N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 4 agosto 2003
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 4 agosto 2003 (della Corte d'appello di Roma) Parlamento - Immunita' parlamentari - Dichiarazioni rese, nel corso di interviste, dall'on. Roberto Maroni nei confronti di Roberto Napoli, gia' agente del SISDE - Giudizio civile per il risarcimento dei danni - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Corte d'appello di Roma, sezione prima civile - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra opinioni espresse ed attivita' parlamentare. - Deliberazione della Camera dei deputati del 29 settembre 1998. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.41 del 15-10-2003 )
Ordinanza-ricorso per conflitto di attribuzione della Corte d'appello di Roma, nella causa civile iscritta al n. 6699 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2000, e vertente tra: Roberto Napoli, elettivamente domiciliato in Roma via E. Mambretti, 15 presso lo studio dell'avv. Leopoldo Lombardi che lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto di appello Roberto Maroni, elettivamente domiciliato in Roma via Quattro Fontane, 16 presso lo studio dell'avv. Gaetano Caprino che, unitamente agli avv. Maurizio Carosi ed Emilio Lombardi, del Foro di Varese, lo rappresenta e difende per delega in calce alla copia notificata dell'atto di citazione in appello. Con atto di citazione notificato il 21 dicembre 2000, Roberto Napoli ha proposto appello avverso la sentenza n. 22338, emessa dal G.U. presso il Tribunale di Roma il 12 novembre 1999, che aveva dichiarato improcedibile la sua domanda di condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito di dichiarazioni segnalate come diffamatorie rese da Roberto Maroni, parlamentare ed ex Ministro dell'interno nel corso di interviste rilasciate a vari quotidiani e a telegiornali. Il giudicante aveva, infatti, ritenuto la ricorrenza dei presupposti di applicabilita' dell'esimente dell'art. 68 della Costituzione, sostenendo che i fatti descritti nell'atto di citazione concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, come, d'altra parte deliberato dalla Camera dei deputati di appartenenza del Maroni, nella seduta del 29 settembre 1998. Nel corso delle interviste, infatti, il Maroni, commentando altra intervista precedente resa allo stesso giornalista dal Napoli - gia' agente del SISDE, poi allontanato dal servizio e inserito in altra amministrazione - nella quale aveva fatto riferimento a «un incontro dell'ex Ministro dell'interno Maroni presso la sede del SISDE nel Natale 1995 con il capo del SISDE generale Marino in un roof garden costato sette miliardi», aveva affermato che i giudici «avrebbero dovuto fare attenzione alle stupidaggini di questo mediocre cialtrone Napoli», che lo stesso «stava spargendo fesserie, spazzatura, forse per rientrare al SISDE, forse per rastrellare qualche soldo» (Messaggero del 5 gennaio 1996); «quel Napoli e' un cialtrone, racconta frottole», «state attenti all'attendibilita' delle notizie che questo mediocre cialtrone propina su di me e su Di Pietro» (Il Giornale del 5 gennaio 1996), «non vedete che ha uno stile inconfondibile? Quello dei Malpica e dei Broccoletti» (dirigenti SISDE inquisiti per lo scandalo dei famosi «fondi neri»), «il pattume dei vecchi servizi ... il vero problema non mi pare il cialtrone Napoli» (L'Indipendente del 14, 15 gennaio 1996). Tali frasi erano state ripetute dal Maroni nel corso di altri interventi effettuati presso varie reti televisive (RAI, Mediaset TMC). Con l'impugnazione proposta il Napoli ha criticato la sentenza di primo grado sostenendo un'erronea valutazione degli elementi di fatto e di diritto da parte del primo giudice che, adeguandosi alla delibera della Camera dei deputati del 29 settembre 1998, aveva ritenuto che le frasi pronunciate dal Maroni - costituenti a giudizio dell'appellante, offese gratuite che nulla hanno a che vedere con il ruolo di parlamentare e di Ministro ricoperto dal Maroni - fossero non perseguibili perche' costituenti opinioni espresse ai sensi dell'art. 68 Costituzione. Il Napoli ha, pertanto, chiesto che questa Corte, in via principale, ritenuta l'inapplicabilita' dell'art. 68 della Costituzione, dichiarata la lesione dei diritti della personalita' da parte del Maroni nei propri confronti, previo svolgimento, se del caso, di istruttoria con assunzione di prova per interpello e per testimoni, e ritenuta, all'esito, la responsabilita' del Maroni, lo condanni al risarcimento dei danni subiti (quantificati nella somma di L. 1.500.000.000), a titolo di danno patrimoniale e non, biologico e alla vita di relazione, oltre interessi e rivalutazione monetaria della somma liquidata e, in subordine, sollevi, in via pregiudiziale, conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale in relazione alla citata deliberazione della Camera dei deputati. Costituitosi in giudizio, Roberto Maroni ha chiesto il rigetto dell'appello perche' infondato, innanzi tutto perche' le frasi da lui pronunziate integrerebbero gli estremi di una tipica manifestazione di un giudizio politico espresso da un parlamentare ed ex Ministro in ordine a fatti politicamente rilevanti, come valutato dalla Camera di appartenenza e dal giudice di primo grado. Le stesse - profferite a seguito dell'atteggiamento duro e ingiurioso con cui il Napoli aveva assunto una posizione politica nei suoi confronti - costituirebbero, inoltre, espressione della liberta' di manifestazione del pensiero costituzionalmente garantita e non avrebbero alcun contenuto diffamatorio e, comunque, costituendo una replica ad altre dichiarazioni diffamatorie rese nei suoi confronti dal Napoli non potrebbero essere considerate punibili in applicazione dell'esimente della provocazione (art. 599, comma 2 c.p.). Cio' premesso, questa Corte, esaminato il fascicolo processuale e le diverse posizioni rappresentate dalle parti, ritiene necessario sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione da questa assunta il 29 settembre 1998, con la quale e' stato affermato che le opinioni espresse dall'on.le Roberto Maroni nel corso delle interviste riportate in atti e in altre rese con il mezzo televisivo suddetto costituiscono esplicazione della funzione di parlamentare dallo stesso rivestita in quanto divulgazione e continuazione di quelle rese nel corso dell'attivita' parlamentare propriamente detta. In particolare, osserva la Corte che la Camera dei deputati nella seduta pubblica n. 414 del 29 settembre 1998 ha approvato la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere di ritenere che i fatti per i quali e' stata pronunciata l'impugnata sentenza attengano a opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68 primo comma Costituzione. La Camera dei deputati ha cosi' confermato il parere della Giunta che «i fatti per i quali e' in corso il procedimento ... concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni». Ritiene il collegio che, con la citata deliberazione, la Camera dei deputati ha esercitato illegittimamente il proprio potere perche' ha affermato la sussistenza del collegamento funzionale tra le espressioni ritenute diffamatorie dal tribunale e l'attivita' parlamentare del Maroni. Come gia' piu' volte e' stato affermato da codesta Corte costituiscono opinioni, espresse nell'esercizio dell'attivita' parlamentare, quelle manifestate nel corso dello svolgimento dei lavori della Camera di appartenenza e dei suoi vari organi in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti anche individuali, costituenti, peraltro, estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea. L'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di tale ambito non puo', invece, di per se' considerarsi esplicazione della funzione parlamentare, in quanto le opinioni che il parlamentare esprime fuori dei compiti e dell'attivita' specifica, rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione e manifestazione del proprio pensiero, comune a tutti i consociati, tutelato dalla Carta costituzionale e soggetto al necessario bilanciamento con altri diritti di soggetti diversi altrettanto garantiti costituzionalmente. In tal caso, alle opinioni espresse non puo' estendersi, senza snaturarla, un'immunita' che la Costituzione ha posto come tutela della posizione del parlamentare, in diretta connessione con lo svolgimento della sua funzione e non a protezione tout court della persona che di tale funzione e' investita, che lo renderebbe soggetto estraneo alla vita comune e intangibile nello svolgimento di ogni sua attivita', comunque collegata a una posizione politica in ogni sua forma, cosi' trasformando l'immunita' in «privilegio personale», finendosi «per conferire ai parlamentari una sorta di statuto personale di favore quanto all'ambito e ai limiti della loro liberta' di manifestazione del pensiero, con possibili distorsioni anche del principio di uguaglianza e di parita' di opportunita' fra cittadini nella dialettica politica» (Corte cost. sent. 10/2000). Il collegamento funzionale e' stato, pertanto, ravvisato, oltre che ovviamente nello svolgimento dell'attivita' parlamentare, come sopra definita, solo nel complesso dell'attivita' politica svolta anche al di fuori del diretto esercizio delle funzioni parlamentari, quando queste siano diretta estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'Assemblea. Non puo', quindi, esservi compresa non solo ogni manifestazione che appaia esercizio di attivita' normale, ma anche quella genericamente definibile come politica, nella quale, peraltro, la qualita' di parlamentare appaia irrilevante. Ne devono, pertanto, essere escluse tutte quelle manifestazioni, verbali o anche scritte per le quali, seppur mosse da intento «politico», manchi il necessario collegamento con lo svolgimento della funzione parlamentare, non essendo sufficiente a tal fine neanche la comunanza di argomento fra la dichiarazione ritenuta lesiva e le opinioni espresse dal senatore o dal deputato in sede parlamentare (arg. ex Corte cost. cit.). Nella fattispecie in esame, sembra evidente che le opinioni espresse attraverso le frasi profferite dal Maroni attengano piu' a una polemica diretta e personale con il Napoli che a una presa di posizione di carattere politico. Nella fattispecie in esame, quindi, non solo non si evidenzia il collegamento funzionale con l'attivita' svolta in sede parlamentare, ma puo' fondatamente dubitarsi che l'attivita' svolta e le opinioni espresse costituiscano svolgimento, anche generico, di attivita' politica, e cio' senza considerare il tenore delle espressioni usate nelle interviste rese dal Maroni, che sono state denunciate come volte piu' all'insulto personale che alla dimostrazione di una qualsivoglia tesi politica, cosi' superando quei limiti che nessuna esimente potrebbe consentire. Ma anche se si volessero considerare le opinioni espresse dal Maroni in un contesto di carattere «politico», si tratterebbe, comunque, di un ambito del tutto generico e assolutamente non collegato o collegabile, almeno alla luce degli elementi acquisiti in atti, allo svolgimento di attivita' parlamentare (non risulta che della questione il deputato Maroni abbia mai trattato nella sede parlamentare, neanche a livello di mero argomento). Cio' premesso, ad avviso della Corte la deliberazione della Camera dei deputati e' arbitraria in quanto le frasi pronunciate e le opinioni espresse dal Maroni nel corso delle interviste in questione non sono collegate all'esercizio della funzione parlamentare, ma sono meri apprezzamenti personali espressi come qualunque privato cittadino. Tali frasi e opinioni non appaiono infatti, in alcun modo riconducibili all'attivita' parlamentare ne' ne costituiscono continuazione e divulgazione per la determinante considerazione che nessun diretto collegamento con detta attivita' e' stato non solo provato, ma neanche ipotizzato. Deve, pertanto, essere ribadito che la delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera dei deputati e', pertanto, lesiva delle attribuzioni di questa Corte, in quanto il potere conferito al Parlamento dall'art. 68 Costituzione e' stato esercitato in modo distorto e, quindi, arbitrario dalla Camera dei deputati. Sussistono, quindi, le condizioni per sollevare conflitto di attribuzione. La Corte costituzionale ha affermato, infatti, con piu' pronunzie, che, nell'ambito del giudizio in tema di conflitto fra poteri, vertente su una delibera parlamentare affermativa dell'insindacabilita' ai sensi dell'art. 68 primo comma Costituzione, la Corte accerta la «arbitrarieta' della delibera parlamentare» (sent. n. 1150 del 1998), «... se vi sia stato un uso distorto e arbitrario del potere parlamentare, tale da vulnerare le attribuzioni degli organi della giurisdizione o da interferire sul loro esercizio» (sent. n. 443 del 1993), «se vi sia stata illegittima interferenza nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria (sent. n. 289 del 1998) e che «l'immunita' copre il membro del Parlamento soltanto se per le dichiarazioni concorre il contesto funzionale» (sent. n. 10 e 11 del 2000), condizioni tutte (arbitrarieta', illegittima interferenza nell'attivita' di organi giurisdizionali e lesione dei loro poteri, mancanza di collegamento con la funzione di parlamentare) che, per le ragioni addotte, ricorrono nella fattispecie in esame. Per le esposte considerazioni, la Corte ritiene necessario, per decidere sull'appello proposto dal Napoli sollevare, pregiudizialmente, conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 37 legge 11 marzo 1953, n. 87, vertendosi in materia di interferenza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati dall'art. 68, primo comma, della Costituzione, nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria previste e garantite dall'art. 102 della Costituzione, chiedendo che la Corte costituzionale accerti e affermi che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilita', ai sensi dell'art. 68 primo comma Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Roberto Maroni, secondo quanto deliberato dalla stessa Camera dei deputati nella seduta n. 414 del 29 settembre 1998 e annulli, conseguentemente, la predetta deliberazione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Costituzione e 37 legge 11 marzo 1953 n. 87, Ricorre alla Corte costituzionale sollevando conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati e chiede che la Corte costituzionale accerti e affermi che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilita' ai sensi dell'art. 68 primo comma Costituzione delle opinioni espresse dal deputato Roberto Maroni, secondo quanto deliberato dalla stessa Camera dei deputati nella seduta n. 414 del 29 settembre 1998 e annulli, conseguentemente, la predetta deliberazione adottata dalla Camera dei deputati. Ordina la sospensione del processo civile iscritto al n. 6699 del Ruolo Generale della Corte di appello di Roma dell'anno 2000, riguardante l'appello proposto da Roberto Napoli contro la sentenza n. 22338, emessa dal G.U. presso il Tribunale di Roma il 12 novembre 1999 e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso nella camera di consiglio della I sezione della Corte di appello di Roma l'11 ottobre 2002. Il Presidente: Evangelista Popolizio 03C0973