N. 30 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 agosto 2003
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13 agosto 2003 (del Tribunale di Perugia) Parlamento - Immunita' parlamentari - Deliberazione della Camera dei deputati in data 26 settembre 2000, con la quale si dichiara che i fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Tiziana Maiolo per diffamazione aggravata nei confronti del dott. Mario Almerighi concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal G.I.P. del Tribunale di Perugia per la ritenuta mancanza di nesso tra i fatti attribuiti e l'esercizio delle funzioni parlamentari. - Deliberazione della Camera dei deputati del 26 settembre 2000. - Cost., art. 68, primo comma.(GU n.41 del 15-10-2003 )
Nel procedimento penale n. 1546/1999 RGIP iscritto a carico dell'on. Maiolo Tiziana, indagata per il reato p. e p. dall'art. 368 c.p. assistita dai difensori avv. G. Pecorella del Foro di Milano e G. Benedetto del Foro di Roma, in cui parte offesa e' il dott. Almerghi Mario; Letti gli atti del procedimento penale ed i documenti allegati; Ritenuto che la Camera dei deputati con delibera adottata il 26 settembre 2000 ha approvato la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere ed ha dichiarato che i fatti per i quali pende procedimento penale a carico della on. Tiziana Maiolo concernono opinioni espresse da quest'ultima nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma Cost.; con esposto presentato in data 5 novembre 1998 alla Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Perugia, Tiziana Maiolo chiedeva di accertare se i fatti oggetto di un'intervista riportata il 19 ottobre 1998 sul quotidiano Corriere della Sera e riferiti al dott. Mario Almerighi nella sua qualita' di Presidente della Associazione nazionale magistrati integrassero l'ipotesi di reato prevista e punita dall'art. 414 c.p. Dichiarava l'esponente che «il giorno 19 ottobre 1998 Il Corriere della Sera pubblicava una intervista al dott. Mario Almerighi, nella sua qualita' di Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nell'intervista, rilasciata nel corso della formazione del nuovo governo, il dott. Almerighi formulava auspici, richieste e persino velate minacce nei confronti dell'on. Massimo D'Alema, all'epoca dei fatti Presidente del Consiglio incaricato. Rispondendo alle domande della giornalista, il dott. Almerighi pronunciava le seguenti parole: Siamo pronti a porgere alla politica un ramoscello d'ulivo, ma tutto dipendera' dalla scelta del Ministro della giustizia da parte del futuro governo ... o confermano Flick appoggiandolo politicamente perche' possa varare le riforme che sono in cantiere, oppure dovrebbero metterci qualcuno che sia disponibile al dialogo ... ma se invece ci mettono qualche infiltrato del Polo nel Partito popolare ... tutto lo staff del Ministero e' pronto a dimettersi. E cosi' entriamo in un tunnel.». ... Poiche' nelle parole pronunciate dal dott. Almerighi e' esplicito l'invito allo staff del Ministero della giustizia, composto tutto da magistrati - e quindi presumibilmente da membri dell'associazione da lui diretta - a compiere atti volti ad usurpare un potere politico proprio del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica, ossia la proposta e, quindi, la nomina del Ministro di grazia e giustizia e poiche' tutto il tono delle dichiarazioni rese e' volto ad indirizzare, condizionare, coartare ed in ultima analisi usurpare le prerogative che la Costituzione attribuisce al Presidente del Consiglio ed al Presidente della Repubblica la sottoscritta chiede alla anzidetta Procura di accertare se il dott. Almerighi e' incorso nel reato di cui all'art. 414 c.p. (istigazione a delinquere). E' evidente nel caso in oggetto che la «chiamata alle armi» che il magistrato Almerighi ha compiuto nella sua qualita' di presidente della piu' significativa Associazione di magistrati era volta ad intraprendere iniziative, compiere gesti, realizzare una o piu' azioni tali da integrare il delitto di cui all'art. 287 c.p. (usurpazione di potere politico o di comando militare) ... ... Il gesto delle dimissioni dei magistrati in servizio al Ministero di grazia e giustizia, le indicazioni di natura politica sulla persona del Ministro di grazia e giustizia da nominare, le stesse indicazioni di politica giudiziaria e di politica istituzionale contenute nell'intervista al dott. Almerighi sono precise istigazioni a commettere il delitto di cui all'art. 287 c.p. Secondo la Costituzione infatti la prerogativa di nominare il Ministro di grazia e giustizia cosi' come tutti gli altri membri del Governo, spetta al Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, la politica giudiziaria compete al governo e le riforme dell'ordinamento giudiziario, cosi' come ogni altra legge concernente l'amministrazione della giustizia spetta al Parlamento. Nel disegno costituzionale l'ordine giudiziario non ha alcuna competenza in queste materie ed e' soggetto alla legge.E pertanto qualunque intervento volto a condizionare e limitare poteri e prerogative dei piu' alti organi costituzionali si caratterizza come un tentativo di usurpazione di potere politico, cosi' come indicato dall'art. 287 c.p. La scrivente allega all'esposto: intervista pubblicata sul Corriere della Sera il 19 ottobre 1998; note dell'agenzia ANSA e AGI del 19 ottobre 1998 in cui si da' conferma dell'intervista pubblicata e so rende noto dell'esistenza della registrazione fonografica dell'intervista, cio' in contrasto con la labiale smentita resa dal medesimo Almerighi. La scrivente chiede anche di acquisire come fonte di prova la registrazione fonografica dell'intervista in possesso del Corriere della Sera o della giornalista Maria Antonietta Calabro»; che per tali fatti il dott. Almerighi, il 19 ottobre 1998 smentiva i contenuti dell'intervista ritenendola manipolata, chiedeva alla direzione del quotidiano di poter ascoltare ed ottenere copia della registrazione come previsto dall'art. 13 della legge sulla privacy ed in conformita' al codice di deontologia per la categoria giornalistica. Allo scadere del termine previsto dalla legge il direttore del Corriere della Sera comunicava l'impossibilita' di aderire a tale richiesta precisando che la registrazione non era inserita nell'archivio del quotidiano e quindi non si trovava nella sua disponibilita' ma che poteva trovarsi in possesso della giornalista Maria Antonietta Calabro'. Quest'ultima il 5 novembre 1998 contestando la affermazione del magistrato secondo cui la registrazione della intervista che il magistrato le aveva concesso potesse essere ritenuta un dato personale e come tale accessibile ai sensi dell'art. 13 legge n. 675/1996, comunicava che l'unica cassetta esistente di tale registrazione non era piu' in suo possesso. Veniva rinnovata in data 27 novembre 1998 formale richiesta di immediato accesso alla registrazione dell'intero colloquio con la dott. Calabro' fatta alla Direzione affari legali societari della Rizzoli Corriere della Sera ed alla stessa giornalista con esito negativo. Il dott. Almerighi presentava quindi il 28 gennaio 1999 denuncia orale dinanzi alla Procura della Repubblica del Tribunale di Perugia ravvisando nei fatti il reato di calunnia commesso dalla on. Tiziana Maiolo ai suoi danni; Il p.m. formulava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti della on. Maiolo ed il g.u.p. fissava udienza eliminare il 30 novembre 1999. Dopo alcuni rinvii disposti dapprima al 23 maggio 2000 ed al 27 settembre 2000, successivamente all'udienza del 4 ottobre 2000 il difensore dell'indagata depositava la deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 26 settembre 2000, con la quale, in conformita' alla proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere e' stata dichiarata, ai sensi dell'art. 68, primo comma Cost. l'insindacabiita' dei fatti oggetto del presente procedimento penale in quanto concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni; Rilevato che, a fronte di una delibera di insindacabilita', l'autorita' giudiziaria e' tenuta ad arrestare il procedimento in corso, salva la possibilita' di provocare, attraverso lo strumento del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, il controllo della Corte costituzionale sulla correttezza di tale delibera (cfr. Corte cost. n. 375 del 1997, n.129 del 1996) anche se alla luce recenti sentenze (sentenze n. 10 e 11 del 2000) tale controllo va inteso nel senso di una funzione di garanzia da un lato dell'autonomia della Camera di appartenenza del Parlamento, dall'altro della sfera di attribuzione della autorita' giurisdizionale e, quindi, di verifica della correttezza sul piano costituzionale di una pronuncia di insindacabilita'; che per consolidata giurisprudenza costituzionale il predetto controllo e' diretto «ad accertare se vi sia stata una illegittima interferenza nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria» e si sostanzia in una verifica sulla eventuale sussistenza di vizi del procedimento ovvero sull'omessa o erronea valutazione delle condizioni e dei presupposti richiesti dall'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, in particolare, il presupposto di operativita' della prerogativa dell'insindacabilita' va individuato nel c.d. nesso funzionale tra le opinioni espresse e l'esercizio delle attribuzioni parlamentari dovendosi ricondurre in tale ambito non solo gli atti tipici della funzione, ma anche quelli presupposti e consequenziali ambito che pero' non puo' estendersi sino a ricomprendere l'intera attivita' politica del parlamentare si' da trasformare la prerogativa costituzionale in privilegio personale (cfr. Corte cost. n. 329 del 1999, n.289 del 1998, n.375 del 1997); Ritenuto che tale nesso con le attivita' parlamentari consiste non gia' in una semplice forma di collegamento di argomento e di contesto fra attivita' parlamentari e dichiarazioni, ma piu' precisamente nell'identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare (cfr. sentenze n. 10 e n. 58 del 2000) che occorre, quindi, che nell'opinione manifestata all'esterno «sia riscontrabile una corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente una mera comunanza di tematiche» (cfr. sent. n. 11 del 2000); Ritenuto che non deve, percio', ritenersi coperta da insindacabilita' quella opinione che non sia collegata da nesso con l'esercizio delle funzioni parlamentari, ancorche' riguardi temi al centro di un dibattito politico e parlamentare (v. sent. n. 56 del 2000); Preso atto che nella specie qui in esame si tratta di dichiarazioni rese dalla Maiolo alla autorita' giudiziaria al preciso scopo di far instaurare, stante il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, un procedimento penale nei confronti del dott. Almerighi, attraverso le forme di un esposto alla magistratura specificamente individuata secondo i criteri di competenza dell'art. 11 c.p.p.; che, nel caso di specie, non e' dato ravvisare alcun collegamento tra le espressioni contenute nell'esposto e contestate come calunniose all'on. Maiolo nel presente procedimento penale e la sua attivita' parlamentare, rivestendo le stesse espressione di un piu' generale diritto di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 Cost., nei limiti connaturali al diritto stesso, spettando alla a.g. nell'esercizio del suo potere istituzionale accertarne la violazione; che l'iniziativa giudiziaria di cui al presente procedimento, infatti, non risulta, ad una verifica degli atti, aver formato oggetto di un atto interno del Parlamento che la onorevole intendeva esternare (quali una mozione, una interrogazione, una interpellanza) condizione che, in ogni caso, non avrebbe di per se' legittimato una insindacabilita' delle opinioni espresse posto che le dichiarazioni potrebbero essere coperte della immunita' solo in quanto risultassero «sostanzialmente» riproduttive di un'opinione espressa in sede parlamentare e, quindi, limitatamente a quel contenuto storico; Rilevato, invece, che tali dichiarazioni risultano inserite in un contesto genericamente politico come e' dato ritenere non solo tenendo conto della prospettazione difensiva resa in udienza nell'interesse della Maiolo ma anche considerando il convincimento che emerge dalla relazione della giunta e dalla motivazione della delibera adottata dalla Camera, «che la denuncia si inquadra in un ambito di polemica politica»; Considerato che, sulla scorta del piu' recente e restrittivo orientamento seguito dalla Corte costituzionale, la semplice comunanza di argomenti tra le dichiarazioni rese e le opinioni espresse in sede parlamentare non basta ad estendere alla prima la insindacabilita' che copre le seconde, ne' si puo' invocare a tal fine l'esistenza di un contesto politico in cui la dichiarazione si inserisca giacche' siffatto tipo di collegamento non vale di per se' a conferire il carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad essa (cfr. Corte cost. n. 56 del 2000); che la denuncia penale non rientra tra quelle attivita' tipiche collegate da nesso funzionale con l'attivita' parlamentare, altrimenti si verrebbe a creare una ingiustificata disparita' di trattamento tra cittadino parlamentare e cittadino non parlamentare anche per quanto concerne le conseguenze connesse ad iniziative che mettano in moto l'attivita' giudiziaria attraverso lo strumento della denuncia penale; che da tutto cio' consegue che la valutazione operata dalla Camera dei deputati con la deliberazione in data 26 settembre 2000 circa la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68, primo comma della Costituzione, si presenta palesemente erronea e come tale lesiva della sfera di attribuzione costituzionalmente riservata a questo giudice, legittimato a sollevare conflitto innanzi alla Corte costituzionale, in quanto organo cui spetta di dichiarare definitivamente la volonta' del potere giudiziario cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuitegli in relazione al giudizio penale in oggetto;
P. Q. M. Visti l'art. 134 Cost., e gli articoli 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 26 delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale; Solleva conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata il 26 settembre 2000 con la quale e' stato dichiarato che i fatti per i quali e' in corso procedimento dinanzi a questa autorita' giudiziaria nei confronti dell'on. Tiziana Maiolo concernano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, comma 1 della Costituzione. Perugia, addi' 16 ottobre 2000 Il giudice: Dott.ssa Nicla Flavia Restivo 03C0974