N. 33 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 agosto 2003
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 27 agosto 2003 (della Regione Toscana) Porti - Nomina del Commissario dell'Autorita' Portuale di Livorno, disposta con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Toscana - Denunciata mancanza della previa intesa con la Regione - Indeterminatezza del periodo di durata dell'incarico - Ampiezza delle attribuzioni assegnate - Carenza delle circostanze di fatto e dei presupposti di diritto per l'adozione del provvedimento - Violazione del principio di leale collaborazione - Lesione delle competenze costituzionalmente garantite alle Regioni nelle materie relative al governo del territorio, ai porti ed aeroporti civili, alle grandi reti di trasporto e di navigazione, al commercio con l'estero, al turismo ed industria alberghiera, ai lavori pubblici - Violazione del principio della riserva di legge - Contrasto con il principio di buon andamento ed imparzialita' dei pubblici uffici. - Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 2 luglio 2003, n. 11129/MM. - Costituzione, artt. 117 e 118, anche in relazione agli artt. 5 e 97.(GU n.52 del 31-12-2003 )
Ricorso per la Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, autorizzato con deliberazione n. 700 del 14 luglio 2003, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora e dall'avv. Fabio Lorenzoni, presso il cui studio in Roma, via del Viminale n. 43, elegge domicilio; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore; il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, per l'annullamento del d.m. n. 11129/MM del 2 luglio 2003 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (doc. 1), con cui e' stato nominato il Commissario dell'Autorita' portuale di Livorno. F a t t o Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con nota del 16 gennaio 2003, prot. n. 735 MM (doc. 2), dava notizia della scadenza, in data 19 maggio 2003, del mandato del Presidente dell'Autorita' portuale di Livorno, in persona del sig. Nereo Marcucci, e contestualmente avviava alla procedura di nomina del nuovo presidente, ex art. 8 primo comma della legge n. 84/1994, chiedendo agli enti interessati di voler procedere alla comunicazione delle relative designazioni. Il Comune di Livorno e la Provincia di Livorno, con le note dell'11 febbraio 2003, rispettivamente prot. n. 12084 (doc. 3) e prot. n. 8073 (doc. 4), indicavano il proprio candidato nella persona del sig. Fabio Del Nista. Il Comune di Capraia Isola e la Camera di Commercio di Livorno, per parte loro, designavano a tale carica il sig. Bruno Lenzi (cfr. nota della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Livorno del 22 gennaio 2003, prot. n. 11148 - doc. 5). Successivamente, il Ministro, con nota del 10 marzo 2003, prot. n. 4459 MM (doc. 6), comunicava al Presidente della Regione Toscana, al fine di pervenire all'intesa prescritta dalla legge, il proprio orientamento favorevole sulla candidatura del sig. Bruno Lenzi. Con nota del 27 marzo 2003 (doc. 7), la Regione Toscana, in risposta alla nota ministeriale del 10 marzo 2003 citata, esprimeva il proprio dissenso sul nominativo indicato dal Ministro, ritenendo che la scelta, in aperto contrasto con le designazioni indicate dal comune e dalla Provincia di Livorno, non garantisse un equilibrato rapporto istituzionale nell'area livornese, presupposto indispensabile al fine di assicurare, in ultima analisi, lo sviluppo del Porto di Livorno, in stretta relazione allo sviluppo della citta' ed in generale del territorio interessato. Il Presidente della Regione Toscana, con la stessa nota, nell'esprimere l'orientamento regionale sulla candidatura del dott. Fabio Del Nista, rilevava l'opportunita' e la necessita' di un incontro al fine di individuare, con il metodo della concertazione, una convergenza di posizioni nell'interesse generale. Tale richiesta di incontro, inspiegabilmente ignorata, veniva reiterata dal Presidente della Regione Toscana, con successiva nota del 7 maggio 2003 (doc. 8), nella quale si evidenziava da una parte, l'urgenza per il raggiungimento dell'intesa in vista dell'imminente scadenza del mandato, prevista, come gia' detto, per il 19 maggio 2003, e dall'altra si esprimeva orientamento negativo in merito all'ipotesi di commissariamento, formulata in via informale dal Ministro. Il Presidente della regione rilevava a quest'ultimo proposito che l'eventuale nomina di un commissario sarebbe risultata del tutto inadeguata, in quanto evidente segno di una situazione di precarieta' e di incertezza, non giustificata dalle positive relazioni tra le parti interessate. Anche tale richiesta rimaneva tuttavia senza alcun esito. Solo con la nota del 21 maggio 2003, n. 8799 MM (doc. 9, trasmessa, quindi, dopo due mesi di totale inerzia statale e quando gia' il mandato del Presidente Nereo Marcucci era scaduto), il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, evidenziando il mancato raggiungimento della prescritta intesa sul nominativo indicato dallo Stato, richiedeva agli enti interessati ulteriori designazioni, ai sensi dell'art. 8 legge n. 84/1994. Il Presidente della Regione Toscana, quindi, in data 12 giugno 2003 (doc. 10), sempre nel piu' ampio spirito collaborativo, si rivolgeva al Presidente del Consiglio dei ministri, on Silvio Berlusconi, nel tentativo di raggiungere in tempi brevi e nel quadro di un corretto rapporto tra le varie Istituzioni, alla composizione della vicenda in esame. Gli enti interessati, in risposta alla citata richiesta ministeriale del 21 maggio 2003, comunicavano al Ministro le proprie designazioni: la Camera di commercio di Livorno e il Comune di Capraia Isola, confermavano la scelta per il sig. Bruno Lenzi (doc. 11); la Provincia di Livorno confermava a sua volta la designazione del sig. Fabio Del Nista (doc. 12); il Comune di Livorno indicava la persona di Francesco Palmiro Mariani (doc. 13). A questo punto, il Ministro, senza dar luogo all'incontro piu' volte richiesto dalla Regione Toscana e prescindendo dalla prescritta intesa decideva di commissariare l'Autorita' portuale di Livorno. Il Ministro ha infatti nominato, con decreto del 2 luglio 2003 (doc. 1), il dott. Bruno Lenzi (e quindi il candidato sul quale la regione aveva gia' manifestato il proprio dissenso), quale Commissario dell'Autorita' portuale di Livorno, senza un termine predefinito di durata. Il provvedimento in oggetto e' gravemente pregiudizievole per gli interessi dell'amministrazione regionale in quanto viola, come meglio si dira' in seguito, le competenze costituzionalmente garantite alla regione, nelle materie del governo del territorio, porti ed aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, commercio con l'estero, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici. La regione intende, quindi, proporre conflitto di attribuzione avverso tale decreto. A conforto della ammissibilita' del presente ricorso, e' possibile svolgere le seguenti considerazioni. Secondo il costante orientamento di codesta Corte, il conflitto di attribuzione puo' essere proposto non solo .per rivendicare la titolarita' di attribuzioni costituzionalmente conferite, ma anche per la difesa di proprie competenze di natura costituzionale che si suppongono menomate o impedite in seguito all'esercizio illegittimo di poteri altrui. In altri termini, e' stato ammesso anche il conflitto c.d. da menomazione, consentendo cioe' di ricorrere allo strumento del conflitto anche quando si lamenta non l'appartenenza di un potere o di una competenza, ma solo il cattivo uso dello stesso da parte del suo legittimo titolare che viene ad incidere o a creare turbativa nei confronti di poteri o competenze costituzionalmente riconosciute al ricorrente. A nulla vale eccepire, quindi, che nel caso non si versa in un'ipotesi di vindicatio potestatis, avendo la Corte costituzionale, in piu' occasioni e in termini assai precisi, affermato che: «la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi a se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto» (Corte cost. n. 432/1994; si vedano, altresi', le sentenze nn. 444 e 126 del 1994, 132 del 1993, 473 e 245 del 1992, 204 del 1991). Situazione, questa, che ricorre pienamente in relazione alla domanda prospettata con il ricorso in esame, dove la lesione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle regioni nelle materie summenzionate consegue alla nomina di un Commissario straordinario, disposta dal Ministro all'evidente scopo di eludere la procedura di legge prescrivente l'intesa (art. 8, primo comma della legge 28 gennaio 1994, n. 84), stante il difetto, nella fattispecie de qua, delle circostanze di fatto e delle ragioni giuridiche che avrebbero potuto rendere praticabile una simile soluzione. Parimenti dagli atti traspare con evidenza che nella fattispecie manca una efficace risposta alla richiesta di partecipazione della Regione Toscana al procedimento di intesa. Il Ministro si e' limitato ad indicare un nome sul quale ottenere il consenso della regione, con cio' dimostrando l'insussistenza di una effettiva volonta' di addivenire ad una definizione concordata del contenuto dell'atto di nomina. Ne' riscontro alcuno, come visto, e' stato dato alla legittima richiesta di un incontro urgente da parte del Presidente della Regione Toscana. L'intesa, in questa materia, e' stata chiaramente posta dal legislatore a salvaguardia di prerogative regionali costituzionalmente garantite nelle materie del governo del territorio, porti ed aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, commercio con l'estero, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici. La sua violazione, quindi, non puo' non integrare una fattispecie idonea a far sorgere un conflitto di attribuzioni. La Corte costituzionale, difatti, ha espressamente affermato che il conflitto di attribuzione «e' ammissibile non soltanto se ricorra l'invasione di competenza ma anche quando l'ordinamento richieda la collaborazione di una pluralita' di enti e, per contro, uno di essi provveda autonomamente, senza tener conto della potesta' altrui» (sent. n. 286 del 1985). Il provvedimento, pertanto, lede le competenze costituzionali garantite alle regioni per i seguenti motivi di: D i r i t t o 1. - Violazione del principio di leale cooperazione e degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione. 1.A. - Il decreto impugnato e' stato assunto in totale violazione dell'art. 8, primo comma, della legge n. 84/1994 il quale statuisce: «il presidente (dell'Autorita' portuale) e' nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7. La terna e' comunicata al Ministro dei trasporti e della navigazione tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, puo' chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalita' che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale». Dalla norma citata si evince in modo inequivocabile che: 1. - In prima fase, la nomina del presidente avviene nell'ambito di una terna di esperti designati dalla provincia, dai comuni e dalla Camera di commercio; 2. - In una seconda eventuale fase del procedimento, che si apre se il Ministro chiede motivatamente di comunicare una seconda terna di candidati, la scelta del nominando diventa libera qualora non pervenga alcuna designazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta; 3. - Nell'una e nell'altra fase, per la nomina del presidente occorre comunque l'intesa con la regione interessata. Nel caso in esame, preso atto del dissenso espresso dalla regione rispetto al candidato prescelto (nell'ambito della terna di esperti ritualmente designati, in prima fase, dai soggetti competenti), il Ministro ha ritenuto di avvalersi della facolta' prevista dalla norma in esame di richiedere agli enti locali e alla Camera di commercio le seconde designazioni e, ottenutele, non ha attivato la prescritta procedura dell'intesa con la regione ed ha invece nominato ugualmente, con l'escamotage del commissariamento, il candidato sul quale, nella prima fase, la regione aveva espresso il proprio motivato dissenso. Il commissariamento viene giustificato con l'avvenuta scadenza del termine di prorogatio del pregresso presidente. La giustificazione, in realta', e' puramente formalistica: accettando il percorso seguito dal Ministro, sarebbe infatti sempre possibile eludere la necessita' dell'intesa con la regione, in tutti i casi in cui questa e' prescritta, semplicemente dilatando i tempi della procedura fino a provocare la necessita' di una «soluzione d'urgenza». Cio' viola evidentemente la previsione dell'intesa, da intendersi, nella sua piu' accreditata accezione logico-giuridica, quale consenso o accordo sul nominativo del candidato prescelto ovvero, piu' analiticamente ed incisivamente, quale paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto sottoposto ad intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento dell'accordo. Tale orientamento e' espresso dalla giurisprudenza costituzionale. Quest'ultima, in particolare, ha evidenziato che l'intesa rappresenta lo strumento essenziale per assicurare l'attuazione del principio di leale cooperazione, che trova un esplicito fondamento nell'art. 5 della Cost. e che deve presiedere e regolare l'esercizio delle competenze interferenti di Stato e regioni, consentendo di conciliare gli interessi di cui sono portatori tali enti dotati entrambi di rilevanza costituzionale. Cosi' la Corte costituzionale ha definito l'intesa come lo strumento che si esplica «in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto sottoposto ad intesa» (Corte cost., sent. n. 351/1991), e, ancora, come «una tipica forma di coordinamento paritario, in quanto comporta che i soggetti partecipanti siano posti sullo stesso piano in relazione alla decisione da adottare, nel senso che quest'ultima deve risultare come il prodotto di un accordo e, quindi, di una negoziazione diretta fra il soggetto cui la decisione e' giuridicamente imputata e quello la cui volonta' deve concorrere alla decisione stessa» (Corte cost. n. 337/1989 e, nello stesso senso, sentt. nn. 116/1994; 21/1991; 220/1990; 747/1988). Dunque la caratteristica fondamentale dell'istituto dell'intesa e' data dal fatto che, a fronte di materie interferenti e di competenze concorrenti, e' necessario che si addivenga alla codeterminazione paritaria del contenuto finale da parte dello Stato e delle regioni e cio' perche', altrimenti, i poteri statali comprimerebbero eccessivamente le competenze regionali costituzionalmente garantite. La suddetta giurisprudenza della Corte costituzionale, elaborata durante la vigenza del previgente art. 117 della Costituzione, e' maggiormente valida oggi, a seguito dell'avvenuta riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, operata dalla legge costituzionale n. 3/2001: l'accresciuta autonomia regionale e la posizione di parita' e di equiordinazione riconosciuta allo Stato e alle regioni rendono ancora piu' necessario rispetto al passato che l'intesa sia interpretata ed applicata nel significato sopra evidenziato di strumento per la codeterminazione paritaria del contenuto dell'atto. La violazione di tale intesa nel caso in esame arreca una grave lesione delle competenze regionali. Il Presidente dell'Autorita' portuale, infatti, e' l'organo fondamentale che rappresenta la stessa Autorita' portuale e ne coordina l'attivita'; egli presiede il Comitato portuale e svolge nei confronti di quest'ultimo un ruolo propositivo in merito al piano operativo triennale (concernente le strategie di sviluppo delle attivita' portuali), ed ancora in ordine al piano regolatore portuale, ai bilanci, alle gare per l'affidamento dell'attivita' di manutenzione ordinaria e straordinaria e per le forniture. Rientrano infine fra i compiti direttamente affidati al Presidente dell'Autorita' portuale: l'amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo compreso nella circoscrizione territoriale; le attivita' inerenti le operazioni portuali, le concessioni sulle aree demaniali e sulle banchine, etc. In sostanza il Presidente dell'Autorita' determina in modo incisivo le scelte dell'Autorita' medesima e tali scelte inevitabilmente interferiscono sulle competenze regionali. Infatti a seguito della recente riforma degli artt. 117 e 118 della Costituzione, gia' citata, il settore dei porti civili e' stato demandato alla potesta' legislativa concorrente delle Regioni senza distinguere tra aree portuali aventi rilevanza economica regionale, ovvero nazionale o internazionale. Il nuovo sistema delle competenze in materia di demanio marittimo, ed in generale in materia di porti e di attivita' portuali, si e' sviluppato nel senso di un sempre maggiore spazio di intervento del legislatore regionale e di una crescente centralita' del comune come naturale conseguenza della progressiva attuazione del principio di sussidiarieta' e del cosi' detto federalismo amministrativo. Non puo' quindi dubitarsi che la regolamentazione dell'Autorita' portuale (di cui, si ripete, il Presidente e' l'organo fondamentale) verra' ad interferire con le potesta' costituzionalmente garantite alle regioni nelle materie del governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, commercio con l'estero, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici. Pertanto l'interferenza del ruolo del Presidente dell'Autorita' con molteplici competenze regionali costituzionalmente garantite impone di interpretare l'intesa richiesta dall'art. 8, primo comma, della legge n. 84/1994 come forma di codeterminazione paritaria del contenuto dell'atto, come tale necessaria ed inibente la nomina di un presidente che non sia individuato a seguito della prescritta intesa. Tale tesi e' confermata dal fatto che, come gia' rilevato, la legge n. 84/1994, quando richiede l'intesa con le regioni, non stabilisce che in caso di suo mancato raggiungimento lo Stato possa prescindere da questa e provvedere unilateralmente, mentre il legislatore, quando ha voluto assegnare allo Stato il potere di provvedere anche in mancanza di intesa, lo ha espressamente previsto: si veda in proposito l'art. 3 del decreto legislativo n. 281/1997 ove, nel disciplinare le intese con la Conferenza Stato- Citta' autonomie locali, e' stato stabilito che se l'intesa con la Conferenza non e' raggiunta entro trenta giorni, il Consiglio dei ministri puo' provvedere in mancanza dell'intesa, previa adeguata motivazione. Percio' la nomina del Commissario straordinario, nel caso di specie, attesa la carenza dei presupposti che avrebbero potuto rendere praticabile una tale soluzione (di cui si dira' meglio infra), e' stata disposta all'evidente scopo di disapplicare il disposto normativo prescrivente l'intesa. Infatti il Ministro, dopo aver preso atto della mancata intesa con la Regione Toscana, ha deciso di chiedere nuove designazioni agli enti locali e alle Camere di commercio. Ottenute tali designazioni, non ha in alcun modo coinvolto la regione, ma l'ha totalmente ignorata; invece, come gia' rilevato, il citato art. 8, primo comma, della legge n. 84/1994 avrebbe imposto - a fronte delle designazioni rinnovate la seconda volta con nuovi nomi o con la conferma dei precedenti - di chiedere nuovamente l'intesa con la regione. A cio' va aggiunto che l'Autorita' statale non ha mai risposto alle richieste di incontro espressamente sollecitate dalla regione proprio per cercare una soluzione concordata. Alla luce di tutto quanto sopra, non puo' negarsi che il ricorso alla figura del Commissario straordinario, nel caso di specie rappresenta un mero artifizio per eludere la procedura stabilita dalla legge per la legittima nomina del Presidente dell'Autorita' portuale, con grave lesione delle competenze regionali. 1.B. - Potrebbe essere obiettato che la Corte costituzionale ha affermato talvolta che l'intesa puo' connotarsi in modo meno incisivo a fronte di un pericolo di pregiudizio per l'interesse nazionale (c.d. intesa in senso debole). In merito si contesta l'applicabilita' di tale principio al caso in esame, sia perche' non e' ravvisabile un imminente pregiudizio per un prevalente interesse nazionale, sia perche' quelle pronunce costituzionali non appaiono piu' conformi al mutato sistema costituzionale, introdotto con la modifica del titolo V della Costituzione. Come sopra rilevato gli accresciuti poteri regionali previsti dall'art. 117 Cost., la totale parita' Stato-Regioni introdotta dalla Legge costituzionale n. 3/01, con l'eliminazione nelle norme del titolo V di ogni riferimento all'interesse nazionale come possibile limite alle potesta' regionali non giustificano piu' le c.d. «intese in senso debole» che si fondavano, si ripete, su riconosciuti preminenti interessi nazionali. In denegata ipotesi, va rilevato che anche nei casi in cui l'intesa e' stata interpretata nella sua veste piu' debole, la Corte ha, comunque, ravvisato la necessita' di una «trattativa che superi, per la sua flessibilita' e bilateralita', il rigido schema della sequenza non coordinata di atti unilaterali» (sent. n. 21/1991) (cioe' la semplice emissione di un parere o di una proposta). In altri termini, la Corte pur sottolineando che «l'intesa (...) deve intendersi come paradigma di concertazione, cui tuttavia non e' possibile attribuire un contenuto di uguale spessore nelle varie ipotesi» (Corte cost., sent. n. 302 del 1994) ha sempre ritenuto necessari, quale che sia la formalita' o la modalita' di espressione osservata, una negoziazione e un contatto tra le parti; la concordanza della volonta' delle parti interessate (sent. 514/1988); un atteggiamento ispirato alla correttezza e all'apertura verso le posizioni altrui (sent. 379/1992); una lealta' del comportamento tenuto (sent. 116/1994), perche' «l'intesa non puo' consistere in un mero onere di informazione da parte dello Stato» (sent. citata 116/1994). In definitiva, e' necessario che quantomeno si attui una fase di dialogo fra le due parti e che si realizzi un contatto tra i diversi interessi ed una dialettica leale e costruttiva fra i differenti soggetti di rilevanza costituzionale. E' evidente che, nel caso in esame, i suddetti criteri non sono stati rispettati perche', come visto, nella condotta del Ministero non e' dato riscontrare alcuna apertura verso la controparte e le sue istanze, come invece sarebbe stato necessario. Come gia' evidenziato in fatto, la nota inviata dal Ministro al Presidente della Regione Toscana in data 10 marzo 2003 (doc. 6), concreta a ben vedere solo l'intenzione di assolvere ad un mero onere di informazione. In realta' le iniziative regionali volte alla definizione dell'intesa, cosi' come prescritto dalla legge, sono rimaste inopinatamente senza alcun riscontro. Infatti, si ripete, dopo le seconde designazioni degli enti interessati, il Ministro, invece di attivare i necessari contatti con il Presidente della regione, ha unilateralmente deciso di commissionare l'Autorita' portuale di Livorno. Appare, quindi, davvero arduo sostenere che l'Autorita' statale abbia rispettato la leale cooperazione ed abbia attuato una efficace trattativa e un costruttivo confronto con le amministrazioni regionali, visto che non ha neppure risposto alle reiterate richieste di incontro da parte della Regione Toscana. 1.C. - Secondo quanto stabilito nel decreto impugnato, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha deciso per il commissariamento dell'Autorita' portuale di Livorno sul presupposto che era ormai scaduto il termine massimo di quarantacinque giorni, previsto dall'art. 3 della legge citata in epigrafe per l'istituto della prorogatio. E' d'obbligo pero' evidenziare che, nella fattispecie in esame, sussistevano i margini temporali per completare la ordinaria procedura per la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale, ed in particolare per raggiungere l'intesa con la regione. Come evidenziato in fatto, dopo le prime designazioni da parte degli enti del gennaio/febbraio 2003 (doc. 3, 4 e 5) e la comunicazione del dissenso regionale sul nominativo «indicato» dal Ministro del marzo 2003 (doc. 7), il Ministro ha lasciato passare ben 2 mesi senza prendere alcuna iniziativa. Solo con la nota del 21 maggio 2003 (doc. 9), quando gia' era arrivato a scadenza il mandato dell'uscente Presidente dell'Autorita', Nereo Marcucci, richiedeva agli enti, ulteriori designazioni. Tali designazioni pervenivano al Ministero, al piu' tardi il 20 giugno 2003 (cfr. la deliberazione della Provincia di Livorno, inviata via fax, doc. 12). Posto che il periodo di prorogatio scadeva il 2 luglio 2003, e' evidente che il Ministro aveva tutto il tempo per ricercare l'intesa con la regione. Il Ministro invece ha lasciato trascorrere inutilmente tale periodo, senza contattare in alcun modo la Regione Toscana, e alla scadenza, in data 2 luglio 2003, ha nominato il Commissario straordinario. Anche tali motivi confermano che la suddetta nomina e' stata illegittimamente disposta per eludere la disciplina legislativa prescrivente l'intesa. 2. - Ulteriore violazione degli artt. 117 e 118 Cost.; violazione dei principi di riserva di legge, buon andamento ed imparzialita' dei pubblici uffici; violazione dell' art. 97 della Costituzione. 2.A. - La nomina del Commissario e' stata disposta in mancanza delle circostanze di fatto e dei presupposti di diritto che avrebbero potuto legittimare un simile provvedimento. L'organo straordinario costituisce, per definizione, eccezione all'assetto organizzativo della p.a. in un dato ordinamento positivo. In un ordinamento come quello italiano che affonda le sue radici nei principi di riserva legge, buon andamento e imparzialita' dei pubblici uffici, gli organi amministrativi straordinari devono essere sempre istituiti e disciplinati per legge. Non esiste nel nostro ordinamento alcuna norma cui sia riconducibile, sia pure solo indirettamente, la nomina di un Commissario straordinario in un caso come quello in esame. A questo proposito si osserva che la legge n. 84/1994 prevede il commissariamento dell'Autorita' portuale nelle sole ipotesi tassativamente indicate all'art. 7, commi 3 e 4. Dal combinato disposto dei commi appena richiamati emerge che il Ministro competente puo' nominare un Commissario, esclusivamente in conseguenza alla revoca del mandato al presidente e/o allo scioglimento del comitato portuale disposti o per la mancata approvazione del piano operativo riennale (nel termine indicato dal successivo art. 9, comma 3 della stessa legge n. 84/1994, e cioe' entro novanta giorni dall'insediamento del comitato portuale), ovvero quando il conto consuntivo presenti un disavanzo. La nomina del Commissario deve esser fatta contestualmente nel decreto di revoca e/o scioglimento, per un termine massimo di sei mesi e con riferimento alle specifiche attribuzioni indicate nel decreto stesso. Altra ipotesi di commissariamento era prevista dalla legge (art. 20) per il periodo transitorio, ipotesi non piu' vigente essendosi ormai nella fase a regime. Non e' prevista, invece, la nomina di un Commissario straordinario, in ragione dell'avvenuta scadenza dei termini di durata dell'organo ordinario. La continuita' e la funzionalita' della gestione amministrativa, infatti, sono affidate, in questa ipotesi, ad una diversa procedura che rinviene, come gia' detto, nell'intesa Stato-regione il suo caposaldo. La nomina del Commissario dell'Autorita' portuale non trova giustificazione neanche alla luce dei principi generali dell'ordinamento. Come e' noto, gli organi straordinari possono essere nominati in tre ipotesi: 1) gravi violazioni di legge; 2) gravi irregolarita' di gestione; 3) catastrofi e calamita' naturali. In altri termini, solo violazioni di legge gravi, ripetute e consapevoli, sintomi cioe' di gravi disfunzioni del funzionamento e di una conduzione disordinata dell'istituzione, giustificano la sostituzione commissariale (cfr. L. Tumiati e G. Berti, Commissario e commissione straordinaria, in Enc. dir. 1960, VII, 842; G. Rizza, Commissario, I), in Enc. giu. 1988, VII, 1; G. Vermiglio, Commissario, II), in Enc. giu. 1988, VII, 1; T. Klitsche De La Grange, Gli organi amministrativi straordinari, in Il Consiglio di Stato, 1984, P. II, 431). Nel caso in esame non sussistono evidentemente i citati presupposti, con conseguente sussistenza dei vizi eccepiti, perche' la nomina di un commissario, in sostituzione del presidente, lede, per i motivi esposti al precedente punto 1), le prerogative costituzionalmente riconosciute alle regioni nelle numerose e rilevanti materie connesse con le competenze dell'Autorita' portuale (come gia' rilevato: governo del territorio, porti ed aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, commercio con l'estero, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici). A tutto cio', va aggiunto che il Ministro ha nominato, con decreto del 2 luglio 2003, il dott. Bruno Lenzi, quale Commissario straordinario dell'Autorita' portuale di Livorno «fino alla nomina del Presidente della medesima Autorita» (art. 1 del decreto impugnato, doc. 1). Dunque e' stata disposta una nomina senza un termine di durata certo e predefinito, perche' e' rimesso all'esclusiva volonta' del Ministro procedere o meno a definire il legittimo procedimento. Non si puo' fare, quindi, a meno di censurare l'incerta durata della gestione commissariale, che puo' durare all'infinito, perche' il Ministro potrebbe - come sta facendo - non ricercare alcuna intesa con la regione e cosi' non nominare mai il presidente; in tal modo, la gestione commissariale si dilata sino al punto da far apparire come ordinario un sistema eccezionale e limitato nel tempo, con ulteriore, grave lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. Alla «indeterminatezza di durata stabilita nell'ultimo provvedimento ancorche' certa nel quando» va aggiunta «la precarieta' dell'istituto dell'amministrazione straordinaria che (...) incide sull'attuazione di programmi a medio e lungo termine, comporta ex se una gestione precaria e (...) non assicura la rappresentativita' degli interessi degli enti locali coinvolti (...)» (C. conti, sent. n. 11/2000). La temporaneita' e' una caratteristica ricorrente anche negli organi ordinari, ma e' senz'altro particolarmente necessaria in quelli straordinari, dato il collegamento con una situazione eccezionale e transeunte, presupposto della loro costituzione e attivazione. Cio' trova conferma nella lettera dell'art. 7, comma 4, della legge n. 84/1994, la quale espressamente prevede che, nelle ipotesi tassative di commissariamento dell'Autorita' portuale (peraltro, si ripete, estranee alla fattispecie in esame), la nomina del commissario non puo' mai superare la durata massima di sei mesi. Percio' il decreto impugnato, non apponendo un termine certo alla durata di un organo straordinario, viola anche i principi di imparzialita', buon andamento dell'amministrazione e della riserva di legge, sanciti dall'art. 97 Cost.; trattasi di violazione che la ricorrente e' legittimata a far valere perche' la stessa determina una menomazione delle competenze regionali costituzionalmente garantite nelle piu' volte richiamate materie del governo del territorio, porti ed aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, commercio con l'estero, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici. Infatti il commissario - il cui mandato ha un termine di scadenza incerto, rimesso all'esclusiva volonta' del Ministro che fino ad oggi non ha ricercato l'intesa - non e' stato scelto in conformita' alla procedura di legge prescrivente l'intesa, la quale, si ripete, e' posta a tutela delle molteplici competenze regionali incise dall'attivita' del vertice dell'Autorita' portuale. 2.B. - In base agli artt. 7 e seguenti della legge n. 84/1994 sono organi dell'Autorita' portuale: il presidente, con le gia' indicate funzioni di rappresentanza dell'ente, di proposizione degli atti fondamentali e di coordinamento delle attivita'; il comitato portuale - di cui fa parte, quale membro di diritto, tra gli altri, anche il presidente della giunta regionale o un suo delegato - con rilevanti funzioni, tra cui l'approvazione del piano operativo triennale, che definisce le azioni per lo sviluppo portuale, nonche' l'adozione del piano regolatore portuale; il Segretariato generale, nominato dal Comitato portuale, per lo svolgimento di tutte le attivita' necessarie al funzionamento dell'Autorita' portuale; il collegio dei revisori dei conti. Il decreto impugnato appare sostituire, tramite il commissario, non solo il presidente ma anche gli altri organi, in particolare anche il Comitato portuale, anch'esso scaduto e che deve essere rinnovato dal nuovo presidente, ai sensi dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 84/1994. Infatti il decreto impugnato all'art. 2 dispone che «il commissario e' preposto alla gestione dell'Autorita' portuale di Livorno, esercitando i poteri e le attribuzioni indicate dalla legge n. 84/1994 e successive modificazioni»: con tale previsione si viene quindi a riconoscere in capo al commissario il plenum dei poteri, altrimenti suddivisi, in base al sistema normativo vigente in materia, tra tutti gli organi dell'Autorita' portuale. La circostanza rileva anche sotto lo specifico profilo dello svuotamento dei poteri del Comitato portuale di cui fa parte, quale membro di diritto, tra gli altri, anche il presidente della giunta regionale. In particolare, a questo ultimo proposito preme evidenziare che aver superato la previsione del Comitato portuale, e cioe' dell'organo operativo dell'Autorita' in questione, significa aver rinunciato alla sede in cui, per legge, si compongono i diversi interessi ivi rappresentati, concentrando in capo ad un solo soggetto tutte le competenze, e cio' determina dunque una grave lesione delle attribuzioni regionali, nonche' violazione del principio di riserva di legge, imparzialita' e buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Ma i suddetti vizi sussistono parimenti anche nell'ipotesi in cui l'art. 2 del decreto, nella sua ambigua formulazione, abbia inteso attribuire al commissario solo i poteri del presidente. In tal caso infatti il commissario, unilateralmente scelto ed imposto dal Ministro, anziche' il presidente regolarmente nominato secondo la procedura dell'intesa, verrebbe a nominare il nuovo Comitato portuale, fondamentale organo di gestione dell'Autorita' portuale medesima. La sussistenza dei vizi denunciati viene ulteriormente confermata dal fatto che l'ampia formulazione del gia' richiamato art. 2 del decreto attribuisce al commissario nominato non solo la gestione ordinaria. In base ai principi generali dell'ordinamento, l'instaurazione di gestioni commissariali comportano necessariamente la limitazione dell'azione di tali organi alla sola ordinaria amministrazione. Tale tesi trova conferma, per quanto qui interessa, nella disposizione di cui al gia' piu' volte citato art. 7, comma 4, legge n. 84/1994, in base al quale, il decreto di nomina del commissario, ivi disciplinato (previsione, si ripete, estranea alla fattispecie de qua), deve indicare specificatamente le attribuzioni a questo conferite: non puo' pertanto trattarsi di un potere generale ed onnicomprensivo. L'ampiezza delle attribuzione riconosciute al commissario con il decreto impugnato, tra l' altro, si ricorda, per un periodo di durata indeterminata ed imprecisata, contrasta evidentemente con il principio di buona amministrazione costituzionalmente previsto all'art. 97 Cost. e con il rispetto delle attribuzioni regionali in materia riconosciute dall'art. 117 Cost.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale dichiari che non spetta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvedere alla nomina in oggetto e per conseguenza annulli il d.m. n. 11129/MM del 2 luglio 2003 per violazione degli artt. 117 e l 18 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 5 e 97 Cost. Si depositano i seguenti documenti: 1) decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 2 luglio 2003, n. 11129 MM; 2) nota del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 16 gennaio 2003, prot. 735 MM; 3) provvedimento del sindaco del Comune di Livorno del 10 febbraio 2003, prot. 11907, trasmesso con nota comunale dell'11 febbraio 2003, prot. n. 12084; 4) provvedimento del Presidente della Provincia di Livorno dell'11 febbraio 2003, prot. 7996, trasmesso con nota dell'11 febbraio 2003, prot. n. 8073; 5) nota della Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura di Livorno del 22 gennaio 2003, prot. n. 1148; 6) nota del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 marzo 2003, prot. 4459 MM; 7) nota del Presidente della Regione Toscana del 27 marzo 2003, prot. n. 101/5647/3.14; 8) nota del Presidente della Regione Toscana del 7 maggio 2003, prot. n. 101/8110/3.6.3; 9) nota del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 21 maggio 2003, prot. 8799 MM; 10) nota del Presidente della Regione Toscana del 12 giugno 2003, prot. n. 101/10341/3.6.3; 11) nota della Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura di Livorno del 19 giugno 2003; 12) provvedimento del Presidente della Provincia di Livorno del 20 giugno 2003, prot. 32958, trasmesso via fax il 20 febbraio 2003 e con nota in pari data, prot. n. 1613; 13) provvedimento del sindaco del Comune di Livorno del 20 giugno 2003, prot. n. 51770, trasmesso con nota del 20 giugno 2003, prot. n. 51773. Si deposita altresi' la delibera di autorizzazione a stare in giudizio. Firenze, addi' 11 agosto 2003 Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni 03C0977