N. 298 ORDINANZA 22 - 26 settembre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Locazione  -  Immobili  ad  uso  abitativo  - Canone - Differenza tra
  canone  equo  e  canone  pattizio  -  Diritto  del  conduttore alla
  ripetizione   delle   somme  versate  in  eccedenza  -  Prospettata
  limitazione ai soli casi di incapacita' economica - Assunta lesione
  dei  diritti  inviolabili dell'uomo, del principio di uguaglianza e
  della  tutela  della  proprieta'  -  Manifesta  infondatezza  della
  questione.
- Legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 79, commi 1 e 2, 12, comma 1.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 42.
Locazione  -  Immobili  ad  uso  abitativo  - Canone - Differenza tra
  canone  equo  e  canone  pattizio  -  Diritto  del  conduttore alla
  ripetizione   delle   somme  versate  in  eccedenza  -  Prospettata
  assunzione  dell'onere  a  carico dello Stato - Assunta lesione dei
  diritti  inviolabili  dell'uomo, del principio di uguaglianza e del
  principio  della solidarieta' contributiva - Manifesta infondatezza
  della questione.
- Legge  27 luglio  1978,  n. 392, artt. 79, commi 1 e 2, 12, 13, 14,
  15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 53.
(GU n.39 del 1-10-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 12, 13, 14,
15,  16,  17,  18,  19,  20, 21, 22, 23, 24, 25 e 79, primo e secondo
comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni
di  immobili urbani), promosso con ordinanza dell'11 ottobre 2002 dal
Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Hilole Ahmed
Moallim  e Filippini Marco, iscritta al n. 546 del registro ordinanze
2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ª serie
speciale, edizione straordinaria del 27 dicembre 2002.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 18 giugno 2003 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto che il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa in data
11 ottobre  2002,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 42
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 79,  secondo  comma,  della  legge  27 luglio  1978, n. 392
(Disciplina  delle locazioni di immobili urbani) e, conseguentemente,
degli artt. 79, primo comma, e 12, primo comma, della medesima legge,
«la'  dove  il  citato  art. 79,  II comma, non limiti il diritto del
locatario di ripetere la differenza tra canone equo e canone pattizio
(regolarmente  corrisposto)  ai  soli casi in cui il locatario stesso
dimostri  che il contratto di locazione si sia risolto per morosita',
conseguente  a impotenza finanziaria dovuta al pregresso pagamento di
tali differenze»;
        che  il  Tribunale  ha inoltre sollevato, in riferimento agli
artt. 2,  3  e  53  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 79, primo e secondo comma, 12, 13, 14, 15,
16,  17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25 della legge n. 392 del 1978,
«la' dove i citati articoli della legge 392/1978 non prevedano che la
differenza  tra  il  canone  equo  e  quello  pattizio  sia  a carico
dell'erario»;
        che   il   rimettente,  dopo  aver  premesso  che  la  stessa
questione,  gia' sollevata nel medesimo giudizio, e' stata dichiarata
inammissibile  dalla Corte con ordinanza n. 287 del 2002, per difetto
di   motivazione   sulla   rilevanza,  afferma  di  dover  nuovamente
prospettare  il  dubbio  di legittimita' costituzionale ai fini della
prosecuzione  del  giudizio  e,  a tal fine, provvede ad indicare gli
elementi di fatto omessi nella precedente ordinanza di rimessione;
        che, ad avviso del rimettente, l'imposizione della misura del
canone,  pur contrastando con i diritti inviolabili dell'uomo, con il
principio  di  eguaglianza  e  con  la  tutela della proprieta', puo'
tuttavia  trovare  giustificazione  se  finalizzata  alla  tutela  di
diritti   aventi   pari   dignita'  costituzionale,  come  e'  quello
all'abitazione,  ed  in  quanto  sia  volta  a  creare e mantenere un
mercato delle locazioni calmierato;
        che,   come   sostiene   il   rimettente,   gia'  al  momento
dell'entrata  in  vigore  del  decreto  legge n. 333 del 1992 (Misure
urgenti  per il risanamento della finanza pubblica), convertito nella
legge  n. 359 del 1992 - che ha previsto la possibilita' di stipulare
patti  in deroga all'equo canone - potrebbe essere cessata l'esigenza
di calmierare il mercato delle locazioni ed essere quindi venuta meno
la  ragione  giustificatrice  delle  norme  di tutela contenute nella
legge sull'equo canone;
        che  tale  situazione darebbe luogo al dubbio di legittimita'
costituzionale  dell'art. 79  della  legge  n. 392  del 1978, poiche'
sarebbero  superate le ragioni dell'antigiuridicita' del pagamento di
somme in eccedenza rispetto all'equo canone;
        che,  a  parere  del  giudice  a  quo, le norme che impongono
l'equo  canone sarebbero inoltre contrarie agli artt. 2, 3 e 53 della
Costituzione, in quanto farebbero gravare solo su alcune categorie il
dovere  di  solidarieta'  che invece e' da porre a carico dell'intera
collettivita';
        che  non  solo  l'art. 79 ma anche gli artt. da 12 a 25 della
legge  n. 352  del  1978 sarebbero illegittimi, poiche' non prevedono
che  la  differenza  tra  equo canone e canone di mercato sia posta a
carico dell'erario.
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  lamenta  la illegittimita'
costituzionale  delle  indicate  norme della legge n. 392 del 1978 le
quali,  predeterminando  la  misura  del canone degli immobili ad uso
abitativo,  non  limitano  il diritto del conduttore alla ripetizione
delle  somme  versate  in  eccedenza  nei  soli  casi  di incapacita'
economica  e  al  tempo  stesso  non  pongono a carico dell'erario la
differenza tra canone equo e canone contrattuale;
        che   le   questioni   prospettate   appaiono  manifestamente
infondate sotto i seguenti diversi profili;
        che  con  la  disciplina  dell'equo  canone il legislatore ha
voluto  perseguire  lo  scopo  sociale di favorire il godimento di un
bene  primario  in  una  situazione di mercato immobiliare gravemente
carente  nell'offerta  di  alloggi  e  a  tal  fine  ha  stabilito un
complesso   di   controlli  sui  canoni  delle  locazioni  attraverso
molteplici e coordinate scelte (ordinanza n. 17 del 1989);
        che  in  particolare le scelte di predeterminare il canone di
locazione  sulla  base  di  parametri oggettivi, di sanzionare con la
nullita'  qualunque  patto  diretto  a  corrispondere  al locatore un
canone  maggiore  e  di  prevedere  per  il  conduttore  l'azione  di
ripetizione  delle  somme indebitamente corrisposte, senza attribuire
alcun rilievo alla capacita' economica di quest'ultimo, costituiscono
espressione  di  un  ponderato  e  non irragionevole bilanciamento di
interessi,    che    si    sottrae    alle    dedotte    censure   di
incostituzionalita';
        che  il progressivo mutamento della realta' economico-sociale
del paese ha consentito il passaggio dalla determinazione legislativa
del  canone  di locazione degli immobili ad uso abitativo alla libera
determinazione negoziale di esso;
        che  la  modifica  della  disciplina delle locazioni e' stata
attuata  in  modo  necessariamente  graduale, con la previsione di un
periodo  transitorio, durante il quale le norme sull'equo canone, pur
abrogate  dalla  legge  n. 431  del  1998,  continuano  ovviamente ad
applicarsi  fino  all'esaurimento  o  alla  trasformazione dei vecchi
rapporti di locazione;
        che   il  definitivo  superamento  della  ratio  legis  della
disciplina  dell'equo  canone  non  puo' comportare, come vorrebbe il
rimettente,  la soppressione delle disposizioni poste in precedenza a
tutela  del conduttore, per non incidere retroattivamente proprio sul
regime inderogabile del contratto;
        che  non  spetta  a questa Corte introdurre distinzioni, come
vorrebbe  il  rimettente, tra categorie di conduttori in relazione al
medesimo bene primario, subordinando al reddito la nullita' dei patti
contrari  alla  legge e il diritto di ripetere le somme indebitamente
versate;
        che   piuttosto   la   modifica   auspicata  dal  rimettente,
consistente nel porre a carico della collettivita' il pagamento della
differenza  tra  canone  equo  e canone contrattuale, non solo non e'
costituzionalmente obbligata, ma potrebbe essa si' presentare profili
di irragionevolezza;
        che   pertanto  le  questioni  sollevate  devono  dichiararsi
manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 79, primo e secondo comma,
12,  13,  14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25 della legge
27 luglio  1978,  n. 392  (Disciplina  delle  locazioni  di  immobili
urbani),  sollevate,  in  riferimento  agli artt. 2, 3, 42 e 53 della
Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 26 settembre 2003.
                      Il cancelliere:Fruscella
03C1085