N. 746 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio 2003
Ordinanza emessa il 4 luglio 2003 dal tribunale di Novara nel procedimento penale a carico di Binatti Daniele ed altro Processo penale - Prove - Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l'ufficio di testimone - Applicazione alle dichiarazioni rese da tali persone della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. - Ingiustificata equiparazione agli imputati in procedimento connesso o di reato collegato sentiti ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen. - Disparita' di trattamento rispetto ai testimoni ordinari. - Codice di procedura penale, art. 197-bis, comma 6. - Costituzione, art.3, primo comma.(GU n.38 del 24-9-2003 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 747/2002 R.G. trib. nei confronti di Binatti Daniele e Venuto Gaetano, imputati del reato di cui all'imputazione allegata; sentiti il p.m. e i difensori; ritiene il tribunale di dover sollevare qestione di legittimita' costituzionale dell'art. 197-bis sesto comma c.p.p. nella parte in cui prevedere alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l'ufficio di testimone ai sensi del primo comma dello stesso articolo si applica la disposizione dell'art. 192 terzo comma c.p.p.; Premesso in fatto che Fabrizzi Alessandro e' stato sentito all'udienza del 23 maggio 2003 quale «testimone assistiti sensi dell'art. 197-bis comma 1 c.p.p., in quanto lo stesso, gia' imputato del medesimo delitto ascritto agli attuali imputati, ha definito la propria posizione con sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p.; che nel corso della sua deposizione il Fabrizzi ha reso dichiarazioni accusatorie nei confronti degli odierni imputati Binatti e Venuto, indicando il primo come originario possessore delle banconote false consegnate al secondo e da quest'ultimo utilizzate per il pagamento di ricariche telefoniche; che a conclusione del dibattimento e' risultato che l'unico elemento di prova a carico degli imputati e' costituito dalle dichiarazioni dibattimentali del Fabrizzi; Osservato, quanto alla rilevanza della questione che, alla stregua del vigente art. 197-bis sesto comma c.p.p., le dichiarazioni del Fabrizzi devono essere valutate ai sensi dell'art. 192 terzo comma, e quindi non possono essere da sole sufficienti a fondare un giudizio di responsabilita', necessitando di ulteriori elementi di prova che ne confermino l'attendibilita'; che invece, recependo i dubbi di costituzionalita' che saranno tra poco esposti, le dichiarazioni del testimone assistito potrebbero essere valutate alla stregua di qualsiasi altra testimonianza, e dunque, una volta superato il vaglio della credibilita' intrinseca, consentire di ritenere provata la colpevolezza degli imputati pur in assenza di ulteriori elementi di prova che di conseguenza la questione appare rilevante ai fini della decisione; Ritenuto in ordine alla fondatezza della questione che la legge n. 63/2001, modificando l'art. 197 del codice di rito e introducendo l'art. 197-bis, ha enucleato, dalla categoria degli imputati in procedimento connesso o di un reato collegato ex art. 371 secondo comma lett. b) c.p.p., i soggetti che hanno definito la propria posizione con sentenza irrevocabile - vuoi al proscioglimento, vuoi di condanna, vuoi di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. - prevedendo che gli stessi possano essere sentiti come testimoni; che all'art. 197-bis sesto comma e' stato stabilito che «alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l'ufficio di testimone ai sensi del presente articolo si applica la disposizione dell'art. 192 terzo comma», con conseguente estensione ai cosiddetti testimoni assistiti - anche a quelli che hanno definitivamente concluso la propria vicenda processuale - della regola di valutazione probatoria dettata per gli imputati in procedimento connesso o di un reato collegato ex art. 371 secondo comma lett. b) c.p.p.; che, peraltro, l'assunzione della qualita' di testimone rende la posizione dei soggetti ricompresi nell'art. 197-bis comma primo comma c.p.p. nettamente differente da quella degli altri imputati in procedimento connesso o di un reato collegato, atteso che questi ultimi a differenza dei primi, non hanno l'obbligo di dire la verita' previsto dall'art. 198 primo comma e non prestano il relativo impegno a mente dell'art. 497 secondo comma e, in caso di dichiarazioni false o reticenti, non commettono il reato di cui all'art. 372 c.p.; inoltre, i testimoni assistiti hanno ormai definito la propria posizione processuale, senza alcuna possibilita' di modifiche peggiorative a seguito della loro deposizione, stante la completa garanzia derivante dalla inutilizzabilita' contra se delle loro dichiarazioni, prevista dall'art. 197-bis quinto comma con riferimento al procedimento di revisione ed a qualsiasi giudizio civile o amministrativo; nel mentre, gli altri imputati in procedimento connesso o di un reato collegato sono ancora in attesa di un giudizio definitivo e, qualora rispondano, da un lato possono vedere utilizzate a proprio carico le dichiarazioni rese, dall'altro possono essere sospettati di rendere dichiarazioni accusatorie nei confronti di altre persone vuoi per scagionarsi delle proprie responsabilita' vuoi per fruire di benefici legati collaborazione prestata; che, pertanto, le ragioni processuali e sostanziali che sono alla base della limitata efficacia probatoria configurata dall'art. 192 comma terzo (e quarto) c.p.p. - e cioe' appunto la mancata assunzione della qualita' di testimone con corrispondenti obblighi e responsabilita', nonche' gli interessi ipotizzabili in capo ai dichiaranti ivi considerati - non sono affatto ravvisabili in relazione ai testimoni assistiti ex art. 197-bis comma 1 c.p.p., sicche' appare del tutto ingiustificata l'estensione a questi ultimi della suddetta disposizione in tema di valutazione probatoria; che, d'altra parte la posizione dei testimoni di cui all'art. 197-bis comma 1 c.p.p. non appare differente da quella dei normali testimoni, atteso che in entrambi i casi vi e' l'assunzione dell'obbligo di dire la verita' previsto dagli artt. 198 primo comma e 497 secondo comma c.p.p., con conseguente esposizione a responsabilita' penale per il reato di cui all'art. 372 c.p.; inoltre, la clausola di esenzione dall'obbligo di deporre su fatti per i quali e' stata pronunciata sentenza di condanna (se non vi e' gia' stata ammissione di responsabilita), di cui all'art. 197-bis quarto comma, corrisponde a quella prevista dall'art. 198 secondo comma l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni a proprio carico sancita dall'art. 197-bis quinto comma e' parallela a quella prevista in via generale dall'art. 63 c.p.p.; infine, per quanto riguarda l'unica differenza riscontrabile, cioe' l'assistenza difensiva prevista per i testimoni di cui all'art. 197-bis, si tratta solo di una garanzia anticipata in relazione a situazioni - quelle disciplinate dall'art. 197-bis quarto comma - che e' prevedibile si realizzino per essersi gia' proceduto nei confronti del dichiarante, mentre la medesima garanzia, per le persone che non sono gia' state imputate o sottoposte ad indagini, non e' apprestata - e non potrebbe esserlo - in via preventiva, ma e' obbligatoriamente riconcosciuta qualora vengano rese dichiarazioni autoindizianti (art. 63 c.p.p.); che pertanto la estensione ai soggetti sentiti ai sensi dell'art. 197-bis primo comma c.p.p. della norma di cui all'art. 192 terzo comma c.p.p. equipara ingiustificatamente i predetti, sotto questo profilo, agli imputati in procedimento connesso o di reato collegato sentiti ai sensi dell'art. 210 c.p.p. e al contempo li differenzia ingiustificatamente dai testimoni ordinari; che, di conseguenza, la disposizione in esame pare in contrasto col principio enunciato dall'art. 3 primo comma della Costituzione, in quanto, disciplinando allo stesso modo la valutazione delle dichiarazioni rese dai soggetti indicati nell'art. 197-bis primo comma c.p.p. e dai soggetti indicati nell'art. 210 c.p.p., conduce ad un trattamento identico di situazioni sostanzialmente differenti e, al contempo, regolando in modo diverso la valutazione delle dichiarazioni rese dai soggetti indicati nell'art. 197-bis primo comma c.p.p. e dai testimoni ordinari, conduce ad un trattamento differente di situazioni sostanzialmente identiche;
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 primo comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 197-bis sesto comma c.p.p. nella parte in cui prevede che alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l'ufficio di testimone ai sensi del primo comma dello stesso articolo si applica la disposizione dell'art. 192 terzo comma c.p.p. Sospende il giudizio in corso nei confronti degli imputati Binatti Daniele e Venuto Gaetano. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Novara, addi' 4 luglio 2003 Il giudice: Aniello 03C1032