N. 708 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 giugno 2003

Ordinanza  emessa  il  25  giugno  2003  dal  tribunale di Padova nel
procedimento penale a carico di Khamsane El Mostafa

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Convalida  -  Rito  direttissimo  -  Violazione  del  principio  di
  ragionevolezza - Lesione del principio di uguaglianza - Carenza del
  requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della
  polizia   giudiziaria  di  provvedimenti  provvisori  destinati  ad
  incidere  sulla  liberta'  personale  - Violazione del principio di
  buon  andamento  della  pubblica amministrazione - Contrasto con il
  principio della ragionevole durata del processo.
- Decreto   legislativo  25  luglio  1998,  n. 286,  art.  14,  comma
  5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione,  artt. 2,  3, 13, comma terzo, 97, primo comma e 111,
  comma secondo.
(GU n.37 del 17-9-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.
    Visti  gli atti relativi all'arresto di Khamsane El Mostafa, nato
in data 1° gennaio 1969 a Khourigba (Marocco), arrestato in Padova il
24  giugno  2003 in relazione al reato di cui all'art. 14 comma 5-ter
del  decreto  legislativo  286  del  1998, perche' senza giustificato
motivo  si  tratteneva  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione
dell'ordine  impartito  dal  questore  di Modena con provvedimento in
data  14  febbraio  2003  che  disponeva  di  lasciare  il territorio
nazionale  entro  il  termine  di  5 giorni; sentita la relazione del
carabiniere  Bruni  che  ha  operato  l'arresto,  sentito  l'imputato
presente  ed  in grado di comprendere la lingua italiana, il pubblico
ministero  e  la  difesa;  osservato in fatto che l'imputato e' stato
colto  nella  flagranza del reato, nonostante l'atto notificatogli in
data  14  febbraio  2003  e nonostante la circostanza, obiettivamente
accertata   durante   l'interrogatorio,  che  l'imputato  ben  avesse
compreso  il contenuto del precetto intimatogli e non avesse di fatto
giustificato  motivo  per  trattenersi  nel  territorio  dello Stato;
considerato che l'arresto era obbligatorio per disposizione di legge;
tenuto  conto  del  rispetto  dei  termini di cui gli artt. 386 e 390
(codice  di  procedura;  considerato  che  alla luce di tutto questo,
stando   alla   disposizione   normativa   correrebbe   l'obbligo  di
convalidare   l'arresto;  che  tuttavia  vanno  svolte  che  seguenti
considerazioni  ritenendo  le  stesse  rilevanti e non manifestamente
infondate, osserva quanto segue.
    Questo  giudice  non  ritiene  di  poter convalidare l'arresto di
Khamsane   El   Mostafa   poiche'  il  disposto  dell'art.  14  comma
5-quinquies  del  decreto legislativo n. 286/1998 come inserito dalla
cosiddetta   legge   Bossi-Fini,   nella   parte   in  cui  introduce
nell'ordinamento   una   nuova  figura  di  arresto  obbligatorio  il
flagranza,  appare  in  conflitto  con  le  norme  costituzionali  in
appresso indicate.
    1. - Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione.
    La   previsione  di  un  arresto  obbligatorio  in  flagranza  in
riferimento  ad  un  reato  di mera natura contravvenzionale, come si
desume  dal  tipo  di sanzione predisposta, appare confliggere con il
principio  di  ragionevolezza  e di uguaglianza affermato dalla norma
costituzionale  di  cui  all'art. 3, non trovando alcuna apprezzabile
giustificazione  nell'ambito  dei principi generali della sistematica
processuale,   che   fra   l'altro  disciplinano  tale  provvedimento
restrittivo  ponendolo  in esclusiva correlazione con illeciti penali
aventi  natura  delittuosa  (cfr.  artt. 380 e 381 codice di rocedura
penale) e contraddistinti da una elevata pericolosita' sociale, cosi'
come  del  resto  era  stato enunciato esplicitamente dalla direttiva
n. 32  dell'art.  2  della  legge  delega  16 febbraio 1987 n. 81 per
l'emanazione  del  nuovo  codice  di  procedura  penale,  laddove per
l'appunto tale obbligatorieta' era stata circoscritta la sola materia
di  delitti  puniti  con  la  pena della reclusione non inferiore nel
minimo a 5 anni e consentiva l'arresto facoltativo - avuto riguardo a
speciali  esigenze di tutela della collettivita' - esclusivamente per
quei  delitti  che  apparissero  connotati  da  particolare  gravita'
oggettiva   o  da  particolare  pericolosita'  del  soggetto  agente.
Analogamente  si  dica  per le altre ipotesi in cui il legislatore ha
reputato  di  introdurre,  attraverso  normative speciali, ipotesi di
arresto  obbligatorio  anche  al  di  fuori dei casi di flagranza, ma
sempre  ed  esclusivamente con riferimento a fattispecie delittuose e
improntate  da  particolare  gravita'  e soprattutto finalizzate alla
imprenscindibile necessita' di celebrare in via immediata il giudizio
e  comunque  tese  a  favorire  l'immediata  applicazione  di  misure
cautelari  personali.  Per  contro  nel  caso  di  specie essendo per
esplicito  dato  normativo  (cfr.  art.  273  e  seguenti  codice  di
procedura)  del  tutto  preclusa nel caso di specie l'applicazione di
misure  cautelari e difettando come sopra evidenziato il carattere di
gravita'  dell'illecito penale sotto un profilo sanzionatorio, appare
violato  il  paradigma  dell'uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione  a fronte della cogenza dell'arresto di chi sia imputato
della fattispecie in esame.
    2. - Violazione dell'art. 13 comma terzo Costituzione.
    L'arresto  obbligatorio  nella flagranza della contravvenzione in
oggetto  non  sembra, inoltre, rispettare la riserva di legge imposta
da  tale  principio  costituzionale  poiche'  non  rientra  nei  casi
eccezionali  di  necessita' ed urgenza ai quali e' sempre subordinata
la  restrizione  della  liberta'  della  persona  in  particolare per
effetto   di  provvedimenti  provvisori  dell'autorita'  di  pubblica
sicurezza  (qual  e'  un  arresto)  che  debbono  essere comunicati e
successivamente   ratificati   dall'autorita'  giudiziaria  entro  un
termine  perentorio.  In vero se si considera che nei confronti dello
straniero  che  non  abbia  ottemperato  all'ordine  del  questore di
lasciare  il territorio dello Stato non e' consentita, ne' dal codice
di   procedura   penale   ne'   dal  testo  unico  sull'immigrazione,
l'applicazione  di  alcuna  misura  cautelare di carattere personale,
tantomeno  di natura coercitiva riesce arduo riconoscere un qualsiasi
connotato di necessita' nel suo arresto in flagranza essendo evidente
che in intanto l'arresto in flagranza di reato ad opera della polizia
giudiziaria  si  giustifica  in  quanto  lo  stesso  sia  preordinato
all'eventuale   applicazione   da  parte  del  giudice  della  misura
predetta.  Di talche' sembrerebbe essere addirittura obbligatorio per
il  pubblico  ministero  informato  dell'intervenuto arresto disporre
l'iminediata  liberazione  del soggetto ai sensi del vigente art. 121
disposizioni  di  attuazione codice di procedura; ne' tale necessita'
e'  dato  ancora  poter  desumersi  dalla immediata instaurazione del
giudizio  direttissimo  obbligatorio  richiesto  dall'art.  14  comma
5-quinquies  testo unico citato, per la semplice ragione per nei casi
in  esame  tale  giudizio dovrebbe essere celebrato a tutto concedere
dopo  la necessaria liberazione dell'arrestato resa comunque doverosa
dalla  impossibilita' per pubblico ministero di richiedere al giudice
l'emanazione  di  una  misura  cautelare  di  carattere  custodiale e
comunque  personale,  salvo restando per il giudicabile il diritto di
chiedere un termine a difesa.
    Neppure   e'   dato  ravvisare  nell'arresto  obbligatorio  nella
flagranza  della  contravvenzione  de  qua il requisito dell'urgenza,
poiche'  sarebbe una forzatura indebita ritenere che tale arresto sia
pragmaticamente   finalizzato   a   rendere   possibile   l'immediata
espulsione    dell'arrestato   da   effettuarsi   mediante   il   suo
accompagnamento   alla   frontiera,   potendo  (come  e'  noto)  tale
espulsione   -   ove   in   ipotesi   ne   sussistano  i  presupposti
amministrativi  e  burocratici  -  essere  ipso facto posta in essere
dalla  polizia  subito dopo aver sorpreso lo straniero inottemperante
all'ordine  di  espatrio.  Per  altro  verso  non  si puo' negare che
difetti  il  carattere  dell'urgenza  anche  a fronte di un ulteriore
ordine  di  considerazioni:  come  e'  noto,  proprio a seguito dello
modifiche  introdotte  dalla  legge  n. 189 del 2002, l'espulsione e'
sempre  eseguita  a  mezzo  di  accompagnamento alla frontiera con la
forza pubblica (cfr. art. 13 comma 4 decreto legislativo n. 286/1998)
ad eccezione dei casi di cui al comma 5 della medesima norma.
    Pertanto  le  ipotesi  in cui lo straniero sia destinatario della
intimazione  a  lasciare  il  territorio dello Stato sono esattamente
quelle    in    cui   non   e'   possibile   operare   immediatamente
l'accompagnamento alla frontiera, nella maggior parte dei casi per la
carenza  dei  documenti di identificazione dell'imputato e quindi per
la  pratica  impossibilita'  di  destinarlo  al  paese  d'origine. Ne
consegue che l'arresto obbligatorio dei predetti cittadini non vale a
favorire una loro diretta apprensione prodromica ad una successiva ed
immediata  espulsione  tramite  accompagnamento alla frontiera per la
semplice  ragione  che i medesimi cittadini ab inizio non erano nella
condizione  di  essere  in  tal  modo direttamente espulsi. L'arresto
obbligatorio  in  flagranza  ed  il  successivo giudizio direttissimo
valgono  dunque  solo  quali meccanismi sanzionatori, peraltro blandi
come  si  e'  visto  a  fronte del tipo di sanzione individuata e dei
termini  prescrizionali  conseguenti,  ma  a  nulla  valgono sotto un
profilo  special  preventivo  e tanto meno sotto un profilo cautelare
posto che, come si e' gia' piu' volte ripetuto, non e' praticabile la
via dell'adozione della misura cautelare personale. La conseguenza e'
che  a  seguito  di  tali  arresti,  che  richiedono un significativo
impegno  di  personale delle forze dell'ordine oltre che di attivita'
giurisdizionale,  si  celebrano  processi  al  termine  dei quali gli
imputati  vengono  immediatamente rilasciati e semmai nuovamente resi
destinatari  di  analoghi  provvedimenti  di  intimazione. Tutto cio'
porta  inevitabilmente  a  ritenere  che l'arresto in flagranza dello
straniero   inottemperante   altro  non  sia,  in  concreto,  che  un
provvedimento  inutile,  ponendosi  per  cio' come tale in insanabile
contrasto  con  i presupposti di necessita' ed urgenza che sempre, ai
sensi  dell'art.  13  comma  terzo citato della Costituzione, debbono
essere  sottese ad un simile provvedimento restrittivo della liberta'
personale.
    3.  -  Violazione  degli artt. 97 comma primo e 111 comma secondo
della Costituzione.
    L'introduzione obbligatoria del giudizio direttissimo entro le 48
ore  di  cui  l'art. 449 comma primo codice di procedura (comprensivo
cioe'  del giudizio sulla convalida dell'arresto) per tutti i casi di
arresto   obbligatorio   in  flagranza  conseguenti  alla  violazione
dell'art.  14  comma  5-ter decreto legislativo n. 286/1998 determina
significative conseguenze sul funzionamento degli uffici giudiziari e
sull'utilizzo  delle  risorse  degli  uffici  amministrativi, come e'
agevole  desumere  dall'esperienza  dell'ultimo anno, determinando di
fatto  senza  alcun  raggiungimento di significativi risultati ne' in
termini  di  prevenzione, ne' in termini di repressione, un parallelo
aggravamento   del   gia'   difficile   funzionamento  dell'attivita'
giurisdizionale,  sotto  un  profilo  di appesantimento dei ruoli dei
processi: situazione questa che si traduce in un immediato, costante,
sensibile  e  destinato  a non decrescere pregiudizio per il corretto
andamento   della   pubblica  amministrazione  tutelato  dalla  norma
costituzionale  in  questione, con danno per l'intera collettivita' e
ulteriore lesione al principio costituzionale recentemente introdotto
circa la ragionevole durata dei processi.
    Gli  argomenti  esposti  sono a parere di questo giudice idonei a
far ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di
illegittimita'  costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies decreto
legislativo  25 luglio 1998 n. 286, cosi' come modificato dalla legge
26 agosto 2002 n. 189, in relazione alla prospettata violazione degli
artt.  2,  3,  13  comma  3,  97  comma  primo  e  111  comma 2 della
Costituzione.
    Cio'   comporta   la   sospensione   del  giudizio  di  convalida
dell'arresto  di  Khamsane  El Mostafa del quale, se non detenuto per
altra  causa, e' da ordinarsi contestualmente l'immediata liberazione
dati i termini previsti per legge ai fini della valida adozione di un
provvedimento  di  convalida  dell'arresto,  termini  che la presente
sospensione  non consente di rispettare, e dovendo comunque per legge
la  convalida precedere l'eventuale applicazione di misura cautelare,
che  peraltro  il  pubblico ministero nel caso di specie non potrebbe
mai richiedere per carenza di presupposti normativi.
    La  rilevanza della presente decisione e in re ipsa poiche' da un
lato  la  mancanza  di decisione sulla convalida dell'arresto entro i
termini  previsti  dall'art.  391  comma 7 codice di procedura penale
comporta  la  perdita  di  efficacia  dell'arresto  e  dall'altro  la
persistenza  del procedimento di convalida dell'arresto nonostante la
liberazione  dell'arrestato,  rende  evidente l'interesse generale ad
una  pronuncia  sulla legittimita' dell'arresto in esame, trattandosi
di  stabilire  - come ha motivato il giudice delle leggi con sentenza
54  del  16  febbraio  1993  - se la liberazione dell'arrestato debba
considerarsi  conseguente  all'applicazione  dell'art.  391  comma  7
codice  di  Procedura  ovvero, piu' radicalmente alla caducazione con
effetto  retroattivo  della disposizione in base alla quale l'arresto
fu eseguito.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134 della Costituzione, 23 e seguenti legge 11
marzo  1953  n. 87,  il  tribunale  solleva  d'ufficio  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, decreto
legislativo  25  luglio  1998, n. 286, inserito dalla legge 26 agosto
2002,  n. 189,  nella  parte in cui dispone che per il reato previsto
dall'art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo citato e' obbligatorio
l'arresto   dell'autore   del   fatto  e  che  si  proceda  con  rito
direttissimo, per violazione degli artt. 2, 3, 13, comma 3, 97, comma
1, e 111, comma 2, della Costituzione, come sopra motivato.
    Dispone  la  trasmissione  degli atti del procedimento alla Corte
costituzionale.
    Ordina  l'immediata  liberazione  di  Khamsane El Mostafa nato in
data   1°  gennaio  1969  a  Khourigba  Marocco,  domiciliato  presso
l'avvocato  Giuseppe  Pavan  del  Foro di Padova, se non detenuto per
altra causa.
    Sospende il giudizio di convalida dell'arresto sino all'esito del
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza  al  Presidente  del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione  ai  Presidenti  del  Senato  della  Repubblica e della
Camera dei deputati.
        Padova, addi' 25 giugno 2003
                         Il giudice: Fortuna
03C0998