzionalita'     delle     disposizioni     impugnate
dell'articolo  8,  commi da 1 a 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
per  violazione  delle  competenze  provinciali  di  cui al combinato
disposto  dell'articolo  117, comma 3, Cost. e dell'articolo 10 della
legge  cost.  n. 3  del  2001: nonche', per quanto di ragione, di cui
agli  articoli 8, 9, 10, 52, unico comma e 107 dello Statuto speciale
per  il  Trentino-Alto  Adige,  e  relative norme d'attuazione (spec.
art. 8  d.P.R.,  19  novembre 1987, n. 526); e degli articoli 70 e 77
della Costituzione.
    5.1.  - Cosi' come l'articolo 7, neppure l'articolo 8 della legge
La  Loggia,  che,  come  gia'  detto, da' attuazione all'articolo 120
della  Costituzione  sul  potere  sostitutivo  -  si  riferisce  alle
Province  autonome.  D'altra  parte,  se  e'  vero  che  il potere di
controllo  sostitutivo  del  Governo  nei  confronti  delle  Province
Autonome  non  e'  previsto dallo Statuto speciale T.-A.A., ne' dalle
relative  norme  d'attuazione  (salvo  che nel caso particolare delle
inattivita'  che comportino «inadempimento agli obblighi comunitari»,
disciplinato  da  apposite  norme  d'attuazione: art. 8 del d.P.R. 19
novembre  1987,  n. 526),  e'  anche  vero  che  la giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte lo ha ritenuto applicabile in via generale anche
ad  esse, per cio' che riguarda il mancato esercizio di loro funzioni
amministrative,  e  purche'  tale potere venga esercitato in presenza
dei presupposti e nei limiti fissati dalla medesima giurisprudenza.
    Ma  mentre  sino ad oggi il potere sostitutivo del Governo, sulla
base  appunto  della  giurisprudenza  di  codesta,  ecc.ma Corte, era
circoscritto  alle  sole  funzioni  amministrative  delle  Regioni  e
Provincie  autonome, l'articolo 8 della legge la Loggia - attuando in
modo scorretto l'articolo 120, comma 2, della Costituzione - a quanto
pare riconfigura il potere sostitutivo del Governo estendendolo anche
alle  funzioni  normative-legislative delle Regioni. Da cio' consegue
che,  ove  la  disciplina dell'impugnato articolo 8 sia da intendersi
come  applicabile  anche  alle Province autonome, essa risulta allora
gravemente lesiva delle competenze della Provincia ricorrente.
    5.2.  -  Presupposto  della presente impugnazione dell'articolo 8
della  legge  La  Loggia e' dunque che il secondo comma dell'articolo
120  della  Costituzione attribuisca al Governo un potere sostitutivo
limitato  alle sole funzioni amministrative delle Regioni. Del resto,
se cosi' non fosse, in base al principio dell'articolo 10 della legge
costituzionale  n. 3 del 2001, alla Provincia autonoma ricorrente non
potrebbe applicarsi ne' la disciplina del secondo comma dell'articolo
120  Cost.,  ne'  -  conseguentemente  - quella dell'articolo 8 della
legge  qui  impugnata.  In tal caso, infatti, la nuova disciplina del
potere  sostitutivo  stabilita dall'articolo 120 della Costituzione -
ampliando  il  potere di controllo sostitutivo del Governo, che prima
si   esercitava   solo  in  relazione  alle  funzioni  amministrative
restringerebbe   l'autonomia  della  Provincia  ricorrente,  anziche'
ampliarla   come   richiede   appunto   l'articolo   10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001 perche' le nuove disposizioni del titolo
V  possano  applicarsi  anche alle Regioni a statuto speciale ed alle
Province autonome di Trento e Bolzano.
    5.3.  -  Com'e'  noto,  e'  dibattuto  in  dottrina  se il potere
sostitutivo  ex  articolo  120  Cost.  sia circoscritto alla funzione
amministrativa od invece esteso anche a quella legislativa (da ultimo
ampie   indicazioni   al   riguardo  in  G.  Scaccia,  Il  potere  di
sostituzione  in  via  normativa  nella  legge n. 131 del 2003. Prime
note,          pubblicato          nel          sito         internet
www.associazionedeicostituzionalisti.it  cui  adde,  a  favore  della
prima  tesi,  V.  Cerulli Irelli, sub Art. 8, in AA.VV., La legge «La
Loggia»,  cit.).  Tuttavia, ad avviso della Provincia ricorrente sono
del tutto prevalenti la ragioni che militano nel primo senso.
    In sintesi, tali ragioni sono:
        a)il  fatto che la disposizione costituzionale attribuisca il
potere  sostitutivo  al  Governo  (anziche'  allo Stato, come sarebbe
stato  necessario  ove  si  fosse  trattato  di un potere sostitutivo
concernente anche la funzione legislativa);
        b) il fatto che la disposizione costituzionale accomuna, come
enti  soggetti  al  potere  sostitutivo, le Regioni agli enti locali,
questi  ultimi  privi  di  funzioni legislative, senza operare alcuna
distinzione neppure sotto il profilo procedimentale (che pure sarebbe
stata  necessaria ove realmente il potere sostitutivo riguardasse non
solo  le  funzioni  amministrative  di  tutti gli enti nominati dalla
disposizione  in  questione,  ma  anche le funzioni legislative delle
Regioni;
        c)  il  fatto  che  il quinto comma dell'articolo 117 prevede
espressamente  un potere sostitutivo di natura normativa in relazione
all'inadempimento  di  obblighi  internazionali e comunitari da parte
delle  Regioni  e  delle  Province autonome, per cui, se realmente il
potere  sostitutivo  in  questione,  riguardasse  anche  la  funzione
legislativa, la relativa disposizione dell'articolo 120 Cost. sarebbe
inutiliter  data nella parte in cui pone a presupposto dell'esercizio
del  potere  del  Governo  il  caso del «mancato rispetto delle norme
internazionali o della normativa comunitaria»;
        d)  infine,  ma  soprattutto,  il  fatto  che, da un lato, il
riconoscere   allo   Stato   (e  per  esso  al  Governo  -  sia  pure
transitoriamente  - tramite lo strumento del decreto legge) il potere
di  sostituirsi  al  legislatore  regionale  significherebbe alterare
profondamente   il   nuovo   sistema   costituzionale   delle  fonti,
attribuendo  allo  Stato  (sia  pure in via sostitutiva) un ulteriore
competenza  legislativa  generale ed innominata che il nuovo articolo
117  cost.  non  sembra  consentire;  d'altro  canto,  come  e' stato
recentemente  sottolineato  dalla  dottrina G. Scaccia, op. cit.), la
doppia  negazione  presente nell'incipit degli articoli 76 e 77 Cost.
sta  invece a ribadire l'eccezionalita' dell'attribuzione di funzioni
legislative  al  Governo, al quale l'interprete puo' riconoscere tali
funzioni  solo in presenza di una espressa ed inequivoca attribuzione
fatta  da  una  norma costituzionale, quale certamente non dato e' di
rinvenire nel novellato articolo 120 della Costituzione.
    5.4. - Cio' detto, e venendo all'impugnato articolo 8 della legge
La  Loggia,  se  (come  sembra) i «provvedimenti normativi necessari»
adottabili  dal Governo nelle due ipotesi di cui ai commi 1 e 4 hanno
natura di atti di normazione primaria, si dovrebbe allora trattare di
atti  con  forza di legge del Governo assimilabili (ma solo in parte,
come  si  vedra) ai decreti legge: in tal senso, invero, depone anche
l'assonanza  del  nomen  con i «provvedimenti provvisori con forza di
legge» previsti appunto dall'articolo 77 della Costituzione.
    Ma,  in  tal  caso,  la  disciplina legislativa impugnata - nella
parte in cui essa consente al Governo di adottare, nell'esercizio del
potere   sostitutivo,   atti  con  forza  di  legge,  e'  palesemente
incostituzionale  e gravemente lesiva delle competenze costituzionali
della Provincia autonoma ricorrente.
    Passiamo quindi ad individuare sinteticamente i principali motivi
della incostituzionalita' della disciplina in questione.
    In  primo  luogo  e'  da  ribadire il pacifico insegnamento della
dottrina   e   della   giurisprudenza   secondo   cui,   nel  sistema
costituzionale  delle  fonti,  gli  atti  con  forza di legge sono un
numero   chiuso,   essendo   essi  soltanto  quelli  espressamente  e
tassativamente  previsti  da apposite norme costituzionali. Una legge
ordinaria,  quale  e'  quella  qui  impugnata,  non  puo' validamente
istituise  una  nuova  fonte primaria, quale sarebbe il provvedimento
con  forza di legge di cui all'impugnato articolo 8: un provvedimento
che,  per vari aspetti di cui ora si dira', e' anche non assimilabile
al  decreto legge di cui all'articolo 77 della Costituzione. Gia' per
questo,   dunque   la   impugnata   disciplina   dell'articolo  8  e'
incostituzionale.
    Come   si   e'  detto,  inoltre,  l'atto  normativo  del  Governo
configurato  dall'articolo  8  si discosta per aspetti essenziali dal
decreto  legge  ex  articolo 77 della Costituzione. Infatti, nel caso
dell'intervento  sostitutivo  del  primo  comma  dell'articolo  8  il
provvedimento   interviene   solo   a  conclusione  di  un  complesso
procedimento  preparatorio,  che  vede una messa in mora del soggetto
inattivo,  la  fissazione  di  un  termine  per  l'adozione dell'atto
dovuto,  l'audizione dell'ente inadempiente, ecc.: una procedura che,
peraltro,   e'   palesemente   incompatibile  con  la  situazione  di
straordinaria necessita' ed urgenza, e quindi di indifferibilita' del
provvedere,  che  e' invece l'essenziale presupposto per adozione del
decreto legge ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione.
    Del  pari  non  conforme  al modello del decreto legge, ed al suo
regime  giuridico,  e'  pure  l'intervento  sostitutivo  nel  caso di
«assoluta urgenza» di cui al comma 4 dell'articolo 8, nei quali viene
meno  la procedura preparatoria del comma 1. In questo caso, infatti,
oltre  ad  esservi  una  differenza nella definizione del presupposto
richiesto  dall'articolo 77 Cost. («casi straordinari di necessita' e
di  urgenza»),  soprattutto  si  ha  che  nella fase del procedimento
successiva  all'adozione  del provvedimento sostituivo viene inserita
(accanto   ed   in   aggiunta   alla  conversione  in  legge,  se  il
provvedimento  in questione deve essere in qualche modo assimilato al
decreto    legge)   la   «immediata   comunicazione»   del   medesimo
provvedimento   «alla  Conferenza  Stato-Regioni  o  alla  Conferenza
Stato-citta'  e  autonomie  locali  ...,  che  possono  chiederne  il
riesame»  (meccanismo  procedurale,  questo,  che  ricalca fedelmente
quello  dell'articolo  5,  comma  3, del decreto legislativo 31 marzo
1998,   n. 112,  onde  si  dovrebbe  ritenere  applicabile  anche  la
disciplina del riesame contenuta nell'articolo 8 della legge 15 marzo
1997, n. 59).
    Dunque,  la  disciplina legislativa impugnata non soltanto sembra
pretendere  di istituire un nuovo tipo di atto con forza di legge del
Governo,  non  previsto  dalla  Costituzione;  ma  per  di piu' lo ha
configurato  in  modo  assai  diverso,  sia  per  quanto  riguarda  i
presupposti,  sia  per quanto riguarda la procedura di «conversione»,
dal   modello   del  decreto  legge  di  cui  all'articolo  77  della
Costituzione.  In  tal modo la disciplina dell'articolo 8 della legge
La  Loggia  - attribuendo al Governo (sia pure in via sostitutiva) un
siffatto  potere  «legislativo»  su materie innominate, si risolve in
un'autorizzazione  permanente per il medesimo Governo a derogare agli
elenchi  di  materie  dell'articolo  117  Cost. ed in uno svuotamento
della  garanzia  delle competenze legislative regionali e provinciali
che ivi e' stabilita.
    Di   qui  la  incostituzionalita'  della  disciplina  legislativa
impugnata,  salvo  una  interpretazione adeguatrice di codesta ecc.ma
Corte, che valga ad escludere la possibilita' che il Governo utilizzi
l'articolo  8 per adottare anche provvedimenti normativi con forza di
legge,   incidenti   sulle  competenze  legislative  della  Provincia
ricorrente.
    5.5.  -  Infine,  la  disciplina  dell'articolo  8  e'  per certi
particolari  ed  ulteriori  aspetti  comunque incostituzionale, anche
qualora si escludesse che i provvedimenti sostitutivi ivi contemplati
possano avere efficacia legislativa.
    5.5.1.  -  In  tal senso va in primo luogo censurato il fatto che
l'ultimo  periodo del primo comma dell'articolo 8 stabilisce che alla
riunione  del  Consiglio  dei  ministri  che  adotta  i provvedimenti
sostitutivi «... partecipa il presidente della giunta regionale della
Regione  interessata  al  provvedimento»:  senza  cioe' menzionare la
posibile  partecipazione  dei  Presidenti delle Giunte delle Province
Autonome,  nei casi in cui siano queste ultime gli enti inadempienti.
Cio' costituisce una palese violazione del disposto dell'ultimo comma
dell'articolo  52  dello  statuto  speciale  T.-A.A.,  secondo cui il
presidente  della Provincia «interviene alle sedute del Consiglio dei
ministri, quando si trattano questioni che riguardano la Provincia».
    Naturalmente  il vizio denunciato potrebbe essere superato da una
interpretazione  adeguatrice  di  codesta  ecc.ma  Corte, che ritenga
implicito   il   riferimento   anche  ai  presidenti  delle  Province
autonome);  oppure  qualora  si  ritenesse  che  la  mancanza di quel
riferimento  sta  a  provare  l'inapplicabilita' dell'articolo 8 alle
Province autonome.
    5.5.2. - In secondo luogo va particolarmente censurato il comma 2
dell'articolo  8  per  la  sua  incompatibilita'  con  la  disciplina
speciale  della  «inadempienza comunitaria» che e' stabilita - per le
Province   autonome   di  Trento  e  Bolzano  -  dalle  citate  norme
d'attuazione  dell'articolo  8  del  d.P.R.  n. 526  del  1987: norme
d'attuazione che (secondo il costante insegnamento di codesta, ecc.ma
Corte)   non  possono  essere  abrogate  ne'  derogate  dalla  legge.
ordinaria,  ma  solo  attraverso  la speciale procedura collaborativa
dell'articolo 107 dello statuto speciale.
    Fra  l'altro, la disciplina dell'articolo 8 del d.P.R. n. 526 del
1987  prevede il necessario parere della Commissione parlamentare per
le questioni regionali, che non e' invece richiesto dal secondo comma
dell'impugnato  articolo  8. Il rilevato contrasto del secondo conuna
dell'articolo 8 della legge impugnata con le norme d'attuazione dello
statuto  speciale  comporta  la  violazione  dell'articolo  107 dello
statuto medesimo.
    Naturalmente anche tale censura sarebbe superata ove si ritenesse
che  la  disciplina  dell'articolo  8  della  legge  La Loggia non si
applica alla Provincia autonoma ricorrente.
    6. - Incostituzionalita'  dell'art. 10,  comma  6,  della legge 5
giugno  2003.  n. 131, per violazione delle competenze provinciali di
cui   agli   articoli   87  e  107  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige  (d.P.R. 31 agosto 1972. n. 670 e delle relative
norme di attuazione (d.lgs. 16 maggio 2001, n. 260).
    Come  si  e' esposto in fatto, l'art. 10, comma 6, della legge La
Loggia  prevede  che  «ai  commissariati  del  Governo di Trento e di
Bolzano si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica  17  maggio  2001,  n. 287, compatibilmente con lo statuto
speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione».
    Le   disposizione   dello   statuto   speciale   che   viene   in
considerazione  nel  caso  di  specie  e'  innanzitutto quella di cui
all'art. 87,  sul  commissario  del  Governo di Bolzano. Disposizione
statutaria  a cui e' stata data attuazione da ultimo con il d.lgs. 16
maggio  2001,  n. 260,  recante le «norme d'attuazione» riguardanti i
commissariati  del  Governo  di  Trento  e di Bolzano, e che e' stato
emanato a conclusione della speciale procedura «collaborativa» di cui
all'articolo 107 dello statuto.
    Da  parte  statale,  si  e'  proceduto con d.lgs. 30 luglio 1999,
n. 300,  a trasformare in Uffici territoriali del Governo (U.T.G.) le
preesistenti prefetture. A tale legge e' stata data esecuzione con il
regolamento  di  cui  al  d.P.R.  17  maggio  2001, n. 287; il quale,
all'art. 15,  prevede  che  le norme in esso contenute si applichino,
limitatamente  a determinati profili, alle regioni a statuto speciale
tranne  che  alle Regioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta ed alle
Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano. Quest'ultimo regolamento,
dunque,  non  si  applicava  alla Provincia ricorrente (stante la sua
speciale  autonomia ed il fatto che la disciplina del Commissario del
Governo  di  Bolzano  e dei suoi uffici e di competenza dello Statuto
speciale  e  delle  relative norme d'attuazione). Invece la legge qui
impugnata  dispone  al  comma  6  dell'articolo  10  che  il suddetto
regolamento  si  applichi,  in  via di principio, anche alle Province
autonome di Trento e Bolzano.
    Parallelamente  a  tale  previsione, il comma 6 dell'articolo 10,
come si e' gia' detto, contiene, una clausola di salvezza, secondo la
quale  alle  Province  autonome  si  applicano  le  disposizioni  del
regolamento  di  cui  sopra  fintantoche'  queste ultime non siano in
contrasto con lo statuto speciale di autonomia ovvero con le relative
norme  di attuazione. Orbene, tale clausola, se puo' valere a rendere
inapplicabili  alla  provincia  di  Bolzano  quelle  disposizioni del
d.P.R.  n. 287  del  2001  che  si pongono in aperto contrasto con la
disciplina statutaria e con le norme di attuazione dello Statuto, non
vale   tuttavia,  a  far  venire  meno  il  vulnus  inferto  da  tale
disposizione all'autonomia provinciale, derivante dal fatto stesso di
pretendere  di  disciplinare la materia del commissariato del Governo
di  Bolzano  unilateralmente  -  ed  addirittura  con  un regolamento
governativo!  - anziche', come era costituzionalmente necessario, con
delle norme d'attuazione approvate secondo la procedura dell'articolo
107  dello  Statuto  speciale.  Tale  incostituzionalita' e' resa poi
ancora piu' grave ed evidente - ed irrazionale dal fatto che, in base
al  comma  5  del medesimo articolo 10, nelle altre Regioni a statuto
speciale la disciplina dei corrispondenti organi statali e' demandata
alle «apposite norme di attuazione» dei relativi statuti speciali.
                              P. Q. M.
    Voglia   l'ecc.ma   Corte  costituzionale,  in  accoglimento  del
presente  ricorso,  dichiarare  incostituzionali,  in  parte  qua, le
disposizioni indicate in epigrafe della legge 5 giugno 2003, n. 131.
        Roma-Bolzano, addi' 1° agosto 2003
        Prof. avv.: Sergio Panunzio - Prof. avv.: Roland Riz
03C0945