N. 657 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 2003
Ordinanza emessa il 4 aprile 2003 dal giudice di pace di Orbetello nel procedimento civile vertente tra Picchianti Piero e Prefettura di Napoli Procedimento civile - Ordinanza ingiunzione per violazioni alle norme del codice della strada - Opposizione - Foro competente - Giudice di pace del luogo della commessa violazione - Ingiustificata scelta del criterio del locus commessi delicti, previsto in materia di sanzioni penali, per l'individuazione del giudice competente, anche per le sanzioni amministrative, pur in assenza delle stesse ragioni giustificatrici - Incidenza sul diritto di difesa, e sui principi del giudice naturale, di tutela giurisdizionale, del giusto processo, nonche' del foro esclusivo del consumatore previsto dalla normativa comunitaria. - Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22. - Costituzione, artt. 3, 10, 24, 25, 111 e 113. Procedimento civile - Ordinanza ingiunzione per violazioni alle norme del codice della strada - Opposizione al giudice di pace - Mancata presentazione nella prima udienza dell'opponente senza alcun giustificato motivo - Obbligo del giudice di convalida del provvedimento opposto - Incidenza sul principio di uguaglianza, sul diritto di difesa, sui principi del giudice naturale, di tutela giurisdizionale, del giusto processo, nonche' sulla normativa comunitaria relativa all'effettivita' del diritto di difesa. - Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 25. - Costituzione, artt. 3, 10, 24, 25, 111 e 113.(GU n.36 del 10-9-2003 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nella causa civile R.G. n. 412/02 promossa dal sig. Piero Picchianti contro la prefettura di Napoli, nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di Euro 78 n. 133/TDG/02/II. Osservato in fatto Con ricorso ex art. 22 della legge n. 689/ 981, ritualmente depositato il 7 giugno 2002 presso la cancelleria di questo ufficio giudiziario, il sig. Piero Picchianti residente in Porto S. Stefano (GR), ha presentato opposizione avverso l'ordinanza- ingiunzione di pagamento n. 133/TDG/02/II settore, emessa dalla prefettura di Napoli, con la quale e' stato respinto il ricorso dell'interessato contro la violazione accertata dalla locale polizia municipale «per aver sostato in zona parcheggio a pagamento senza aver esposto il titolo di pagamento». All'udienza del 17 gennaio 2003 nessuno e' comparso per la prefettura di Napoli, ne' risultano essere state depositate memorie difensive. A questo punto il giudice, rilevato che il ricorrente risulta residente e domiciliato in localita' diversa da quella in cui e' stata commessa la violazione ascrittagli, ritiene tale circostanza rilevante al fine di sollevare d'ufficio la questione della costituzionalita' dell'art. 22 della legge n. 689 del 24 novembre 1981 e successive modificazioni, in relazione agli articoli 3, 10, 24 e 111 della Costituzione italiana, onde chiedere un intervento additivo della Corte, nel senso che sia riconosciuta la competenza territoriale del giudice di residenza del ricorrente (Orbetello), anziche' quella del giudice del luogo della commessa violazione (Napoli). Conseguentemente ha sospeso d'ufficio il giudizio per trasmettere gli atti alla Corte costituzionale e di cio' ha preso atto il ricorrente. Ritenuto in diritto La controversia all'esame di questo giudice e' stata promossa da un cittadino abitante a Porto S. Stefano (GR), il quale ha inteso presentare opposizione avverso un provvedimento sanzionatorio emanato dall'ufficio del territorio di Napoli (ex prefettura) ancorche' l'oggetto dell'impugnata ordinanza sia relativo ad un'infrazione stradale commessa ed accertata in quella citta'. Al riguardo questo organo giudicante e' dell'avviso che il ricorrente, depositando presso l'ufficio di Orbetello la sua opposizione, abbia voluto sostanzialmente eccepire la illegittimita' (costituzionale) della norma di cui all'art. 22, in relazione all'art. 22-bis della legge n. 689/1981, che gli impone di adire il giudice del luogo della commessa violazione, e, quindi, chiedere la caducazione della predetta norma al fine di far valere le sue ragioni presso l'ufficio giudiziario piu' vicino al suo luogo di residenza. Nella circostanza ove questo organo giudicante, prendendo formalmente atto della sua carenza di competenza territoriale, avesse dichiarato, con sentenza, inammissibile il ricorso de quo, l'opponente avrebbe dovuto sollevare la questione di legittimita' costituzionale in Cassazione, per di piu' necessariamente tramite un avvocato cassazionista, con evidente significativo aggravio di costi. Avendo presente che tale questione ha formato oggetto di recenti analoghe ordinanze di remissione da parte dei giudici di pace di Segni e Santha', e che quella del 18 dicembre 2000 - di questo stesso giudice - e' stata ritenuta inammissibile, in quanto priva di adeguata motivazione, con riguardo, in particolare, alla mancata indicazione di quali «conseguenze avrebbe l'accoglimento della proposta questione sul giudizio a quo», questo organo giudicante sottopone nuovamente, d'ufficio all'esame della Corte costituzionale la dedotta illegittimita' della richiamata norma, perche' la sua applicazione privilegia il foro dell'amministrazione, in quanto rende particolarmente difficoltoso all'interessato l'esercizio dei suoi fondamentali diritti di difesa. Ritiene, altresi', che anche l'art. 23 della legge n. 489/1981 sia censurabile per disparita' di trattamento tra le parti in causa, laddove esso obbliga solo il ricorrente ad essere presente alla prima udienza - salvo legittimo impedimento - a differenza della pubblica amministrazione, la cui mancata comparizione non soggiace ad alcun specifico gravame. I richiamati diritti di difesa sono costituzionalmente riconosciuti e garantiti, non solo dall'art. 24 ("la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio") e dall'art. 113, ma ora, anche, dall'art. 111, secondo comma della Costituzione (legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), per effetto del quale «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parita', davanti a giudice terzo e imparziale». L'attribuzione della competenza territoriale al giudice del locus commissi delicti, in pratica coincidente con il luogo dell'accertamento dell'infrazione, appare in contrasto anche con i principi del giusto processo e della buona ed imparziale amministrazione della giustizia, gia' enunciati nella Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Di fatto la scelta del forum commissi delicti non garantisce al presunto incolpato una posizione processuale paritaria rispetto all'amministrazione resistente, in quanto solo il trasgressore e' obbligato a muoversi dalla sua localita' di residenza per raggiungere l'ufficio giudiziario del luogo in cui e' stata commessa l'infrazione, cio' ne comporta uno squilibrio significativo a tutto vantaggio dei funzionari di detta amministrazione in genere abitualmente operanti sul posto. Tale squilibrio e', altresi, accentuato sul piano sostanziale in quanto le pretese dell'autorita' che ha irrogato la sanzione sono immediatamente esecutive, per cui il trasgressore e' esposto anche a tali ulteriori gravi conseguenze. Si osserva, infatti, come l'art. 23 della legge n. 689/1981 sanzioni la «mancata comparizione dell'opponente» alla prima udienza, con la «convalida» del provvedimento sanzionatorio all'uopo impugnato, ponendo a carico del ricorrente «anche le spese successive all'opposizione», cio' a differenza dell'ordinario rito civilistico, dove la contumacia dell'attore, su richiesta del convenuto, e' regolata dall'art. 290 c.p.c. Per quanto riguarda la mancata presenza dell'amministrazione all'udienza, nessuna analoga sanzione e' prevista, salvo l'applicazione da parte del giudice dei principi di carattere generale per la valutazione del comportamento delle parti. E' indubbio che tale significativo gravame procedurale penalizzi unicamente il ricorrente, la cui obbligatoria presenza in giudizio viene praticamente imposta, e per di piu' nel luogo in cui e' stata commessa la violazione. In effetti la competenza territoriale del giudice del luogo dell'infrazione, di chiara origine penalistica, con riferimento all'art 8 c.p.c., puo' apparire irragionevole proprio nell'ambito dei giudizi attribuiti ora al giudice di pace, ossia ad un magistrato onorario scelto proprio per valorizzare il suo rapporto sempre piu' diretto ed immediato con i protagonisti processuali in un determinato ambito territoriale, tanto piu', se, come nel caso di specie, sia esclusa l'obbligatoria assistenza di un legale. Proprio le stesse norme procedurali della legge n. 689/1981 impongono al giudice di valutare, in concreto, la «personalita» e le eventuali «condizioni economiche disagiate» dell'autore dell'infrazione, in sede di applicazione delle sanzioni (art. 11), e di dare lettura in udienza del relativo dispositivo (art. 23). Tale fondamentale attivita' processuale, prevista proprio nell'interesse difensivo del trasgressore, viene, invece, ad essere del tutto vanificata nel caso in cui l'opponente si trovi a risiedere in una localita' molto lontana dal punto in cui sarebbe stata commessa l'addebitata violazione stradale, dal momento che tale distanza finisce per rendere impossibile, proprio perche' troppo onerosa, la presenza in udienza dell'incolpato. L'ammontare della sanzione irrogata, in molti casi, non e' tale da giustificare la spesa per la assistenza di un legale, anche nell'ipotesi in cui fosse macroscopica la non colpevolezza del verbalizzato, considerata anche la diffusa tendenza dei giudici a compensare le spese ovvero liquidarle in via equitativa in misura simbolica. In pratica l'attribuita competenza territoriale al giudice del luogo in cui e' stata commessa l'infrazione dispiega i suoi effetti unicamente a vantaggio dell'amministrazione nei cui confronti viene presentato ricorso, in quanto proprio i suoi funzionari, verosimilmente agevolati dalla vicinanza con gli uffici giudiziari, risultano senz'altro notevolmente «facilitati» nel reperimento delle prove e, quindi, piu' in generale, nello svolgimento di tutta attivita' processuale. La scelta del forum commissi delicti, se puo' ammettersi per le controversie di maggiore offensivita' all'esame ora del tribunale, la cui trattazione spesso comporta l'ammissione di consulenze tecniche e di complessi riscontri documentali nei luoghi dell'accertamento dell'infrazione, non sembra ragionevole e comunque opportuna nel caso dei ricorsi esaminati dai giudici di pace, tenuto conto sia della minore gravita' di tali illeciti, che dalla sostanziale assenza nel corso del processo di una significativa attivita' istruttoria. Del resto il legislatore, in sede di emanazione del menzionato d.lgs. n. 507/1999, ha sicuramente voluto attribuire una competenza di carattere generale al giudice di pace per gli illeciti amministrativi minori, cioe' quelli sanzionabili con una pena pecuniaria inferiore al controvalore in euro di 30 milioni, ritenendo idoneo proprio tale magistrato onorario a valutare e dirimere le controversie de quibus, con riferimento, ove compatibili, agli istituti processuali del processo ex art 316 c.p.c. e ss., cio' con riguardo al fondamentale rapporto diretto dell'incolpato con il giudice. L'art. 22-bis ha, infatti, trasferito sul giudice di pace la competenza a conoscere delle opposizioni di cui all'art. 22, fatte salve espresse eccezioni. Rimangono estranee alla competenza di questo magistrato onorario (come lo erano rispetto alla competenza pretorile) le opposizioni al provvedimento di sequestro, disciplinate dall'art. 19 della legge depenalizzatrice, nelle due forme dell'opposizione vera e propria e della richiesta di restituzione di cose sequestrate. Significativamente sono state, altresi', escluse dalla sua competenza, ed attribuite ai giudici togati, le opposizioni avverso le sanzioni pecuniarie d'importo superiore, nel controvalore in euro, a lire 30 milioni, nonche' la materia relativa ad alcune tipologie di violazioni (lavoro, urbanistica, ambiente, valutario, tributario e societario), di particolare complessita' giuridica, per la cui definizione assume specifico rilievo il momento tecnico dell'istruttoria e, quindi, per tali settori giustificata la discrezionalita' legislativa di scegliere la regola del locus commissi delicti per il foro dell'opposizione. La materia del riciclaggio, nonostante la sua contiguita' al valutario e al monitoraggio fiscale per valori al seguito - entrambi gli illeciti sottoposti alla particolare procedura contenziosa ex T.U 31 marzo 1988, n. 148, con ricorso al tribunale - non e' stata, invece, demandata alla competenza esclusiva dei giudici togati, ma riconosciuta di pertinenza dei giudici di pace per le sanzioni fino a 30 milioni. Tale scelta legislativa puo' essere stata determinata dal fatto che le sanzioni di minore importo applicate in materia dal mega Ministero dell'economia e delle finanze presuppongono in genere illeciti provocati da ignoranza o da semplice disattenzione, per cui si e' ritenuto che anche un giudice non togato fosse idoneo a valutarne la sussistenza, verosimilmente proprio per effetto del menzionato suo rapporto processuale diretto con il trasgressore. Se da un lato il richiamato d.lgs. n. 507/1999 riconosce, come si e' detto, al giudice di pace una particolare attitudine a mediare le controversie amministrative di minore importanza, e cio' con indubbio vantaggio per l'utente considerata la diffusione nel territorio di questi uffici giudiziari, sotto altro aspetto non assicura, pero', al destinatario di tali sanzioni amministrative un'adeguata tutela nell'ambito del procedimento sanzionatorio, dal momento che non contempla la possibilita' di definire il giudizio secondo equita', e lascia sussistere il foro «privilegiato» dell'amministrazione opposta, non prevedendo l'invocata regola processuale del foro del ricorrente, analoga a quella ora in atto a favore del foro del consumatore. Per le ragioni suesposte le parti in giudizio non sono in una posizione di parita', e sussiste, invece, un indubbio grave squilibrio a danno del soggetto processualmente debole, ossia l'opponente, che normalmente rinuncia ad esercitare il suo diritto di difesa per i costi eccessivi cui deve sottoporsi, mentre invece l'amministrazione, grazie ai suoi uffici periferici o, in mancanza, di quelli della prefettura, e' istituzionalmente in grado di resistere con i suoi funzionari sull'intero territorio nazionale. Del resto, proprio considerando l'articolazione territoriale degli uffici di prefettura, oggi ufficio del territorio, l'eventuale trasferimento della competenza al giudice del luogo di residenza del ricorrente non avrebbe conseguenze particolarmente negative per l'amministrazione opposta, in quanto i funzionari delle sue sedi periferiche possono correttamente rappresentarla nelle cause di cui trattasi. Tra l'altro, in un futuro non molto lontano di progressivo decentramento delle funzioni, e' ipotizzato un crescente intervento delle autorita' locali (amministrazioni provinciali) presso i giudici di pace per sostenere le ragioni di tutte amministrazioni resistenti. Si sottolinea, altresi', come ancor prima dell'avvento del «giusto processo» l'evoluzione normativa fosse gia' nel senso di valorizzare il foro del ricorrente, rispetto a quello del convenuto, proprio al fine di riequilibrare le posizioni dei soggetti considerati normativamente deboli rispetto alle parti processuali forti. Sono da ritenersi espressioni di tale esigenza il procedimento di opposizione al decreto penale di condanna, dal quale ultimo proprio la procedura della legge n. 689/1981 e' largamente ispirata, ma piu' recentemente la complessiva normativa a tutela del consumatore, con particolare riguardo all'art. 25 della legge 6 febbraio 1996 n. 56 («Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - legge comunitaria 1991»), il quale ha introdotto il cosiddetto foro esclusivo del consumatore, ai sensi dell'art. 1469-bis, n. 13 del codice civile (Clausole vessatorie) (cfr. Cass. 28 agosto 2001, n. 11282; Trib. Bologna sentenza 14 giugno 2000; giudice di pace di Prato, sentenza 28 gennaio 1999), o anche all'art. 12 d.lgs. n. 50/1992 sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali e, all'art. 10 d.lgs. n. 427/1998 in materia di multiproprieta'. Ne' tali significative deroghe all'ordinaria competenza territoriale possono essere qualificate un «eccesso di zelo» nella protezione dell'utente-consumatore, ma anzi le ragioni che le hanno determinate sono invocabili anche nell'ambito degli illeciti amministrativi minori. Esse sostanzialmente mirano ad assicurare al soggetto, ritenuto normativamente debole in un lite, la possibilita' (economica) di potersi difendere nel suo luogo di residenza, dove verosimilmente gli e' meno oneroso rappresentare le proprie ragioni, emancipandolo da dispendiosi spostamenti, sicuramente penalizzanti in termini di costi e di tempo. In proposito la suprema Corte (sez. I civile; sent. 28 agosto 2001, n. 11282) ha significativamente ritenuto che costituisca uno squilibrio rilevante, ai sensi dell'art. 1469-bis, l'inserzione nel regolamento negoziale di una clausola che costringe il consumatore pure se accompagnato o sostituito dal proprio legale, ad affrontare un viaggio anche di appena mezz'ora - il tragitto di un treno Eurostar o Intercity da Asti alla stazione di Porta Nuova nella lite oggetto della sentenza - per raggiungere, muovendo dalla localita' di residenza, il centro urbano dove e' ubicato l'ufficio giudiziario presso cui pende la lite promossa dalla controparte professionale. Osserva, infatti, la Corte che «la gran parte delle norme processuali che determinano la competenza territoriale e' ispirata all'esigenza di tutela di questa o di quella posizione processuale, ritenuta meritevole di maggiori garanzie», che, nel caso del consumatore, giunge al punto di riconoscergli un foro esclusivo, sia pure derogabile. Sotto questo profilo, se e' meritevole di «maggiori garanzie» processuali la posizione del consumatore rispetto alla controparte professionale, alla stessa stregua anche il soggetto dichiarato responsabile di un illecito (minore) amministrativo dovrebbe poter godere del beneficio di un suo foro esclusivo, che sarebbe comunque compatibile con l'art. 20 c.p.c., in quanto il foro per le cause relative a diritti di obbligazione, all'uopo richiamato dal codesto on. collegio nella sua recente ordinanza n. 459, e' un foro «facoltativo», e, quindi, derogabile. Va tenuto presente che, per le obbligazioni pecuniarie, puo' trovare applicazione, ai fini della competenza territoriale del giudice, anche il comma 4 dell'art. 1182 c.c., trattandosi nel caso di specie di somme (sanzioni amministrative) pur sempre oggetto di determinazione in sede giudiziaria e, quindi, in tal caso la competenza territoriale si sposta a favore del domicilio del debitore, proprio considerando che, in tale materia, il giudice puo' modificare la pena pecunaria irrogata dall'autorita'. E' «ragionevole», pertanto, ritenere che la tutela processuale del soggetto economicamente debole, cosi' ampiamente valorizzata in diversi ambiti e persino in sede penale, possa riguardare anche il settore degli illeciti amministrativi minori, dove, non essendo necessaria l'assistenza di un legale, e' escluso il beneficio del gratuito patrocinio per i meno abbienti, per cui, nella quasi totalita' dei casi, il ricorrente e' uso difendersi in proprio. In proposito potrebbe assumere rilevanza una recente direttiva comunitaria del 23 gennaio 2003 (direttiva 2002/8/CE del Consiglio) in materia di accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere, laddove si da' rilievo, ai fini del gratuito patrocinio, al fatto che «la presenza fisica di una persona sia richiesta in aula», come si verifica proprio nell'ambito del procedimento sanzionatorio di cui trattasi. Ad avviso, infine, di questo organo giudicante il foro sostanzialmente privilegiato della pubblica amministrazione nella materia de qua puo' ritenersi in contrasto con gli artt. 6 e 13 di cui alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848), che espressamente attribuiscono ad ogni persona il diritto «ad un processo equo», attraverso «un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole», ed il «diritto ad un ricorso effettivo avanti ad una magistratura». L'invocata regola del locus commissi delicti, se e' «coerente ai principi processuali generali» nel caso di gravi illeciti, appare frutto di una scelta legislativa per lo meno «irragionevole», ove l'oggetto dell'opposizione sia, ad esempio, relativo ad infrazioni stradali, soprattutto nell'ipotesi in cui la verbalizzazione dell'addebito da parte dell'agente accertatore venga notificata, ai sensi dell'art. 201 del c.d.s. a mezzo posta - in genere poco prima della scadenza del termine decadenziale dei 150 giorni - al proprietario del veicolo, il quale spesso e' persona diversa dall'effettivo conducente. Anzitutto, nel caso degli illeciti contestati non immediatamente, ma notificati ex post, si verifica che il soggetto destinatario del provvedimento sanzionatorio non e piu' in condizioni di partecipare al procedimento amministrativo (sanzionatorio) avviato nei suoi confronti, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Proprio nell'ambito degli accertamenti relativi a violazioni per eccesso di velocita' rilevate elettronicamente, cui sia conseguente la sanzione accessoria della sospensione della patente, si impone al proprietario del veicolo, quale destinatario della notifica, l'ulteriore obbligo di dovere rammentare chi fosse il guidatore nel giorno della verbalizzazione, onde comunicarne le generalita' alle autorita', ai fini dell'applicazione di detta sanzione. Mentre negli illeciti contestati immediatamente, ad esempio quelli rilevati tramite telelaser, l'incolpato e' sempre in condizioni di esercitare un «effettivo» ricorso e, quindi, di partecipare contestualmente al procedimento sanzionatorio a suo carico direttamente nel luogo in cui e' stata accertata l'infrazione, nelle verbalizzazioni notificate ai sensi dell'art. 201 del c.d.s., il presunto trasgressore, ove voglia impugnare la contravvenzione elevatagli, deve soggiacere ad un'onerosa procedura, sia con riferimento a quella in sede amministrativa presso l'attuale ufficio del territorio (ex prefettura) - con richiesta di audizione - che a quella giudiziaria facente capo al giudice di pace, in quanto in entrambi i casi deve presentarsi presso uno di tali uffici per esporre le sue ragioni. Per quanto riguarda il procedimento amministrativo avanti all'attuale ufficio del territorio (ex prefettura), si osserva come esso, a differenza di quello presso il giudice di pace, renda ammissibile il ricorso inviato anche per posta, mentre in sede giudiziaria vige una regola assolutamente penalizzante, per cui l'atto di opposizione deve essere materialmente presentato in cancelleria, ne' non sono consentite, secondo la prevalente giurisprudenza della suprema Corte, altre forme equipollenti di trasmissione del documento (ad esempio, invio per fax). E' indubbio che l'attuale procedura contenziosa presso il giudice dell'opposizione, pure se ora facente capo al giudice di pace, contrasti con i menzionati principi dell'«equo processo», in quanto impedisce totalmente o parzialmente, che il presunto trasgressore possa esercitare il suo «diritto ad un ricorso effettivo», cio' «al fine della determinazione ... dei suoi diritti ... di carattere civile». La richiesta effettivita' del ricorso, di cui all'invocata Convenzione, va intesa nel senso che alla parte interessata sia consentita, in concreto, la possibilita' di «difendersi da se», il che significa, ad esempio nell'ipotesi di violazioni per illeciti stradali, di partecipare al procedimento sanzionatorio all'uopo attivato nei confronti del presunto trasgressore, in applicazione della fondamentale legge n. 241/1990. La Convenzione stabilisce, inoltre, che l'interessato possa «disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa». E' per lo meno improbabile che il soggetto incolpato di una violazione al codice della strada sia facilitato nella sua difesa, ove debba rappresentare le sue ragioni presso un lontano ufficio del giudice di pace, tanto piu' nei casi, sempre piu' frequenti, in cui gli sia, altresi', comminata la sanzione accessoria della sospensione della patente. Le gia' descritte regole processuali gli impongono di doversi presentare in cancelleria una prima volta per depositare il ricorso, e, poi, successivamente per comparire all'udienza fissata per la richiesta sospensione dell'esecutorieta' della sanzione accessoria, fino a quelle di trattazione e decisione della causa. In pratica il soggetto, cui venga attribuita una violazione amministrativa commessa in localita' diversa da quella in cui opera, paga la sanzione, anche se ha ragione, come nell'ipotesi sempre piu' frequente di multe irrogate a carico dei proprietari di veicoli, le cui targhe sono state donate all'insaputa degli interessati. Conseguentemente, se per effetto di tale normativa l'effettivita' del ricorso a tutela delle proprie ragioni e' vanificata, si ha che la norma sulla competenza territoriale del giudice di pace e' da ritenersi suscettibile di censura, anche per ipotizzato contrasto della stessa con le richiamate disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
P. Q. M. Visti gli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costituzione, e la legge 11 marzo 1953, n. 87; dichiara di ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, con riguardo sia alla parte dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni, che attribuisce al giudice del luogo in cui e' stata commessa la violazione, individuato a norma dell'art. 22-bis, la competenza sulle controversie contro le ordinanze-ingiunzione, che alla parte dell'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni che obbliga il giudice a convalidare il provvedimento opposto, se alla prima udienza non si presenta senza addurre alcun legittimo impedimento l'opponente. Ordina: la sospensione del procedimento per pregiudizialita' costituzionale, con immediata trasmissione di copia autentica del fascicolo d'ufficio e dei fascicoli delle parti alla Corte costituzionale, a cura della cancelleria; la notificazione del presente provvedimento a cura della cancelleria alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alle parti in causa; la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alla Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Dispone la sospensione dell'esecutorieta' del provvedimento adottato dalla pubblica amministrazione opposta. Orbetello, addi' 17 gennaio 2003 Il giudice di pace coordinatore: Simonetti 03C0958