N. 303 SENTENZA 25 settembre - 1 ottobre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  - Procedimento per l'individuazione, la localizzazione e
  la  realizzazione - Programma del Governo inserito nel Documento di
  programmazione  economico-finanziaria  -  Ricorso  della  Provincia
  autonoma  di  Trento - Lamentata lesione della potesta' legislativa
  spettante  alla Provincia - Mancata individuazione delle competenze
  lese - Inammissibilita' delle questioni.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, commi 1, 2, 3, 4.
- Costituzione,  art. 117,  118;  legge  cost. 18 ottobre 2001, n. 3,
  art. 10.
Questione  di legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  della  Regione Toscana - Intervento ad adiuvandum dell'Associazione
  Italia   Nostra-Onlus,   di   Legambiente-Onlus,  dell'Associazione
  italiana   per   World   Wide   Fund   For   Nature  (WWF)-Onlus  -
  Inammissibilita'.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  - Procedimento per l'individuazione, la localizzazione e
  la  realizzazione - Programma del Governo inserito nel Documento di
  programmazione   economico-finanziaria   -  Ricorsi  delle  Regioni
  Marche, Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna - Lamentata lesione della
  potesta'  legislativa spettante alle Regioni nonche' violazione dei
  principi   di   sussidiarieta',   differenziazione  ed  adeguatezza
  dell'autonomia finanziaria regionale per l'esercizio delle funzioni
  amministrative  -  Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione,
  della questione.
- Legge  21 dicembre  2001,  n. 443, art. 1, comma 1; legge 1° agosto
  2002, n. 166, art. 13, comma 3.
- Costituzione, artt. 117, 118, 119.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Delega  al  Governo  per  la definizione di un quadro
  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione - Ricorsi delle
  Regioni Toscana, Marche, Emilia-Romagna, Umbria - Lamentata lesione
  della  potesta'  legislativa  spettante alla Regione - Formulazione
  generica   delle   censure   in   relazione   ad   una   disciplina
  particolarmente  complessa  ed  insistente  su  una  pluralita'  di
  materie - Inammissibilita' delle questioni.
- Legge  21 dicembre  2001,  n. 443, art. 1, comma 2, lettere a), b),
  c), d), e), f), g), h), i), l), m), n), o).
- Costituzione, artt. 117, 118, 119.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Delega  al  Governo  per  la definizione di un quadro
  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione - Ricorsi delle
  Regioni  Umbria  ed  Emilia-Romagna  - Normativa europea in tema di
  evidenza pubblica - Ritenuto obbligo di osservanza nel solo caso in
  cui  l'opera  sia  realizzata  prevalentemente con fondi pubblici -
  Lamentato  contrasto con l'ordinamento comunitario - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 2, lettera g).
- Costituzione, art. 117, primo comma; direttiva 93/37/CEE.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Delega  al  Governo  per  la definizione di un quadro
  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione - Ricorsi delle
  Regioni   Umbria  ed  Emilia-Romagna  -  Restrizione  della  tutela
  cautelare al pagamento di una provvisionale per tutti gli interessi
  patrimoniali  - Lamentato contrasto con l'ordinamento comunitario -
  Difetto di interesse - Inammissibilita' della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 2, lettera n).
- Costituzione, art. 117, primo comma; direttiva 89/665/CEE.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Delega  al  Governo  per  la definizione di un quadro
  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione - Ricorso della
  Regione  Toscana  -  Approvazione  dei  progetti demandata al CIPE,
  integrato  dai  Presidenti  delle  Regioni  interessate - Lamentata
  lesione  delle attribuzioni delle Regioni, asseritamene relegate ad
  un  ruolo  consultivo,  nonche' violazione delle attribuzioni delle
  Regioni  in materia di porti e valorizzazione dei beni ambientali -
  Non fondatezza della questione.
- Legge  21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 2, lettera c); legge
  1° agosto 2002, n. 166, art. 13, comma 5.
- Costituzione, artt. 117, 118.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Delega  al  Governo  per  la  definizione  del quadro
  normativo  per  la  realizzazione - Ricorsi delle Regioni Campania,
  Toscana,  Marche,  Basilicata, Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia, e
  delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano - Attribuzione al
  Governo  del potere di integrare e modificare il regolamento di cui
  al d.P.R. n. 554 del 1999 - Inidoneita' dei regolamenti governativi
  adottati  in  delegificazione  a disciplinare materie di competenza
  regionale - Illegittimita' costituzionale.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 3, ultimo comma.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreti  legislativi  per  la  definizione del quadro
  normativo  per  la  realizzazione - Ricorso della Regione Toscana -
  Procedura  alternativa  per l'approvazione dei progetti definitivi,
  disposta  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri -
  Lesione  delle  attribuzioni  delle Regioni, cui viene riservato un
  ruolo meramente consultivo - Illegittimita' costituzionale.
- Legge  21 dicembre  2001,  n. 443,  art. 1,  comma 3-bis;  legge 1°
  agosto 2002, n. 166, art. 13, comma 6.
- Costituzione, artt. 117, 118.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale   -   Delega  al  Governo  per  l'emanazione  di  decreti
  legislativi recanti l'approvazione definitiva di specifici progetti
  di  infrastrutture  strategiche  -  Ricorsi  delle Regioni Toscana,
  Marche,  Emilia-Romagna,  Umbria  -  Asserita  potesta' legislativa
  residuale  delle  Regioni  e  mancanza assoluta di competenza dello
  Stato - Non fondatezza della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 4.
- Costituzione, artt. 117, 118, 119.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale   -   Delega  al  Governo  per  l'emanazione  di  decreti
  legislativi  -  Salvezza  delle  competenze delle regioni a statuto
  speciale  e delle province autonome previste dagli statuti speciali
  e  dalle  norme  di  attuazione  -  Ricorso  della Regione Marche -
  Asserita   mancanza  assoluta  di  competenza  dello  Stato  -  Non
  fondatezza della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 5.
- Costituzione, artt. 117, 118, 119.
Edilizia - Disciplina generale in tema di interventi in alternativa a
  concessioni  e  autorizzazioni  -  Ricorsi  delle  Regioni Toscana,
  Umbria  ed  Emilia-Romagna  -  Assunta  violazione della competenza
  residuale  delle  Regioni - Esclusione - In subordine, lesione, con
  una  disciplina  di  dettaglio,  della competenza concorrente nella
  materia  «governo  del  territorio» - Enunciazioni di principio non
  qualificabili di dettaglio - Non fondatezza della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, commi da 6 a 12.
- Costituzione, art. 117.
Edilizia - Disciplina generale in tema di interventi in alternativa a
  concessioni  e  autorizzazioni  -  Delega  al Governo ad emanare un
  decreto  legislativo per il relativo adeguamento del testo unico in
  materia  edilizia  -  Ricorsi  delle  Regioni  Toscana,  Umbria  ed
  Emilia-Romagna  -  Lamentata  lesione  delle  competenze regionali,
  attraverso lo strumento del testo unico assunto quale incompatibile
  con  il  riparto  costituzionale  delle competenze - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, comma 14.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Programma  del  Governo  da inserire nel Documento di
  programmazione  economico-finanziaria  -  Contenuti - Ricorso della
  Regione  Toscana  -  Lamentata  lesione  della potesta' legislativa
  spettante   alle   Regioni   con   violazione   dei   principi   di
  sussidiarieta',    differenziazione    ed    adeguatezza,   lesione
  dell'autonomia finanziaria regionale per l'esercizio delle funzioni
  amministrative - Non fondatezza della questione.
- Legge  21 dicembre  2001,  n. 443,  art. 1,  comma 1-bis;  legge 1°
  agosto 2002, n. 166, art. 13, comma 4.
- Costituzione, artt. 117, 118, primo comma, 119.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Programma  del  Governo  da inserire nel Documento di
  programmazione  economico-finanziaria  -  Risorse e stanziamenti di
  bilancio  -  Ricorso  della Regione Toscana - Assunta lesione delle
  competenze  regionali  e  lesione  dell'autonomia finanziaria - Non
  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
- Legge 1° agosto 2002, n. 166, art. 13, commi 1 e 11.
- Costituzione, artt. 117, 118, 119.
Questione  di legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  della  Provincia  autonoma  di  Trento  depositato oltre il termine
  perentorio   -  Non  applicabilita'  della  disciplina  dell'errore
  scusabile  -  Richiesta,  in  subordine,  di  autorimessione  della
  questione - Esclusione - Inammissibilita' delle questioni.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 1, 2, 3, 4, 13 e 15.
- Costituzione,    artt. 76,   117,   118,   120;   statuto   Regione
  Trentino-Alto  Adige,  art. 8, primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14,
  16, 17, 18, 19, 21, 22, 24, art. 9, primo comma, numeri 8, 9, 10, e
  art. 16;  d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381, artt. 19, 20, 21; d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 4.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Ricorso
  della  Provincia  autonoma di Bolzano - Condizioni dell'adeguamento
  della  legislazione  provinciale  ai  principi  statali - Lamentata
  applicazione   immediata  della  disciplina  nel  territorio  della
  Provincia  -  Esclusione  -  Non  fondatezza,  nei  sensi di cui in
  motivazione, della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1, comma 1.
- Costituzione,  artt. 117,  118;  legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3,
  art. 10; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Ricorsi
  delle   Regioni   Marche  e  Toscana  -  Applicazione  del  decreto
  legislativo,  contenente  disciplina di dettaglio, fino all'entrata
  in  vigore di diversa normativa regionale - Lamentata lesione della
  competenza  regionale concorrente - Ragionevolezza della disciplina
  - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1, comma 5.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Ricorso
  della  Regione  Toscana - Assunta inclusione nella disciplina delle
  opere  di  interesse  regionale - Lamentato eccesso di delega - Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1, comma 7, lettera e).
- Costituzione, art. 76.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture  e  degli insediamenti - Opere
  aventi  carattere  interregionale  o internazionale - Ricorsi delle
  Regioni  Marche  e  Toscana e della Provincia autonoma di Bolzano -
  Assunta  esclusione  della concorrenza dell'interesse regionale con
  il   preminente  interesse  nazionale  -  Premessa  erronea  -  Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1, comma 7, lettera e).
- Costituzione,  artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, 118; statuto
  Regione  Trentino-Alto  Adige, art. 8, primo comma, numeri 5, 6, 9,
  11, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 22 e 24, art. 9, primo comma, numeri 8,
  9 e 10, art. 16; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, artt. 19 e 20.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Compiti
  tecnici    e    amministrativi   conferiti   al   Ministero   delle
  infrastrutture  e  dei trasporti - Ricorso della Provincia autonoma
  di  Bolzano  -  Assunta  lesione  delle attribuzioni amministrative
  riconosciute   dallo   statuto  speciale  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2, comma 1.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, art. 16; d.lgs. 16 marzo 1992,
  n. 266,   art. 4,  comma 1;  legge  cost.  18 ottobre  2001,  n. 3,
  art. 10.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Procedimenti di approvazione (automatica variazione degli strumenti
  urbanistici,    accertamento   della   compatibilita'   ambientale,
  sostituzione di ogni altra autorizzazione, approvazione e parere) -
  Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano - Assunta lesione delle
  attribuzioni  amministrative  riconosciute dallo statuto speciale -
  Non fondatezza della questione.
- D.Lgs.  20 agosto  2002,  n. 190,  art. 1,  commi 1  e  7,  art. 2,
  commi 1,  2,  3,  4,  5  e  7;  art. 3,  commi 4, 5, 6, 9, art. 13,
  comma 5, e art. 15.
- D.Lgs.  16 marzo  1992,  n. 266,  artt. 2 e 4, commi 1 e 3; statuto
  Regione  Trentino-Alto  Adige, art. 8, primo comma, numeri 5, 6, 9,
  11,  14, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 24, art. 9, primo comma, numeri 8,
  9, 10, e art. 16.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Riserva
  al  Ministero  delle  infrastrutture  e  trasporti della promozione
  dell'attivita'  di  progettazione,  direzione  ed  esecuzione delle
  infrastrutture   e   del   potere  di  assegnazione  delle  risorse
  integrative - Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano - Assunta
  lesione   delle   attribuzioni  amministrative  riconosciute  dallo
  statuto speciale - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2, commi 2, 3, 4, 5.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, art. 16; d.lgs. 16 marzo 1992,
  n. 266, art. 4.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle infrastrutture e degli insediamenti - Opere di
  carattere  interregionale  o  internazionale - Nomina di commissari
  straordinari   incaricati   di   seguirne  l'andamento,  sentiti  i
  Presidenti delle Regioni - Ricorsi delle Regioni Toscana e Marche -
  Lamentata  lesione  delle attribuzioni regionali e del principio di
  leale   collaborazione,   per   la  mancata  adozione  della  forma
  dell'intesa - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2, comma 5.
- Costituzione, artt. 117, 118.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti - Inerzia
  dei  soggetti  aggiudicatari  regionali  -  Attribuzione  di poteri
  sostitutivi  a  commissari  statali  straordinari  -  Ricorsi delle
  Regioni  Toscana  e  Marche  -  Assunta  lesione delle attribuzioni
  regionali  e dei principi costituzionali sui poteri sostitutivi Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2, comma 7.
- Costituzione, artt. 117, 118, 120.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti - Procedura
  di  approvazione  del  progetto  preliminare  delle infrastrutture,
  procedure   di   valutazione   di   impatto   ambientale   (VIA)  e
  localizzazione  -  Ricorsi delle Regioni Toscana e Marche - Assunta
  lesione  della  competenza  regionale  in  materia  di  governo del
  territorio    -   Censura   formulata   in   termini   generici   -
  Inammissibilita' delle questioni.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 3.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti - Procedura
  per  l'approvazione del progetto preliminare delle infrastrutture -
  Ricorso  della  Regione  Toscana - Lamentata soppressione del ruolo
  della  conferenza  dei  servizi  in  violazione  della delega - Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 3, comma 5.
- Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 1, comma 2, lettera d)
  della legge 21 dicembre 2001, n. 443.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle infrastrutture e degli insediamenti - Opere di
  carattere   interregionale   e   internazionale   -  Procedura  per
  l'approvazione  del  progetto  preliminare  delle  infrastrutture -
  Superamento del dissenso regionale - Ricorsi delle Regioni Marche e
  Toscana  -  Lamentata lesione delle competenze regionali in materie
  di  potesta' legislativa concorrente - Non fondatezza, nei sensi di
  cui in motivazione, della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 3, commi 6 e 9.
- Costituzione,  artt. 114,  commi primo e secondo, 117, commi terzo,
  quarto e sesto, 118, commi primo e secondo.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Approvazione  del  progetto  definitivo  - Dissenso della Regione -
  Procedure  per  la  localizzazione, l'approvazione dei progetti, la
  VIA  degli  insediamenti  produttivi e delle infrastrutture private
  strategiche  per  l'approvvigionamento  energetico  - Ricorsi delle
  Regioni  Toscana  e  Marche  -  Lamentata  lesione delle competenze
  regionali  in  materia  di  potesta'  legislativa concorrente - Non
  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, delle questioni.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 4, comma 5, e 13.
- Costituzione,  artt. 114,  commi primo e secondo, 117, commi terzo,
  quarto e sesto, 118, commi primo e secondo.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti - Normativa
  in materia di appalti e di concessioni di lavori pubblici - Ricorsi
  delle   Regioni   Toscana   e  Marche  -  Lamentata  lesione  delle
  attribuzioni   regionali   -   Censure  genericamente  formulate  -
  Inammissibilita' delle questioni.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Procedimento  di  approvazione  del  progetto  definitivo - Ricorso
  della  Regione  Toscana  -  Lamentata violazione della legge delega
  sull'assunto   della   necessita'  del  parere  obbligatorio  della
  Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997 -
  Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 4, comma 5.
- Costituzione,  art. 76, in relazione all'art. 1, comma 3-bis, della
  legge  21 dicembre  2001,  n. 443,  come  modificata dalla legge 1°
  agosto 2002, n. 166.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture  e  degli insediamenti - Lista
  delle  infrastrutture  sulle quali raccogliere proposte da parte di
  promotori  -  Ricorso  della Regione Toscana - Lamentato eccesso di
  delega  per  mancata  determinazione  delle infrastrutture, nonche'
  lesione   delle  attribuzioni  regionali  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 8.
- Costituzione, artt. 76, 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Regolamenti   governativi   autorizzati  -  Ricorsi  delle  Regioni
  Toscana, Marche e della Provincia autonoma di Bolzano - Inidoneita'
  dei   regolamenti   governativi   adottati   in  delegificazione  a
  disciplinare  materie  di  competenza  regionale  -  Illegittimita'
  costituzionale.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 15, commi 1, 2, 3, 4.
- Costituzione, art. 117, sesto comma.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione  delle  infrastrutture  e  degli insediamenti - Norme
  transitorie - Ricorso della Regione Toscana - Censure rivolte a una
  pluralita'   di   norme,   diverse  in  relazione  allo  stadio  di
  realizzazione  dell'opera  -  Lamentata  lesione delle attribuzioni
  regionali - Inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 16.
- Costituzione, artt. 117, 118.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Disciplina  delle procedure di valutazione di impatto ambientale di
  opere  e  infrastrutture - Ricorsi delle Regioni Marche e Toscana -
  Assunta  lesione  delle  attribuzioni  delle  Regioni, competenti a
  regolare  gli  strumenti attuativi della tutela dell'ambiente - Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 17, 18, 19, commi 1 e 3, e 20.
- Costituzione, art. 117.
Lavori pubblici - Grandi opere - Infrastrutture pubbliche e private e
  insediamenti   produttivi   strategici   di   preminente  interesse
  nazionale  -  Decreto legislativo attuativo della delega al Governo
  per  la  definizione  del  quadro normativo finalizzato alla celere
  realizzazione   delle   infrastrutture   e   degli  insediamenti  -
  Valutazione   di  impatto  ambientale  -  Commissione  speciale  di
  istituzione  statale  -  Ricorsi  delle  Regioni Toscana e Marche -
  Lesione  delle  attribuzioni regionali per la mancata previsione di
  una  partecipazione  regionale  -  Illegittimita' costituzionale in
  parte qua.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 19, comma 2.
- Costituzione, artt. 9, 32, 117, 118.
Lavori  pubblici - Grandi opere - Infrastrutture di telecomunicazioni
  strategiche  per  la  modernizzazione  e  lo  sviluppo  del Paese -
  Decreto legislativo per la realizzazione - Censura dell'intero atto
  -  Ricorsi  delle  Regioni  Campania,  Toscana, Marche, Basilicata,
  Emilia-Romagna,  Umbria,  Lombardia - Eccesso di delega per mancata
  individuazione  delle  infrastrutture  da inserirsi annualmente nel
  programma  approvato dal CIPE, per violazione dei limiti di oggetto
  e  di  principi  -  Vulnerazione  delle attribuzioni costituzionali
  delle  Regioni - Illegittimita' costituzionale - Assorbimento delle
  censure sulle singole disposizioni.
- D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198.
- Costituzione, art. 76 (artt. 3, 9, 32, 41, 42, 44, 70, 77, 97, 114,
  117,   118,  119;  Trattato  istitutivo  della  Comunita'  europea,
  art. 174).
Lavori  pubblici - Grandi opere - Infrastrutture di telecomunicazioni
  strategiche  per  la  modernizzazione  e  lo  sviluppo  del Paese -
  Decreto  legislativo  per  la realizzazione - Ricorso del Comune di
  Vercelli, «per sollevare questione di legittimita' costituzionale e
  conflitto  di attribuzione» - Impossibilita' di estendere il potere
  di  impugnazione  di  leggi  statali, affidato alle Regioni, in via
  interpretativa  ai diversi enti territoriali - Inammissibilita' del
  ricorso.
- D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198.
- Costituzione,  artt. 127, 134; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 39,
  terzo comma.
Questione  di legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  delle    Regioni    Campania,    Toscana,    Marche,    Basilicata,
  Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia - Intervento ad adiuvandum di
  H3G  s.p.a.,  T.I.M. s.p.a.-Telecom Italia Mobile, Vodafone Omnitel
  N.V.,  Wind  Telecomunicazioni s.p.a., Comuni di Pontecurone, Monte
  Porzio  Catone,  Roma,  Polignano  a  Mare,  Mantova,  Associazioni
  consumatori (CODACONS) - Inammissibilita'.
(GU n.40 del 8-10-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi da
1  a 12 e 14, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo
in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed
altri   interventi  per  il  rilancio  delle  attivita'  produttive);
dell'art. 13,  commi 1,  3, 4, 5, 6 e 11, della legge 1° agosto 2002,
n. 166,  (Disposizioni  in  materia  di  infrastrutture e trasporti);
degli  articoli  da  1  a 11, 13 e da 15 a 20 del decreto legislativo
20 agosto  2002,  n. 190  (Attuazione  della  legge 21 dicembre 2001,
n. 443,   per   la   realizzazione   delle   infrastrutture  e  degli
insediamenti  produttivi  strategici  e  di interesse nazionale); del
decreto  legislativo  4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad
accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni
strategiche  per  la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma
dell'articolo 1,  comma 2,  della  legge 21 dicembre 2001, n. 443) ed
allegati  A,  B,  C  e  D dello stesso decreto legislativo n. 198 del
2002;  promossi  con  ricorsi: della Regione Marche, notificati il 22
febbraio,  il  25 ottobre  e  il  12 novembre  2002, depositati il 28
febbraio,  il  31 ottobre  e  il  18 novembre  2002,  rispettivamente
iscritti  ai  numeri  9,  81  e  86  del registro ricorsi 2002; della
Regione  Toscana, notificati il 22 febbraio, il 1° e il 24 ottobre, e
l'11 novembre  2002,  depositati il 1° marzo, il 9 e il 30 ottobre, e
il  16 novembre 2002, rispettivamente iscritti ai numeri 11, 68, 79 e
85  del  registro  ricorsi  2002; della Regione Umbria, notificati il
22 febbraio   e  l'11 novembre  2002,  depositati  il  4 marzo  e  il
19 novembre  2002,  rispettivamente  iscritti  ai  numeri 13 e 89 del
registro ricorsi 2002; della Provincia autonoma di Trento, notificati
il  22 febbraio  e  il  25 ottobre  2002,  depositati il 4 marzo e il
5 novembre  2002,  rispettivamente  iscritti  ai  numeri  14 e 83 del
registro  ricorsi  2002;  della Regione Emilia-Romagna, notificati il
23 febbraio  e  il  12 novembre  2002,  depositati  il  5 marzo  e il
19 novembre  2002,  rispettivamente  iscritti  ai  numeri 15 e 88 del
registro   ricorsi   2002;   della  Provincia  autonoma  di  Bolzano,
notificato  il  25 ottobre  2002,  depositato  il  31  successivo  ed
iscritto  al n. 80 del registro ricorsi 2002; della Regione Campania,
notificato  il  12 novembre  2002,  depositato  il  16  successivo ed
iscritto   al   n. 84   del  registro  ricorsi  2002;  della  Regione
Basilicata,   notificato   il  12 novembre  2002,  depositato  il  19
successivo  ed  iscritto  al  n. 87  del registro ricorsi 2002; della
Regione  Lombardia,  notificato il 12 novembre 2002, depositato il 21
successivo  ed  iscritto  al  n. 90  del registro ricorsi 2002; e del
comune  di Vercelli, notificato il 12 novembre 2002, depositato il 21
successivo ed iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche'  gli  atti  di intervento dell'Associazione Italia
Nostra-Onlus  ed altre, della Societa' Wind Telecomunicazioni s.p.a.,
della  Vodafone  Omnitel  s.p.a.,  della  Societa'  H3G s.p.a., della
T.I.M.  s.p.a.  -  Telecom Italia Mobile e dei comuni di Pontecurone,
Monte   Porzio   Catone,  Roma,  Polignano  a  Mare,  Mantova  e  del
Coordinamento delle associazioni consumatori (CODACONS);
    Udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2003 il giudice relatore
Carlo Mezzanotte;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano  Grassi per la Regione Marche; Vito
Vacchi,  Lucia  Bora  e  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana;
Giandomenico  Falcon  e  Maurizio  Pedetta  per  la  Regione  Umbria;
Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la  Provincia autonoma di
Trento;  Giandomenico Falcon, Luigi Manzi e Fabio Dani per la Regione
Emilia-Romagna;  Roland  Riz  e  Sergio  Panunzio  per  la  Provincia
autonoma  di Bolzano; Beniamino Caravita di Toritto e Massimo Luciani
per  la  Regione Lombardia; Vincenzo Cocozza per la Regione Campania;
Antonino  Cimellaro e Carlo Rienzi per il comune di Vercelli; Corrado
V.   Giuliano   per  l'Associazione  Italia  Nostra-Onlus  ed  altre;
Beniamino  Caravita di Toritto e Vittorio D. Gesmundo per la Societa'
Wind  Telecomunicazioni  s.p.a;  Marco  Sica e Mario Libertini per la
Vodafone  Omnitel  s.p.a;  Nicolo'  Zanon  per la Societa' H3G s.p.a;
Giuseppe  De  Vergottini,  Mario  Sanino  e  Carlo Malinconico per la
T.I.M.  s.p.a.  -  Telecom  Italia Mobile; Antonino Cimellaro e Carlo
Rienzi  per il comune di Pontecurone; Antonino Cimellaro per i comuni
di  Monte Porzio Catone e Mantova; Sebastiano Capotorto per il comune
di  Roma; Vito Aurelio Pappalepore per il comune di Polignano a Mare;
Carlo  Rienzi  per  il  CODACONS;  e  l'avvocato  dello  Stato  Paolo
Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  distinti  ricorsi, ritualmente notificati e depositati,
le  Regioni  Marche, Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna e la Provincia
autonoma   di   Trento  hanno  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  -  in  riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della
Costituzione  e,  limitatamente  alla  Provincia  autonoma di Trento,
all'articolo 10  della  legge  costituzionale  18 ottobre  2001, n. 3
(Modifiche  al  titolo  V  della  parte seconda della Costituzione) -
dell'art. 1  della  legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo
in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed
altri  interventi  per il rilancio delle attivita' produttive), anche
detta «legge obiettivo».
    In  particolare,  le  Regioni  Toscana,  Umbria ed Emilia-Romagna
hanno  denunciato  i  commi  da  1 a 12 ed il comma 14 del menzionato
art. 1, mentre la Regione Marche ha impugnato soltanto i commi da 1 a
5.  La  Provincia autonoma di Trento ha censurato a sua volta i commi
da  1  a  4  dello  stesso art. 1, precisando di non ritenere lese le
prerogative ad essa spettanti in forza dello statuto e delle norme di
attuazione,     bensi'     affermando     di     voler     denunciare
l'incostituzionalita'  della  legge  n. 443  del 2001 «in quanto essa
contraddice   l'ulteriore   livello   di  autonomia,  spettante  alla
Provincia  ai  sensi dell'art. 117 della Costituzione» e dell'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  il quale estende alle
Regioni  ad  autonomia differenziata le previsioni del Titolo V della
Parte  II  della Costituzione «per le parti in cui prevedono forme di
autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite».
    2. - Quanto  alle singole censure, tutte le ricorrenti denunciano
il  comma 1  dell'art. 1  della  legge  n. 443  del  2001,  il  quale
attribuisce  al  Governo  il compito di individuare le infrastrutture
pubbliche  e  private  e  gli insediamenti produttivi strategici e di
preminente  interesse  nazionale da realizzare per la modernizzazione
del Paese.
    Si   lamenta   anzitutto   la   violazione  dell'art. 117  Cost.,
adducendosi al riguardo che il predetto compito non e' ascrivibile ad
alcuna delle materie di competenza legislativa esclusiva statale.
    Le  Regioni  Umbria  ed Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di
Trento   sostengono,  inoltre,  che,  non  essendo  piu'  contemplata
dall'art. 117  Cost.  la  materia  dei  «lavori pubblici di interesse
nazionale»,  non  sarebbe  nemmeno  possibile  far  riferimento  alla
dimensione  nazionale  dell'interesse  cosi' da escludere la potesta'
legislativa   regionale,   atteso   che  la  scelta  del  legislatore
costituzionale   e'   stata   proprio  quella  di  considerare  detta
dimensione come rilevante in relazione al riparto solo nell'ambito di
quanto   assegnato  allo  Stato  a  titolo  di  potesta'  legislativa
esclusiva o concorrente.
    Le  Regioni  Marche  e  Toscana adducono poi che l'individuazione
delle  grandi opere potrebbe, in parte, rientrare in uno degli ambiti
materiali  individuati dall'art. 117, terzo comma, Cost. (quali porti
e  aeroporti  civili;  grandi  reti  di  trasporto  e di navigazione;
produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia), ma la
disposizione  censurata,  da  un lato, prevederebbe una disciplina di
dettaglio   e   non  di  principio  e  dunque  lesiva  dell'autonomia
legislativa   regionale;   dall'altro  escluderebbe  le  Regioni  dal
processo  «codecisionale», che dovrebbe essere garantito in base allo
strumento dell'intesa tra Stato e Regioni medesime.
    Tale ultimo profilo di censura, sia pure in subordine all'assunto
per  cui  nella specie non sarebbe comunque possibile far riferimento
ad alcuna delle materie elencate nel terzo comma dell'art. 117 Cost.,
e' fatto proprio anche dalle Regioni Umbria ed Emilia-Romagna e dalla
Provincia   autonoma   di   Trento,  secondo  le  quali  la  potesta'
legislativa  concorrente  dello  Stato e delle Regioni su tali opere,
chiaramente  anche  di interesse «nazionale», richiederebbe che su di
esse vi sia un coinvolgimento di entrambi i livelli di governo.
    In  definitiva,  si ritiene che la disposizione del comma 1 violi
anche  il principio di leale collaborazione, giacche' non prevede che
l'individuazione  delle  c.d.  grandi  opere  sia  determinata  dalle
Regioni,   o   quanto  meno  dal  Governo  d'intesa  con  le  Regioni
interessate.
    2.1. - Il   comma 1  dell'art. 1  viene  altresi'  specificamente
denunciato dalla Regione Marche per contrasto con gli artt. 118 e 119
Cost.  In  difetto  di  una  puntuale indicazione dei presupposti che
giustificano,  in  base  a  sussidiarieta',  un'allocazione a livello
centrale  delle  funzioni  relative  alla programmazione, decisione e
realizzazione   delle   singole   opere   strategiche  oggetto  della
disciplina   censurata,   risulterebbe   violato   il   primo   comma
dell'art. 118 Cost.
    La  ricorrente  rileva  inoltre che la disposizione censurata non
potrebbe  giustificarsi neppure come una forma di intervento previsto
dall'art. 119,  quinto  comma,  Cost.,  ossia  quale  attribuzione di
risorse  aggiuntive  e di interventi speciali in favore delle singole
autonomie  locali, giacche' essa si limita a prevedere una competenza
generale  dello  Stato sulla determinazione di programmi e interventi
da  realizzarsi  in  futuro  e rispetto ai quali dovranno definirsi e
ricercarsi  le  relative  risorse.  Cosi',  attribuendo al Governo il
compito  di reperire tutti i finanziamenti allo scopo disponibili, la
disposizione   denunciata   verrebbe   ad   incidere   sull'autonomia
finanziaria delle Regioni, costituzionalmente garantita «in relazione
al   reperimento   delle   risorse   per   la   realizzazione   delle
infrastrutture la cui decisione rientra nella competenza regionale».
    3. - Tutte  le  ricorrenti  impugnano  poi il comma 2 dell'art. 1
della «legge obiettivo», che detta - dalla lettera a) alla lettera o)
-  i  principi  ed i criteri direttivi in base ai quali il Governo e'
chiamato  ad  emanare,  entro  12  mesi  dall'entrata in vigore della
legge,  uno  o  piu'  decreti legislativi «volti a definire un quadro
normativo  finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture
e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1».
    In  base  ad  analoghe  censure,  che  evocano  il  contrasto con
l'art. 117  Cost.,  si deduce anzitutto che la prevista normativa, in
quanto  derogatoria  della  legge  quadro  sui lavori pubblici (legge
11 febbraio   1994,   n. 109),  violerebbe  la  potesta'  legislativa
esclusiva delle Regioni in materia di appalti e lavori pubblici.
    Si  sostiene  inoltre  che,  pur  nella ipotesi in cui si intenda
riconoscere   in   materia   una  potesta'  legislativa  concorrente,
sarebbero  egualmente  violate  le  competenze  regionali  perche' il
denunciato comma 2 detta principi non gia' alle Regioni ma al Governo
e  cio'  attraverso  una  disciplina  compiuta  e  di  dettaglio, non
cedevole rispetto ad una eventuale futura legislazione regionale.
    In  particolare  le  Regioni Umbria ed Emilia-Romagna, nonche' la
Provincia  autonoma  di  Trento,  affermano  che  la disposizione del
comma 2  sarebbe ben lungi dal conformarsi al modello costituzionale,
per  il  quale, anche in relazione alle opere maggiori, la competenza
legislativa  ripartita deve riflettersi in una gestione congiunta tra
Stato  e Regioni in «tutti i momenti in cui l'amministrazione di tali
opere si scompone, secondo le regole dei principi di sussidiarieta' e
di leale cooperazione».
    3.1. - La  sola  Regione Marche assume altresi' l'esistenza della
violazione  degli  artt. 117,  quarto  comma,  118 e 119 Cost., nella
parte   in   cui   il   comma 2  prevede  criteri  direttivi  rivolti
all'esercizio   di  competenze  amministrative  e  al  reperimento  e
all'organizzazione delle risorse.
    3.2. - Le  Regioni Umbria ed Emilia-Romagna, nonche' la Provincia
autonoma  di  Trento  sollevano  inoltre ulteriori specifiche censure
avverso  le  lettere g) ed n), del comma 2, lamentandone il contrasto
con il «diritto europeo».
    Quanto  alla lettera g), nella parte in cui circoscrive l'obbligo
per  il  soggetto aggiudicatore di rispettare la normativa europea in
tema  di  evidenza  pubblica  solo  «nel  caso  in  cui  l'opera  sia
realizzata  prevalentemente  con  fondi  pubblici», si tratterebbe di
previsione che non trova riscontro nella direttiva 93/37 CEE, neppure
nel  caso  del  ricorso  all'istituto  della  concessione  di  lavori
pubblici   (art. 3,  1/2  1)  o  all'affidamento  ad  unico  soggetto
contraente generale. Essendo, infatti, pur sempre quello dell'appalto
di  lavori  un  contratto  a  titolo  oneroso  tra  un imprenditore e
un'amministrazione  aggiudicatrice,  la stessa partecipazione diretta
al  finanziamento  dell'opera  o  il reperimento dei mezzi finanziari
occorrenti,  da  parte del contraente generale [comma 2, lettera f)],
non rileverebbe ai fini dell'esenzione dal regime comunitario.
    Secondo  la  Regione ricorrente l'interesse a siffatta censura si
radicherebbe   sia   nella   titolarita'  di  competenza  legislativa
concorrente,   sia   nel   fatto  che  l'emanazione  di  disposizioni
contrastanti  con la normativa europea «rendera' non piu' semplice ma
al  contrario piu' difficoltosa la realizzazione delle opere», cui la
Regione  stessa ha interesse, per il probabile avvio di contestazioni
in sede comunitaria.
    Da  tale  ultimo profilo muove l'ulteriore censura che investe la
lettera n),  seconda  frase, dello stesso comma 2, nella parte in cui
restringe,   per   tutti  gli  «interessi  patrimoniali»,  la  tutela
cautelare  al «pagamento di una provvisionale». Questa disposizione -
che  preclude  la  sospensione  del  provvedimento  impugnato e rende
possibile  la  prosecuzione  della  gara  fino  alla stipulazione del
contratto,  consolidando  gli  effetti  di eventuali atti illegittimi
compiuti  nella  procedura  di gara - si porrebbe in contrasto con la
direttiva   89/665/CEE   (c.d.   direttiva  ricorsi),  riducendo  «le
possibilita'   di  tutela  piena  per  i  concorrenti  che  lamentino
violazioni  delle  norme comunitarie in materia di appalti» e cio' in
quanto  anticiperebbe  alla  fase  cautelare quella limitazione della
tutela  al  risarcimento  del  danno che l'art. 2, paragrafo 6, della
citata direttiva consente nella fase successiva alla «stipulazione di
un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto».
    Una  scelta,  questa,  che  - oltre a risultare incompatibile con
l'art. 113 Cost. - potrebbe determinare «un forte aggravio dei costi,
data  la  necessita'  di  pagare due volte il profitto d'impresa (una
volta a titolo di compenso, la seconda a titolo di danno)» e tale, in
ogni  caso,  da  rendere  presumibile  una reazione negativa da parte
delle  autorita'  comunitarie  e  delle imprese interessate, cosi' da
«complicare ulteriormente la vicenda delle opere interessate».
    4. - E'  poi  denunciato, da tutte le ricorrenti, il comma 3, che
abilita  il  Governo  a  modificare  o  integrare  il  regolamento di
attuazione  della  legge  quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994,
adottato  con  d.P.R.  21 dicembre  1999,  n. 554, ponendosi cosi' in
contrasto  con  l'art. 117,  sesto  comma, Cost., secondo il quale lo
Stato  non  avrebbe  alcuna  potesta'  regolamentare  nella  predetta
materia.
    5. - Tutte  le parti ricorrenti impugnano inoltre il comma 4, che
delega  il  Governo, limitatamente agli anni 2002 e 2003, ad emanare,
nel  rispetto  dei  principi  e  dei  criteri  direttivi  di  cui  al
precedente   comma 2,   uno   o   piu'  decreti  legislativi  recanti
l'approvazione  definitiva  di  specifici  progetti di infrastrutture
strategiche individuate secondo quanto previsto al comma 1.
    Le  censure  mosse  dalle  ricorrenti,  che  si  svolgono secondo
argomentazioni   gia'   sviluppate   in  riferimento  alla  questione
concernente il comma 2, evidenziano che le cosiddette «infrastrutture
strategiche»  rientrano  in  parte in materie di potesta' legislativa
concorrente,  in  parte  in materie di potesta' legislativa regionale
residuale,  sicche'  non sarebbe ammissibile, in riferimento a queste
ultime,  l'intervento  di  alcun «decreto legislativo» per la diretta
approvazione  definitiva  dell'opera,  mancando  appunto  la potesta'
legislativa statale specifica nella materia.
    6. - La sola Regione Marche censura il comma 5, sostenendo che la
prevista  clausola di salvaguardia in favore delle autonomie speciali
confermerebbe  «la  violazione,  a  danno  delle  Regioni  di diritto
comune,   delle   competenze   costituzionalmente   garantite   dagli
artt. 117, 118 e 119 Cost.».
    7. - Le  Regioni  Toscana,  Umbria  ed  Emilia-Romagna denunciano
infine  i  commi  da  6  a  12 ed il comma 14 dell'art. 1 della legge
n. 443 del 2001, che dettano una disciplina in materia edilizia.
    Nel   delineare   sinteticamente  il  contenuto  delle  censurate
disposizioni,  le  ricorrenti  evidenziano,  segnatamente, che con il
comma 6   si   indicano   alcuni   interventi  edilizi  per  i  quali
l'interessato  puo'  scegliere  la  realizzazione «in base a semplice
denuncia  di  inizio  di  attivita»  in  alternativa  a concessione o
autorizzazione  edilizia;  ad esso si ricollega il comma 12, il quale
stabilisce  che «le disposizioni di cui al comma 6 si applicano nelle
Regioni  a statuto ordinario a decorrere dal novantesimo giorno dalla
data  di  entrata  in  vigore  della presente legge», e che le stesse
Regioni  «con  legge,  possono  individuare  quali  degli  interventi
indicati  al  comma 6  sono  assoggettati a concessione edilizia o ad
autorizzazione edilizia».
    Le   censure,   di  analogo  tenore,  prospettano  la  violazione
dell'art. 117   Cost.,   sostenendosi,   in   linea  principale,  che
l'edilizia  rientra  nelle  materie  a potesta' legislativa residuale
delle  Regioni  e  dunque  non  potrebbe essere oggetto di disciplina
statale.
    In ogni caso, secondo le ricorrenti, ove si intendesse ricondurre
la  materia  dell'edilizia  a  quella  del  governo del territorio e,
quindi,  a  materia  di  legislazione concorrente, sarebbe egualmente
violato  l'art. 117  Cost.,  in  quanto  le  disposizioni  denunciate
pongono  una  disciplina  analitica  e  dettagliata,  non limitandosi
dunque a dettare i principi fondamentali.
    In  particolare,  poi,  avverso  il  comma 12  la Regione Toscana
deduce  che  la  norma,  rendendo  applicabile  alle  Regioni  quanto
disposto  dal  comma 6,  vanificherebbe  le leggi regionali che hanno
disciplinato procedure e titoli abilitativi per l'attivita' edilizia.
    Le  Regioni  Umbria  ed  Emilia-Romagna  precisano  altresi' che,
seppure   il   denunciato   comma 12   ritarda   di   novanta  giorni
l'applicazione  del  comma 6  e  consente  alle  leggi  regionali  di
individuare  quali  degli  interventi  indicati  dal  medesimo  comma
continuino  ad  essere  assoggettati  a  concessione  edilizia  o  ad
autorizzazione   edilizia,  tuttavia,  da  un  lato,  permarrebbe  il
carattere  operativo  e  non  di  principio della disciplina statale;
dall'altro,  al  legislatore  regionale  sarebbe lasciata soltanto la
scelta «di fissare se per un certo intervento e' necessario o meno il
previo  provvedimento,  mentre i commi 8, 9 e 10, che pure contengono
mere  norme procedurali e di dettaglio, appaiono intangibili da parte
del legislatore regionale».
    Sempre  le  Regioni  Umbria  ed Emilia-Romagna svolgono ulteriori
considerazioni sull'incostituzionalita' del comma 14, il quale delega
il Governo a modificare il testo unico delle disposizioni legislative
e  regolamentari  in  materia edilizia, di cui all'art. 7 della legge
8 marzo  1999,  n. 50,  per  adeguarlo  alle modifiche disposte dalla
legge n. 443.
    Ad  avviso  delle ricorrenti, sarebbe il concetto stesso di testo
unico a violare il riparto costituzionale delle competenze e cio' non
soltanto  per  le  materie  «residuali regionali», nelle quali non e'
prevista,  in linea di principio, alcuna interferenza della normativa
statale,  ma  anche  per  le  materie  di competenza concorrente; per
queste   ultime  la  diretta  disciplina  operativa  dovrebbe  essere
essenzialmente regionale, con il vincolo di conformazione ai principi
della  legislazione statale. Non sarebbe, pertanto, possibile emanare
un   «testo   unico»  delle  disposizioni  relative  ad  una  materia
concorrente,  giacche'  un simile testo conterrebbe norme statali per
le quali sarebbe naturale la impossibilita' di applicazione in ambito
regionale  «se  non  attraverso  il vincolo che i principi esercitano
sulla  legislazione  regionale,  per  definizione  esclusa  dal testo
unico».
    Risulterebbe,  poi, paradossale - sostengono ancora le ricorrenti
- la concezione di un testo unico (come nel caso dell'edilizia) delle
disposizioni statali legislative e regolamentari, atteso che gia' nel
precedente assetto costituzionale non poteva aversi, nelle materie di
competenza    legislativa    regionale,    una    normativa   statale
regolamentare.
    8. - Con memorie di identico contenuto, si e' costituito in tutti
i  giudizi  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per
la reiezione dei ricorsi.
    Quanto  alla  dedotta  incostituzionalita'  dell'art. 1, comma 1,
della  legge  n. 443 del 2001, per cui si lamenta l'omessa previsione
legislativa  di una intesa tra Stato e Regioni interessate, la difesa
del  Presidente  del Consiglio osserva, anzitutto, che la materia dei
lavori  pubblici  non  rientra  nella  potesta' legislativa residuale
regionale  e cio' in quanto, nel testo riformato dell'art. 117 Cost.,
nel quale non compare il riferimento alla materia dei lavori pubblici
di  interesse  regionale,  si  sarebbe  adottato  il  «criterio della
strumentalita»   di   detta   materia   (gia'  presente  nel  decreto
legislativo  n. 112  del  1998).  In  tal  senso,  allo Stato sarebbe
attribuita  la «potesta' legislativa di principio» in tema di appalti
che  sono  riferibili  a  quelle  materie  rientranti  nella potesta'
legislativa  concorrente (porti e aeroporti; grandi reti di trasporto
e  di  navigazione;  distribuzione nazionale dell'energia; protezione
civile).
    Peraltro,  argomenta  ancora  l'Avvocatura  dello Stato, dovrebbe
escludersi,  in  ogni caso, la necessita' dello strumento dell'intesa
in   ordine  all'attivita'  diretta  all'individuazione  di  un'opera
pubblica,   giacche'   essa   non   richiede  esercizio  di  potesta'
legislativa,    trattandosi    di    «esplicazione   della   funzione
amministrativa, come tale disciplinata dall'art. 118 Cost.». Sicche',
venendo   in   rilievo,  nella  fattispecie,  l'individuazione  e  la
realizzazione  di  opere di «preminente interesse nazionale», sarebbe
«in  re  ipsa  che,  per  assicurarne  l'esercizio unitario, siffatte
funzioni non possano che spettare allo Stato».
    Nondimeno, il fatto che la disposizione censurata preveda, quanto
all'attivita'  di  individuazione  dell'opera,  la  compartecipazione
delle  Regioni,  sia in proprio, sia come componenti della Conferenza
unificata,  indurrebbe  ad  escludere  che  vi  sia  un  vulnus  alle
competenze costituzionalmente garantite alle Regioni stesse.
    Altrettanto infondate sarebbero, ad avviso della difesa erariale,
le  censure  mosse  al  comma 2  dell'art. 1,  posto  che  l'avere la
disposizione  dettato  principi  e  criteri  direttivi  per la futura
attivita'  normativa  di  delegazione, si' da consentire - secondo la
prospettata  doglianza  - l'emanazione di una disciplina di dettaglio
e, quindi, invasiva delle competenze regionali, non concreterebbe una
lesione  delle  prerogative costituzionali delle Regioni, bensi' «una
mera  eventualita»  di  lesione. Di dette prerogative la legge n. 443
del  2001 avrebbe, comunque, tenuto conto, prevedendo (al comma 3) il
parere della Conferenza unificata.
    In   riferimento,  poi,  alla  censura  che  investe  il  comma 3
dell'art. 1 - a supporto della quale si adduce la carenza di potesta'
regolamentare  in  capo allo Stato - l'Avvocatura ribadisce la natura
concorrente  della  competenza  legislativa  nel  settore  dei lavori
pubblici,  potendo  cosi' lo Stato, «per il principio di continuita»,
dettare  una  disciplina  di  dettaglio,  «seppur  con  carattere  di
cedevolezza».
    Quanto,  inoltre,  alle  doglianze  mosse  avverso  i  commi 6  e
seguenti  dello  stesso  art. 1  -  le quali fanno leva sull'asserita
violazione  dell'art. 117  Cost., per essere la materia dell'edilizia
ricompresa  nella sfera di competenza legislativa esclusiva regionale
e,  in  ogni  caso,  ove  ricondotta  tale  materia  al  governo  del
territorio,   per   aver  le  disposizioni  denunciate  previsto  una
disciplina  di  dettaglio  -  la difesa erariale ricorda che le norme
censurate  riguardano le condizioni per il rilascio di concessioni ed
autorizzazioni edilizie e i casi in cui a siffatti provvedimenti puo'
sostituirsi,  facoltativamente,  la  denuncia  di  inizio  attivita';
riguardano  cioe'  l'attivita'  di «uso e governo del territorio», in
quanto   tale   rientrante   nella   competenza  concorrente  di  cui
all'art. 117, terzo comma, Cost.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  dovrebbe comunque escludersi che in
tal   caso   sia  stata  adottata  una  normativa  di  dettaglio:  la
previsione,  «a  livello  di  principio», della «surrogabilita' della
concessione edilizia con la denuncia di inizio attivita', in presenza
di   particolari  condizioni  obiettive»,  supererebbe,  infatti,  il
principio,  contenuto  in  altra  legge  statale,  per  il  quale era
possibile  il  ricorso  alla denuncia di inizio attivita' soltanto in
relazione ad interventi edilizi minori.
    9. - Le  ricorrenti  hanno  ribadito  le  rispettive  ragioni con
memoria  illustrativa depositata in prossimita' dell'udienza pubblica
fissata per il 19 novembre 2002 e poi rinviata al 25 marzo 2003.
    9.1. - Nelle   memorie   si  puntualizza,  tra  l'altro,  che  la
disciplina posta dalla legge impugnata e' stata innovata dall'art. 13
della  legge  1° agosto  2002,  n. 166  (Disposizioni  in  materia di
infrastrutture  e  trasporti),  che, in particolare, ha sostituito il
comma 1 dell'art. 1 (concernente le modalita' di individuazione delle
infrastrutture  e  degli  insediamenti  produttivi  strategici) ed il
successivo  comma 2,  lettera c) (sulle procedure di approvazione dei
relativi progetti).
    Tuttavia,  ad  avviso  delle ricorrenti, le predette norme, cosi'
come  innovate, conservano i vizi di incostituzionalita' gia' dedotti
nei vari ricorsi proposti avverso la legge n. 443 del 2001.
    In  particolare, secondo le Regioni Umbria ed Emilia-Romagna e la
Provincia   autonoma   di   Trento,   le   ricordate   modifiche  non
inciderebbero  sull'interesse  al  ricorso,  non  essendo venuto meno
l'impianto  fondamentale  della  legge  n. 443 del 2001, basato sulla
attrazione  alla competenza statale non solo della programmazione, ma
anche  dell'approvazione  dei  progetti  e,  in  buona  parte,  della
realizzazione  delle  opere  - sia pubbliche che private - tramite la
semplice  soggettiva qualificazione delle stesse come «strategiche» e
di  «preminente  interesse  nazionale». Sicche', la «norma» censurata
sarebbe  ancora  presente  nella  disposizione  impugnata e quindi la
questione  di  costituzionalita' sollevata non avrebbe affatto «perso
d'attualita',  riguardando  l'art. 1, comma 1, della legge n. 443 del
2001, come modificato dalla legge n. 166 del 2002».
    In  ogni  caso,  sostengono  ancora  le  ricorrenti, l'originaria
disposizione  e'  gia' stata attuata con la deliberazione 21 dicembre
2001  del  Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE)   [Legge   obiettivo:   I°   Programma   delle  infrastrutture
strategiche  (Delibera n. 121/2001)], «sicche' l'interesse al ricorso
permane   anche  in  relazione  alla  formulazione  originaria  della
disposizione».
    9.2. - La   Regione   Toscana,  diversamente  dalle  altre  parti
ricorrenti,  ha  inoltre dichiarato di non voler piu' insistere nella
denuncia  dei  commi da 6 a 12 e del comma 14, poiche' tale normativa
e'  stata  oggetto di successiva modifica da parte dell'art. 13 della
legge  n. 166  del 2002, nel senso del riconoscimento della validita'
delle   leggi   regionali   emanate   in  materia  edilizia  e  della
possibilita'   per   le   Regioni  di  ampliare  o  ridurre  l'ambito
applicativo   dei   titoli   abilitativi   previsti  dal  legislatore
nazionale.
    10. - Anche   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  ha
depositato una memoria nel giudizio promosso dalla Provincia autonoma
di   Trento  con  la  quale  insiste  per  il  rigetto  del  ricorso,
evidenziando  in  particolare  che le modifiche apportate dalla legge
n. 166 del 2002 alla legge impugnata sarebbero tali da determinare la
carenza  di  interesse  a  ricorrere  in relazione a tutte le censure
imperniate sul difetto di una previa intesa Stato-Regioni.
    11. - In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  del  25 marzo 2003
hanno  depositato  ulteriori memorie illustrative le Regioni Toscana,
Umbria ed Emilia-Romagna nonche' la Provincia autonoma di Trento.
    11.1. - Nel  ribadire  le  argomentazioni  svolte  nei precedenti
scritti  la  Regione  Toscana  ritiene  altresi'  che le disposizioni
denunciate  non  potrebbero  trovare  giustificazione neppure in base
all'art. 120  Cost.  Mancherebbe  infatti  la legge che disciplina le
procedure  atte  a  garantire  l'esercizio del potere sostitutivo nel
rispetto  del  principio  di  sussidiarieta'  e,  in  ogni caso, tale
esercizio  non  potrebbe  mai  essere consentito in base a previsioni
astratte  di  interventi a fronte di motivati dissensi espressi dalle
Regioni  nelle  materie  di  propria competenza. Giammai potrebbe poi
ritenersi  che  il  dissenso della Regione sul progetto preliminare e
definitivo  di un'opera pubblica rappresenti fattispecie legittimante
l'attivazione del potere sostitutivo, e cio' in quanto la Regione non
sarebbe  inadempiente ma esprimerebbe il proprio dissenso motivato ed
offrirebbe  soluzioni  alternative  cosi' da rendere necessaria, alla
luce  del  principio di leale collaborazione, una soluzione condivisa
che  tenga  conto  delle molteplici competenze regionali incise dalla
localizzazione di un'opera.
    Nella  memoria  si  contesta  poi  che le norme censurate possano
giustificarsi  in  base  all'art. 118,  primo  comma, Cost., giacche'
l'individuazione  e  la realizzazione di un'opera pubblica richiedono
comunque  l'esercizio  di  potesta'  legislativa e questa deve essere
esercitata  nel rispetto del riparto delle competenze stabilite nella
Costituzione.   Sicche',   nelle   materie  di  competenza  regionale
(concorrente   e   residuale)   spetterebbe   alle  Regioni  medesime
disciplinare,  nell'esercizio  della propria potesta' amministrativa,
il  procedimento  in  questione,  attribuendo  agli  enti  locali  le
relative   funzioni  nel  rispetto  dei  criteri  di  sussidiarieta',
adeguatezza e differenziazione di cui all'art. 118 Cost.
    Da   ultimo  si  insiste  nella  rinuncia  all'impugnazione,  per
sopravvenuto  difetto  di  interesse,  dei  commi  da  6  a  12  e 14
dell'art. 1  della  legge  n. 443  del  2001, atteso che le modifiche
apportate  dalla  successiva  legge  n. 166  del 2002 permettono alla
Regione  di  esercitare  le proprie competenze legislative in materia
edilizia.
    11.2. - Le Regioni Umbria, Emilia-Romagna e Provincia autonoma di
Trento,  con  memorie  di  identico contenuto, ribadiscono le ragioni
gia'   sviluppate   in   precedenza,  contestando  le  argomentazioni
sostenute dalla difesa erariale.
    In  particolare,  si  insiste nel fatto che non sarebbe possibile
fare   ricorso,  al  fine  di  radicare  nello  Stato  la  competenza
legislativa  a  provvedere  alla  disciplina  delle cosiddette grandi
opere,  al criterio della strumentalita' delle materie coinvolte, ne'
tanto   meno  ai  principi  di  sussidiarieta'  ed  adeguatezza,  che
attengono all'allocazione delle funzioni amministrative.
    Si  esclude  inoltre  che,  al  medesimo  scopo,  possa invocarsi
l'interesse  nazionale, giacche', come tale, esso rappresenterebbe un
criterio  generico  che, nel contesto della riforma del Titolo V, non
potrebbe  piu'  operare  al  fine del riparto delle materie, al quale
provvede  accuratamente  l'art. 117  Cost.  in  base ad una specifica
elencazione:  l'interesse  nazionale  non costituirebbe dunque titolo
autonomo  di  competenza statale, ne' giustificherebbe una disciplina
che rimetta alla discrezionalita' del Governo la sua definizione.
    Da  ultimo  si  riafferma  la  sussistenza di un interesse ad una
pronuncia  nel merito sulla censura che lamenta l'assenza dell'intesa
Stato-Regioni  e  cio' nonostante la modifica introdotta in tal senso
dalla  legge  n. 166 del 2002 al denunciato comma 1 dell'art. 1 della
legge n. 443 del 2001, giacche' la disposizione originaria aveva gia'
trovato  attuazione  con  la  predisposizione  del primo programma di
infrastrutture strategiche.
    12. - Con   ricorso   iscritto  al  reg.  ric.  n. 68  del  2002,
ritualmente  notificato e depositato, la Regione Toscana ha sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 13, commi 1,
3,  4, 5, 6 e 11, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in
materia  di  infrastrutture  e trasporti), denunciandone il contrasto
con gli artt. 117, 118 e 119 Cost.
    La  Regione osserva preliminarmente che la disposizione impugnata
ha   modificato   l'art. 1  della  legge  21 dicembre  2001,  n. 443,
concernente  le  modalita'  di  individuazione delle infrastrutture e
degli  insediamenti produttivi strategici, e che proprio quest'ultima
disposizione  e'  stata  da essa in precedenza denunciata con ricorso
iscritto  al  n. 11  del  reg.  ric.  dell'anno 2002. Ad avviso della
Regione  le modifiche apportate dall'art. 13 al menzionato art. 1 non
sarebbero  tali  da  elidere  i  dubbi  di  incostituzionalita'  gia'
prospettati,   tanto   piu'   che   lo  stesso  art. 13  risulterebbe
illegittimo  e  lesivo  dell'autonomia  regionale  costituzionalmente
garantita.
    12.1. - Secondo la ricorrente le disposizioni censurate avrebbero
potuto trovare fondamento nella materia «lavori pubblici di interesse
nazionale»,  ma  la  stessa  non  e' prevista tra quelle elencate dal
nuovo   art. 117  Cost.,  che  ha  eliminato  ogni  riferimento  alla
dimensione  nazionale  dell'interesse,  affidando  al  contrario alla
competenza  legislativa concorrente materie (quali: porti e aeroporti
civili;  grandi  reti  di  trasporto  e  di  navigazione; produzione,
trasporto  e distribuzione nazionale dell'energia) in cui la predetta
dimensione e' implicita nel loro stesso contenuto.
    Dovrebbe  inoltre  escludersi,  ad  avviso  della Regione, che le
stesse  disposizioni  possano  fondarsi sul terzo comma dell'art. 117
Cost.,  giacche'  le  c.d.  grandi  opere  non  sono  necessariamente
collegate  a  materie  ivi elencate, come nel caso, ad esempio, della
realizzazione  degli  insediamenti  produttivi che si riconnette alla
materia  dell'industria,  di  competenza residuale regionale ai sensi
del  quarto comma dell'art. 117 Cost. Analogamente e' da dirsi per la
disciplina  dei  lavori  pubblici  e  privati, trattandosi di materia
riservata   alla  legislazione  regionale,  con  l'unico  limite  del
rispetto  della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario.
    In  ogni  caso,  ove  si volesse ammettere una competenza statale
relativamente  ad  opere strategiche collegate a materie elencate nel
terzo   comma   dell'art. 117  Cost.,  la  stessa  non  potrebbe  che
esercitarsi  attraverso  l'individuazione  dei  principi  regolatori,
mentre  la normativa denunciata non si limita a dettare principi alle
Regioni  in  tema di individuazione e realizzazione delle c.d. grandi
opere, ma al contrario definisce i criteri ai quali il Governo dovra'
attenersi  nell'esercizio  della  delega con una disciplina compiuta,
dettagliata  e  minuziosa,  tale  da  elidere  ogni  possibilita'  di
intervento normativo da parte delle Regioni medesime.
    Argomenta   ancora   la   ricorrente  che  una  tale  illegittima
appropriazione da parte dello Stato di potesta' legislative regionali
non  potrebbe  giustificarsi in nome dell'interesse nazionale, che il
nuovo   Titolo  V  non  contempla  piu'  come  limite  alla  potesta'
legislativa  delle Regioni, cosi' come non prevede un generale potere
di   indirizzo   e  coordinamento.  Non  sarebbe  dunque  ammissibile
reintrodurre   limiti   alla   potesta'   legislativa  regionale  non
espressamente  previsti  in  Costituzione  riferendosi alla rilevanza
nazionale di un'opera.
    12.2. - Ad   avviso   della  Regione  le  disposizioni  impugnate
violerebbero  anche  l'art. 118 Cost. A tale riguardo si osserva che,
per  un  verso,  l'effettivo  rispetto dei criteri di sussidiarieta',
differenziazione   ed   adeguatezza   imporrebbe   che   ogni  scelta
legislativa  di  allocazione  delle  funzioni debba essere supportata
dall'analisi  e  dalla  verifica  dei livelli di governo maggiormente
rispondenti  a  detti  criteri  e  che,  dunque,  debbano essere resi
conoscibili i motivi della scelta e quindi dell'esercizio in concreto
di  tale  potere discrezionale: il che non avviene nel caso in esame.
Per  altro  verso,  le  esigenze  di  esercizio  unitario  richiamate
dall'art. 118  Cost.  non  potrebbero  costituire  un titolo autonomo
legittimante l'intervento del legislatore statale, come invece accade
in  base alle denunciate disposizioni. Cio' perche' l'art. 118, primo
comma,  Cost.  e'  norma  che fissa i criteri per l'allocazione delle
funzioni, ma non disciplina le fonti deputate ad allocare le stesse e
quindi  non  rappresenta  il  presupposto su cui fondare variazioni e
spostamenti  rispetto  alla  titolarita'  della potesta' legislativa,
come stabilita dall'art. 117.
    12.3. - Il  fatto  poi che il comma 3 del censurato art. 13 abbia
introdotto  il  principio per cui l'individuazione delle grandi opere
avviene  d'intesa  con  le  Regioni  interessate  e con la Conferenza
unificata,  anziche' sulla base del loro parere (come originariamente
previsto),  non  costituirebbe,  secondo  la ricorrente, una modifica
tale da far superare gli evidenziati dubbi di incostituzionalita', in
quanto,  da  un  lato,  l'intesa non puo' rappresentare un meccanismo
tramite  il  quale  lo  Stato si appropria di potesta' legislative ad
esso non riservate e, dall'altro, non e' contemplato alcun meccanismo
a garanzia che l'intesa non sia di fatto recessiva rispetto al potere
dello  Stato  di provvedere ugualmente a fronte del motivato dissenso
regionale. In definitiva l'intesa non garantirebbe una reale forma di
coordinamento  paritario,  con  cio'  ledendo  il  principio di leale
cooperazione  che  imporrebbe,  nella materia in esame, una effettiva
codeterminazione  del  contenuto  dell'atto  di  individuazione delle
grandi opere.
    12.4. - La  Regione  sostiene  altresi' che neppure i commi 5 e 6
del denunciato art. 13, che dettano i criteri ai quali deve attenersi
il  Governo  nell'emanare il decreto legislativo volto a disciplinare
le  modalita'  di  approvazione dei progetti preliminari e definitivi
delle   opere   strategiche,   garantirebbero   il   rispetto   delle
attribuzioni  regionali.  Cio'  in  quanto  il  ruolo  della  Regione
nell'approvazione  dei  progetti  (demandata  al CIPE o a decreto del
Presidente  del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIPE
integrato   dai  Presidenti  delle  Regioni,  sentita  la  Conferenza
unificata,  previo  parere delle competenti commissioni parlamentari)
sarebbe soltanto quello di esprimere un parere, mentre l'approvazione
di  detti  progetti  assume  particolare rilievo poiche' determina la
localizzazione  urbanistica  dell'opera, la compatibilita' ambientale
della medesima e sostituisce ogni permesso ed autorizzazione comunque
denominati.
    Ad   avviso   della   ricorrente   le   disposizioni   denunciate
inciderebbero  quindi sulla materia, di legislazione concorrente, del
governo   del   territorio,   dettando   un  regime  derogatorio  per
l'individuazione  delle opere e per l'approvazione dei progetti delle
stesse   che  non  lascerebbe  spazio  alla  legislazione  regionale;
interferirebbero   sulla   normativa   regionale   gia'  vigente  che
disciplina  i  procedimenti per l'approvazione delle opere pubbliche,
prevedendo   le   necessarie   verifiche   di   natura   urbanistica,
idrogeologica  e  di  difesa  del  suolo  (laddove  essa  Regione  ha
attribuito  tali  funzioni amministrative ai comuni e alle Province);
esautorerebbero  la Regione delle proprie attribuzioni in merito alla
valutazione  di  impatto  ambientale  delle  opere.  A  tal specifico
riguardo  la  Regione  Toscana  rileva  che  il  comma 3 dell'art. 13
prevede  che  anche  le  strutture  concernenti la nautica da diporto
possono   essere   inserite   nel   programma   delle  infrastrutture
strategiche,   cio'   comportando   che  la  valutazione  di  impatto
ambientale  sulle  stesse debba effettuarsi con la procedura prevista
dal  successivo  comma 5  e  dunque dal Ministro competente, restando
cosi' sottratto alle Regioni, con lesione delle relative attribuzioni
in materia di porti e valorizzazione dei beni ambientali.
    12.5. - La  ricorrente osserva poi che le prospettate censure non
potrebbero  essere  superate  dal fatto che il comma 3 del denunciato
art. 13   della  legge  n. 166  del  2002  prevede  che  il  Governo,
nell'emanare  il decreto delegato, dovrebbe agire «nel rispetto delle
attribuzioni costituzionali delle Regioni», giacche', oltre ad essere
espressione  vaga  e  generica,  si  tratta  di  indicazione  che non
potrebbe  comunque  essere  rispettata,  considerato  che sono gia' i
principi  posti  dalla  delega  a  vulnerare  le  attribuzioni  delle
Regioni.
    12.6. - La Regione assume infine che i commi 1 e 11 dell'art. 13,
nel  prevedere  specifici  stanziamenti  per  la  progettazione  e la
realizzazione   delle   opere   strategiche   individuate  dal  CIPE,
contrasterebbero  sia con gli artt. 117 e 118 Cost., in quanto «fanno
riferimento  al programma predisposto dal CIPE che [...] e' elaborato
in  spregio  alle  competenze  regionali»,  sia con l'art. 119 Cost.,
incidendo  sull'autonomia  finanziaria  delle  Regioni  che  la norma
costituzionale  garantisce  in relazione al reperimento delle risorse
per  la  realizzazione  delle infrastrutture la cui decisione rientra
nella competenza regionale.
    13. - Si  e'  costituito  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
    Quanto  alla  dedotta  violazione  dell'art. 117 Cost., la difesa
erariale  osserva  che  l'omessa  previsione della materia dei lavori
pubblici  regionali  nella  legge  costituzionale  n. 3  del  2001 si
giustificherebbe  in  ragione  del  perseguimento  del criterio, gia'
presente   nel   decreto   legislativo   n. 112   del   1998,   della
strumentalita'  della materia dei lavori pubblici, per cui allo Stato
spetta  la  potesta' legislativa di principio per la disciplina degli
appalti  relativi  alle materie ricomprese nella potesta' legislativa
concorrente.
    Con  riferimento  poi  al profilo di censura che sostiene esservi
lesione   delle   attribuzioni   regionali  in  considerazione  della
minuziosita'  della  normativa  introdotta,  l'Avvocatura  rileva che
l'attivita'  di individuazione di un'opera pubblica non richiederebbe
l'esercizio    di   potesta'   legislative,   ma   solo   di   quelle
amministrative, ai sensi dell'art. 118 Cost.
    Quanto  poi  alla  denunciata  violazione  proprio dell'art. 118,
primo   comma,  Cost.  si  osserva  che,  allorquando  e'  necessario
assicurare  l'esercizio  unitario di funzioni amministrative, come e'
in   riferimento  all'individuazione  e  realizzazione  di  opere  di
«preminente interesse nazionale», la fonte normativa di distribuzione
delle  funzioni  medesime  non potrebbe che essere una legge statale.
Legge  che,  nel  caso  di  specie,  correttamente  espliciterebbe  i
presupposti  per l'allocazione delle funzioni al massimo livello, che
sono   espressamente   indicati   in   «finalita'   di   riequilibrio
socio-economico  fra  le  aree del territorio nazionale», in «fini di
garanzia  della  sicurezza  strategica  e  di  contenimento dei costi
dell'approvvigionamento  energetico  del  Paese»  e nell'«adeguamento
della strategia nazionale a quella comunitaria delle infrastrutture e
della gestione dei servizi pubblici locali di difesa dell'ambiente».
    La  difesa  erariale  sostiene  inoltre  che proprio le doglianze
mosse  avverso  la  mancata  previsione  sia di una previa intesa per
l'individuazione  delle  opere strategiche, sia dell'integrazione del
CIPE  con la presenza dei Presidenti delle Regioni per l'approvazione
dei  relativi  progetti, hanno indotto il legislatore a modificare in
questo  senso la legge n. 443 del 2001, tramite l'art. 13 della legge
n. 166   del   2002,   e  cio'  per  assicurare  «il  rispetto  delle
attribuzioni costituzionali» delle Regioni.
    Quanto  infine  alle  censure  riguardanti  i  commi 1  e  11 del
menzionato  art. 13,  l'Avvocatura  ritiene  che  gli artt. 117 e 118
Cost.,  in ragione delle argomentazioni gia' spese, non siano violati
nella  procedura  di  individuazione  e  approvazione dei progetti da
parte  del  CIPE  e che parimenti non possa reputarsi leso l'art. 119
Cost. giacche', trattandosi di progettazione e realizzazione di opere
di   preminente  interesse  nazionale,  e'  allo  Stato  che  compete
autorizzare  i  limiti  di  impegno  e  la  destinazione  della spesa
derivanti dagli stanziamenti del proprio bilancio.
    14. - In   prossimita'   dell'udienza   la   Regione  Toscana  ha
depositato  una  memoria  con  cui,  ribadendo le argomentazioni gia'
svolte, insiste nelle conclusioni gia' rassegnate.
    15. - Nello  stesso  giudizio  hanno  depositato,  fuori termine,
congiunto  atto  di  intervento  ad  adiuvandum l'Associazione Italia
Nostra-Onlus, Legambiente-Onlus, l'Associazione italiana per il World
Wide   Fund   For   Nature   (WWF)-Onlus,   per   sentire  dichiarare
l'incostituzionalita'  dell'art. 13,  commi 1, 3, 4, 5, 6 e 11, della
legge n. 166 del 2002, denunciato dalla Regione Toscana.
    16. - La  Regione  Toscana,  le Province autonome di Bolzano e di
Trento,  la  Regione  Marche hanno proposto questione di legittimita'
costituzionale  in  via  principale  di numerosi articoli del decreto
legislativo  20 agosto  2002, n. 190, recante «Attuazione della legge
21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e
degli  insediamenti  produttivi strategici e di interesse nazionale»,
denunciandone  il  contrasto  con gli artt. 76, 117, 118 e 120 Cost.,
nonche' con gli artt. 8, primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16, 17,
18,  19,  21,  22,  24;  9,  primo comma, numeri 8, 9, e 10; 16 dello
statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige, nel testo approvato con
d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione del testo unico delle
leggi   costituzionali   concernenti   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige).  Piu'  nello specifico, la Toscana impugna gli
artt. 1-11,  13,  15,  16,  commi 1,  2, 3, 6, 7; 17-20; la Provincia
autonoma  di Bolzano gli artt. 1, commi 1 e 7; 2, commi 1, 2, 3, 4, 5
e  7;  3,  commi 4,  5,  6, 9; 13, comma 5; 15; la Regione Marche gli
artt. 1-11,  13,  15-20; la Provincia autonoma di Trento gli artt. 1,
2, 3, 4, 13 e 15.
    17. - Il  ricorso  della  Provincia  autonoma  di Trento e' stato
depositato  presso  la  cancelleria  della  Corte  costituzionale  il
5 novembre 2002, cioe' il giorno successivo alla scadenza del termine
di  dieci  giorni  previsto  dall'art. 32,  terzo  comma, della legge
11 marzo  1953,  n. 87.  Con apposita istanza la Provincia rende noto
che  il  mancato  rispetto  del  termine  non  puo' essere imputato a
negligenza,   ma   alla   impossibilita',  conseguente  alla  mancata
disponibilita'  dell'atto presso l'Ufficio notifiche, per ragioni che
atterrebbero  al  funzionamento  di  tale  ufficio  e  che sono state
espressamente  riconosciute  dal medesimo con certificato allegato al
ricorso  depositato.  Pur  non  negando  il  carattere perentorio del
termine di cui e' discorso, la Provincia istante ritiene che cio' non
dovrebbe impedire l'applicazione di ulteriori principi giuridici come
quello dell'errore scusabile, espressamente riconosciuto nel giudizio
amministrativo. Si chiede pertanto di considerare scusabile, e dunque
tempestivo, il deposito effettuato dalla Provincia autonoma di Trento
il  5 novembre  2002.  In subordine, peraltro, ove la Corte ritenesse
che  la  mancata menzione dell'errore scusabile negli artt. 31, terzo
comma,  e 32, terzo comma, della legge n. 87 del 1953 sia dalla Corte
ritenuta  preclusiva  dell'applicazione  di  tale istituto, l'istante
eccepisce  l'illegittimita'  costituzionale  in  parte  qua  di  tali
disposizioni,  per  violazione dell'art. 24, primo comma, Cost. e del
principio di ragionevolezza.
    18. - In  tutti  i  ricorsi  si  osserva  preliminarmente come la
disciplina  statale  non  potrebbe trovare fondamento negli specifici
titoli abilitativi delle lettere e), m) e s), dell'art. 117 Cost., in
quanto  la disciplina oggetto di impugnazione non avrebbe nulla a che
vedere  con la tutela della concorrenza [lettera e)], dell'ambiente e
dell'ecosistema [lettera s)] ne' tanto meno con la determinazione dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali  che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
[lettera m)].
    Le   ricorrenti  pongono  inoltre  in  risalto  come  le  Regioni
sarebbero  divenute titolari della competenza legislativa concorrente
in  molte  delle  materie  che  attengono alla realizzazione di opere
pubbliche,   quali  «porti  e  aeroporti  civili»,  «grandi  reti  di
trasporto   e  navigazione»,  «trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia», «governo del territorio». Solo in relazione alle opere
pubbliche  relative  ai  predetti  settori materiali lo Stato sarebbe
dunque titolare di potesta' legislativa, che dovrebbe peraltro essere
esercitata   attraverso   la  predisposizione  di  una  normativa  di
principio,  non  anche  attraverso  discipline di dettaglio che, come
nella  specie, comprimano gli spazi di scelta politica delle Regioni.
La  materia  degli  insediamenti  produttivi  e  delle infrastrutture
strategiche,  per di piu', sarebbe interamente affidata alla potesta'
legislativa   residuale   delle  Regioni,  cosi'  da  escludere  ogni
intervento normativo statale.
    L'esigenza  di  tutelare  un  interesse  nazionale  non  potrebbe
giustificare la deroga al riparto delle competenze costituzionali che
il  decreto  impugnato  avrebbe  introdotto,  in  quanto  l'interesse
nazionale  non  potrebbe  piu'  costituire  il  titolo  per sottrarre
oggetti alle materie di competenza regionale. Egualmente, si aggiunge
nel  ricorso della Regione Toscana, non varrebbe invocare l'art. 118,
primo  comma, e le esigenze di esercizio unitario ivi richiamate, che
non   potrebbero   costituire   un   titolo   autonomo   legittimante
l'intervento  del  legislatore statale in materie di competenza delle
Regioni,  giacche'  l'art. 118  non conterrebbe un riparto di materie
ulteriore  e  potenzialmente  antagonista rispetto a quello contenuto
nell'art. 117 Cost.
    Le   disposizioni   impugnate   sarebbero  illegittime  pure  per
contrasto  con  l'art. 76  Cost.,  giacche'  la  legge di delegazione
espressamente  prevedeva che la delega dovesse essere esercitata «nel
rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni».
    18.1. - Nello specifico, sono oggetto di impugnazione:
        a) l'art. 1,    comma 1,   che   regola   la   progettazione,
l'approvazione  e  realizzazione  delle  infrastrutture strategiche e
degli  insediamenti  produttivi  di  preminente  interesse nazionale,
individuati da un apposito programma approvato dal CIPE (art. 1 legge
n. 443  del  2001).  Le opere sono differenziate in categorie. Quelle
per  le  quali l'interesse regionale e' concorrente con il preminente
interesse  nazionale sono individuate con intese quadro fra Governo e
singole  Regioni  e  per  esse  e'  previsto  che le Regioni medesime
partecipino,  con le modalita' stabilite nelle intese, alle attivita'
di  progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, «in accordo
alle  normative  vigenti ed alle eventuali leggi regionali allo scopo
emanate».
    La  Provincia  autonoma  di Bolzano ritiene che tale disposizione
sarebbe  rivolta  a  salvaguardare  unicamente  le competenze ad essa
riconosciute  dallo  statuto  speciale  e  dalle norme di attuazione,
senza  alcun  riferimento  alle  nuove  e  maggiori competenze che le
spetterebbero  ai  sensi  degli  artt. 117  e  118 Cost. Risulterebbe
inoltre  violato l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, il
quale  impone  il sollecito adeguamento (sei mesi) della legislazione
provinciale  ai  principi  della  legislazione statale, tenendo ferma
«l'immediata applicabilita' nel territorio regionale (...) degli atti
legislativi dello Stato nelle materie nelle quali alla Regione o alla
Provincia autonoma e' attribuita delega di funzioni statali»;
        b) l'art. 1,  comma 5,  il  quale  dispone che le Regioni, le
Province, i Comuni, le Citta' metropolitane applicano, per le proprie
attivita'  contrattuali  ed organizzative relative alla realizzazione
delle  infrastrutture e diverse dall'approvazione dei progetti (comma
2)  e  dalla aggiudicazione delle infrastrutture (comma 3), «le norme
del  presente  decreto legislativo fino alla entrata in vigore di una
diversa  norma  regionale, (...) per tutte le materie di legislazione
concorrente».  Le Regioni Toscana e Marche e la Provincia autonoma di
Trento  ne  denunciano  il contrasto con l'art. 117 Cost., poiche' in
materie   di  competenza  regionale  concorrente  sarebbe  posta  una
normativa cedevole di dettaglio, il che, dopo la riforma del Titolo V
della Parte II della Costituzione, non sarebbe piu' consentito;
        c) l'art. 1, comma 7, lettera e), che, nel definire opere per
le  quali  l'interesse regionale concorre con il preminente interesse
nazionale    «le    infrastrutture   (...)   non   aventi   carattere
interregionale  o  internazionale  per  le  quali sia prevista, nelle
intese   generali   quadro   di   cui  al  comma 1,  una  particolare
partecipazione  delle  Regioni  o  Province  autonome  alle procedure
attuative»  e  opere di carattere interregionale o internazionale «le
opere  da  realizzare  sul territorio di piu' Regioni o Stato, ovvero
collegate    funzionalmente    ad    una    rete   interregionale   o
internazionale»,  sarebbe incostituzionale in primo luogo per eccesso
di  delega, giacche' la legge n. 443 del 2001 non avrebbe autorizzato
il  Governo  a  porre  un  regime  derogatorio  anche per le opere di
interesse  regionale  (ricorso  della  Regione  Toscana). Inoltre, si
argomenta   in   tutti   i   ricorsi,  la  disposizione  in  oggetto,
nell'escludere   la   concorrenza  dell'interesse  regionale  con  il
preminente interesse nazionale in relazione ad opere aventi carattere
interregionale  o  internazionale,  sarebbe  lesiva  delle competenze
attribuite alle Regioni dagli artt. 117, commi terzo, quarto e sesto,
e   118,   primo   comma,  Cost.  Del  pari  illegittima  sarebbe  la
subordinazione all'intesa statale dell'individuazione delle opere per
le  quali  esista  un  concorrente  interesse  regionale. La medesima
disposizione  contrasterebbe  inoltre con gli artt. 19, 20 e 21 delle
norme  di attuazione dello statuto del Trentino-Alto Adige recate dal
d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione dello statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed opere pubbliche), giacche' escluderebbe la necessita' di un'intesa
per   le   infrastrutture   e   i   collegamenti   interregionali   e
internazionali;
        d) l'art. 2,  comma 1,  il  quale stabilisce che il Ministero
delle  infrastrutture e dei trasporti «promuove le attivita' tecniche
ed amministrative occorrenti ai fini della sollecita progettazione ed
approvazione  delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi ed
effettua,  con  la  collaborazione  delle  Regioni  e  delle Province
autonome  interessate  con  oneri  a  proprio carico, le attivita' di
supporto  necessarie  per  la  vigilanza,  da  parte  del CIPE, sulla
realizzazione  delle infrastrutture». Secondo la prospettazione delle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano sarebbero riservati al
Ministero  delle  infrastrutture  e dei trasporti i compiti tecnici e
amministrativi   che   l'art. 16   dello   statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto   Adige   attribuisce   alle   Province  autonome,  con
violazione anche dell'art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 266
del  1992,  il quale prevede che «nelle materie di competenza propria
della  Regione o delle Province autonome la legge non puo' attribuire
agli  organi  statali funzioni amministrative (...) diverse da quelle
spettanti  allo  Stato  secondo  lo  statuto  speciale  e le norme di
attuazione»;
        e) l'art. 2, commi 2, 3, 4, 5 e 7, il quale, nel riservare al
Ministero   delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  l'attivita'  di
progettazione,  direzione  ed  esecuzione  delle infrastrutture ed il
potere  di assegnare le risorse integrative necessarie alle attivita'
progettuali,  anziche'  assegnare  i fondi direttamente alle Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano,  violerebbe l'art. 16 dello statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige e l'art. 4, comma 3, del decreto
legislativo  n. 266  del  1992,  secondo  cui  «fermo restando quanto
disposto dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione,
nelle   materie   di   competenza   propria   della   Provincia,   le
amministrazioni   statali,  comprese  quelle  autonome,  e  gli  enti
dipendenti  dallo  Stato  non  possono  disporre spese ne' concedere,
direttamente   o   indirettamente,  finanziamenti  o  contributi  per
attivita' nell'ambito del territorio regionale o provinciale»;
        f) l'art. 2,  comma 5,  il  quale,  nel  prevedere che per la
nomina  di  commissari  straordinari  destinati a seguire l'andamento
delle  opere aventi carattere interregionale o internazionale debbano
essere sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, si porrebbe in
contrasto,  ad avviso di tutte le ricorrenti, con gli artt. 117 e 118
Cost.  e  con il principio di leale collaborazione, in quanto su tale
oggetto   dovrebbe   essere   prevista   la  forma  piu'  intensa  di
collaborazione   dell'intesa.   I   commi 5  e  7  sarebbero  inoltre
incostituzionali  anche  perche'  attribuirebbero  allo Stato compiti
decisionali che in base all'art. 4 del decreto legislativo n. 266 del
1992 sarebbero di competenza della Provincia autonoma di Bolzano;
        g) l'art. 2,  comma 7,  che  attribuisce  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture
e  dei  trasporti,  sentiti  i  Ministri  competenti, nonche', per le
infrastrutture  di competenza dei soggetti aggiudicatari regionali, i
Presidenti  delle  Regioni,  il  potere  di  abilitare  i  commissari
straordinari  ad  adottare,  con  poteri  derogatori  della normativa
vigente  e  con  le  modalita'  di  cui all'art. 13 del decreto-legge
25 marzo    1997,    n. 67   (Disposizioni   urgenti   per   favorire
l'occupazione),  i  provvedimenti  e  gli  atti  di  qualsiasi natura
necessari  alla  sollecita  progettazione, istruttoria, affidamento e
realizzazione  delle  infrastrutture e degli insediamenti produttivi,
in  sostituzione dei soggetti competenti. Le Regioni Toscana e Marche
e  la  Provincia  autonoma  di  Trento  lamentano  la  lesione  degli
artt. 117  e  118 Cost., in quanto la previsione impugnata si applica
anche   alle   opere   regionali   e   potrebbe  pertanto  riguardare
provvedimenti  che  spetterebbe alla Regione e alle Province adottare
nell'esercizio  delle  proprie competenze normative e amministrative.
Secondo  la  Regione  Toscana difetterebbero inoltre i presupposti ai
quali  l'art. 120  Cost.  subordina il legittimo esercizio dei poteri
sostitutivi  statali. Infine, si sostiene nel ricorso della Provincia
autonoma  di Bolzano, risulterebbe violato anche l'art. 4 del decreto
legislativo  n. 266  del  1992,  giacche'  allo Stato sarebbero stati
attribuiti compiti decisionali spettanti alla Provincia;
        h) l'art. 3, il quale disciplina la procedura di approvazione
del  progetto  preliminare  delle  infrastrutture,  le  procedure  di
valutazione  d'impatto  ambientale  (VIA)  e  localizzazione, secondo
tutte  le  ricorrenti  sarebbe  illegittimo  nella  sua interezza, in
quanto  disciplinerebbe  la  procedura  di  approvazione del progetto
preliminare con regolazione di minuto dettaglio, mentre, in relazione
ad oggetti ricadenti nella competenza regionale in materia di governo
del territorio, la legislazione statale avrebbe dovuto limitarsi alla
predisposizione  dei principi fondamentali. Il medesimo art. 3, nella
parte  in  cui affida al CIPE l'approvazione del progetto preliminare
delle  infrastrutture  coinvolgendo  le  Regioni  interessate ai fini
dell'intesa  sulla  localizzazione dell'opera, ma prevedendo pure che
il  medesimo  progetto non sia sottoposto a conferenza di servizi, ad
avviso  della  Regione  Toscana  violerebbe  l'art. 76 Cost., poiche'
l'art. 1,  comma 2, lettera d), della legge di delega n. 443 del 2001
autorizzava  solo  a  modificare  la  disciplina della conferenza dei
servizi e non a sopprimerla del tutto.
    Del pari incostituzionali sarebbero, secondo tutte le ricorrenti,
i  commi 6 e 9 dell'art. 3, i quali, nel prevedere che lo Stato possa
procedere comunque all'approvazione del progetto preliminare relativo
alle  infrastrutture  di  carattere  interregionale  e internazionale
superando  il  motivato  dissenso  delle  Regioni,  violerebbero  gli
artt. 114, commi primo e secondo, 117, commi terzo, quarto e sesto, e
118, commi primo e secondo, Cost. Le Regioni, si osserva nei ricorsi,
sarebbero  infatti  relegate  in posizione di destinatarie passive di
provvedimenti   assunti   a  livello  statale  in  materie  che  sono
riconducibili  alla  potesta' legislativa concorrente. Per le ragioni
appena esposte sarebbero incostituzionali anche gli artt. 4, comma 5,
e  13,  comma 5,  che  alla  procedura  dell'art. 3,  comma 6,  fanno
espresso rinvio;
        i) l'art. 4,   comma 5,   nella  parte  in  cui  prevede  che
l'approvazione  del  progetto  definitivo  sia  adottata «con il voto
favorevole  della  maggioranza  dei componenti del CIPE», sarebbe, ad
avviso  della  Regione  Toscana,  costituzionalmente  illegittimo per
contrasto   con  l'art. 76  Cost.,  e  specificamente  con  l'art. 1,
comma 3-bis,  della  legge  di delega, il quale prevede quale momento
indefettibile   del   procedimento   di   approvazione  del  progetto
definitivo il parere obbligatorio della Conferenza unificata;
        j) le  norme contenute negli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11,
che  introducono  rilevanti  modifiche  in  materia  di  appalti e di
concessioni  dei lavori pubblici, secondo le Regioni Toscana e Marche
sarebbero illegittime in quanto incidenti su materie ascrivibili alla
competenza legislativa residuale delle Regioni, inerendo alla materia
dei  lavori  pubblici  e  degli  appalti.  Non  varrebbe  neppure, si
soggiunge  nel  ricorso  della  Regione Toscana, rilevare che in tale
materia  siano  recepite  ed  applicate  norme  di fonte comunitaria,
giacche'  l'attuazione  di norme comunitarie in materia di competenza
regionale spetterebbe comunque alle Regioni;
        k) l'art. 8,  nella  parte  in  cui  prevede che il Ministero
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  pubblichi  la  lista  delle
infrastrutture  per  le  quali  il  soggetto aggiudicatore ritiene di
sollecitare  la presentazione di proposte da parte di promotori e, se
la  proposta e' presentata, stabilisce che il soggetto aggiudicatore,
valutata  la stessa come di pubblico interesse, promuova la procedura
di  VIA  e  se necessario la procedura di localizzazione urbanistica,
secondo  la  Regione  Toscana  sarebbe  illegittimo,  oltre che per i
profili  evidenziati  alla  lettera j), anche per l'ulteriore ragione
che  non  chiarirebbe  se  le infrastrutture inserite nella lista per
sollecitare le proposte dei promotori siano da individuare tra quelle
gia'  ricomprese  nel programma di opere strategiche formato d'intesa
con  le Regioni, ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge di delega
n. 443   del   2001,  o  se  al  contrario  si  debba  consentire  la
presentazione  di  proposte dei promotori anche per opere non facenti
parte  del programma, e sulle quali nessuna intesa e' stata raggiunta
con le Regioni interessate;
        l) l'art. 13,    che   disciplina   le   procedure   per   la
localizzazione,   l'approvazione   dei   progetti,   la   VIA   degli
insediamenti  produttivi  e  delle infrastrutture private strategiche
per  l'approvvigionamento  energetico,  richiamando  gli artt. 3 e 4,
sarebbe  incostituzionale, secondo la Regione Marche, per le medesime
ragioni  gia'  esposte con riguardo alle disposizioni citate; inoltre
esso,  secondo  la  Provincia autonoma di Trento, violerebbe l'art. 4
del decreto legislativo n. 266 del 1992, in quanto, per effetto della
semplice    individuazione,    con    atto   statale   di   carattere
amministrativo,   del   preminente   interesse  nazionale  di  alcuni
insediamenti privati, spoglierebbe la Provincia ricorrente dei poteri
amministrativi  ad  essa spettanti. Il medesimo art. 13, nel comma 5,
sarebbe   inoltre   lesivo   delle  competenze  costituzionali  della
Provincia   autonoma  di  Bolzano  per  il  fatto  di  prevedere  che
l'approvazione  del  CIPE  sostituisce le autorizzazioni, concessioni
edilizie  e  approvazioni in materia di urbanistica e opere pubbliche
che rientrano nelle competenze della Provincia medesima;
        m) l'art. 15,  il  quale  attribuisce  al Governo la potesta'
regolamentare  di integrazione di tutti i regolamenti emanati in base
alla  legge  n. 109 del 1994, e, nel comma 2, autorizza i regolamenti
emanati  in  esercizio della potesta' di cui al comma 1 ad abrogare o
derogare, dalla loro entrata in vigore, le norme di diverso contenuto
precedentemente  vigenti  nella materia, si porrebbe in contrasto, ad
avviso  della  Regione Toscana, con l'art. 1, comma 3, della legge di
delega  n. 443  del  2001,  che  delegava  il  Governo ad integrare e
modificare  solo  il regolamento n. 554 del 1999. Tutte le ricorrenti
lamentano   inoltre   che   l'attribuzione  al  Governo  di  potesta'
regolamentare in materia di appalti e di opere pubbliche, materia che
non   sarebbe  qualificabile  come  di  potesta'  esclusiva  statale,
contravverrebbe  al rigido riparto di competenza posto nell'art. 117,
sesto  comma,  Cost.  La  potesta'  di dettare norme regolamentari in
materie  diverse  da  quelle  di  legislazione esclusiva non potrebbe
essere riconosciuta neppure alla condizione che i regolamenti statali
siano  cedevoli  rispetto  a  quelli  regionali,  poiche'  l'articolo
impugnato avrebbe espressamente escluso la propria cedevolezza per la
parte  della disciplina da esso recata non riconducibile a materie di
competenza esclusiva statale. Il medesimo articolo e' impugnato dalla
Provincia   autonoma   di  Bolzano  nel  comma 4,  ove  si  statuisce
l'applicabilita'   nei  confronti  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome  della  disciplina regolamentare adottata dallo Stato con il
d.P.R.  23 dicembre  1999,  n. 554,  in radicale contrasto con quanto
statuito da questa Corte nella sentenza n. 482 del 1995;
        n) l'art. 16,  commi 1, 2, 3, 6 e 7, il quale, anticipando la
disciplina procedimentale oggetto di impugnazione ai progetti gia' in
corso,  incorrerebbe,  secondo  la Regione Toscana, nei medesimi vizi
gia' illustrati in riferimento alle singole fasi del procedimento;
        o) gli artt. 17, 18, 19 e 20, per la parte in cui dettano una
disciplina  della  procedura  di  VIA  di  opere e infrastrutture che
deroga alla disciplina regionale e provinciale, sono denunciati dalle
Regioni  Marche  e  Toscana,  le  quali  ritengono  lese  le  proprie
competenze  a  disciplinare  gli  strumenti  attuativi  della  tutela
dell'ambiente dettati dal legislatore comunitario;
        p) l'art. 19,  comma 2, che demanda la valutazione di impatto
ambientale  a  una commissione speciale costituita dal Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio, sarebbe illegittimo, a giudizio delle
Regioni   Marche   e  Toscana,  per  la  mancata  previsione  di  una
partecipazione  delle  Regioni,  che sarebbero in tal modo estromesse
dalla funzione di attuazione del valore costituzionale «ambiente»;
        q) gli  artt. 1, commi 1 e 7; 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, e 7; 3,
commi 4,  5,  6 e 9; 13, comma 5; e 15, nel prevedere procedimenti di
approvazione  che  comportano l'automatica variazione degli strumenti
urbanistici,    determinano   l'accertamento   della   compatibilita'
ambientale  e sostituiscono ogni altra autorizzazione, approvazione e
parere,  disattenderebbero, secondo la Provincia autonoma di Bolzano,
le  norme  di  attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige  recate  dal d.P.R. n. 381 del 1994, che subordinano l'adozione
di  alcune  delle  opere  previste  dal decreto impugnato alla previa
intesa con la Provincia.
    19. - Si  e'  costituito  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  e  ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati
infondati.  La  difesa  erariale sostiene innanzitutto che la materia
dei  lavori  pubblici,  non  richiamata nel nuovo testo dell'art. 117
Cost.,  non  potrebbe  essere  ascritta alla potesta' residuale della
Regione,  ma  che,  al  contrario, lo Stato conserverebbe la potesta'
legislativa  di  principio per la disciplina degli appalti riferibili
alle  materie  comprese  nella potesta' legislativa concorrente. Cio'
senza  considerare che anche nel nuovo Titolo V l'interesse nazionale
potrebbe  legittimare  il  superamento della ripartizione per materie
posta nel medesimo art. 117.
    Inoltre,   prosegue  l'Avvocatura,  la  legge  n. 166  del  2002,
recependo le istanze regionali, avrebbe previsto che l'individuazione
delle  opere  avvenga  d'intesa fra lo Stato e le Regioni, sicche' il
decreto   impugnato   si   dovrebbe   considerare   rispettoso  delle
attribuzioni  regionali.  La  partecipazione  effettiva delle Regioni
alla  fase  di  approvazione,  come  prevede  l'art. 2,  comma 1, del
decreto  impugnato,  priverebbe  di fondamento la censura relativa al
potere  sostitutivo  conferito  al  Governo  nell'ipotesi di dissenso
della  Regione  interessata,  tanto  piu'  che la fattispecie sarebbe
perfettamente   conforme   allo   schema   di  esercizio  del  potere
sostitutivo delineato nell'art. 120, secondo comma, Cost., venendo in
questione  opere  che, per la loro indubitabile rilevanza strategica,
sarebbero in grado di incidere sull'unita' economica del Paese.
    Quanto alla ammissibilita' di una normativa statale di dettaglio,
ovviamente  cedevole,  in  materia di potesta' concorrente, la difesa
del   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  osserva  che  cio'
risponderebbe  «ad  una esigenza imprescindibile, in applicazione del
principio  di  continuita',  quando  non  vi  sia  alcuna altra norma
applicabile alla fattispecie». Neppure dovrebbe dirsi leso l'art. 118
Cost.,  poiche' la nuova formulazione di tale articolo attribuisce le
funzioni  amministrative  sulla base del principio di sussidiarieta',
precisando  che  tali  funzioni  devono  essere attribuite allo Stato
quando  occorra  assicurarne  l'esercizio unitario, cio' che, secondo
l'Avvocatura,  accadrebbe  nel  caso  di specie, dovendosi realizzare
opere di «preminente interesse nazionale».
    Con  riguardo  alle  censure  che  investono  la previsione della
nomina   governativa  di  un  commissario  straordinario  che  vigili
sull'andamento  delle  opere  e  l'attribuzione ad esso del potere di
adottare   i   provvedimenti  necessari  alla  tempestiva  esecuzione
dell'opera,  la  difesa erariale replica osservando: che la procedura
ha   luogo   solo   per   le  opere  di  interesse  internazionale  o
interregionale;   che  comunque  e'  previsto  che  siano  sentiti  i
Presidenti  delle  Regioni coinvolte; che infine i poteri sostitutivi
del  commissario  non  potranno  oltrepassare le competenze dell'ente
conferente,  non potendo lo Stato conferire poteri maggiori di quelli
di cui esso stesso gode.
    In  merito alla mancata previsione della partecipazione regionale
alla  procedura  di  valutazione  di impatto ambientale dell'opera si
rileva   che  la  VIA  attiene  alla  tutela  dell'ambiente,  materia
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato.
    20. - In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  del  25 marzo 2003
tutte  le  parti  hanno  depositato  ulteriori  memorie difensive. La
Regione  Toscana  e  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  contestano
l'esistenza di un criterio di strumentalita' della materia dei lavori
pubblici, dal quale discenderebbe la conseguenza che lo Stato sarebbe
abilitato  a  dettare  i  principi  per  la  disciplina degli appalti
riferibili   alle   materie   soggette   alla   potesta'  legislativa
concorrente.  Di strumentalita', si argomenta nel ricorso toscano, si
potrebbe parlare solo se nell'art. 117 Cost. fosse stata inserita tra
le  materie  riservate  allo  Stato  quella  dei  «lavori pubblici di
interesse  nazionale»,  cio'  che  non e' avvenuto. Anche ad accedere
alla  tesi  della  strumentalita',  peraltro,  non verrebbero meno le
ragioni  di  illegittimita' costituzionale delle norme denunciate. In
tale  ottica, osservano la Regione Toscana e la Provincia autonoma di
Bolzano,  dovrebbe  comunque essere ritenuta di competenza statale la
sola  disciplina  delle  opere  pubbliche  comprese  nelle materie di
competenza   legislativa  esclusiva  statale,  ad  esempio  le  opere
concernenti  la  difesa o l'ordine pubblico, non anche tutte le altre
opere  che  i decreti impugnati invece menzionano e regolamentano con
normativa  di  minuto  dettaglio.  Allo  Stato, prosegue la Provincia
autonoma  di Bolzano, spetterebbe solo la determinazione dei principi
fondamentali   della   disciplina   dei   lavori  che  riguardino  le
infrastrutture  sulle  quali e' riconosciuta una potesta' legislativa
concorrente   e   quindi,   proprio   applicando  il  criterio  della
strumentalita',  non  si giustificherebbe la disciplina statale delle
procedure  per  la  realizzazione  di  infrastrutture riconducibili a
materie  attribuite  alla  competenza  esclusiva  o concorrente della
Provincia.
    Del  pari infondata, secondo tutte le ricorrenti, sarebbe la tesi
statale  secondo  la  quale  l'interesse  nazionale  rappresenterebbe
ancora   un   limite   alla   potesta'   legislativa   regionale  che
consentirebbe  di superare la ripartizione posta nell'art. 117 Cost.,
giacche'  in  tal  modo  sarebbe  inammissibilmente  reintrodotto  in
Costituzione  un  limite  che  non e' piu' espressamente previsto. La
tutela  degli interessi unitari potrebbe ormai essere realizzata solo
attraverso  poteri e istituti espressamente previsti in Costituzione.
Si  aggiunge nella memoria della Provincia autonoma di Trento che, se
le Regioni non potessero intervenire la' dove sono in gioco interessi
nazionali,  non  si  giustificherebbero  nemmeno i poteri sostitutivi
disciplinati  nell'art. 120, secondo comma, Cost. Inoltre, osserva la
Provincia,  gia'  dall'art. 13  del  decreto-legge  n. 67  del  1997,
risultava  che  opere «di rilevante interesse nazionale» potevano non
di meno essere di competenza regionale, mentre il decreto legislativo
n. 112  del  1998  avrebbe  attribuito  allo  Stato  la competenza su
«grandi  reti  infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con
legge  statale»  sul  presupposto  che  non  fosse giustificabile una
disciplina  che,  come quella impugnata, rimettesse la definizione di
tale interesse alla discrezionalita' del Governo.
    Neppure  si potrebbe affermare, soggiunge la Regione Toscana, che
la  normativa  impugnata  sarebbe rispettosa dell'autonomia regionale
poiche'  e'  stato  in essa previsto che l'individuazione delle opere
sia  effettuata  d'intesa  fra  Stato  e Regioni e l'approvazione dei
progetti  avvenga  attraverso  l'intesa.  Gli accordi e le intese non
possono  infatti  vincolare il legislatore statale o regionale, visto
che   l'ordine   costituzionale   delle   competenze  legislative  e'
indisponibile.  Il  richiamo  che  la difesa erariale fa all'art. 120
Cost.,   si   prosegue  nella  memoria  della  Toscana,  non  sarebbe
pertinente,  perche'  tale  disposizione richiede la definizione, con
legge, delle procedure atte a garantire che il potere sostitutivo sia
esercitato  nel  rispetto  del principio di sussidiarieta' e di leale
collaborazione,  e  tale  legge  non  e'  stata  ancora  emanata, con
conseguente impossibilita' di applicare il medesimo art. 120. Inoltre
l'intervento  sostitutivo  in discorso sarebbe attivato in assenza di
un  inadempimento  regionale, e per effetto della sola manifestazione
del  dissenso da parte della Regione (memoria della Regione Toscana),
e  non  sarebbe  giustificabile  con l'esigenza di garantire l'unita'
economica  del  Paese  (memoria della Provincia autonoma di Bolzano),
sicche'  l'avere  legittimato un intervento sostitutivo in assenza di
ogni  inadempimento  regionale  sarebbe ragione di illegittimita' del
decreto   legislativo   per   violazione   del   principio  di  leale
collaborazione,  richiamato  dallo  stesso  art. 120,  secondo comma,
Cost.
    Quanto  alla  asserita  legittimita'  delle  norme  di  dettaglio
«cedevoli»,  le  ricorrenti  ricordano la sentenza n. 282 del 2002 di
questa  Corte,  dalla  quale  sarebbe  chiaramente  desumibile che la
competenza statale nelle materie di potesta' concorrente e' «limitata
alla determinazione dei principi fondamentali della materia», sicche'
non sarebbero piu' ammissibili normative suppletive statali.
    L'Avvocatura,  si  osserva nella memoria della Provincia autonoma
di Bolzano, invoca la legge n. 166 del 2002, che, a suo dire, avrebbe
recepito  le  istanze  regionali  in  materia, ma il richiamo sarebbe
inconferente, poiche' la legge in questione e' precedente rispetto al
decreto impugnato, cosi' da non poter spiegare alcuna influenza sulla
questione  all'esame  della Corte. Nella medesima memoria e in quella
della   Provincia   di   Trento   si   ribadisce   che  la  soluzione
procedimentale  contemplata  nell'art. 3,  comma 6,  per  superare il
dissenso   della   Provincia  sarebbe  illegittima,  per  la  mancata
previsione   di   un'intesa,   e   respinge   sul  punto  le  diverse
considerazioni  dell'Avvocatura,  che  invocherebbe  in  modo  errato
l'art. 1,  comma 2, del decreto impugnato. Parimenti incostituzionale
sarebbe  la  nomina  del commissario straordinario. Il rilievo che la
procedura  censurata  riguarderebbe  soltanto  le  opere di interesse
internazionale o interregionale, oltre a non trovare fondamento nella
lettera  della  norma  impugnata (cosi' nella memoria della Provincia
autonoma  di  Trento)  non  varrebbe  comunque  a  farne  venire meno
l'illegittimita',  posto  che  per  i collegamenti di tale natura gli
artt. 19,  20  e  21  del  d.P.R.  n. 381  del  1974  imporrebbero il
raggiungimento   di   un'intesa,  non  essendo  sufficiente  la  mera
audizione  dei  Presidenti  delle  Regioni interessate (memorie delle
Province autonome di Trento e Bolzano).
    In  riferimento  alla  denunciata  lesione  dell'art. 118  Cost.,
secondo  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  non sarebbe possibile
invocare  la  sussistenza  di  esigenze  unitarie  relativamente alle
funzioni  amministrative,  giacche'  la Costituzione, «lasciando alle
Regioni  la  competenza  a  dettare  la  disciplina della materia, ha
ritenuto  che non sussistesse un'esigenza di assoluta uniformita' tra
Regione e Regione nemmeno quanto a disciplina legislativa». Comunque,
alla  Provincia  di  Bolzano,  in  base  all'art. 16 dello statuto di
autonomia, non potrebbero essere sottratte le funzioni amministrative
nelle  materie  che  rientrano  nella sua competenza legislativa, non
essendo  applicabile  alla  medesima  l'art. 118  Cost.,  quando cio'
determini  un  regime  di minor garanzia rispetto a quello assicurato
dallo  statuto.  Inoltre,  si  legge  nella  memoria  della Provincia
autonoma   di   Trento,   l'art. 118   sancirebbe  il  principio  del
parallelismo non quanto alla spettanza delle funzioni amministrative,
ma  in ordine al potere di allocare le funzioni, sicche' lo Stato non
avrebbe  avuto  il  potere  di  allocare  le  funzioni amministrative
relative  a  opere  pubbliche,  salvo quelle rientranti in materie di
potesta' legislativa esclusiva statale.
    21. - Ha  anche  depositato  ulteriori memorie, per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  l'Avvocatura generale dello Stato. La
difesa   erariale  muove  dalla  constatazione  che  non  si  possano
enfatizzare  gli  aspetti  innovativi della riforma del Titolo V e al
contempo  continuare  ad  utilizzare  schemi  concettuali  propri del
precedente  assetto costituzionale, occorrendo al contrario «ampliare
l'orizzonte   all'esperienza   degli   Stati   federali».  In  simile
prospettiva    sarebbe   innegabile   la   rilevanza   costituzionale
dell'interesse  nazionale,  che  legittima,  negli Stati Uniti con la
formula   degli   implied   powers,  in  Germania  con  quella  della
Sachzusammenhang (connessione delle materie) e con la Natur der Sache
(natura  della cosa), l'intervento della Federazione nelle materie di
competenza degli Stati membri. Proprio in considerazione della natura
delle  opere  da  realizzare  in  base  al decreto impugnato, che pur
avendo   rilevanza   regionale,  convergerebbero  funzionalmente  nel
programma  di  modernizzazione  del  Paese,  sarebbe evidente come la
competenza   debba  spettare  allo  Stato.  I  soggetti  privati  non
sarebbero infatti invogliati a investire risorse se la localizzazione
e  progettazione  delle opere venisse rimessa a discipline e soggetti
diversi  e  la  stessa procedura per l'individuazione del contraente,
che  incide  sulle  condizioni economiche dell'operazione, dipendesse
dalle  scelte  legislative  e  amministrative  di  ogni  Regione. Per
ragioni   analoghe   sarebbero   legittimi   anche  i  meccanismi  di
superamento  del  dissenso  regionale e gli interventi sostitutivi da
parte dei commissari straordinari, i quali sarebbero diretti non solo
a   garantire   l'interesse   pubblico   statale  alla  realizzazione
dell'opera,   ma   anche  a  diminuire  il  «rischio  amministrativo»
dell'operazione  finanziata  con  capitali privati. Alla luce di tali
considerazioni    l'Avvocatura    sostiene    che   le   attribuzioni
costituzionali  delle  Regioni  riceverebbero adeguata considerazione
nella partecipazione alle sedi deliberative statali.
    Tornando al tema della configurabilita' del limite dell'interesse
nazionale,  l'Avvocatura ricorda come nel dibattito dottrinario siano
state  numerose  le  voci  che hanno radicato tale limite nell'art. 5
Cost.,  e,  con  specifico riguardo alla materia dei lavori pubblici,
osserva  come  essa  presenti  aspetti che non possono prescindere da
un'impostazione  unitaria.  Il  regime  degli  appalti,  ad  esempio,
presupporrebbe  la  concorrenza  delle  imprese,  materia che risulta
assegnata alla competenza esclusiva dello Stato, e sempre alla tutela
della  concorrenza dovrebbe essere ricondotta tutta la disciplina che
riguarda  i  meccanismi  di  aggiudicazione e di qualificazione delle
imprese  con riferimento alla materia delle opere pubbliche, che pure
e'  di  competenza  regionale.  Proprio in considerazione dei profili
delle  materie  di  potesta'  concorrente  che  possono  incidere  su
interessi  tutelati a livello unitario, e ricadenti nell'ambito delle
materie  di  competenza  esclusiva  statale,  sarebbe giustificato il
ricorso  a una gestione uniforme e ispirata a esigenze di sicurezza e
di   efficienza   a   livello  nazionale  di  opere  infrastrutturali
essenziali allo sviluppo del Paese.
    22. - Le   Regioni   Campania,   Toscana,   Marche,   Basilicata,
Emilia-Romagna,   Umbria,   Lombardia  hanno  proposto  questione  di
legittimita'  costituzionale  in  via principale, in riferimento agli
artt. 3,  9,  32,  41,  42,  44,  70, 76, 77, 97, 114, 117, 118 e 119
Cost.,  nonche'  all'art. 174 del trattato istitutivo della Comunita'
europea,  dell'intero  decreto  legislativo 4 settembre 2002, n. 198,
recante  «Disposizioni  volte  ad  accelerare  la realizzazione delle
infrastrutture    di    telecomunicazioni    strategiche    per    la
modernizzazione  e  lo  sviluppo  del  Paese,  a  norma  dell'art. 1,
comma 2,  della  legge  21 dicembre  2001,  n. 443», e in particolare
degli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12.
    Nei  ricorsi regionali si osserva in via preliminare che la legge
di  delega  n. 443  del  2001 autorizzava l'adozione di una normativa
specifica   per   le   sole   infrastrutture   di   telecomunicazione
puntualmente individuate anno per anno, mentre nel caso di specie non
vi  sarebbe stata tale individuazione, ma esclusivamente una «sintesi
del   piano  degli  interventi  nel  comparto  delle  comunicazioni».
Inoltre,  si  osserva  nei  ricorsi  delle  Regioni  Emilia-Romagna e
Umbria,  la  delega  sarebbe  stata conferita per la realizzazione di
«grandi    opere»,   mentre   tralicci,   pali,   antenne,   impianti
radiotrasmittenti,  ripetitori,  che  il  decreto  legislativo n. 198
disciplina,  costituirebbero solo una molteplicita' di piccole opere,
del  tutto estranee all'oggetto della delega. Infine, si aggiunge nei
ricorsi  delle  Regioni  Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia, lungi
dall'uniformarsi  ai  principi  e  criteri direttivi della delega, il
decreto  impugnato, nell'art. 1, porrebbe i principi che informano le
disposizioni  successive,  con  cio'  confermando la violazione della
delega.
    Si invoca la violazione dei limiti della delega, nello specifico:
        a) per  l'art. 3,  in  quanto  la  delega  stabiliva  che  le
infrastrutture  strategiche dovessero essere individuate d'intesa con
la  Regione,  mentre  di  tale intesa non vi sarebbe traccia (ricorso
della Regione Toscana);
        b) per  l'art. 3,  comma 1,  sull'assunto  che  non era stato
conferito  al Governo alcun potere di derogare alle norme della legge
22 febbraio   del   2001,  n. 36  (ricorso  delle  Regioni  Marche  e
Lombardia);
        c) per  l'art. 3,  comma 2,  che  dispone la deroga, sotto il
profilo  urbanistico,  «ad  ogni  altra  disposizione  di  legge o di
regolamento», la' dove l'art. 1, comma 2, della legge n. 443 del 2001
prevedeva solo una deroga «agli articoli 2, da 7 a 16, 19, 20, 21, da
23  a  30, 32, 34, 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge 11 febbraio
1994,  n. 109»,  nonche'  alle  ulteriori disposizioni della medesima
legge  che  non  fossero  necessaria  ed immediata applicazione delle
direttive comunitarie (ricorsi delle Regioni Marche e Lombardia);
        d) per   l'art. 4,  comma 1,  poiche'  in  tale  disposizione
mancherebbe   ogni  riferimento  a  infrastrutture  che  siano  state
dichiarate  «strategiche» ai sensi della legge n. 443 del 2001, cosi'
da  potere  essere  riferita alle infrastrutture radioelettriche tout
court (tutti i ricorsi);
        e) per  l'art. 11,  che  avrebbe illegittimamente innovato al
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (ricorso della Regione Marche);
        f) per   l'art. 12,   commi 1   e  2,  il  quale,  disponendo
l'efficacia  delle  nuova  disciplina  anche  alle  installazioni  di
infrastrutture gia' assentite dalle amministrazioni, farebbe assumere
al  decreto  impugnato,  in  assenza  di  una specifica previsione di
infrastrutture   di   telecomunicazioni   strategiche  nel  programma
approvato dal CIPE nel 2001, una efficacia retroattiva (ricorsi delle
Regioni Toscana e Marche);
        g) per l'art. 12, comma 4, che avrebbe eliminato le procedure
di   «valutazione   di   impatto  ambientale»,  la'  dove  la  delega
contemplava  solo  la  loro  riforma  (ricorso della Regione Marche).
Inoltre   la   medesima   delega   stabiliva  che  le  infrastrutture
strategiche  sarebbero  state individuate d'intesa con la Regione, ma
di  tale  intesa  non  vi  sarebbe  traccia  nell'art. 3  del decreto
legislativo impugnato (ricorso della Regione Toscana).
    In  merito  alla  denunciata  lesione  dell'art. 117  Cost.,  nei
ricorsi   delle  Regioni  Campania,  Toscana,  Marche,  Basilicata  e
Lombardia   si   sostiene   che   il   decreto   legislativo   n. 198
disciplinerebbe oggetti riconducibili alle materie «ordinamento della
comunicazione»,  «governo del territorio» e «tutela della salute», di
potesta'  concorrente,  con  disposizioni  di  minuto  dettaglio. Nei
ricorsi  delle Regioni Emilia-Romagna e Umbria, dopo aver notato come
sia  lo  stesso legislatore a escludere di agire nell'esercizio della
potesta'   esclusiva  quando  asserisce,  all'art. 1,  di  dettare  i
«principi  fondamentali»  nella  materia  considerata, si afferma che
nella materia oggetto del decreto legislativo n. 198 spetterebbe alle
Regioni  una  potesta'  legislativa piena, salvi gli aspetti relativi
alla tutela dell'ambiente, della salute e quelli collegati al governo
del territorio, ossia alla localizzazione delle opere.
    Risulterebbe  inoltre  indefinito,  secondo la ricorrente Regione
Marche,  lo stesso criterio di individuazione delle infrastrutture di
telecomunicazione   che   dovrebbero   rientrare   nell'ambito  della
disciplina   derogatoria   prevista  dal  legislatore  delegante.  Il
provvedimento del CIPE al quale, ai sensi dell'art. 1, comma 1, della
legge  di delega, era affidata l'individuazione delle opere, infatti,
avrebbe semplicemente indicato i flussi di investimento, non anche le
opere  da realizzare. Da cio' la conclusione che le infrastrutture di
telecomunicazioni  si  atterrebbero,  per  una parte, alla materia di
potesta'  concorrente «ordinamento della comunicazione», per l'altra,
a   materie   come  l'urbanistica  e  l'edilizia,  l'industria  e  il
commercio,   che  sarebbero  ascrivibili  alla  potesta'  legislativa
residuale delle Regioni e che non potrebbero essere svuotate del loro
contenuto   semplicemente   invocando   il  carattere  di  «interesse
nazionale» delle opere da realizzare.
    Nello  specifico,  i  ricorsi  regionali  censurano  le  seguenti
disposizioni del decreto legislativo n. 198 del 2002:
        a) l'art. 1, che imporrebbe, con normazione di dettaglio, una
procedura  derogatoria  e unificata a livello nazionale per opere che
rientrerebbero  anche  nella competenza regionale, per la connessione
dell'oggetto della disciplina con materie di competenza regionale sia
concorrente,  sia  residuale (ricorsi delle Regioni Campania, Marche,
Basilicata e Lombardia);
        b) l'art. 3,  per la parte in cui afferma che le categorie di
infrastrutture   di   telecomunicazioni  strategiche  sono  opere  di
interesse  nazionale,  realizzabili  esclusivamente  sulla base delle
procedure   definite   nel   decreto,  in  deroga  alle  disposizioni
dell'art. 8,  comma 1,  lettera c),  della  legge n. 36 del 2001, che
aveva  previsto la competenza legislativa regionale nella definizione
delle    modalita'    per    il    rilascio    delle   autorizzazioni
all'installazione degli impianti; i commi 2 e 3 del medesimo articolo
sono  inoltre  impugnati in quanto stabiliscono che le infrastrutture
di   comunicazione  possono  essere  realizzate  in  ogni  parte  del
territorio  comunale  anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad
ogni   altra   disposizione   di  legge  o  di  regolamento,  con  la
precisazione che la disciplina delle opere di urbanizzazione primaria
e'  applicabile  alle  opere civili e in genere ai lavori e alle reti
indispensabili   per   la   realizzazione   delle  infrastrutture  di
telecomunicazione. La deroga alle previsioni urbanistiche ed edilizie
locali  determinerebbe  lesione delle competenze regionali in materia
di   ordinamento   della   comunicazione,   governo  del  territorio,
urbanistica   ed  edilizia  e  renderebbe  vana  ogni  pianificazione
territoriale,   anche  a  livello  comunale  (ricorsi  delle  Regioni
Toscana,  Marche,  Basilicata,  Emilia-Romagna,  Umbria e Lombardia);
inoltre  la  medesima  disposizione, liberalizzando, sotto il profilo
urbanistico,   il   diritto   di   installazione  degli  impianti  di
telecomunicazione,   sacrificherebbe   in  modo  eccessivo  interessi
costituzionali  come  quello alla tutela del paesaggio e all'ordinato
sviluppo  urbanistico del territorio, determinando una violazione del
limite   della   utilita'  sociale  che  l'art. 41  Cost.  pone  alla
iniziativa  economica privata (ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e
Umbria);
        c) l'art. 4,  il  quale  prevede  che  l'autorizzazione  alla
installazione sia rilasciata previo accertamento della compatibilita'
del  progetto  con  i limiti di esposizione, i valori di attenzione e
gli  obiettivi  di  qualita'  stabiliti,  con  riferimento  ai  campi
elettromagnetici,    uniformemente   a   livello   nazionale.   Cosi'
disponendo, il legislatore statale avrebbe vanificato la legislazione
regionale  gia'  adottata in materia sulla base dell'art. 3, comma 1,
lettera d),   della   legge   n. 36   del   2001   (ricorsi  Toscana,
Emilia-Romagna  e  Umbria) e impedito alle Regioni di porre, a tutela
di  interessi  sanitari  e  ambientali  delle rispettive popolazioni,
misure  di  garanzia  ulteriori  rispetto a quelle che il legislatore
nazionale  abbia  fissato  su  tutto il territorio nazionale (ricorso
della Regione Lombardia);
        d) gli  artt. 5  e  6,  nel  disciplinare  i  procedimenti di
autorizzazione  relativi alle infrastrutture di telecomunicazione per
impianti  radioelettrici, detterebbero regole di estremo dettaglio in
materia  di competenza regionale concorrente; inoltre le disposizioni
in    oggetto,    unitamente    all'art. 7,   comma 7,   autorizzando
l'installazione  degli impianti in qualunque posizione, senza imporre
distanze   minime  dalle  abitazioni,  recherebbero  un  eccessivo  e
ingiustificato pregiudizio alla tutela dell'ambiente e della salute e
violerebbero  in  particolare  il  principio  di  precauzione  di cui
all'art. 174,  comma 2, del trattato istitutivo della CE, non essendo
consentito,  in  tale  materia,  affidarsi  alla «autodisciplina» dei
privati  come  si  e'  fatto  con  la previsione di denunce di inizio
attivita'  e  meccanismi  di  silenzio-assenso (ricorsi delle Regioni
Emilia-Romagna, Umbria e Lombardia);
        e) gli  artt. 7,  8,  9  e  10, che pongono una disciplina di
favore  per  le  opere  civili,  gli  scavi e le occupazioni di suolo
pubblico  strumentali  alla  realizzazione  delle  infrastrutture  di
telecomunicazione,  favorirebbero  alcuni operatori nel settore delle
telecomunicazioni  senza  che le Regioni, pur titolari della potesta'
legislativa in materia di ordinamento della comunicazione, abbiano in
alcun  modo potuto interloquire sulla individuazione di tali soggetti
e sulla necessita' di ammetterli a tale regime speciale e derogatorio
(tutte le ricorrenti);
        f) l'art. 12,  il  quale, nel dettare le disposizioni finali,
attribuisce  valore  di  autorizzazione  e di dichiarazione di inizio
attivita'  anche  ai titoli gia' rilasciati per l'installazione delle
infrastrutture  e  alle istanze gia' presentate, alla data di entrata
in vigore della nuova normativa, per gli impianti con tecnologia UMTS
o   con  potenza  di  antenna  eguale  o  inferiore  a  20  Watt.  La
disposizione  in  oggetto, per un verso, anticiperebbe l'applicazione
della  nuova  normativa  anche  a  infrastrutture  che non sono state
ancora   individuate   con  il  programma  delle  opere  strategiche,
contraddicendo  cosi' l'art. 1 della legge di delega n. 443 del 2001,
per  l'altro  estenderebbe retroattivamente la disciplina derogatoria
gia'   denunciata   come  lesiva  delle  competenze  regionali.  Pure
incostituzionale  sarebbe,  secondo  la Regione Marche, l'abrogazione
dell'art. 2-bis  della legge 1 luglio 1997, n. 189, per effetto della
quale  risulterebbe  esclusa la competenza della Regione a prevedere,
nell'esercizio delle proprie attribuzioni legislative, l'applicazione
di  procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione
ad   oggetti   non   specificamente   individuati   dalle   direttive
comunitarie.
    Ulteriori censure, diverse da quelle che denunciano la violazione
del quadro costituzionale delle competenze legislative, investono:
        a) gli  artt. 3,  comma 2;  5; 7; 9; 12, commi 3 e 4; nonche'
gli  allegati  A,  B,  C  e  D.  Le  norme e gli allegati in discorso
attribuirebbero   al  Governo  un  potesta'  normativa  diretta  alla
modificazione   o   integrazione  dei  regolamenti  di  esecuzione  e
attuazione  della  legislazione finora vigenti in materie di potesta'
concorrente,  in tal modo violando l'art. 117, sesto comma, Cost., il
quale  riconosce  allo  Stato  la  potesta'  regolamentare solo nelle
materie  di  legislazione  esclusiva  statale  (ricorso della Regione
Marche);
        b) gli  articoli  e  allegati  citati  nel  punto  precedente
(ricorso  della  Regione Marche), nonche' gli artt. da 4 a 9 (ricorso
della  Regione  Toscana),  che,  nel disciplinare dettagliatamente il
procedimento   per   il   rilascio   dei   titoli   abilitativi   per
l'installazione  delle  infrastrutture  di telecomunicazioni e per le
opere  connesse,  si porrebbero in contrasto con l'art. 118 Cost., il
quale  affiderebbe  alle  Regioni  la  competenza  a  distribuire  le
funzioni  nelle  materie  in  cui  e'  ad  esse riconosciuta potesta'
legislativa  concorrente  o  residuale.  Nel  caso  di specie sarebbe
lesiva  delle attribuzioni regionali l'allocazione a livello centrale
delle  funzioni amministrative relative alla specifica localizzazione
sul  territorio e alla concreta realizzazione delle infrastrutture di
telecomunicazione;
        c) gli  artt. 5,  commi 3,  4,  5,  6,  e  7;  6, comma 1; 7,
commi 2, 3, 4, 5, 6, e 7; 8, comma 3; 9, commi 1, 2, e 3; 12, comma 4
(ricorso   della  Regione  Marche),  che,  disponendo  una  serie  di
semplificazioni   procedurali   dei   processi   decisionali  per  la
realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni impedirebbero
alle  Regioni  di concorrere all'attuazione del valore costituzionale
della tutela ambientale;
        d) in  particolare  gli  artt. 7, comma 5; e 9, comma 3, sono
impugnati  nel  ricorso  della Regione Basilicata per la parte in cui
prevedono  che  nell'ipotesi  di  contrasto  fra  le  amministrazioni
interessate  nella  procedura  di  installazione di infrastrutture di
comunicazione  la  decisione  sia rimessa al Presidente del Consiglio
dei  ministri,  con  cio'  sacrificando,  secondo  la  prospettazione
regionale,  le  attribuzioni  riconosciute  in materia alla Regione e
contraddicendo  la  legge  n. 241  del  1990, che affida la decisione
finale  al  Consiglio  dei  ministri  solo  quando  l'amministrazione
dissenziente  o procedente sia un'amministrazione statale e non anche
nelle  altre  ipotesi,  nelle  quali  la potesta' decisionale sarebbe
conferita ai competenti organi esecutivi degli enti territoriali;
        e) l'art. 9,  commi 5  e  10, per la parte in cui impone agli
enti   locali  forme  di  programmazione  in  tempi  predefiniti  dal
legislatore  statale  e limita, per gli operatori, gli oneri connessi
alle  attivita'  di  installazione,  scavo  e  occupazione  di  suolo
pubblico,  violerebbe  il  principio  dell'autonomia  finanziaria, il
quale  postulerebbe  che  tutte  le funzioni amministrative spettanti
alle   Regioni   e  diverse  da  quelle  ordinarie  siano  finanziate
attraverso  la diretta attribuzione di risorse ai loro bilanci, senza
vincoli sulle modalita' di spesa, e comunque precluderebbe allo Stato
di  limitare l'autonomia regionale nella selezione degli strumenti da
impiegare  per  realizzare  le  grandi  opere  di interesse nazionale
(ricorsi  delle  Regioni  Campania, Toscana, Marche, Emilia-Romagna e
Umbria);
        f) gli   artt. 5,   comma 6;  7,  comma 4;  9,  comma 2,  che
estendono  la  regola della maggioranza all'adozione dell'atto finale
in   Conferenza  dei  servizi,  con  cio'  determinando,  secondo  la
ricorrente  Regione Campania, la totale pretermissione della volonta'
della Regione in materie di propria competenza;
        g) l'intero  decreto  legislativo, poiche', nel disporre, nel
complesso  delle  sue  disposizioni  e  segnatamente nell'art. 13, un
trattamento  differenziato  per  le  Regioni  ordinarie rispetto alle
Regioni  ad autonomia speciale, violerebbe il principio di parita' di
trattamento   fra   le   autonomie   regionali   e  il  principio  di
ragionevolezza,  posto  che  tale  diversita'  di trattamento sarebbe
ormai  ingiustificata,  alla  luce della revisione del Titolo V della
Parte  II  della  Costituzione  e  specificamente  della  clausola di
estensione  di  cui  all'art. 10  della legge costituzionale n. 3 del
2001 (ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria e Lombardia).
    23. - Si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
con  il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto
che i ricorsi siano rigettati.
    Secondo  la  difesa  erariale non sussisterebbe alcuna violazione
dell'art. 76  Cost.,  giacche'  la  legge  di  delega  specificamente
riguardava  le «infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti
produttivi   strategici   e  di  preminente  interesse  nazionale  da
realizzare  per  la  modernizzazione e lo sviluppo del Paese», la cui
individuazione concreta era rimessa a un programma approvato dal CIPE
che,    nell'allegato    5,   elencherebbe   le   infrastrutture   di
telecomunicazioni  per la realizzazione dei servizi UMTS, banda larga
e  digitale  terrestre.  La piena conformita' alla delega del decreto
legislativo impugnato sarebbe comprovata anche dal fatto che con esso
si   sarebbero   razionalizzate   le   procedure  autorizzatorie  per
l'installazione  degli impianti di telecomunicazioni, come richiedeva
l'art. 1,   comma 2,   lettera b),   della  delega.  Il  decreto  non
inciderebbe neppure, prosegue l'Avvocatura, sulla disciplina relativa
ai  limiti  di  esposizione ai campi elettromagnetici contenuta nella
legge  n. 36  del  2001,  ma  al contrario imporrebbe il rispetto dei
limiti attualmente fissati nel decreto ministeriale 3 settembre 1997,
n. 381.
    In  ordine  alla  denunciata lesione della competenza legislativa
concorrente  delle Regioni, la difesa statale sostiene che la materia
cui  inerisce  il decreto legislativo sia esclusivamente quella della
tutela  dell'ambiente  e non gia' quella del governo del territorio e
contesta  il rilievo secondo il quale non sarebbe consentito nel caso
in  esame  stabilire  una  normativa  uniforme  a  livello nazionale,
poiche'  alcune  Regioni  avrebbero  gia' esercitato la loro potesta'
legislativa   in   tema   di   localizzazione   degli   impianti   di
telecomunicazioni,  rammentando  come  le  leggi regionali emanate in
questa  materia siano state tutte impugnate dal Governo proprio sotto
il  profilo  della  violazione  della competenza esclusiva statale in
materia  di ambiente. L'ulteriore interesse sottostante la disciplina
oggetto  di impugnazione consisterebbe nella tutela della concorrenza
nel settore delle telecomunicazioni, che sarebbe certo favorita dalla
previsione   di   procedure   autorizzatorie  uniformi  su  tutto  il
territorio nazionale.
    Quanto  alla dedotta violazione dell'art. 118 Cost., l'Avvocatura
contesta  l'assunto  dei  ricorrenti,  secondo il quale l'esigenza di
esercizio   unitario   delle  funzioni  amministrative  non  potrebbe
costituire   un   titolo   autonomo   legittimante  l'intervento  del
legislatore  statale,  osservando  come  sia  ancora  controversa, in
dottrina,  l'applicabilita'  alla  legislazione concorrente regionale
dei  principi di sussidiarieta' e di adeguatezza e proseguendo che il
limite   dell'interesse   nazionale,   pur  non  piu'  menzionato  in
Costituzione,   potrebbe   comunque   essere   considerato  contenuto
implicito del principio di unita' e indivisibilita' della Nazione.
    24. - Nei   giudizi   instaurati  con  i  ricorsi  delle  Regioni
Campania,  Toscana e Marche hanno spiegato intervento le societa' H3G
s.p.a.,  T.I.M. s.p.a. - Telecom Italia Mobile, Vodafone Omnitel N.V.
(gia'  Vodafone  Omnitel  s.p.a.),  Wind  Telecomunicazioni s.p.a; in
quelli   introdotti   con   i   ricorsi   delle  Regioni  Basilicata,
Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia  tutte  le societa' menzionate,
tranne  H3G  s.p.a.  Tutti  gli  intervenienti  hanno  chiesto che le
questioni  sollevate  siano dichiarate improponibili, inammissibili e
comunque infondate.
    25. - Avverso  gli  artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 12 e gli allegati
A,  B,  C,  D  del  decreto  legislativo  n. 198 del 2002 ha proposto
ricorso,  «per  sollevare  questione di legittimita' costituzionale e
conflitto   di   attribuzione»,  anche  il  comune  di  Vercelli.  Il
ricorrente   ritiene  che  la  propria  legittimazione  ad  impugnare
discenderebbe  dal fatto che la revisione del Titolo V della Parte II
della Costituzione avrebbe attribuito direttamente ai comuni potesta'
amministrative  e  normative  che  dovrebbero poter essere difese nel
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  di  azione e nel
giudizio per conflitto di attribuzione.
    25.1.  Nel  giudizio  promosso  dal  comune  di  Vercelli  si  e'
costituito  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale preliminarmente
ha  eccepito  il  difetto  di  legittimazione al ricorso da parte del
comune,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato improponibile e
inammissibile.
    Ha  spiegato intervento, con atto pervenuto fuori termine, T.I.M.
s.p.a. - Telecom Italia Mobile.
    26. - In  prossimita' dell'udienza pubblica del 25 marzo tutte le
parti,  nonche' gli intervenienti, hanno depositato ulteriori memorie
difensive.
    26.1. - In   via   preliminare   le   Regioni   Toscana,  Marche,
Basilicata,  Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia  contestano che la
disciplina  impugnata  riguardi infrastrutture inserite nel programma
di  individuazione  delle  opere  strategiche  approvato  dal CIPE il
21 dicembre 2001. Si afferma in proposito che, in base all'allegato 5
richiamato  dalla  difesa  erariale, il legislatore avrebbe proceduto
solo  sulla  base  di  una  «sintesi  del  piano degli interventi nel
comparto  delle  telecomunicazioni»,  rinviando a una futura delibera
del  CIPE l'individuazione delle opere ritenute strategiche, cio' che
peraltro  la  legge  di  delega non avrebbe consentito. La disciplina
impugnata  troverebbe  dunque applicazione nei confronti di opere che
non  sarebbero state indicate come strategiche e si sarebbero percio'
sottratte  alla  previa  intesa  con  le  Regioni.  Tale conclusione,
secondo  la  Regione  Toscana,  sarebbe  confermata  dall'art. 12 del
decreto, che attribuisce efficacia retroattiva alle norme impugnata.
    Nelle memorie si contesta anzitutto che il decreto legislativo in
esame,  come sostenuto dall'Avvocatura, si attenga alle materie della
tutela  della  concorrenza  (memorie delle Regioni Campania, Toscana,
Marche,  Emilia-Romagna,  Umbria e Lombardia) o a quella della tutela
dell'ambiente   e  della  salute  (memorie  delle  Regioni  Campania,
Toscana,  Marche,  Basilicata,  Emilia-Romagna,  Umbria e Lombardia),
rilevandosi in tale ultimo caso come la relazione al decreto fornisca
una  indicazione  palesemente  contraria. Del resto, si osserva nelle
memorie  difensive di Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Lombardia, la
giurisprudenza    costituzionale    piu'   recente   sarebbe   chiara
nell'affermare  che  in  materia  di tutela dell'ambiente spetterebbe
allo  Stato  solo  il  potere  di fissare standard di tutela uniformi
sull'intero territorio nazionale, non anche di escludere l'intervento
regionale negli ambiti di propria competenza, come sarebbe quello dei
lavori   pubblici,   materia   non  piu'  contemplata  negli  elenchi
dell'art. 117,  commi  secondo  e terzo, Cost. La stessa tutela della
concorrenza,  si  aggiunge  nella  memoria delle Marche, non potrebbe
giustificare  la  previsione  di  un  procedimento  derogatorio delle
procedure  ordinarie,  giacche' nessuna violazione della par condicio
degli  imprenditori  interessati  al  settore  potrebbe  derivare dal
rispetto di tali procedure.
    Nella  memoria  della  Regione Toscana si pone in risalto come la
disciplina  del  procedimento  di  installazione  degli  impianti non
costituisca  di  per  se'  una  materia e si sostiene che spetterebbe
all'ente   competente   legiferare  nella  materia  cui  inerisce  il
procedimento.  Nelle  materie  di  potesta'  concorrente, come quelle
coinvolte   dalle  disposizioni  impugnate,  il  legislatore  statale
avrebbe  dovuto  dettare  i  principi  cui  il  legislatore regionale
avrebbe   dovuto  attenersi  nella  disciplina  legislativa  di  quel
procedimento, conformemente, del resto, a quanto era stato gia' fatto
con la legge n. 36 del 2001.
    Del    pari    da   respingere,   si   sostiene   nella   memoria
dell'Emilia-Romagna,  sarebbe la prospettazione della difesa erariale
secondo  la  quale  tutte  le  attivita'  che  coinvolgono  interessi
sovraregionali,   in  forza  dei  principi  di  sussidiarieta'  e  di
adeguatezza,  esigerebbero una disciplina unitaria a livello statale.
Si afferma al riguardo che il decreto legislativo n. 198 del 2002 non
coinvolgerebbe      interessi      sovraregionali,      disciplinando
l'installazione  di  vari  singoli  impianti  di  comunicazione e che
comunque  i  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  riguardano
l'allocazione  delle funzioni amministrative da parte dei legislatori
competenti,   mentre  l'allocazione  delle  funzioni  legislative  e'
direttamente posta nell'art. 117 Cost.
    Ad  avviso  della  Regione  Lombardia,  nell'impianto del decreto
legislativo impugnato assumerebbe una particolare rilevanza l'art. 3,
comma 2,   che   sancirebbe  l'automatica  prevalenza  dell'interesse
statale   alla   installazione  delle  infrastrutture  su  tutti  gli
interessi  alla  cui  tutela sono preposte le autonomie territoriali,
potendo   essa   derogare   anche   agli  strumenti  urbanistici.  La
difformita'  di  tale  automatismo rispetto all'ordine costituzionale
delle   competenze   sarebbe  stata  gia'  riconosciuta  dalla  Corte
costituzionale  in  altre consimili occasioni (si citano, ad esempio,
le  sentenze  n. 524  del  2002  e  n. 206  del 2001), nelle quali la
modifica  dello strumento urbanistico senza il consenso della Regione
sarebbe  stata  ritenuta lesiva delle competenze regionali in materia
urbanistica.
    Riguardo  agli  interventi  degli  operatori di telecomunicazione
Tim,  Wind,  Vodafone  Omnitel  e  H3G,  le  Regioni Toscana, Marche,
Emilia-Romagna   e   Lombardia   ne  eccepiscono  preliminarmente  la
inammissibilita'  e  contestano  puntualmente  le  argomentazioni  da
questi spese avverso i ricorsi regionali.
    26.2. - L 'Avvocatura generale dello Stato insiste per il rigetto
del ricorso.
    Tutti  i  ricorsi,  secondo  la  difesa statale, prenderebbero le
mosse  da una errata impostazione concettuale: la totale svalutazione
della  nozione  di «rete», che assumerebbe un decisivo rilievo, tanto
sotto  il  profilo  tecnico quanto nei risvolti giuridici, per quanto
attiene  alle  infrastrutture  di  telecomunicazione. La natura delle
opere  in  oggetto  renderebbe  del  tutto  priva di senso la visione
parcellizzata  e  atomistica  dell'impianto  di telecomunicazione che
appare  sottesa  alle  censure  di costituzionalita'. Dalla struttura
fenomenica  dell'oggetto  della  disciplina  discenderebbe  dunque la
assoluta  necessita'  di fissare, su base nazionale, limiti e criteri
omogenei,  uniformi  e  non  discriminanti,  in assenza dei quali una
«rete»  non  sarebbe  neppure  configurabile. Non potrebbero comunque
essere    compromessi,   «in   assenza   di   obiettive   ragionevoli
giustificazioni  e  di  essenziali  interessi  meritevoli  di  tutela
dall'ordinamento»,  la  completezza  e  la funzionalita' delle reti e
l'efficiente  espletamento  del  servizio  universale,  che  peraltro
costituiscono oggetto di obblighi comunitari.
    Quanto  alla  denunciata  violazione della competenza legislativa
concorrente  delle  Regioni si osserva che la materia cui inerisce il
decreto  legislativo  n. 198  deve  considerarsi  quella della tutela
dell'ambiente,   di  competenza  legislativa  esclusiva  statale:  il
principale  interesse al quale e' preordinata la disciplina impugnata
sarebbe  infatti  quello  del  rispetto  dei  limiti  alle  emissioni
elettromagnetiche.    Pur   volendo   accedere   alla   ricostruzione
dell'ambiente  come  materia  trasversale,  non  potrebbe negarsi, ad
avviso  della  difesa  erariale,  che  il legislatore nazionale possa
fissare principi e criteri uniformi, per l'intero territorio, proprio
ad  evitare  distorsioni  e impedimenti che metterebbero a rischio la
stessa  esistenza  della rete unitaria. Del resto la possibilita' per
lo  Stato  di  legiferare  anche  in  materie di potesta' legislativa
concorrente  o  addirittura esclusiva, quando vi sia la necessita' di
garantire  livelli minimi e uniformi di tutela sull'intero territorio
nazionale,  sarebbe stata riconosciuta dalla Corte costituzionale con
la  sentenza n. 536 del 2002. Nella fattispecie all'esame della Corte
un    limite   alla   legislazione   regionale   sarebbe   desumibile
dall'art. 120,  comma 1,  Cost.,  il  quale  mira ad escludere che le
Regioni  possano  adottare «provvedimenti che ostacolino in qualsiasi
modo  la  libera  circolazione  delle  persone  e  delle  cose tra le
Regioni»:  l'efficacia  di  funzionamento  della rete potrebbe essere
compromessa  da normative regionali che frappongano ostacoli alla sua
configurazione  funzionale  e  alla  circolazione  degli  apparati di
telefonia   mobile.   La  normativa  statale  impugnata  sarebbe  poi
preordinata ad attuare il principio costituzionale della tutela della
concorrenza,  riservata  alla  competenza  esclusiva  statale. Se non
fossero  definite  procedure  certe e uniformi sull'intero territorio
nazionale,  prosegue  la  difesa  statale,  non solo si violerebbe la
disciplina  comunitaria,  ma  si  verrebbe  a determinare una anomala
distorsione   del   mercato   sia   a   livello  internazionale,  sia
all'interno.
    Sarebbe  da  respingere  anche  la  censura fondata sull'asserita
lesione   dell'art. 118   Cost.,   essendo  possibile  sostenere,  in
applicazione   del  principio  di  sussidiarieta',  che  le  potesta'
regionali   debbano   conformarsi   agli  interessi  della  comunita'
regionale,  mentre  tutte  le  attivita'  che  coinvolgono  interessi
sovraregionali  esigono  una  disciplina  unitaria a livello statale,
anche nelle materie di competenza concorrente.
    L'Avvocatura  si  diffonde  infine sulle conseguenze di carattere
economico  che deriverebbero dall'accoglimento dei ricorsi e rammenta
come  l'esigenza di una armonizzazione nell'adozione di procedure per
l'installazione   degli   impianti  di  telecomunicazione  sia  stata
espressa  anche  nella  cosiddetta direttiva «quadro», 2002/21/CE, in
via di recepimento.
    26.3. - Nelle  memorie  depositate  dalle  societa'  TIM s.p.a. -
Telecom  Italia  Mobile,  H3G s.p.a., Wind Telecomunicazioni s.p.a. e
Vodafone  Omnitel  N.V.,  si argomenta anzitutto sulla ammissibilita'
degli  interventi proposti e si sostiene che esse sono titolari di un
interesse,  rilevante,  autonomo e particolarmente qualificato, anche
in  virtu'  della  delibera  CIPE  n. 121  del  21 dicembre  2001, ad
ottenere  l'accertamento  della  legittimita'  delle norme impugnate,
poiche',  qualora i ricorsi fossero accolti, vi sarebbe una diretta e
irrimediabile lesione della propria liberta' di iniziativa economica.
Inoltre,  la  societa'  TIM  assume  che  negare  la  possibilita' di
intervenire  a  difesa dei propri interessi concreterebbe una lesione
del diritto di difesa che l'art. 24 Cost. assicura come inviolabile e
cio'   in  quanto,  nell'ipotesi  di  accoglimento  dei  ricorsi,  la
decisione  della  Corte  risulterebbe  incontestabile  in  altre sedi
giudiziarie.  La  medesima societa' chiede in ogni caso che sia preso
in  considerazione  il  contributo  informativo  che  e'  in grado di
offrire  a  causa  della  sua  specifica  competenza  di esercente un
servizio di rilevanza pubblicistica.
    Nel   merito   tutti   gli   atti  di  intervento  si  diffondono
nell'argomentare  le  ragioni della ritenuta legittimita' del decreto
legislativo n. 198 del 2002.
    27. - Sono  intervenuti,  con  atti  pervenuti  fuori termine, il
comune  di  Roma  nel  giudizio promosso con il ricorso della Regione
Umbria;  i  comuni  di Monte Porzio Catone, Pontecurone e Mantova nei
giudizi  promossi  con  i  ricorsi  delle  Regioni Campania, Toscana,
Marche, Basilicata, Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia e del comune di
Vercelli;  il  comune  di  Polignano  a Mare e il Coordinamento delle
associazioni  consumatori  (CODACONS)  nel  giudizio  promosso con il
ricorso della Regione Lombardia.
    28. - All'udienza   pubblica   del  25 marzo  2003,  in  sede  di
discussione,  le  parti  ricorrenti, nonche' gli intervenienti, hanno
illustrato  le  rispettive  ragioni  e  ribadito  le conclusioni gia'
rassegnate negli atti depositati.

                       Considerato in diritto

    1. - Le  Regioni  Marche,  Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna e la
Provincia  autonoma  di  Trento (reg. ric. nn. 9, 11, 13-15 del 2002)
denunciano  la  legge  21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in
materia  di  infrastrutture  ed insediamenti produttivi strategici ed
altri   interventi  per  il  rilancio  delle  attivita'  produttive),
cosiddetta  «legge  obiettivo», il cui unico articolo e' impugnato in
piu'  commi  e,  segnatamente,  nei  commi  da 1 a 12 e nel comma 14,
censurati  per  asserito  contrasto  con  gli articoli 117, 118 e 119
della Costituzione.
    La  Regione  Toscana  (reg.  ric.  n. 68  del  2002) impugna, per
contrasto  con  gli  artt. 117,  118  e  119  Cost., anche l'art. 13,
commi 1,  3,  4,  5,  6  e  11,  della  legge  1° agosto 2002, n. 166
(Disposizioni  in  materia  di  infrastrutture e trasporti), che reca
alcune modifiche alla legge n. 443 del 2001.
    La  Regione Toscana, la Provincia autonoma di Bolzano, la Regione
Marche  e  la  Provincia autonoma di Trento (reg. ric. nn. 79-81 e 83
del   2002)   denunciano   altresi'  numerosi  articoli  del  decreto
legislativo   20 agosto   2002,   n. 190   (Attuazione   della  legge
21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e
degli  insediamenti  produttivi strategici e di interesse nazionale),
in  riferimento  agli  artt. 76,  117,  118 e 120 Cost., nonche' allo
statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige, nel testo approvato con
d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione del testo unico delle
leggi   costituzionali   concernenti   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige).
    Infine,   le   Regioni  Campania,  Toscana,  Marche,  Basilicata,
Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia  ed il comune di Vercelli (reg.
ric.  nn. 84-91  del  2002)  impugnano sia l'intero testo del decreto
legislativo   4 settembre   2002,   n. 198   (Disposizioni  volte  ad
accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni
strategiche  per  la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma
dell'art. 1,  comma 2,  della  legge  21 dicembre 2001, n. 443), sia,
specificamente,  numerosi  articoli del medesimo decreto legislativo,
lamentando  la  violazione  degli artt. 3, 9, 32, 41, 42, 44, 70, 76,
77, 97, 114, 117, 118 e 119 Cost., nonche' dell'art. 174 del trattato
istitutivo della comunita' europea.
    1.1. - La  stretta  connessione  per  oggetto  e per titolo delle
norme  denunciate,  tutte  contenute nella legge di delega n. 443 del
2001  e  nei  decreti  legislativi n. 190 e n. 198 del 2002 che se ne
proclamano  attuativi,  nonche' la sostanziale analogia delle censure
prospettate   dalle  ricorrenti,  rendono  opportuna  la  trattazione
congiunta dei ricorsi, che vanno quindi decisi con un'unica sentenza.
    2. - Prima  di  affrontare  nel  merito le censure proposte dalle
ricorrenti  e' opportuno soffermarsi sul contenuto della legge n. 443
del  2001.  Si tratta di una disciplina che definisce il procedimento
da seguire per l'individuazione, la localizzazione e la realizzazione
delle   infrastrutture  pubbliche  e  private  e  degli  insediamenti
produttivi strategici di preminente interesse nazionale da realizzare
per  la  modernizzazione  e lo sviluppo del Paese. Il procedimento si
articola  secondo  queste  cadenze:  il  compito  di  individuare  le
suddette  opere,  da  assolversi  «nel  rispetto  delle  attribuzioni
costituzionali  delle  Regioni»,  e'  conferito al Governo (comma 1).
Nella   sua   originaria   versione  la  disposizione  stabiliva  che
l'individuazione  avvenisse,  sentita  la Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di
un  programma «formulato su proposta dei ministri competenti, sentite
le  Regioni  interessate, ovvero su proposta delle Regioni, sentiti i
ministri  competenti».  Il  programma  doveva  tener  conto del piano
generale  dei  trasporti  e  doveva  essere inserito nel Documento di
programmazione  economico-finanziaria  (DPEF),  con indicazione degli
stanziamenti    necessari   per   la   realizzazione   delle   opere.
Nell'individuare  le  infrastrutture e gli insediamenti strategici il
Governo  era  tenuto  a  procedere «secondo finalita' di riequilibrio
socio-economico  fra  le aree del territorio nazionale» e ad indicare
nel   disegno  di  legge  finanziaria  «le  risorse  necessarie,  che
integrano  i  finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo
disponibili». L'originario comma 1 prevedeva, infine, che «in sede di
prima applicazione della presente legge il programma e' approvato dal
Comitato  interministeriale  per  la  programmazione economica (CIPE)
entro il 31 dicembre 2001».
    Il  comma 1  dell'art. 1  della  legge  n. 443  del 2001 e' stato
modificato  dall'art. 13, comma 3, della legge 1 agosto 2002, n. 166,
che   ha   mantenuto   in   capo al  Governo  l'individuazione  delle
infrastrutture  e  degli  insediamenti  strategici  e  di  preminente
interesse nazionale, ma ha elevato il livello di coinvolgimento delle
Regioni   e   delle  Province  autonome,  introducendo  espressamente
un'intesa:   in   base   all'art. 1,  comma 1,  attualmente  vigente,
l'individuazione delle opere si definisce a mezzo di un programma che
e'  predisposto  dal  Ministro  delle  infrastrutture e dei trasporti
«d'intesa  con i ministri competenti e le Regioni o Province autonome
interessate».  Tale programma deve essere inserito sempre nel DPEF ma
previo  parere del CIPE e «previa intesa della Conferenza unificata»,
e  gli  interventi  in  esso  previsti «sono automaticamente inseriti
nelle  intese istituzionali di programma e negli accordi di programma
quadro  nei  comparti  idrici  ed ambientali [...] e sono compresi in
un'intesa generale quadro avente validita' pluriennale tra il Governo
e  ogni  singola  Regione o Provincia autonoma, al fine del congiunto
coordinamento  e  realizzazione delle opere». Anche nella sua attuale
versione   la   norma  ribadisce  tuttavia  che  «in  sede  di  prima
applicazione  della presente legge il programma e' approvato dal CIPE
entro il 31 dicembre 2001».
    Regolata  la  fase di individuazione delle infrastrutture e degli
insediamenti   produttivi   strategici   e  di  preminente  interesse
nazionale,  la  legge  n. 443  del  2001,  al  comma 2, conferisce al
Governo  la  delega  ad emanare, entro 12 mesi dall'entrata in vigore
della  legge,  uno  o  piu'  decreti legislativi «volti a definire un
quadro   normativo   finalizzato   alla  celere  realizzazione  delle
infrastrutture   e   degli  insediamenti  individuati  ai  sensi  del
comma 1»,  dettando, alle lettere da a) ad o) del medesimo comma 2, i
principi e i criteri direttivi per l'esercizio del potere legislativo
delegato.  Questi  ultimi  investono  molteplici aspetti di carattere
procedimentale:  sono  fissati  i  moduli  procedurali per addivenire
all'approvazione  dei progetti, preliminari e definitivi, delle opere
[lettere b)   e   c)],   dovendo   risultare,   quelli   preliminari,
«comprensivi  di  quanto  necessario per la localizzazione dell'opera
d'intesa  con  la  Regione o la Provincia autonoma competente, che, a
tal  fine,  provvede  a sentire preventivamente i comuni interessati»
[lettera b)]; sono individuati i modelli di finanziamento [tecnica di
finanza di progetto: lettera a)], di affidamento [contraente generale
o   concessionario:   in   particolare   lettere e)   ed   f)]  e  di
aggiudicazione  [lettere g)  e  h)],  ed  e'  predisposta la relativa
disciplina,  anche  in deroga alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ma
nella prescritta osservanza della normativa comunitaria.
    L'assetto  procedimentale  cosi'  sinteticamente  descritto - che
trova  ulteriore  svolgimento  in  numerose  altre disposizioni della
legge  n. 443 del 2001, tra le quali quelle sulla disciplina edilizia
(commi  da  6 a 12 e comma 14), anch'esse impugnate - si completa con
il  comma 3-bis,  introdotto  dal  comma 6  dell'art. 13  della legge
n. 166  del  2002, il quale prevede una procedura di approvazione dei
progetti  definitivi  «alternativa» a quella stabilita dal precedente
comma 2,  demandata  ad  un  decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri previa deliberazione del CIPE integrato dai Presidenti delle
Regioni  e  Province  autonome  interessate,  sentita  la  Conferenza
unificata e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
    2.1. - Questa  Corte  non  e'  chiamata,  nella  odierna  sede, a
giudicare  se  le  singole  opere  inserite nel programma meritino di
essere  considerate  strategiche, se sia corretta la loro definizione
come  interventi  di  preminente  interesse  nazionale  o se con tali
qualificazioni  siano  lese  competenze  legislative  delle  Regioni.
Simili   interrogativi  potranno  eventualmente  porsi  nel  caso  di
impugnazione  della  deliberazione approvativa del programma, che non
ha  natura legislativa. In questa sede si tratta solo di accertare se
il  complesso iter procedimentale prefigurato dal legislatore statale
sia  ex  se  invasivo  delle  attribuzioni  regionali;  si deve cioe'
appurare  se  il  legislatore  nazionale  abbia titolo per assumere e
regolare   l'esercizio  di  funzioni  amministrative  su  materie  in
relazione   alle  quali  esso  non  vanti  una  potesta'  legislativa
esclusiva, ma solo una potesta' concorrente.
    Il nuovo art. 117 Cost. distribuisce le competenze legislative in
base  ad  uno  schema  imperniato sulla enumerazione delle competenze
statali;  con  un rovesciamento completo della previgente tecnica del
riparto   sono   ora  affidate  alle  Regioni,  oltre  alle  funzioni
concorrenti, le funzioni legislative residuali.
    In  questo  quadro,  limitare  l'attivita' unificante dello Stato
alle sole materie espressamente attribuitegli in potesta' esclusiva o
alla   determinazione   dei   principi   nelle  materie  di  potesta'
concorrente,  come  postulano  le  ricorrenti, significherebbe bensi'
circondare  le  competenze  legislative  delle  Regioni  di  garanzie
ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltremisura istanze unitarie
che  pure  in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo
istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla
normale  ripartizione  di  competenze [basti pensare al riguardo alla
legislazione   concorrente  dell'ordinamento  costituzionale  tedesco
(konkurrierende  Gesetzgebung)  o  alla  clausola  di  supremazia nel
sistema  federale  statunitense (Supremacy Clause)]. Anche nel nostro
sistema  costituzionale  sono  presenti congegni volti a rendere piu'
flessibile   un   disegno   che,  in  ambiti  nei  quali  coesistono,
intrecciate,   attribuzioni   e  funzioni  diverse,  rischierebbe  di
vanificare,  per  l'ampia  articolazione delle competenze, istanze di
unificazione  presenti  nei piu' svariati contesti di vita, le quali,
sul   piano   dei   principi   giuridici,   trovano   sostegno  nella
proclamazione  di  unita'  e  indivisibilita'  della  Repubblica.  Un
elemento  di  flessibilita' e' indubbiamente contenuto nell'art. 118,
primo  comma,  Cost.,  il  quale  si  riferisce  esplicitamente  alle
funzioni  amministrative,  ma  introduce  per  queste  un  meccanismo
dinamico  che  finisce  col  rendere  meno  rigida, come si chiarira'
subito   appresso,   la   stessa   distribuzione   delle   competenze
legislative,   la'  dove  prevede  che  le  funzioni  amministrative,
generalmente  attribuite  ai  comuni,  possano  essere allocate ad un
livello  di  governo  diverso  per  assicurarne l'esercizio unitario,
sulla  base  dei  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed
adeguatezza.  E'  del  resto coerente con la matrice teorica e con il
significato   pratico  della  sussidiarieta'  che  essa  agisca  come
subsidium  quando un livello di governo sia inadeguato alle finalita'
che  si  intenda  raggiungere;  ma  se ne e' comprovata un'attitudine
ascensionale   deve  allora  concludersi  che,  quando  l'istanza  di
esercizio  unitario  trascende  anche l'ambito regionale, la funzione
amministrativa  puo'  essere  esercitata  dallo  Stato. Cio' non puo'
restare  senza conseguenze sull'esercizio della funzione legislativa,
giacche'  il  principio  di  legalita',  il quale impone che anche le
funzioni  assunte  per  sussidiarieta'  siano  organizzate e regolate
dalla legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni,
con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni
amministrative  attratte  a livello nazionale e ad affermare che solo
la legge statale possa attendere a un compito siffatto.
    2.2. - Una  volta  stabilito  che,  nelle  materie  di competenza
statale  esclusiva  o  concorrente,  in  virtu'  dell'art. 118, primo
comma,  la legge puo' attribuire allo Stato funzioni amministrative e
riconosciuto  che,  in  ossequio  ai  canoni  fondanti dello Stato di
diritto,  essa e' anche abilitata a organizzarle e regolarle, al fine
di  renderne l'esercizio permanentemente raffrontabile a un parametro
legale,  resta  da  chiarire  che  i  principi di sussidiarieta' e di
adeguatezza   convivono   con   il   normale  riparto  di  competenze
legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga
solo   se   la   valutazione   dell'interesse   pubblico  sottostante
all'assunzione  di  funzioni  regionali  da  parte  dello  Stato  sia
proporzionata,  non  risulti affetta da irragionevolezza alla stregua
di  uno  scrutinio  stretto di costituzionalita', e sia oggetto di un
accordo  stipulato  con  la  Regione  interessata.  Che dal congiunto
disposto  degli artt. 117 e 118, primo comma, sia desumibile anche il
principio  dell'intesa  consegue  alla  peculiare funzione attribuita
alla  sussidiarieta',  che  si  discosta  in  parte  da  quella  gia'
conosciuta  nel nostro diritto di fonte legale. Enunciato nella legge
15 marzo  1997,  n. 59  come  criterio ispiratore della distribuzione
legale  delle  funzioni  amministrative fra lo Stato e gli altri enti
territoriali  e  quindi  gia' operante nella sua dimensione meramente
statica,  come  fondamento  di  un ordine prestabilito di competenze,
quel   principio,   con   la   sua  incorporazione  nel  testo  della
Costituzione,  ha  visto  mutare il proprio significato. Accanto alla
primitiva  dimensione  statica,  che si fa evidente nella tendenziale
attribuzione  della  generalita'  delle  funzioni  amministrative  ai
comuni,  e'  resa,  infatti,  attiva  una  vocazione  dinamica  della
sussidiarieta',  che  consente ad essa di operare non piu' come ratio
ispiratrice  e  fondamento  di  un ordine di attribuzioni stabilite e
predeterminate,  ma  come fattore di flessibilita' di quell'ordine in
vista del soddisfacimento di esigenze unitarie.
    Ecco  dunque  dove  si  fonda  una  concezione  procedimentale  e
consensuale  della  sussidiarieta'  e  dell'adeguatezza. Si comprende
infatti  come  tali  principi  non possano operare quali mere formule
verbali  capaci con la loro sola evocazione di modificare a vantaggio
della   legge  nazionale  il  riparto  costituzionalmente  stabilito,
perche'   cio'  equivarrebbe  a  negare  la  stessa  rigidita'  della
Costituzione.  E si comprende anche come essi non possano assumere la
funzione  che  aveva  un  tempo  l'interesse  nazionale,  la cui sola
allegazione  non  e'  ora  sufficiente  a giustificare l'esercizio da
parte  dello  Stato  di  una funzione di cui non sia titolare in base
all'art. 117   Cost.   Nel  nuovo  Titolo  V  l'equazione  elementare
interesse   nazionale   =   competenza   statale,  che  nella  prassi
legislativa   previgente   sorreggeva   l'erosione   delle   funzioni
amministrative  e delle parallele funzioni legislative delle Regioni,
e'  divenuta  priva  di  ogni  valore  deontico, giacche' l'interesse
nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di legittimita', ne' di
merito, alla competenza legislativa regionale.
    Cio'   impone  di  annettere  ai  principi  di  sussidiarieta'  e
adeguatezza   una   valenza   squisitamente  procedimentale,  poiche'
l'esigenza  di  esercizio  unitario che consente di attrarre, insieme
alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare
a  superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza
di  una  disciplina  che  prefiguri un iter in cui assumano il dovuto
risalto  le  attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale,
ovverosia  le intese, che devono essere condotte in base al principio
di lealta'.
    2.3. - La  disciplina contenuta nella legge n. 443 del 2001, come
quella  recata  dal decreto legislativo n. 190 del 2002, investe solo
materie  di  potesta'  statale  esclusiva  o concorrente ed e' quindi
estranea  alla  materia  del contendere la questione se i principi di
sussidiarieta'  e adeguatezza permettano di attrarre allo Stato anche
competenze  legislative  residuali  delle  Regioni.  Ed  e' opportuno
chiarire  fin  d'ora,  anche  per  rendere piu' agevole il successivo
argomentare  della  presente  sentenza, che la mancata inclusione dei
«lavori pubblici» nella elencazione dell'art. 117 Cost., diversamente
da  quanto  sostenuto in numerosi ricorsi, non implica che essi siano
oggetto   di   potesta'   legislativa  residuale  delle  Regioni.  Al
contrario,  si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una
vera  e  propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al
quale  afferiscono  e  pertanto  possono  essere ascritti di volta in
volta  a potesta' legislative esclusive dello Stato ovvero a potesta'
legislative concorrenti.
    3. - Alla  stregua  dei  paradigmi  individuati nei paragrafi che
precedono,  devono  essere saggiate le censure che si appuntano sulla
legge  n. 443  del  2001,  nella sua versione originaria ed in quella
modificata dalla legge n. 166 del 2002.
    3.1. - Per primo deve essere esaminato il ricorso della Provincia
autonoma  di  Trento,  nel  quale  vengono censurati i commi da 1 a 4
dell'art. 1  della  legge n. 443 del 2001 sul parametro dell'art. 117
Cost.  Il  ricorso  e'  proposto  sulla  premessa  che  le competenze
provinciali  fondate  sullo  statuto  speciale  non  siano  scalfite;
sarebbero  invece  lese  le  attribuzioni spettanti alla Provincia ai
sensi  dell'art. 117  Cost.,  in  virtu'  della  clausola  di  favore
contenuta  nell'art. 10  della  legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3,  secondo  la  quale  alle  Regioni  speciali  e  alle  Province
autonome,  fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, si applica la
disciplina  del  nuovo  titolo V nella parte in cui assicura forme di
autonomia piu' ampie rispetto a quelle previste dagli statuti stessi.
In  particolare,  il comma 5 del denunciato art. 1, nel fare salve le
competenze   delle  Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  Province
autonome,  di  cui  agli  statuti  speciali  e alle relative norme di
attuazione,  lascerebbe  indenni  le  attribuzioni  di  cui al d.P.R.
22 marzo  1974,  n. 381, per il quale, per gli interventi concernenti
le  autostrade  (art. 19),  la viabilita', le linee ferroviarie e gli
aerodromi  (art. 20),  lo  Stato deve ottenere la previa intesa della
Provincia.   Del  pari  la  posizione  della  Provincia  risulterebbe
garantita   dal   decreto   legislativo   16 marzo   1992,  n. 266  e
segnatamente  dall'art. 4, che le riserva «la gestione amministrativa
di ogni opera che lo statuto non assegni alla competenza statale».
    La Provincia, ponendo a base del proprio ricorso la violazione di
competenze  piu'  ampie  rispetto  a  quelle  statutarie,  che assume
derivanti  dall'art. 117  Cost.,  aveva  l'onere  di individuarle nel
raffronto   con   le  competenze  statutarie,  che,  per  sua  stessa
ammissione,  sono fatte salve dalla legge oggetto di impugnazione. Ai
fini  di  una  corretta  instaurazione  del  giudizio di legittimita'
costituzionale  la  ricorrente  non  poteva  quindi limitarsi al mero
richiamo all'art. 117 Cost.
    Il ricorso e' pertanto inammissibile.
    3.2. - In   via   preliminare   va  dichiarato  inammissibile  il
congiunto   intervento   ad   adiuvandum   dell'Associazione   Italia
Nostra-Onlus, di Legambiente-Onlus, dell'Associazione italiana per il
World  Wide  Fund For Nature (WWF)-Onlus, nel giudizio instaurato con
il ricorso della Regione Toscana avverso la legge n. 166 del 2002. Va
qui  ribadito  l'orientamento  consolidato di questa Corte secondo il
quale nei giudizi di legittimita' costituzionale in via di azione non
e'  ammessa  la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e
dal  titolare  della potesta' legislativa il cui esercizio e' oggetto
di  contestazione (cfr., da ultimo, sentenze n. 49 del 2003, n. 533 e
n. 510 del 2002, n. 382 del 1999).
    4. - Le   Regioni   Marche,  Toscana,  Umbria  ed  Emilia-Romagna
denunciano  il  comma 1  nella  sua  prima  formulazione,  lamentando
anzitutto  la  violazione  dell'art. 117  Cost.,  perche' la relativa
disciplina  non  sarebbe  ascrivibile  ad  alcuna  delle  materie  di
competenza legislativa esclusiva statale; e del resto, argomentano le
ricorrenti,  non  essendo  piu'  contemplata  dall'art. 117  Cost. la
materia  dei  «lavori  pubblici  di interesse nazionale», non sarebbe
possibile far riferimento alla dimensione nazionale dell'interesse al
fine di escludere la potesta' legislativa regionale o provinciale.
    Le  predette ricorrenti sostengono poi che l'individuazione delle
grandi  opere  potrebbe,  in  parte,  rientrare  in  uno degli ambiti
materiali  individuati dall'art. 117, terzo comma, Cost. (quali porti
e  aeroporti  civili;  grandi  reti  di  trasporto  e di navigazione;
produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia), ma la
disposizione  censurata,  da  un  lato,  detterebbe una disciplina di
dettaglio  e  non  di  principio  e  quindi  sarebbe  comunque lesiva
dell'autonomia  legislativa  regionale;  dall'altro,  escluderebbe le
Regioni  dal  processo «codecisionale», che dovrebbe essere garantito
attraverso lo strumento dell'intesa.
    La  Regione  Marche  denuncia  inoltre  il  medesimo  comma 1 per
contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost. sul rilievo che non sarebbero
stati  rispettati  i  principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza   e   che  sarebbe  stata  lesa  l'autonomia  finanziaria
regionale con l'attribuzione al Governo del compito di reperire tutti
i finanziamenti.
    La Regione Toscana, con distinto e successivo ricorso, impugna il
comma 1  anche  nella  formulazione modificata dall'art. 13, comma 3,
della legge n. 166 del 2002, ribadendo che la disposizione violerebbe
l'art. 117   Cost.,   in   quanto  non  troverebbe  fondamento  nella
competenza  legislativa  statale  esclusiva  o concorrente; e in ogni
caso,  in  quanto  detterebbe  una disciplina compiuta, dettagliata e
minuziosa che precluderebbe alla Regione ogni possibilita' di scelta.
La  ricorrente  deduce  altresi'  la  violazione dell'art. 118, primo
comma,  Cost.,  assumendo  che,  da  un  lato,  non  sarebbero  stati
rispettati   i   criteri   di   sussidiarieta',  differenziazione  ed
adeguatezza;  dall'altro,  le  esigenze  di esercizio unitario di cui
parla  l'art. 118  Cost.  non  autorizzerebbero una deroga al riparto
della  potesta'  legislativa posto dall'art. 117 Cost. Infine, sempre
ad  avviso  della Regione Toscana, l'introduzione di un'intesa con le
Regioni   interessate   e   con   la  Conferenza  unificata  ai  fini
dell'individuazione delle grandi opere non consentirebbe di eliminare
i  prospettati  dubbi  di  incostituzionalita', giacche' l'intesa non
garantirebbe  una  reale forma di coordinamento paritario, in assenza
di  meccanismi  atti  ad  impedire  che essa sia recessiva dinanzi al
preminente  potere dello Stato, che potrebbe procedere anche a fronte
del motivato dissenso regionale.
    4.1. - Vanno  scrutinate  nel  merito  le  censure che le Regioni
sollevano avverso il comma 1 dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001,
anche  quelle  che  ne  investono  l'originaria  versione,  dovendosi
escludere che le sopravvenute modifiche recate dall'art. 13, comma 3,
della  legge  n. 166  del  2002  abbiano  determinato  sul  punto una
cessazione  della  materie  del contendere. Cio' in quanto proprio in
base  alla  disposizione  originaria  e' stato approvato il programma
delle  infrastrutture  e  degli  insediamenti produttivi da parte del
CIPE  (con  delibera  n. 121  del  21 dicembre  2001)  ed  e'  a tale
programma  che  fa  riferimento  anche il comma 1 nel testo novellato
dall'art. 13  della  legge  n. 166  del  2002,  come  puo'  desumersi
chiaramente   dal  fatto  che  la  norma,  riprendendo  in  parte  la
disposizione anteriore, stabilisce che «in sede di prima applicazione
della  presente  legge  il  programma  e' approvato dal CIPE entro il
31 dicembre 2001».
    Tutte  le  censure sono infondate e per dar conto di cio' e' bene
esaminare  preliminarmente l'impugnazione proposta dalla sola Regione
Toscana avverso il comma 1, nel testo sostituito dalla legge 1 agosto
2002, n. 166.
    Quando  si  intendano attrarre allo Stato funzioni amministrative
in  sussidiarieta',  di  regola  il titolo del legiferare deve essere
reso  evidente  in maniera esplicita perche' la sussidiarieta' deroga
al  normale  riparto  delle  competenze stabilito nell'art. 117 Cost.
Tuttavia,  nel  caso  presente,  l'assenza  di  un  richiamo espresso
all'art. 118,   primo  comma,  non  fa  sorgere  alcun  dubbio  circa
l'oggettivo  significato  costituzionale dell'operazione compiuta dal
legislatore: non di lesione di competenza delle Regioni si tratta, ma
di  applicazione  dei  principi  di sussidiarieta' e adeguatezza, che
soli  possono  consentire  quella  attrazione  di  cui  si  e' detto.
Predisporre  un  programma di infrastrutture pubbliche e private e di
insediamenti   produttivi   e'   attivita'   che  non  mette  capo ad
attribuzioni   legislative   esclusive   dello  Stato,  ma  che  puo'
coinvolgere  anche  potesta'  legislative  concorrenti  (governo  del
territorio,   porti   e   aeroporti,   grandi   reti   di  trasporto,
distribuzione  nazionale  dell'energia,  etc.).  Per giudicare se una
legge   statale   che   occupi   questo  spazio  sia  invasiva  delle
attribuzioni  regionali  o  non  costituisca  invece applicazione dei
principi  di sussidiarieta' e adeguatezza diviene elemento valutativo
essenziale  la  previsione  di  un'intesa  fra  lo Stato e le Regioni
interessate,   alla   quale   sia  subordinata  l'operativita'  della
disciplina.  Nella  specie  l'intesa  e'  prevista  e  ad  essa e' da
ritenersi  che  il  legislatore  abbia voluto subordinare l'efficacia
stessa   della   regolamentazione   delle   infrastrutture   e  degli
insediamenti  contenuta  nel  programma  di cui all'impugnato comma 1
dell'art. 1. Nel congegno sottostante all'art. 118, l'attrazione allo
Stato  di  funzioni  amministrative  da  regolare  con  legge  non e'
giustificabile    solo   invocando   l'interesse   a   un   esercizio
centralizzato di esse, ma e' necessario un procedimento attraverso il
quale l'istanza unitaria venga saggiata nella sua reale consistenza e
quindi  commisurata  all'esigenza  di coinvolgere i soggetti titolari
delle    attribuzioni   attratte,   salvaguardandone   la   posizione
costituzionale.  Ben  puo'  darsi,  infatti, che nell'articolarsi del
procedimento,  al  riscontro concreto delle caratteristiche oggettive
dell'opera e dell'organizzazione di persone e mezzi che essa richiede
per   essere   realizzata,   la   pretesa   statale  di  attrarre  in
sussidiarieta'  le  funzioni  amministrative ad essa relative risulti
vanificata,  perche'  l'interesse  sottostante,  quale  che ne sia la
dimensione,  possa  essere  interamente soddisfatto dalla Regione, la
quale,   nel   contraddittorio,   ispirato   al   canone   di   leale
collaborazione,  che deve instaurarsi con lo Stato, non solo alleghi,
ma argomenti e dimostri la propria adeguatezza e la propria capacita'
di svolgere in tutto o in parte la funzione.
    L'esigenza  costituzionale  che  la sussidiarieta' non operi come
aprioristica modificazione delle competenze regionali in astratto, ma
come  metodo  per  l'allocazione di funzioni a livello piu' adeguato,
risulta  dunque  appagata  dalla  disposizione  impugnata  nella  sua
attuale formulazione.
    Chiarito   che  la  Costituzione  impone,  a  salvaguardia  delle
competenze  regionali,  che  una intesa vi sia, va altresi' soggiunto
che   non   e'  rilevante  se  essa  preceda  l'individuazione  delle
infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attivita' del
Governo.  Se  dunque  tale  attivita' sia stata gia' posta in essere,
essa non vincola la Regione fin quando l'intesa non venga raggiunta.
    In questo senso sono quindi da respingere anche le censure che le
ricorrenti  indirizzano  contro  il  comma 1  dell'art. 1 della legge
n. 443  del 2001, nella versione anteriore alla modifica recata dalla
legge  n. 166  del 2002, per il fatto che in essa era previsto che le
Regioni fossero solo sentite singolarmente ed in Conferenza unificata
e  non veniva invece esplicitamente sancito il principio dell'intesa.
L'interpretazione  coerente con il sistema dei rapporti Stato-Regioni
affermato  nel  nuovo  Titolo  V  impone  infatti di negare efficacia
vincolante a quel programma su cui le Regioni interessate non abbiano
raggiunto un'intesa per la parte che le riguarda, come nel caso della
deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121.
    5. - Tutte   le   Regioni   ricorrenti   impugnano   il   comma 2
dell'art. 1,  che  detta  -  dalla  lettera a)  alla  lettera o)  - i
principi  ed  i  criteri  direttivi  in  base  ai quali il Governo e'
chiamato  ad  emanare,  entro  12  mesi  dall'entrata in vigore della
legge,  uno  o  piu'  decreti legislativi «volti a definire un quadro
normativo  finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture
e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1».
    Con  analoghe  censure,  che  evocano il contrasto con l'art. 117
Cost.,  e, per la Regione Marche, anche gli artt. 118 e 119 Cost., si
deduce  anzitutto  che  la prevista normativa derogatoria della legge
quadro  sui  lavori  pubblici  n. 109 del 1994 violerebbe la potesta'
legislativa  esclusiva  delle  Regioni in materia di appalti e lavori
pubblici.
    Si   sostiene  inoltre  che  le  competenze  regionali  sarebbero
ugualmente  violate  anche se si ricadesse nell'ambito della potesta'
legislativa concorrente, perche' il denunciato comma 2 detterebbe una
disciplina  compiuta  e  di  dettaglio,  non cedevole rispetto ad una
eventuale futura legislazione regionale.
    Le  censure  sono genericamente formulate e quindi inammissibili.
Per  comprenderlo  e' sufficiente la ricognizione del contenuto delle
disposizioni denunciate.
    Il  comma 2 dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001 ha ad oggetto
la  delega ad emanare uno o piu' decreti legislativi volti a definire
il  quadro  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione delle
infrastrutture  e  degli insediamenti produttivi individuati ai sensi
del  comma 1.  Nell'esercizio  della delega il Governo, autorizzato a
riformare le procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA)
e  l'autorizzazione  integrata  ambientale,  nel rispetto dell'art. 2
della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE,
e  ad  introdurre  un  regime  speciale anche derogatorio di numerose
disposizioni  della  legge  11 febbraio  1994,  n. 109, che non siano
necessaria  ed immediata applicazione delle direttive comunitarie, e'
tenuto  a  rispettare  i  principi  e criteri direttivi fissati nelle
lettere da a) ad o) del medesimo comma 2.
    Come gia' detto in precedenza, l'indirizzo imposto al legislatore
delegato   investe   una   molteplicita'   di   aspetti  a  carattere
procedimentale  e muove dal modello di finanziamento delle opere, con
il  concorso  del  capitale  privato,  attraverso la disciplina della
tecnica   di  finanza  di  progetto  [lettera a)]  per  finanziare  e
realizzare le infrastrutture e gli insediamenti di cui al comma 1.
    La   delega   autorizza  poi  il  Governo  a  definire  i  moduli
procedurali  sostitutivi  di  quelli  previsti  per  il  rilascio dei
provvedimenti  concessori  o  autorizzatori  di  ogni  specie,  avuto
riguardo  anche  alla  durata  delle procedure per l'approvazione dei
progetti  preliminari,  «comprensivi  di  quanto  necessario  per  la
localizzazione  dell'opera  d'intesa  con  la  Regione o la Provincia
autonoma   competente,   che,   a   tal   fine,  provvede  a  sentire
preventivamente  i  comuni  interessati, e, ove prevista, della VIA»,
nonche' a prefigurare le procedure necessarie per la dichiarazione di
pubblica  utilita',  indifferibilita' ed urgenza e per l'approvazione
del  progetto  definitivo, con previsione di termini perentori per la
risoluzione  delle  interferenze  con servizi pubblici e privati e di
responsabilita'   patrimoniali   in   caso   di   mancata  tempestiva
risoluzione [lettera b)].
    Viene  quindi  impartita al Governo la direttiva di attribuire al
CIPE,  integrato dai Presidenti delle Regioni interessate, il compito
di  valutare  le  proposte  dei  promotori,  di approvare il progetto
preliminare  e  quello  definitivo,  di  vigilare sull'esecuzione dei
progetti   approvati,   adottando   i   provvedimenti  concessori  ed
autorizzatori  necessari, comprensivi della localizzazione dell'opera
e,  ove  prevista,  della  VIA  istruita dal competente Ministero. Si
prescrive   inoltre   che   vengano   affidati   al  Ministero  delle
infrastrutture   e   dei   trasporti  compiti  di  istruttoria  e  di
formulazione   di   proposte  e  quello  di  assicurare  il  supporto
necessario   per   l'attivita'   del   CIPE,   eventualmente  tramite
un'apposita struttura tecnica di advisor e di commissari straordinari
[lettera c)].
    La delega prosegue autorizzando la modificazione della disciplina
in  materia  di conferenza di servizi e dettando i criteri ispiratori
per il suo funzionamento [lettera d)].
    Vengono   quindi  individuati  i  modelli  di  affidamento  e  di
aggiudicazione  concernenti  la  realizzazione  delle opere di cui al
comma 1,  e prefigurata la cornice della rispettiva disciplina, anche
in  deroga  alla  legge  n. 109  del 1994, ma si impone al Governo il
rispetto della normativa comunitaria.
    Si   prevede  inoltre  che  il  legislatore  delegato  affidi  la
realizzazione  delle  infrastrutture strategiche ad un unico soggetto
contraente  generale  o  concessionario  [lettera e)]  e si dettano i
criteri  che  devono  presiedere  alla  disciplina dell'affidamento a
contraente  generale,  con  riferimento  all'art. 1  della  direttiva
93/37/CEE [lettera f)].
    Quanto  poi  al  soggetto aggiudicatore, si stabilisce l'obbligo,
nel  caso  in  cui  l'opera  sia realizzata prevalentemente con fondi
pubblici,  di  rispettare  la  normativa  europea in tema di evidenza
pubblica  e  di  scelta  dei  fornitori  di  beni  o servizi, «ma con
soggezione ad un regime derogatorio rispetto alla citata legge n. 109
del  1994  per  tutti  gli  aspetti  di  essa  non  aventi necessaria
rilevanza  comunitaria»  [lettera g)].  Al tempo stesso si autorizza,
nel  rispetto  della  normativa comunitaria ed al fine di favorire il
contenimento  dei  tempi  e  la massima flessibilita' degli strumenti
giuridici,   l'introduzione   di   specifiche  deroghe  alla  vigente
disciplina  in  materia  di  aggiudicazione  di  lavori pubblici e di
realizzazione  degli  stessi,  indicando  i criteri per regolamentare
l'attivita'  del contraente generale e la costituzione di societa' di
progetto [lettera h)].
    La  delega  investe ancora i profili concernenti l'individuazione
di  misure  adeguate  per  valutare  il  regolare  assolvimento degli
obblighi assunti dal contraente generale [lettera i)], la previsione,
nel  caso  di  concessione  di  opera pubblica unita a gestione della
stessa,  di  appositi  meccanismi  di  corresponsione  del  prezzo al
concessionario,  nonche' di fissazione della durata della concessione
medesima  [lettera l)], con il rispetto dei relativi piani finanziari
[lettera m)].
    La  delega  detta  criteri  anche  in ordine alle forme di tutela
risarcitoria susseguente alla stipula dei contratti di progettazione,
appalto,   concessione   o   affidamento   a   contraente   generale,
prescrivendo  che  debba  essere  esclusa  la reintegrazione in forma
specifica  e  ristretta  la tutela cautelare, per tutti gli interessi
patrimoniali,  «al  pagamento  di  una  provvisionale»  [lettera n)].
Infine si stabilisce che il Governo debba prevedere, per le procedure
di  collaudo  delle  opere,  «termini  perentori  che consentano, ove
richiesto  da  specifiche  esigenze  tecniche,  il  ricorso  anche  a
strutture  tecniche esterne di supporto alle commissioni di collaudo»
[lettera o)].
    Si  e'  dunque  in  presenza  di  una  disciplina particolarmente
complessa  che  insiste  su  una  pluralita'  di  materie,  tra  loro
intrecciate,   ascrivibili   non   solo   alla  potesta'  legislativa
concorrente  ma  anche  a quella esclusiva dello Stato (ad esempio la
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema).  In  un  quadro normativo
siffatto,  le  censure  mosse  dalle  ricorrenti  non  raggiungono il
livello  di  specificita' che si richiede ai fini di uno scrutinio di
merito (in tal senso v. sentenza n. 384 del 1999), poiche' nei motivi
del ricorso non vi e' neppure una sintetica esposizione delle ragioni
per   cui   le   disposizioni   contenute   nel  comma 2  denunciato,
singolarmente considerate, determinino una lesione delle attribuzioni
regionali.
    6. - Sono invece sufficientemente circostanziate le questioni che
le Regioni Umbria ed Emilia-Romagna sollevano sulle lettere g) ed n),
del  comma 2,  sostenendone il contrasto con il «diritto europeo». In
particolare  la  lettera g), nella parte in cui circoscrive l'obbligo
per  il  soggetto aggiudicatore di rispettare la normativa europea in
tema  di  evidenza  pubblica  solo  «nel  caso  in  cui  l'opera  sia
realizzata   prevalentemente   con  fondi  pubblici»,  violerebbe  la
direttiva 93/37/CEE, alla quale non sarebbe conforme neppure nel caso
del ricorso all'istituto della concessione di lavori pubblici (art. 3
1/2 l) o all'affidamento ad unico soggetto contraente generale.
    La  questione  deve essere scrutinata nel merito, nel senso della
non fondatezza, a prescindere dal problema piu' generale, che investe
ora  l'interpretazione dell'art. 117, primo comma, Cost., se ed entro
quali  limiti  l'ipotesi  di  contrasto  di  una  norma  interna  con
l'ordinamento  comunitario  sia  idonea  a radicare la competenza del
giudice delle leggi.
    Nei   giudizi   di   impugnazione   deve   essere   tenuto  fermo
l'orientamento  gia'  espresso  da  questa  Corte (sentenze n. 85 del
1999,  n. 94  del 1995 e n. 384 del 1994), secondo il quale il valore
costituzionale  della  certezza e della chiarezza normativa deve fare
aggio  su  ogni altra considerazione soprattutto quando una esplicita
clausola  legislativa  di salvaguardia del diritto comunitario renda,
come   nella   specie,  manifestamente  insussistente  il  denunciato
contrasto.
    La  lettera g)  dell'art. 2,  infatti,  contiene  una  delega  al
Governo  perche'  siano  adottate  procedure  di aggiudicazione anche
derogatorie  rispetto alla legge n. 109 del 1994 quando non si tratti
di  opere  realizzate  prevalentemente  con  fondi  pubblici,  ma non
autorizza  il  Governo a violare il diritto comunitario: al contrario
si  prevede  che  la  deroga  non debba riguardare gli aspetti aventi
necessaria     rilevanza    comunitaria.    Anche    la    disciplina
dell'aggiudicazione  in  appalto  di  opere realizzate con prevalenti
fondi  privati  dovra'  quindi  rispettare  il  diritto  comunitario,
qualunque ne sia il contenuto.
    6.1. - La  lettera n), seconda frase, a sua volta, nella parte in
cui  restringe,  per  tutti  gli  «interessi patrimoniali», la tutela
cautelare  al  «pagamento  di  una provvisionale», disattenderebbe la
direttiva  89/665/CEE  (c.d.  direttiva ricorsi), giacche' ridurrebbe
«le  possibilita'  di  tutela  piena  per i concorrenti che lamentino
violazioni delle norme comunitarie in materia di appalti».
    Anche  in  questo  caso  si  puo' prescindere dal problema appena
richiamato  dei  rapporti  tra  il  diritto  comunitario e il diritto
interno e dei limiti entro i quali di questi rapporti possa conoscere
la  Corte  costituzionale.  La questione e' infatti inammissibile per
difetto  di  interesse sotto un duplice profilo: in primo luogo, essa
evoca  un  contrasto  col  diritto  comunitario  senza  pero' dedurre
l'esistenza  di  una lesione delle attribuzioni regionali; inoltre la
disposizione  denunciata investe la tutela giurisdizionale di terzi e
non riguarda quindi materie di competenza legislativa delle Regioni.
    6.2. - La  Regione  Toscana  denuncia  infine  la  lettera c) del
medesimo  comma 2, come sostituito dall'art. 13, comma 5, della legge
n. 166 del 2002, deducendo il contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
Essa  non  garantirebbe il rispetto delle attribuzioni delle Regioni,
relegate  ad  un  ruolo  meramente  consultivo  nell'approvazione dei
progetti,  demandata  al CIPE, integrato dai Presidenti delle Regioni
interessate.   Inoltre   la   ricorrente,  premesso  che  il  comma 3
dell'art. 13,  nel  sostituire  il  comma 1  dell'art. 1  della legge
n. 443,  dispone  che  anche  le  strutture concernenti la nautica da
diporto  possono  essere  inserite nel programma delle infrastrutture
strategiche,  rileva  che la previsione secondo cui la valutazione di
impatto  ambientale sulle stesse debba essere effettuata dal Ministro
competente  e  non dalle Regioni violerebbe le attribuzioni di queste
ultime in materia di porti e valorizzazione dei beni ambientali.
    La questione non e' fondata.
    Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la disposizione
impugnata,  nell'attribuire  al  CIPE, integrato dai Presidenti delle
Regioni   e  delle  Province  autonome  interessate,  il  compito  di
approvare i progetti preliminari e definitivi delle opere individuate
nel  programma  di  cui  al comma 1, non circoscrive affatto il ruolo
delle   Regioni  (o  delle  Province  autonome)  a  quello  meramente
consultivo, giacche' queste, attraverso i propri rappresentanti, sono
a pieno titolo componenti dell'organo e partecipano direttamente alla
formazione della sua volonta' deliberativa, potendo quindi far valere
efficacemente  il proprio punto di vista. Occorre inoltre considerare
che  l'approvazione  dei progetti deve essere comprensiva anche della
localizzazione  dell'opera,  sulla  quale,  come gia' per la relativa
individuazione,   ai  sensi  del  comma 1  dell'art. 1,  e'  prevista
l'intesa   con   la  Regione  o  la  Provincia  autonoma  interessata
[lettera b) del medesimo comma 2].
    Ne'  infine  puo'  dirsi  che  la  disposizione  denunciata, come
sostenuto   dalla   ricorrente,   affidi   al   Ministro   competente
l'effettuazione  della  valutazione di impatto ambientale sulle opere
inserite  nel  programma,  considerato  che dalla piana lettura della
norma  risulta  che  una  siffatta valutazione e' affidata al CIPE in
composizione  allargata  ai  rappresentanti  regionali e provinciali,
mentre   al   Ministro   e'  lasciata  unicamente  la  relativa  fase
istruttoria.
    7. - E'  fondata  la  questione  di legittimita' costituzionale -
sollevata  da  tutte  le  ricorrenti - che investe l'art. 1, comma 3,
della  legge  n. 443,  nella  parte  in  cui  autorizza  il Governo a
integrare  e  modificare  il regolamento di cui al d.P.R. 21 dicembre
1999, n. 554, per renderlo conforme a quest'ultima legge e ai decreti
legislativi di cui al comma 2.
    Che  ai regolamenti governativi adottati in delegificazione fosse
inibito  disciplinare  materie di competenza regionale era gia' stato
affermato  da  questa  Corte avendo riguardo al quadro costituzionale
anteriore  all'entrata  in  vigore  della  riforma del Titolo V della
Parte  II della Costituzione. Nelle sentenze n. 333 e n. 482 del 1995
e  nella  piu' recente sentenza n. 302 del 2003 l'argomento su cui e'
incentrata   la   ratio   decidendi   e'   che   lo  strumento  della
delegificazione  non  puo'  operare in presenza di fonti tra le quali
non  vi siano rapporti di gerarchia, ma di separazione di competenze.
Solo   la   diretta   incompatibilita'   delle  norme  regionali  con
sopravvenuti  principi  o norme fondamentali della legge statale puo'
infatti   determinare   l'abrogazione   delle   prime.   La   ragione
giustificativa  di  tale orientamento si e', se possibile, rafforzata
con  la nuova formulazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., secondo
il  quale la potesta' regolamentare e' dello Stato, salva delega alle
Regioni,  nelle  materie  di  legislazione  esclusiva, mentre in ogni
altra  materia  e'  delle  Regioni.  In  un riparto cosi' rigidamente
strutturato,  alla  fonte  secondaria statale e' inibita in radice la
possibilita'  di  vincolare  l'esercizio  della  potesta' legislativa
regionale  o  di  incidere  su  disposizioni  regionali  preesistenti
(sentenza  n. 22  del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e
adeguatezza  possono  conferire  ai regolamenti statali una capacita'
che  e'  estranea  al  loro  valore,  quella  cioe' di modificare gli
ordinamenti  regionali  a  livello  primario. Quei principi, lo si e'
gia'  rilevato, non privano di contenuto precettivo l'art. 117 Cost.,
pur  se, alle condizioni e nei casi sopra evidenziati, introducono in
esso  elementi  di  dinamicita'  intesi ad attenuare la rigidita' nel
riparto di funzioni legislative ivi delineato. Non puo' quindi essere
loro   riconosciuta   l'attitudine   a   vanificare  la  collocazione
sistematica delle fonti conferendo primarieta' ad atti che possiedono
lo  statuto  giuridico  di  fonti  secondarie  e a degradare le fonti
regionali  a  fonti  subordinate  ai regolamenti statali o comunque a
questi  condizionate.  Se  quindi,  come  gia'  chiarito,  alla legge
statale e' consentita l'organizzazione e la disciplina delle funzioni
amministrative  assunte  in sussidiarieta', va precisato che la legge
stessa  non  puo'  spogliarsi della funzione regolativa affidandola a
fonti  subordinate,  neppure predeterminando i principi che orientino
l'esercizio   della   potesta'   regolamentare,  circoscrivendone  la
discrezionalita'.
    8. - E'  fondata pure la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 3-bis,  della  legge  n. 443 del 2001, introdotto
dall'art. 13,  comma 6,  della  legge n. 166 del 2002, proposta dalla
Regione Toscana lamentando la violazione degli artt. 117 e 118 Cost.,
per  il  fatto  che  alle  Regioni  sarebbe  stato riservato un ruolo
meramente   consultivo   nella  fase  di  approvazione  dei  progetti
definitivi delle opere individuate nel programma governativo.
    La  disposizione  denunciata  consente  che tale approvazione, in
alternativa alle procedure di cui al comma 2, avvenga con decreto del
Presidente   del   Consiglio   dei  ministri.  Per  questa  procedura
alternativa  e'  previsto che il decreto del Presidente del Consiglio
sia  adottato  previa deliberazione del CIPE integrato dai Presidenti
delle  Regioni  o  delle  Province  autonome  interessate, sentita la
Conferenza  unificata  e  previo  parere delle competenti commissioni
parlamentari.
    Dalla   degradazione  della  posizione  del  CIPE  da  organo  di
amministrazione  attiva  (nel  procedimento  ordinario) ad organo che
svolge   funzioni   preparatorie   (nel  procedimento  «alternativo»)
discende  che la partecipazione in esso delle Regioni interessate non
costituisce piu' una garanzia sufficiente, tanto piu' se si considera
che  non e' previsto, nel procedimento alternativo, alcun ruolo delle
Regioni  interessate  nella  fase preordinata al superamento del loro
eventuale dissenso.
    9. - Tutte  le  Regioni  impugnano  il  comma 4  dell'art. 1,  in
riferimento  all'art. 117  e,  limitatamente al ricorso della Regione
Marche, anche agli artt. 118 e 119 Cost.
    La  disposizione  contiene  una delega al Governo ad emanare, nel
rispetto  dei  principi  e  dei  criteri direttivi di cui al comma 2,
previo  parere  favorevole  del  CIPE, integrato dai Presidenti delle
Regioni   interessate,   sentite   la  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8  del  decreto  legislativo  28 agosto  1997,  n. 281  e le
competenti  commissioni  parlamentari, uno o piu' decreti legislativi
recanti   l'approvazione   definitiva   di   specifici   progetti  di
infrastrutture  strategiche  individuate  secondo  quanto previsto al
comma 1.
    Le  impugnazioni delle ricorrenti sono svolte molto succintamente
e  si limitano ad operare un mero rinvio agli argomenti sviluppati in
relazione   a  disposizioni  di  diverso  contenuto  senza  ulteriori
precisazioni,  se non quella che si verserebbe in materia di potesta'
legislativa residuale sulla quale lo Stato sarebbe radicalmente privo
di  competenza.  Anche  il  denunciato  comma 4  dell'art. 1, come le
precedenti   disposizioni,   riguarda  pero'  materie  di  competenza
concorrente o esclusiva dello Stato e non investe potesta' residuali.
Ne' tra queste ultime, per le ragioni gia' esposte, possono ritenersi
compresi i lavori pubblici. Le impugnazioni vanno pertanto rigettate.
    10. - Il  motivo del ricorso proposto dalla Regione Marche contro
l'art. 1, comma 5, della legge n. 443 del 2001, a mente del quale, ai
fini  della  presente  legge,  «sono  fatte salve le competenze delle
Regioni a statuto speciale e delle Province autonome», non ha una sua
autonoma  consistenza ma deve essere interpretato come argomento teso
a  corroborare le censure svolte negli altri motivi di ricorso, sulle
quali si e' appena deciso.
    11. - Le  Regioni  Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna denunciano i
commi da 6 a 12 e il comma 14 dell'art. 1, che disciplinano, nel loro
complesso, il regime degli interventi edilizi con disposizioni il cui
contenuto conviene subito illustrare.
    Il   comma 6   prevede   che,   per  determinati  interventi,  in
alternativa  a  concessioni ed autorizzazioni edilizie, l'interessato
possa   avvalersi   della   denuncia   di   inizio  attivita'  (DIA).
L'alternativa  riguarda  in  particolare:  a)  gli interventi edilizi
minori, di cui all'art. 4, comma 7, del decreto-legge n. 398 del 1993
(convertito  nella  legge  n. 493  del  1993); b) le ristrutturazioni
edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con la stessa
volumetria  e sagoma; c) gli interventi ora sottoposti a concessione,
se sono specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano
precise   disposizioni  plano-volumetriche,  tipologiche,  formali  e
costruttive,  la  cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata
dal  consiglio  comunale in sede di approvazione degli stessi piani o
di  ricognizione  di quelli vigenti; d) i sopralzi, le addizioni, gli
ampliamenti  e  le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei
strumenti  urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c), ma
recanti  analoghe previsioni di dettaglio. Rimane ferma la disciplina
previgente  quanto  all'obbligo  di versare il contributo commisurato
agli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione (comma 7).
    Il   comma 8   stabilisce   che  la  tutela  storico-artistica  o
paesaggistico-ambientale per la realizzazione degli interventi di cui
al  comma 6  sia  subordinata  al  preventivo  rilascio  del parere o
dell'autorizzazione  richiesti  dalle disposizioni di legge vigenti e
in  particolare  dal  testo  unico  delle disposizioni legislative in
materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo
29 ottobre 1999, n. 490.
    Il  comma 9  e  il  comma 10 contengono la disciplina relativa al
caso  in cui le opere da realizzare riguardino immobili soggetti a un
vincolo   la   cui   tutela   competa,   anche   in  via  di  delega,
all'amministrazione  comunale  (comma 9) ovvero soggetti a un vincolo
la  cui  tutela  spetti ad amministrazioni diverse da quella comunale
(comma  10).  Nel  primo  caso  e'  previsto  che  il  termine per la
presentazione  della denuncia di inizio attivita', di cui all'art. 4,
comma 11,  del  decreto-legge  5 ottobre  1993,  n. 398,  decorre dal
rilascio  del  relativo  atto di assenso. Nel secondo caso si prevede
che,  ove  il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non
sia  allegato  alla  denuncia, il competente ufficio comunale convoca
una  conferenza  di servizi ai sensi degli artt. 14, 14-bis, 14-ter e
14-quater  della  legge  7 agosto 1990, n. 241, e il termine di venti
giorni  per  la presentazione della denuncia di inizio dell'attivita'
decorre  dall'esito  della  conferenza.  Tanto nel caso in cui l'atto
dell'autorita'  comunale  preposta  alla  tutela  del vincolo non sia
favorevole, quanto nel caso di esito non favorevole della conferenza,
la denuncia di inizio attivita' e' priva di effetti.
    Il  comma 11,  a  sua  volta,  abroga  il comma 8 dell'art. 4 del
decreto-legge  n. 398 del 1993, il quale prevedeva la possibilita' di
procedere  ad attivita' edilizie minori sulla base di denuncia inizio
attivita' a condizione che gli immobili non fossero assoggettati alle
disposizioni  di  cui alla legge n. 1089 del 1939, alla legge n. 1497
del   1939,  alla  legge  n. 394  del  1991,  ovvero  a  disposizioni
immediatamente   operative   dei  piani  aventi  la  valenza  di  cui
all'art. 1-bis  del  decreto-legge  n. 312 del 1985, convertito nella
legge  n. 431  del  1985,  o  dalla  legge n. 183 del 1989, o che non
fossero   comunque   assoggettati   dagli   strumenti  urbanistici  a
discipline espressamente volte alla tutela delle loro caratteristiche
paesaggistiche,     ambientali,     storico-archeologiche,    storico
artistiche, storico architettoniche e storico testimoniali.
    In  base  al  comma 12  le  disposizioni  di  cui  al comma 6 «si
applicano   nelle   Regioni  a  statuto  ordinario  a  decorrere  dal
novantesimo  giorno  dalla  data  di entrata in vigore della presente
legge»  e  «le  Regioni  a  statuto  ordinario,  con  legge,  possono
individuare   quali   degli   interventi  indicati  al  comma 6  sono
assoggettati  a  concessione  edilizia o ad autorizzazione edilizia».
Con  il  comma 14  viene  delegato il Governo ad emanare, entro il 30
giugno 2003,  un  decreto  legislativo  volto  a introdurre nel testo
unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in materia
edilizia,  di cui all'art. 7 della legge n. 50 del 1999, e successive
modificazioni,  le  modifiche  strettamente  necessarie per adeguarlo
alle   disposizioni   di  cui  ai  commi  da  6  a  13  (quest'ultima
disposizione,  non  denunciata,  fa  salva  la  potesta'  legislativa
esclusiva  delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome
di Trento e di Bolzano).
    E'  importante  rilevare  che  il  comma 12  e'  stato modificato
dall'art. 13,  comma 7,  della  legge  n. 166  del  2002, il quale ha
aggiunto  alla  versione  originaria le seguenti disposizioni: «salvo
che  le  leggi  regionali  pubblicate  prima della data di entrata in
vigore  della  presente  legge  siano gia' conformi a quanto previsto
dalle  lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 6, anche disponendo
eventuali  categorie aggiuntive e differenti presupposti urbanistici.
Le  Regioni  a  statuto ordinario possono ampliare o ridurre l'ambito
applicativo delle disposizioni di cui al periodo precedente».
    Tutte  le  disposizioni  il cui contenuto si e' ora esposto hanno
portata   generale  e  prescindono  dalla  disciplina  procedimentale
concernente   le   infrastrutture   e   gli  insediamenti  produttivi
strategici  e  di  preminente  interesse  nazionale,  della quale non
costituiscono ulteriore svolgimento.
    Contro di esse si orientano le censure delle ricorrenti, le quali
assumono  che  lo Stato avrebbe violato la competenza residuale delle
Regioni  in  materia  edilizia e, subordinatamente, avrebbe leso, con
una  disciplina  di dettaglio, la competenza regionale concorrente in
materia di governo del territorio.
    Nelle  memorie presentate in prossimita' dell'udienza, la Regione
Toscana,  in considerazione della sopravvenuta modifica del comma 12,
ha  espressamente  dichiarato  di  rinunciare  ai  motivi del ricorso
concernenti  i commi da 6 a 12 ed il comma 14. Insistono invece nelle
censure  le  Regioni  Umbria  ed Emilia-Romagna, sicche' questa Corte
deve pronunciarsi su di esse.
    11.1. - E'  innanzitutto  da  escludersi  che la materia regolata
dalle  disposizioni  censurate sia oggi da ricondurre alle competenze
residuali  delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
La   materia   dei   titoli   abilitativi   ad  edificare  appartiene
storicamente  all'urbanistica  che,  in  base all'art. 117 Cost., nel
testo  previgente,  formava  oggetto  di  competenza  concorrente. La
parola  «urbanistica»  non  compare nel nuovo testo dell'art. 117, ma
cio'  non  autorizza  a ritenere che la relativa materia non sia piu'
ricompresa  nell'elenco  del  terzo comma: essa fa parte del «governo
del  territorio».  Se  si  considera  che altre materie o funzioni di
competenza  concorrente,  quali porti e aeroporti civili, grandi reti
di  trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione
nazionale  dell'energia, sono specificamente individuati nello stesso
terzo  comma  dell'art. 117 Cost. e non rientrano quindi nel «governo
del  territorio»,  appare del tutto implausibile che dalla competenza
statale di principio su questa materia siano stati estromessi aspetti
cosi'  rilevanti,  quali  quelli  connessi  all'urbanistica, e che il
«governo  del  territorio» sia stato ridotto a poco piu' di un guscio
vuoto.
    11.2. - Chiarito   che   si   versa   in  materia  di  competenza
concorrente,  resta  da chiedersi se nelle disposizioni denunciate vi
siano   aspetti   eccedenti   la  formulazione  di  un  principio  di
legislazione.  Un accurato esame della disciplina poc'anzi richiamata
conduce  a una risposta negativa. Non vi e' nulla in essa che non sia
riconducibile  ad  una  enunciazione  di principio e che possa essere
qualificato normativa di dettaglio.
    Giova  premettere  che  i  principi della legislazione statale in
materia  di  titoli  abilitativi  per gli interventi edilizi non sono
rimasti, nel tempo, immutati, ma hanno subito sensibili evoluzioni.
    Dal  generale  e indifferenziato onere della concessione edilizia
(legge  n. 10  del  1977)  si  e'  passati all'autorizzazione per gli
interventi   di   manutenzione   straordinaria   e   fra   questi  al
silenzio-assenso  quando  non  siano  coinvolti  edifici  soggetti  a
disciplina  vincolistica (legge n. 457 del 1978). Il silenzio-assenso
e'  stato  successivamente  ampliato  ed  esteso  e  fatto oggetto di
specifiche  previsioni  procedurali  (legge  n. 94  del  1982, che ha
convertito il decreto-legge n. 9 del 1982). Alle Regioni e' stato poi
attribuito  (legge  n. 47  del  1985)  il  potere  di semplificare le
procedure  ed  accelerare  l'esame  delle domande di concessione e di
autorizzazione  edilizia  e  di consentire, per le sole opere interne
agli edifici, l'asseverazione del rispetto delle norme di sicurezza e
delle  norme  igienico-sanitarie  vigenti, secondo un modello che, in
qualche modo, anticipa l'istituto della denuncia di inizio attivita'.
Ed  ancora  (decreto-legge  n. 398  del  1993, convertito nella legge
n. 493  del  1993) sono state nuovamente regolate le procedure per il
rilascio della concessione edilizia, eliminando il silenzio-assenso e
prevedendo  in sua vece la nomina di un commissario regionale ad acta
con  il  compito di adottare il provvedimento nei casi di inerzia del
comune. Si e' giunti quindi alla disciplina sostanziale e procedurale
della  denuncia  di  inizio  attivita'  (DIA)  per  taluni  enumerati
interventi  edilizi,  imponendo alle Regioni l'obbligo di adeguare la
propria legislazione ai nuovi principi (legge n. 662 del 1996).
    E'  dunque  lungo questa direttrice, in cui lo Stato ha mantenuto
la  disciplina dei titoli abilitativi come appartenente alla potesta'
di  dettare  i principi della materia, che si muovono le disposizioni
impugnate.   Le   fattispecie   nelle   quali,  in  alternativa  alle
concessioni   o  autorizzazioni  edilizie,  si  puo'  procedere  alla
realizzazione  delle  opere con denuncia di inizio attivita' a scelta
dell'interessato   integrano   il   proprium   del   nuovo  principio
dell'urbanistica:  si  tratta infatti, come agevolmente si evince dal
comma 6,  di interventi edilizi di non rilevante entita' o, comunque,
di  attivita'  che  si  conformano  a  dettagliate  previsioni  degli
strumenti  urbanistici.  In definitiva, le norme impugnate perseguono
il  fine,  che  costituisce  un  principio  dell'urbanistica,  che la
legislazione  regionale  e  le funzioni amministrative in materia non
risultino  inutilmente gravose per gli amministrati e siano dirette a
semplificare le procedure e ad evitare la duplicazione di valutazioni
sostanzialmente gia' effettuate dalla pubblica amministrazione.
    Ne'  puo'  dirsi  che  le  modificazioni  introdotte  nell'ultimo
periodo del comma 12 dell'art. 1, e cioe' l'attribuzione alle Regioni
del  potere  di ampliare o ridurre le categorie di opere per le quali
e'  prevista  in  principio  la  dichiarazione  di  inizio attivita',
abbiano  comportato,  nella  disciplina  contenuta  nel  comma 6,  un
mutamento   di   natura  e  l'abbiano  trasformata  in  normativa  di
dettaglio.  Vi e' solo una maggiore flessibilita' del principio della
legislazione statale quanto alle categorie di opere a cui la denuncia
di   inizio  attivita'  puo'  applicarsi.  Resta  come  principio  la
necessaria  compresenza  nella  legislazione  di  titoli  abilitativi
preventivi  ed  espressi (la concessione o l'autorizzazione, ed oggi,
nel  nuovo  testo  unico n. 380 del 2001, il permesso di costruire) e
taciti, quale e' la DIA, considerata procedura di semplificazione che
non  puo'  mancare,  libero  il  legislatore regionale di ampliarne o
ridurne l'ambito applicativo.
    La  materia  del  contendere  in relazione ai commi 6 e 12 non e'
dunque  cessata,  come  invece  vorrebbe  l'Avvocatura generale dello
Stato,  ma  le  censure che le Regioni Umbria ed Emilia-Romagna hanno
tenute  ferme nei confronti di queste disposizioni non possono essere
accolte,  giacche',  anche  dopo  le  sopravvenute  modificazioni del
comma 12,  le  disposizioni  impugnate si limitano a porre principi e
non costituiscono norme di dettaglio.
    11.3. - Del  pari  va respinta la censura relativa al comma 7, il
quale,  senza  avere  il contenuto di norma di dettaglio, si limita a
reiterare   l'obbligo   dell'interessato  di  versare  gli  oneri  di
urbanizzazione  commisurati  al  costo di costruzione anche quando il
titolo  abilitativo  consista  nella  denuncia  di  inizio attivita'.
L'onerosita'  del  titolo  abilitativo  riguarda infatti un principio
della  disciplina  un  tempo  urbanistica  e  oggi  ricompresa fra le
funzioni  legislative  concorrenti  sotto  la  rubrica  «governo  del
territorio».
    11.4. - Non  sono fondate le questioni concernenti i commi da 8 a
11 dell'art. 1, per le quali sono svolti motivi di censura analoghi a
quelli appena esaminati.
    Seppure,  infatti,  non  si fosse in presenza di una legislazione
statale  rientrante  nell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
che  attribuisce  allo  Stato  la  competenza esclusiva in materia di
tutela  dell'ambiente,  ecosistema  e beni culturali, le disposizioni
censurate  non  eccederebbero  l'ambito  della  potesta'  legislativa
statale  nelle  materie  di  competenza concorrente, e in particolare
nella  materia  «governo  del territorio». In effetti esse, lungi dal
porre  una  disciplina  di dettaglio, costituiscono espressione di un
principio  della  legislazione  statale diverso da quello previgente,
contenuto  nell'art. 4,  comma 8,  del  decreto-legge n. 398 del 1993
(che  viene espressamente abrogato), secondo il quale puo' procedersi
con  denuncia  di  inizio  attivita'  anche  alla realizzazione degli
interventi  edilizi  di cui al comma 6 dell'art. 1 della legge n. 443
del  2001  che  riguardino  aree  o immobili sottoposti a vincolo. Il
legislatore, stabilito tale nuovo principio, ha coordinato l'istituto
della  denuncia  di  inizio attivita' con le vigenti disposizioni che
pongono  vincoli,  a  tal  fine  ribadendo  la  indispensabilita' che
l'amministrazione  preposta  alla  loro  tutela  esprima  il  proprio
parere,  la  cui  assenza  priva  di  effetti  la  denuncia di inizio
attivita'.  In definitiva le disposizioni censurate si limitano a far
salva   la  previgente  normativa  vincolistica,  senza  alterare  il
preesistente  quadro  delle  relative competenze, anche delegate alle
amministrazioni  comunali,  e  senza  attrarre  allo  Stato ulteriori
competenze. Le attribuzioni regionali non sono pertanto lese.
    11.5. - Le   considerazioni   svolte   nei  precedenti  paragrafi
inducono  a ritenere priva di fondamento la censura che le ricorrenti
muovono  al  comma 14,  contenente la delega al Governo ad emanare un
decreto  legislativo  volto  ad  introdurre  nel  testo  unico  delle
disposizioni  legislative  e regolamentari in materia edilizia di cui
all'art. 7  della legge 8 marzo 1999, n. 50 le modifiche strettamente
necessarie  per  adeguarlo  alle disposizioni dei commi da 6 a 13. Si
sostiene  dalle  ricorrenti  che  la  disposizione sia illegittima in
quanto  sarebbe  «il  concetto  stesso  di testo unico che ripugna al
riparto  costituzionale  delle competenze» e cio' non soltanto per le
materie  residuali  regionali,  ma anche per le materie di competenza
concorrente,  nelle  quali sulle Regioni grava soltanto il vincolo di
conformarsi ai principi della legislazione statale.
    Le  disposizioni  impugnate  -  lo  si e' appena visto - non sono
tuttavia  ascrivibili  a competenze residuali e hanno il contenuto di
principi   che   le   Regioni  possono  svolgere  con  proprie  norme
legislative. Inserire quei principi in un testo unico gia' vigente e'
dunque operazione che non lede alcuna attribuzione regionale.
    12. - La  Regione  Toscana  ha  impugnato anche i commi 1, 4 e 11
dell'art. 13 della legge n. 166 del 2002.
    12.1. - Il  comma 4  inserisce, dopo il comma 1 dell'art. 1 della
legge   n. 443  del  2001,  il  «comma  1-bis»,  il  quale  detta  le
indicazioni  che  deve  contenere il programma delle infrastrutture e
degli  insediamenti  produttivi  strategici e di preminente interesse
nazionale    da    inserire    nel    documento   di   programmazione
economico-finanziaria.  La  ricorrente  assume  che  la  disposizione
violerebbe  gli  artt. 117  e  118,  primo comma, Cost. per le stesse
identiche  ragioni  gia'  poste  a  fondamento  della  censura svolta
avverso  il  comma 3 dell'art. 13 della legge n. 166 del 2002, che ha
sostituito il comma 1 della citata legge n. 443.
    Il  motivo  del ricorso e' da respingersi sulla base delle stesse
argomentazioni  che  hanno  condotto  a ritenere infondate le censure
avverso  il menzionato comma 1 dell'art. 1 nella versione vigente: la
doglianza  in  esame  non  assume infatti alcuna autonomia rispetto a
quella  gia'  scrutinata,  con  la  quale,  del resto, e' prospettata
congiuntamente.
    12.2. - Nei  commi 1  e  11  dell'art. 13 della legge n. 166 sono
individuati ed autorizzati i limiti di impegno di spesa quindicennali
per  la  progettazione  e  realizzazione delle opere strategiche e di
preminente  interesse  nazionale  «individuate  in apposito programma
approvato»   dal  CIPE,  prevedendo,  tra  l'altro,  che  le  risorse
autorizzate «integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati
allo  scopo  disponibili». Il successivo comma 11 dispone i necessari
stanziamenti di bilancio.
    In  ordine  a  tali  disposizioni la Regione Toscana sostiene che
esse,  nel prevedere specifici stanziamenti per la progettazione e la
realizzazione   delle   opere   strategiche   approvate   dal   CIPE,
contrasterebbero  sia  con  gli  artt. 117  e 118 Cost., in quanto si
riferirebbero  al  programma  predisposto  dal  CIPE  che  si  assume
elaborato  «in spregio alle competenze regionali»; sia con l'art. 119
Cost., perche' inciderebbero sull'autonomia finanziaria delle Regioni
garantita  dalla Costituzione anche in relazione al reperimento delle
risorse  per  la  realizzazione  delle  infrastrutture  di competenza
regionale.
    La  censura va respinta per considerazioni analoghe a quelle gia'
svolte   nel   punto   4.1.  della  presente  pronuncia:  in  assenza
dell'intesa  con  la Regione interessata i programmi sono inefficaci.
Ne  consegue  che  anche questa disposizione deve essere interpretata
nel  senso  che  i  finanziamenti concernenti le infrastrutture e gli
insediamenti  produttivi individuati nel programma approvato dal CIPE
potranno  essere utilizzati per la realizzazione di quelle sole opere
che  siano  state  individuate  mediante intesa tra Stato e Regioni o
Province autonome interessate.
    Quanto  all'evocato parametro dell'art. 119 Cost., e' sufficiente
osservare  che  si  tratta  di  finanziamenti  statali  individuati e
stanziati  in  vista della realizzazione di un programma di opere che
lo  Stato  assume,  nei termini gia' chiariti, in base ai principi di
sussidiarieta'  ed  adeguatezza  anche  in considerazione degli oneri
finanziari  che  esso  comporta e non e' pensabile che lo Stato possa
esimersi dal reperire le risorse. Non e' pertanto apprezzabile alcuna
lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni.
    13. - Si tratta ora di esaminare i ricorsi proposti dalle Regioni
Toscana e Marche e dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, in
riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 120 della Costituzione, nonche'
agli  artt. 8,  primo  comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16, 17, 18, 19,
21,  22  e  24;  9,  primo comma, numeri 8, 9, e 10; 16 dello statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige, e relative norme di attuazione,
avverso  numerosi  articoli  del  decreto legislativo 20 agosto 2002,
n. 190,  attuativo della delega contenuta nell'art. 1, comma 2, della
legge 21 dicembre 2001, n. 443.
    Specificamente  la  Toscana  impugna gli artt. 1-11; 13; 15 e 16,
commi 1,  2,  3,  6  e 7; 17-20; la Provincia autonoma di Bolzano gli
artt. 1,  commi 1 e 7; 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 3, commi 4, 5, 6 e
9;  13, comma 5; 15; la Regione Marche gli artt. 1-11; 13 e 15-20; la
Provincia autonoma di Trento gli artt. 1, 2, 3, 4, 13 e 15.
    14. - Il  ricorso  della  Provincia  autonoma  di Trento e' stato
depositato  presso la cancelleria della Corte costituzionale oltre il
termine  previsto  dall'art. 32,  terzo  comma,  della legge 11 marzo
1953,   n. 87.   La   Provincia,   con   apposita  istanza,  pur  non
disconoscendo  il  carattere  perentorio del termine per il deposito,
ritiene che possa trovare applicazione alla fattispecie la disciplina
dell'errore  scusabile,  che,  per il processo costituzionale, non e'
espressamente  previsto. Si chiede pertanto di considerare scusabile,
e  dunque tempestivo, il deposito effettuato dalla Provincia autonoma
il 5 novembre 2002. In subordine, la Provincia sollecita questa Corte
a  sollevare  dinanzi  a  se  stessa  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli artt. 31, terzo comma, e 32, terzo comma, della
legge n. 87 del 1953, nella parte in cui precludono l'applicazione di
tale  istituto, per violazione dell'art. 24, primo comma, Cost. e del
principio di ragionevolezza.
    Entrambe  le richieste non possono essere accolte. Nei giudizi in
via di azione va senz'altro esclusa l'applicabilita' della disciplina
dell'errore scusabile, cosi' come e' da escludersi che la Corte possa
ritenere  non  manifestamente infondata una questione di legittimita'
proprio  su  quelle  norme  legislative  che,  regolando  il processo
costituzionale,  sono  intese  a  conferire  ad  esso  il  massimo di
certezza  e  ad  assicurare  alle  parti  il corretto svolgimento del
giudizio.
    Il  ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento  deve  essere
pertanto dichiarato inammissibile.
    15. - L'art. 1,    comma 1,    che   regola   la   progettazione,
l'approvazione  e  realizzazione  delle  infrastrutture strategiche e
degli  insediamenti  produttivi  di  preminente  interesse nazionale,
individuati  dall'apposito  programma,  e'  impugnato dalla Provincia
autonoma  di  Bolzano.  Preliminarmente  la ricorrente lamenta che la
disposizione sarebbe rivolta a salvaguardare unicamente le competenze
riconosciutele  dallo  statuto  speciale e dalle norme di attuazione,
senza  alcun  riferimento  alle nuove e maggiori competenze derivanti
dagli   artt. 117  e  118,  applicabili  alle  Regioni  ad  autonomia
differenziata  in  virtu'  della  clausola  di  estensione  contenuta
nell'art. 10  della  legge  costituzionale  18 ottobre  2001, n. 3, e
comunque  che  violerebbe l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del
1992. Tale disposizione definisce le condizioni dell'adeguamento (sei
mesi)  della  legislazione provinciale ai principi della legislazione
statale,  tenendo  ferma  «l'immediata  applicabilita' nel territorio
regionale  (...)  degli  atti  legislativi  dello Stato nelle materie
nelle  quali  alla  Regione  o  alla Provincia autonoma e' attribuita
delega di funzioni statali».
    La  pretesa  avanzata  dalla  Provincia  di  Bolzano e' quella di
rimanere  indenne  dall'obbligo di applicazione immediata nel proprio
territorio  della  disciplina contenuta nella disposizione impugnata.
Un'applicazione  immediata, tuttavia, e' esclusa dallo stesso art. 1,
il  quale,  per  un  verso,  fa  salve  le  competenze delle Province
autonome  e  delle  Regioni  a  statuto  speciale;  per  altro  verso
subordina  l'applicazione  della disciplina a una previa intesa, alla
quale  la  stessa  Provincia  autonoma,  proprio  perche' titolare di
competenze  statutarie  che  le  sono fatte salve, puo' sottrarsi. In
questi termini la censura e' infondata.
    Anche  competenze  ulteriori  rispetto  a  quelle statutariamente
previste,  che  possano  derivare  alla  Provincia  di  Bolzano dalla
clausola  contenuta  nell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001,   soggiacciono   ai   medesimi  limiti  propri  delle  funzioni
corrispondenti  delle Regioni ordinarie; e se per queste e' l'intesa,
quale  limite  immanente all'operare del principio di sussidiarieta',
ad   assicurare  la  salvaguardia  delle  relative  attribuzioni,  un
identico  modulo  collaborativo  deve agire anche nei confronti della
Provincia di Bolzano.
    Per  le  stesse  ragioni  va  respinta  la  censura  svolta dalla
Provincia  di Bolzano, sempre in riferimento al parametro dell'art. 2
del  decreto legislativo n. 266 del 1992, nei confronti dell'art. 13,
comma 5,  il quale stabilisce che l'approvazione del CIPE, adottata a
maggioranza dei componenti con l'intesa dei presidenti delle Regioni,
sostituisce,   anche  a  fini  urbanistici  ed  edilizi,  ogni  altra
autorizzazione,   approvazione,   parere   e   nulla   osta  comunque
denominato,   costituisce   dichiarazione   di   pubblica   utilita',
indifferibilita'  e urgenza delle opere e consente la realizzazione e
l'esercizio delle infrastrutture strategiche per l'approvvigionamento
energetico e di tutte le attivita' previste nel progetto approvato.
    16. - Le  Regioni  Marche  e Toscana impugnano l'art. 1, comma 5,
secondo  il  quale  le  Regioni,  le  province,  i  comuni, le citta'
metropolitane  applicano,  per  le  proprie attivita' contrattuali ed
organizzative  relative  alla  realizzazione  delle  infrastrutture e
diverse   dall'approvazione   dei   progetti   (comma   2)   e  dalla
aggiudicazione  delle infrastrutture (comma 3), le norme del presente
decreto legislativo «fino alla entrata in vigore di una diversa norma
regionale,  (...)  per tutte le materie di legislazione concorrente».
Si  denuncia  la  lesione dell'art. 117 della Costituzione poiche' in
materie   di  competenza  concorrente  sarebbe  posta  una  normativa
cedevole di dettaglio.
    Non  puo' negarsi che l'inversione della tecnica di riparto delle
potesta'  legislative  e  l'enumerazione  tassativa  delle competenze
dello  Stato dovrebbe portare ad escludere la possibilita' di dettare
norme  suppletive  statali  in materie di legislazione concorrente, e
tuttavia  una  simile  lettura  dell'art. 117 svaluterebbe la portata
precettiva dell'art. 118, comma primo, che consente l'attrazione allo
Stato,    per    sussidiarieta'   e   adeguatezza,   delle   funzioni
amministrative  e  delle correlative funzioni legislative, come si e'
gia'  avuto  modo  di precisare. La disciplina statale di dettaglio a
carattere  suppletivo  determina  una  temporanea  compressione della
competenza    legislativa    regionale   che   deve   ritenersi   non
irragionevole, finalizzata com'e' ad assicurare l'immediato svolgersi
di  funzioni  amministrative  che lo Stato ha attratto per soddisfare
esigenze  unitarie  e che non possono essere esposte al rischio della
ineffettivita'.
    Del  resto  il  principio di cedevolezza affermato dall'impugnato
art. 1, comma 5, opera a condizione che tra lo Stato, le Regioni e le
Province  autonome interessate sia stata raggiunta l'intesa di cui al
comma 1,  nella  quale si siano concordemente qualificate le opere in
cui  l'interesse  regionale  concorre  con  il  preminente  interesse
nazionale e si sia stabilito in che termini e secondo quali modalita'
le  Regioni  e  le  Province  autonome  partecipano alle attivita' di
progettazione,  affidamento  dei  lavori  e monitoraggio. Si aggiunga
che,  a  ulteriore  rafforzamento delle garanzie poste a favore delle
Regioni,  l'intesa  non  puo'  essere  in  contrasto con le normative
vigenti,  anche regionali, o con le eventuali leggi regionali emanate
allo scopo.
    17. - L'art. 1, comma 7, lettera e), definisce opere per le quali
l'interesse  regionale concorre con il preminente interesse nazionale
«le  infrastrutture  (...)  non  aventi  carattere  interregionale  o
internazionale  per  le  quali  sia  prevista,  nelle intese generali
quadro  di  cui  al  comma 1,  una  particolare  partecipazione delle
Regioni  o  Province  autonome  alle  procedure attuative» e opere di
carattere interregionale o internazionale «le opere da realizzare sul
territorio  di  piu' Regioni o Stati, ovvero collegate funzionalmente
ad  una  rete  interregionale  o  internazionale». La Regione Toscana
lamenta  la  violazione  dell'art. 76 Cost., giacche' la legge n. 443
del  2001 non autorizzerebbe il Governo a porre un regime derogatorio
anche per le opere di interesse regionale.
    In realta' l'art. 1 del decreto legislativo n. 190 fa riferimento
a  infrastrutture  pubbliche  e  private  e  insediamenti  produttivi
strategici  e  «di preminente interesse nazionale» e non parla mai di
opere  di  interesse  regionale,  ma solo di opere nelle quali con il
«preminente   interesse  nazionale»,  che  permane  in  posizione  di
prevalenza,  concorre  l'interesse  della Regione. Opere di interesse
esclusivamente  regionale,  in  altri termini, non sono oggetto della
disciplina impugnata.
    Non  e'  pertanto ravvisabile nella disposizione denunciata alcun
eccesso di delega.
    17.1. - La  stessa  Regione  Toscana,  la  Regione  Marche  e  la
Provincia  di  Bolzano assumono poi che l'art. 1 comma 7, lettera e),
violerebbe  gli  artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, e 118 Cost.,
poiche'  la  disposizione  escluderebbe la concorrenza dell'interesse
regionale con il preminente interesse nazionale in relazione ad opere
aventi  carattere  interregionale  o  internazionale,  mentre il solo
fatto  della localizzazione di una parte dell'opera sul territorio di
una Regione implicherebbe il coinvolgimento di un interesse regionale
e   la   conseguente   legittimazione   della   Regione   interessata
all'esercizio  nel  proprio  territorio delle competenze legislative,
regolamentari   e   amministrative   ad   essa   riconosciute   dalla
Costituzione.
    Anche questa censura deve essere respinta.
    Le  ricorrenti muovono dalla erronea premessa che per le opere di
interesse  interregionale  sia  esclusa  ogni forma di coinvolgimento
delle  Regioni  interessate.  Al  contrario  deve essere chiarito che
l'intesa  generale  di  cui  al  primo  comma dell'art. 1 del decreto
legislativo ha ad oggetto, fra l'altro, la qualificazione delle opere
e dunque la stessa classificazione della infrastruttura come opera di
interesse interregionale deve ottenere l'assenso regionale.
    Chiarito  che  il  decreto  legislativo  n. 190 non autorizza una
qualificazione  unilaterale  del  livello  di  interesse dell'opera e
ribadito  che  anche  la  classificazione  della  stessa deve formare
oggetto  di  un'intesa, non puo' dirsi scalfita la peculiare garanzia
riconosciuta  alla  Provincia  di  Bolzano  dalle norme di attuazione
dello  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige recate dal d.P.R.
n. 381  del  1974, le quali richiedono appunto un'intesa fra Ministro
dei  lavori pubblici e Presidenti delle Province autonome di Trento e
Bolzano  per  «i  piani pluriennali di viabilita' e i piani triennali
per  la  gestione  e  l'incremento  della rete stradale» (art. 19); e
stabiliscono  che «gli interventi di spettanza dello Stato in materia
di  viabilita',  linee ferroviarie e aerodromi, anche se realizzati a
mezzo  di  aziende  autonome,  sono  effettuati  previa intesa con la
Provincia interessata» (art. 20).
    18. - L'art. 2,   comma 1,  stabilisce  che  il  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti  «promuove le attivita' tecniche ed
amministrative  occorrenti  ai  fini della sollecita progettazione ed
approvazione  delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi ed
effettua,  con  la  collaborazione  delle  Regioni  e  delle Province
autonome  interessate  con  oneri  a  proprio carico, le attivita' di
supporto  necessarie  per  la  vigilanza,  da  parte  del CIPE, sulla
realizzazione delle infrastrutture».
    Secondo  la  prospettazione  della  Provincia autonoma di Bolzano
questa  disposizione  violerebbe l'art. 16 dello statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige, il quale pone il principio del parallelismo
tra funzioni legislative e amministrative, nonche' l'art. 4, comma 1,
del  decreto legislativo n. 266 del 1992, il quale dispone che «nelle
materie di competenza propria della Regione o delle Province autonome
la   legge   non   puo'   attribuire  agli  organi  statali  funzioni
amministrative  (...)  diverse da quelle spettanti allo Stato secondo
lo  statuto  speciale  e le norme di attuazione, salvi gli interventi
richiesti ai sensi dell'art. 22 dello statuto».
    La   ricorrente  presuppone  che  alcune  delle  materie  su  cui
insistono  i  compiti tecnici e amministrativi conferiti al Ministero
sarebbero   di   competenza  legislativa  (e  quindi  amministrativa)
provinciale,   ma   omette   di   considerare  che  tra  gli  oggetti
riconducibili  alla  propria competenza rientrano solo opere o lavori
pubblici  di  interesse  provinciale, ai quali il decreto legislativo
n. 190  non  e' applicabile. Quando invece l'opera trascende l'ambito
di interesse della Provincia, allora si e' al di fuori delle garanzie
statutarie  e  le  eventuali  ulteriori competenze normative che essa
intendesse  trarre  dall'art. 10  della legge costituzionale n. 3 del
2001  in  relazione alle infrastrutture di cui al decreto legislativo
impugnato  non potrebbero sottrarsi ai limiti che si fanno valere nei
confronti   delle   Regioni  ordinarie,  ossia,  nella  specie,  alla
possibilita',   per   lo   Stato,   di  far  agire  il  principio  di
sussidiarieta'  attraendo  e  regolando  funzioni  amministrative. Il
parallelismo  invocato  dalla  ricorrente opera, pertanto, unicamente
nell'ambito provinciale e con riferimento alle competenze statutarie,
essendo  superato dall'applicabilita' del principio di sussidiarieta'
per le competenze ulteriori.
    18.1. - Per  i  motivi  appena  illustrati devono essere respinte
anche  tutte le censure che la Provincia di Bolzano prospetta, sempre
sul  parametro  dell'art. 4,  comma 1, del decreto legislativo n. 266
del  1992,  con  argomentazioni  analoghe  e che hanno ad oggetto gli
artt. 1,  commi 1 e 7; 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, e 7; 3, commi 4, 5, 6,
9;  13, comma 5; e 15, i quali prevedono procedimenti di approvazione
che  comportano  l'automatica variazione degli strumenti urbanistici,
determinano   l'accertamento   della   compatibilita'   ambientale  e
sostituiscono ogni altra autorizzazione, approvazione e parere.
    19. - La Provincia autonoma di Bolzano impugna l'art. 2, commi 2,
3,  4 e 5, i quali, nel riservare al Ministero delle infrastrutture e
trasporti la promozione dell'attivita' di progettazione, direzione ed
esecuzione  delle  infrastrutture e il potere di assegnare le risorse
integrative   necessarie  alle  attivita'  progettuali,  violerebbero
l'art. 16  dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  e
l'art. 4  del  decreto legislativo n. 266 del 1992. Quest'ultimo, nel
terzo  comma,  prevede  che  «fermo  restando  quanto  disposto dallo
statuto  speciale e dalle relative norme di attuazione, nelle materie
di  competenza  propria  della Provincia, le amministrazioni statali,
comprese  quelle  autonome,  e  gli  enti  dipendenti dallo Stato non
possono  disporre spese ne' concedere, direttamente o indirettamente,
finanziamenti  o  contributi per attivita' nell'ambito del territorio
regionale  o  provinciale».  Tale disposizione, secondo la ricorrente
imporrebbe  la  diretta assegnazione dei fondi alle Province autonome
di Trento e Bolzano e non ai soggetti aggiudicatori.
    Il  motivo  del ricorso va respinto per ragioni analoghe a quelle
poc'anzi  esposte,  giacche'  alle  Province  autonome  non spetta in
materia  alcuna competenza statutaria, se non con riguardo alle opere
di  interesse provinciale. Non si applicano dunque i parametri che la
ricorrente invoca.
    20. - Le Regioni Toscana e Marche impugnano l'art. 2, comma 5, il
quale prevede che per la nomina di commissari straordinari incaricati
di  seguire l'andamento delle opere aventi carattere interregionale o
internazionale  debbano  essere  sentiti  i  Presidenti delle Regioni
interessate.  Le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 117 e
118  Cost.  e  del  principio  di  leale  collaborazione, che, a loro
giudizio,  imporrebbe  il  coinvolgimento  della  Regione nella forma
dell'intesa.
    La questione non e' fondata.
    La   disposizione   impugnata,  infatti,  prevede  una  forma  di
vigilanza  sull'esercizio  di  funzioni  che,  in  quanto assunte per
sussidiarieta',  sono  qualificabili come statali, e non vi e' alcuna
prescrizione  costituzionale  dalla  quale  possa  desumersi  che  il
livello  di  collaborazione  regionale debba consistere in una vera e
propria   intesa,   anziche',   come   e'   previsto   per  le  opere
interregionali e internazionali, nella audizione dei Presidenti delle
Regioni  e  delle Province autonome in sede di nomina del commissario
straordinario.
    21. - Le  Regioni  Toscana  e Marche impugnano l'art. 2, comma 7,
nella parte in cui consente al Presidente del Consiglio dei ministri,
su  proposta  del Ministro delle infrastrutture e trasporti, sentiti,
per  le  infrastrutture  di  competenza  dei  soggetti  aggiudicatori
regionali,  i  Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, di
abilitare   i   Commissari   straordinari  ad  adottare,  con  poteri
derogatori  della  normativa vigente e con le modalita' e i poteri di
cui  all'art. 13  del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito,
con modificazioni nella legge 23 maggio 1997, n. 135, i provvedimenti
e   gli   atti   di   qualsiasi   natura   necessari  alla  sollecita
progettazione,   istruttoria,   affidamento   e  realizzazione  delle
infrastrutture  e  degli insediamenti produttivi, in sostituzione dei
soggetti  competenti.  Se ne denuncia il contrasto con gli artt. 117,
118 e 120 della Costituzione.
    Va  innanzitutto premesso che le infrastrutture di competenza dei
soggetti aggiudicatori regionali sono quelle in relazione alle quali,
nelle intese previste dal comma 1 dell'art. 1 del decreto legislativo
n. 190,  si e' riconosciuto che l'interesse regionale concorre con un
interesse  statale  preminente  ed e' proprio questo riconoscimento a
giustificare l'esercizio della funzione amministrativa da parte dello
Stato.   Ad   evitare  che  le  esigenze  unitarie  sottostanti  alla
realizzazione  di  tali  opere  possano restare insoddisfatte a causa
dell'inerzia  del  soggetto  aggiudicatore regionale, allo Stato sono
conferiti  poteri sollecitatori che peraltro devono essere esercitati
seguendo  un percorso procedimentale che non priva Regioni e Province
autonome  delle  garanzie  connesse  alla titolarita' di un interesse
concorrente  con quello statale. E' infatti previsto che i commissari
straordinari  agiscano  con  le modalita' e i poteri di cui al citato
art. 13  del  decreto-legge  n. 67  del  1997,  e  il comma 4 di tale
articolo,  che  deve  essere  ritenuto  applicabile alla fattispecie,
attribuisce al Presidente della Regione (e, in questo caso, per opere
ricadenti  nell'ambito  della Provincia autonoma, al Presidente della
Provincia)  il  potere  di  sospendere  i  provvedimenti adottati dal
commissario  straordinario  e anche di provvedere diversamente, entro
15 giorni dalla loro comunicazione.
    In questi termini, la censura e' da respingere.
    Non puo' essere condivisa neppure la prospettazione della Regione
Toscana,  secondo la quale alle ipotesi di inerzia regionale dovrebbe
ovviarsi  ai  sensi  dell'art. 120  Cost.,  per  la  cui applicazione
mancherebbero,  nella  specie,  i presupposti. Occorre qui tenere ben
distinte  le  funzioni  amministrative  che  lo Stato, per ragioni di
sussidiarieta'  e  adeguatezza,  puo'  assumere  e  al  tempo  stesso
organizzare  e  regolare  con legge, dalle funzioni che spettano alle
Regioni  e per le quali lo Stato, non ricorrendo i presupposti per la
loro   assunzione   in   sussidiarieta',   eserciti   poteri  in  via
sostitutiva.  Nel  primo  caso,  quando  si  applichi il principio di
sussidiarieta'  di  cui  all'art. 118  Cost.,  quelle stesse esigenze
unitarie  che giustificano l'attrazione della funzione amministrativa
per sussidiarieta' consentono di conservare in capo allo Stato poteri
acceleratori  da  esercitare nei confronti degli organi della Regione
che  restino  inerti.  In  breve,  la gia' avvenuta assunzione di una
funzione  amministrativa  in  via  sussidiaria legittima l'intervento
sollecitatorio   diretto   a   vincere   l'inerzia  regionale.  Nella
fattispecie  di  cui  all'art. 120  Cost.,  invece,  l'inerzia  della
Regione  e'  il  presupposto  che  legittima  la sostituzione statale
nell'esercizio  di  una  competenza  che e' e resta propria dell'ente
sostituito.
    22. - Le   Regioni   ricorrenti  censurano  nella  sua  interezza
l'art. 3,  che  disciplina  la procedura di approvazione del progetto
preliminare  delle  infrastrutture,  le  procedure  di valutazione di
impatto ambientale (VIA) e localizzazione, denunciandone il contrasto
con  l'art. 117  Cost.,  giacche' detterebbe una disciplina di minuto
dettaglio   in   relazione  ad  oggetti  ricadenti  nella  competenza
regionale in materia di governo del territorio.
    La  censura  e'  inammissibile,  in  quanto  formulata in termini
generici,  senza specificare quali parti della disposizione censurata
eccederebbero  la potesta' regolativa che pure non si disconosce allo
Stato in materia.
    23. - L'art. 3,  comma 5,  il quale affida al CIPE l'approvazione
del progetto preliminare delle infrastrutture coinvolgendo le Regioni
interessate  ai  fini dell'intesa sulla localizzazione dell'opera, ma
prevedendo  che  il medesimo progetto non sia sottoposto a conferenza
di  servizi,  secondo  la  Regione  Toscana  sarebbe in contrasto con
l'art. 76  Cost.,  poiche'  non sarebbe conforme all'art. 1, comma 2,
lettera d),  della legge n. 443 del 2001, il quale autorizzava solo a
modificare  la  disciplina  della  conferenza  dei  servizi  e  non a
sopprimerla.
    La censura non e' fondata.
    Il  Governo,  ai  sensi  dell'art. 1,  comma 2,  lettera d),  era
delegato  a  riformare  le  procedure  per  la valutazione di impatto
ambientale  e  l'autorizzazione integrata ambientale, nell'osservanza
di  un  principio-criterio  direttivo  molto  circostanziato  e cosi'
formulato: modificazione della disciplina in materia di conferenza di
servizi  con  la  previsione  della  facolta',  da  parte di tutte le
amministrazioni  competenti  a  rilasciare  permessi e autorizzazioni
comunque  denominati,  di  proporre, in detta conferenza, nel termine
perentorio  di  novanta  giorni, prescrizioni e varianti migliorative
che  non modificano la localizzazione e le caratteristiche essenziali
delle   opere.  Tale  criterio,  diversamente  da  quanto  assume  la
ricorrente, era dettato con riferimento all'approvazione del progetto
definitivo,   non   gia'   di  quello  preliminare.  Attuativo  della
lettera d),  dunque,  non  e'  l'art. 3,  comma 5,  bensi'  l'art. 4,
comma 3,  del  decreto  legislativo n. 190, relativo all'approvazione
del  progetto  definitivo,  che  in  effetti prevede la conferenza di
servizi  e  risulta  pertanto,  sotto il profilo denunciato, conforme
alla delega.
    24. - Le Regioni ricorrenti denunciano i commi 6 e 9 dell'art. 3,
i  quali,  nel  prevedere  che  lo  Stato  possa  procedere  comunque
all'approvazione    del    progetto    preliminare    relativo   alle
infrastrutture di carattere interregionale e internazionale superando
il motivato dissenso delle Regioni, violerebbero gli artt. 114, commi
primo e secondo; 117, commi terzo, quarto e sesto, e 118, commi primo
e  secondo,  Cost.  Le  Regioni,  si  osserva  nei ricorsi, sarebbero
relegate  in  posizione  di  destinatarie  passive  di  provvedimenti
assunti  a  livello  statale  in  materie che sono riconducibili alla
potesta' legislativa concorrente.
    La questione non merita accoglimento.
    Le   procedure   di   superamento  del  dissenso  regionale  sono
diversificate.
    In  una  prima  ipotesi [art. 3, comma 6, lettera a)] il dissenso
puo'  essere manifestato sul progetto preliminare di un'opera che, in
virtu'  di  un'intesa fra lo Stato e la Regione o Provincia autonoma,
e' stata qualificata di carattere interregionale o internazionale. In
questo  caso  il  progetto  preliminare  e'  sottoposto  al consiglio
superiore   dei  lavori  pubblici,  alla  cui  attivita'  istruttoria
partecipano  i rappresentanti delle Regioni. A tale fine il consiglio
valuta i motivi del dissenso e la eventuale proposta alternativa che,
nel  rispetto  della funzionalita' dell'opera, la Regione o Provincia
autonoma  dissenziente  avessero  formulato all'atto del dissenso. Il
parere del consiglio superiore dei lavori pubblici e' rimesso al CIPE
che,  in  forza dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 190,
applicabile nella specie, e' integrato dai Presidenti delle Regioni e
Province autonome interessate. Se il dissenso regionale perdura anche
in  sede  CIPE,  il  progetto e' approvato con decreto del Presidente
della  Repubblica,  previa  deliberazione del Consiglio dei ministri,
sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali. Va in
primo  luogo  rilevato  che  non  si  tratta  qui di approvazione del
progetto  definitivo,  ma  solo di quello preliminare, e che le opere
coinvolte  non  sono  qualificate  di  carattere  regionale. Risponde
quindi  allo  statuto  del  principio di sussidiarieta' e all'istanza
unitaria  che  lo  sorregge, che possano essere definite procedure di
superamento del dissenso regionale, le quali dovranno comunque - come
avviene   nella   specie   -   informarsi   al   principio  di  leale
collaborazione,   onde   offrire  alle  Regioni  la  possibilita'  di
rappresentare   il  loro  punto  di  vista  e  di  motivare  la  loro
valutazione  negativa  sul  progetto. Nessuna censura, in definitiva,
puo'   essere   rivolta   alla   disciplina   legislativa,  salva  la
possibilita'   per   la   Regione   dissenziente   di   impugnare  la
determinazione   finale   resa   con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  ove  essa  leda il principio di leale collaborazione, sul
quale deve essere modellato l'intero procedimento.
    Nella  seconda  ipotesi [art. 3, comma 6, lettera b)] il dissenso
si  manifesta  sul  progetto  preliminare  relativo  a infrastrutture
strategiche  classificate  nell'intesa  fra  Stato  e Regione come di
preminente  interesse  nazionale o ad opere nelle quali il preminente
interesse  statale  concorre con quello regionale. Il procedimento di
superamento del dissenso delle Regioni e' diversamente articolato: si
provvede  in  questi  casi  a mezzo di un collegio tecnico costituito
d'intesa  fra  il  Ministero  e  la  Regione  interessata a una nuova
valutazione  del  progetto  preliminare. Ove permanga il dissenso, il
Ministro  delle  infrastrutture  e  trasporti propone al CIPE, sempre
d'intesa  con  la  Regione,  la  sospensione  dell'infrastruttura, in
attesa  di  una  nuova  valutazione  in  sede  di  aggiornamento  del
programma  oppure  «l'avvio  della  procedura  prevista  in  caso  di
dissenso  sulle infrastrutture o insediamenti produttivi di carattere
interregionale   o   internazionale».   Il   tenore  letterale  della
disposizione  porta a concludere che la necessita' dell'intesa con la
Regione  si  riferisca  non  solo  alla  proposta  di sospensione del
procedimento,  ma anche alla proposta di avvio della procedura di cui
alla lettera a) dell'articolo in esame. Si consentirebbe insomma alla
Regione,  nel  caso  di  opere di interesse regionale concorrente con
quello  statale,  di  «bloccare»  l'approvazione del progetto ad esse
relativo, in attesa di una nuova valutazione in sede di aggiornamento
del programma.
    In  questi  termini,  il  motivo del ricorso in esame deve essere
rigettato.
    24.1. - Per  le  ragioni appena esposte anche le censure relative
agli artt. 4, comma 5, e 13, comma 5, che alla procedura dell'art. 3,
comma 6,  fanno  espresso  rinvio, devono essere respinte, cosi' come
deve  essere  rigettata  la  censura  rivolta dalle Regioni Toscana e
Marche nei confronti dell'art. 13, che disciplina le procedure per la
localizzazione,   l'approvazione   dei   progetti,   la   VIA   degli
insediamenti  produttivi  e  delle infrastrutture private strategiche
per   l'approvvigionamento   energetico,   richiamando  le  procedure
previste negli artt. 3 e 4 del decreto.
    25. - Devono  essere  dichiarate  inammissibili le censure che le
Regioni  Toscana e Marche svolgono nei confronti degli artt. 4, 5, 6,
7,  8,  9,  10  e  11,  che,  in relazione alle infrastrutture e agli
insediamenti  produttivi  qualificati  come strategici, contengono un
complesso   insieme  di  innovazioni  in  materia  di  appalti  e  di
concessioni  di  lavori  pubblici.  Se  ne  denuncia il contrasto con
l'art. 117 Cost.
    Ancor  prima  di  esaminare  nel  merito  la censura, che procede
peraltro  dalla  erronea premessa che i lavori pubblici costituiscano
una  materia  di esclusiva competenza regionale, si deve rilevare che
essa  e'  formulata  in  termini  cosi' generici da non consentire un
corretto  scrutinio  di  legittimita'  costituzionale  sulle  singole
disposizioni.  Nella  congerie  di  norme  contenute  negli  articoli
impugnati,   fatte   simultaneamente  e  indistintamente  oggetto  di
censura,  discernere  o  selezionare  i profili di competenza statale
potenzialmente  interferenti con la disciplina regionale non e' onere
che  possa  essere  addossato  alla  Corte,  ma  attiene al dovere di
allegazione del ricorrente. Vero in ipotesi che sussistano profili di
disciplina  inerenti  a competenze residuali, e' infatti indubitabile
la  potenziale  interferenza  con  esse di funzioni e compiti statali
riconducibili  alla  potesta'  legislativa  esclusiva  o concorrente,
quali  la  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema, la tutela della
concorrenza, il governo del territorio.
    26. - L'art. 4,  comma 5,  e' impugnato dalla Regione Toscana per
la  parte  in cui prevede che l'approvazione del progetto definitivo,
adottata  con  il voto favorevole della maggioranza dei componenti il
CIPE,  «sostituisce  ogni altra autorizzazione, approvazione e parere
comunque   denominato   e   consente  la  realizzazione  e,  per  gli
insediamenti  produttivi  strategici,  l'esercizio di tutte le opere,
prestazioni   e   attivita'  previste  nel  progetto  approvato».  La
ricorrente lamenta la violazione dell'art. 76 della Costituzione, per
il  contrasto con l'art. 1, comma 3-bis, della legge di delega n. 443
del  2001,  come  modificata  dalla  legge  n. 166 del 2002, il quale
porrebbe quale momento indefettibile del procedimento di approvazione
del  progetto  definitivo  il  parere  obbligatorio  della Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.
    La censura e' infondata.
    A  prescindere dal rilievo che l'art. 1, comma 3-bis, della legge
n. 443  del  2001, introdotto dalla legge n. 166 del 2002, non figura
espressamente  tra  i  criteri  e  principi direttivi per l'esercizio
della   delega,   e   che   e'  stato  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo con la presente pronuncia (v. 1/2 8), deve osservarsi che
l'art. 4,   comma 5,  costituisce  attuazione  del  criterio  di  cui
all'art. 1,  comma 2, lettera c), della citata legge n. 443 del 2001,
come  modificato  dall'art. 13, comma 6, della legge n. 166 del 2002,
del  quale  si e' in precedenza escluso il dedotto profilo di lesione
delle  competenze  regionali  (punto  6.2.).  Il  suindicato criterio
prevedeva  infatti  che  venisse  affidata  al  CIPE,  integrato  dai
Presidenti   delle   Regioni   o   Province   autonome   interessate,
l'approvazione del progetto preliminare e di quello definitivo. E che
l'operativita'   della   disposizione   impugnata   presupponga   che
l'approvazione  del  progetto  definitivo  sia effettuata dal CIPE in
composizione  allargata  si ricava dall'art. 1, comma 2, dello stesso
decreto  legislativo  n. 190,  il quale chiarisce che «l'approvazione
dei  progetti  delle infrastrutture» (quindi del progetto preliminare
come  di  quello  definitivo)  «avviene  d'intesa  tra  lo Stato e le
Regioni  nell'ambito del CIPE allargato ai presidenti delle regioni e
delle province autonome interessate».
    27. - La  Regione  Toscana  ha impugnato l'art. 8, nella parte in
cui  prevede  che  il  Ministero  delle  infrastrutture  e  trasporti
pubblichi  sul  proprio  sito informatico e, una volta istituito, sul
sito   informatico  individuato  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ai sensi dell'art. 24 della legge 24 novembre 2000, n. 340,
nonche'  nelle  Gazzette  Ufficiali  italiana e comunitaria, la lista
delle  infrastrutture  per le quali il soggetto aggiudicatore ritiene
di  sollecitare  la  presentazione di proposte da parte di promotori,
precisando,  per ciascuna infrastruttura, il termine (non inferiore a
4  mesi) entro il quale i promotori possono presentare le proposte e,
se   la   proposta   e'   presentata,   stabilisce  che  il  soggetto
aggiudicatore,   valutata  la  stessa  come  di  pubblico  interesse,
promuova  la  procedura  di  VIA  e  se  necessario  la  procedura di
localizzazione urbanistica.
    La  ricorrente  lo  censura per eccesso di delega, in quanto esso
non  chiarirebbe  se  le  infrastrutture  inserite  nella  lista  per
sollecitare le proposte dei promotori siano da individuare tra quelle
gia'  ricomprese  nel programma di opere strategiche formato d'intesa
con  le  Regioni ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge di delega
n. 443   del   2001   o  se  al  contrario  si  debba  consentire  la
presentazione  di  proposte dei promotori anche per opere non facenti
parte  del programma, e sulle quali nessuna intesa e' stata raggiunta
con le Regioni interessate.
    L'interpretazione   piu'   piana  e  lineare  della  disposizione
censurata  e'  che debba trattarsi delle opere inserite nel programma
di  cui  al  comma 1, e sulle quali si sia raggiunta l'intesa. Non e'
quindi  fondata la censura di violazione dell'art. 76 Cost. e neppure
sussiste   la  violazione  dell'art. 117,  poiche'  il  principio  di
sussidiarieta',  come si e' visto nel paragrafo 2.1, postula che allo
Stato, una volta assunta la funzione amministrativa, competa anche di
regolarla  onde  renderne  l'esercizio  raffrontabile  a un parametro
legale unitario.
    28. - Le  Regioni  Toscana,  Marche  e  la  Provincia autonoma di
Bolzano,  propongono  questione  di  legittimita'  costituzionale, in
riferimento  all'art. 117, sesto comma, Cost., anche dell'art. 15 del
decreto legislativo n. 190.
    La questione e' fondata.
    Il comma 1 di tale articolo attribuisce al Governo la potesta' di
integrare  tutti  i regolamenti emanati in base alla legge n. 109 del
1994,   «assumendo   come   norme  regolatrici  il  presente  decreto
legislativo, la legge di delega e le normative comunitarie in materia
di  appalti  di  lavori»  e  stabilisce che le norme regolamentari si
applichino  alle Regioni solo «limitatamente alle procedure di intesa
per   l'approvazione   dei   progetti   e   di  aggiudicazione  delle
infrastrutture»  e,  per quanto non pertinente a queste procedure, si
applichino  a  titolo  suppletivo,  «sino  alla  entrata in vigore di
diversa  normativa  regionale».  Il  comma 2  del  predetto  articolo
autorizza  i regolamenti emanati nell'esercizio della potesta' di cui
al  comma 1  ad abrogare o derogare, dalla loro entrata in vigore, le
norme  di diverso contenuto precedentemente vigenti nella materia; il
comma 3  puntualizza  gli  oggetti  del  regolamento  autorizzato; il
comma 4  stabilisce  che, fino alla entrata in vigore dei regolamenti
integrativi  di  cui al comma 1, si applica il d.P.R. n. 554 del 1999
in   materia  di  lavori  pubblici  adottato  dallo  Stato  ai  sensi
dell'art. 3 della legge n. 109 del 1994, in quanto compatibile con le
norme  della  legge  di  delega  e  del decreto legislativo n. 190; e
prosegue   disponendo   che   i   requisiti  di  qualificazione  sono
individuati  e  regolati dal bando e dagli atti di gara, nel rispetto
delle previsioni del decreto legislativo n. 158 del 1995.
    Dalle  argomentazioni  che  sostengono  il  motivo del ricorso si
evince  che  esso  investe  i  primi  quattro commi dell'art. 15, che
riguardano  appunto  i  regolamenti  governativi  autorizzati;  ne e'
escluso  invece  il  comma 5,  che  ha  un oggetto diverso ed affatto
autonomo,   poiche'  concerne  l'attivita'  di  monitoraggio  tesa  a
prevenire  e  reprimere  tentativi  di  infiltrazione  mafiosa. Cosi'
accertata  la  portata delle censure, esse devono essere accolte, per
le  ragioni  che  sono state gia' esposte nel precedente paragrafo 7,
dove  si  sono  illustrati  i  motivi della pronuncia di accoglimento
della questione riguardante l'art. 1, comma 3, della legge n. 443 del
2001, di cui l'impugnato art. 15 e' attuativo.
    29. - Con  un'unica, laconica censura la Regione Toscana impugna,
con  richiamo  agli  stessi  motivi  gia' svolti, l'art. 16, il quale
contiene una pluralita' di norme transitorie, diverse a seconda dello
stadio  di  realizzazione  dell'opera al momento di entrata in vigore
del  decreto  legislativo  n. 190.  La  regolamentazione  e'  infatti
differenziata   a   seconda  che  sia  stato  approvato  il  progetto
definitivo o esecutivo (comma 1); abbia avuto luogo la valutazione di
impatto  ambientale  sulla  base di norme vigenti statali o regionali
(comma  2);  non si sia svolta alcuna attivita' e si versi in fase di
prima  applicazione della disciplina (comma 3); o ancora si tratti di
procedimenti   relativi   agli   insediamenti   produttivi   e   alle
infrastrutture  strategiche  per  l'approvvigionamento  energetico in
corso (comma 7, che regola anche il regime degli atti gia' compiuti).
Ciascuna   di   queste  ipotesi  e'  assoggettata  a  una  disciplina
particolare   e  pertanto  non  e'  possibile  indirizzare  nei  loro
confronti una censura unitaria fondata su un solo motivo, per di piu'
argomentato per relationem con riferimento ai «motivi sopra esposti»,
alcuni  dei quali, a loro volta, vengono dichiarati inammissibili per
genericita' con la presente pronuncia.
    La censura e' pertanto inammissibile per la sua genericita'.
    30. - Le  Regioni  Marche  e  Toscana  denunciano, in riferimento
all'art. 117  Cost.,  gli  artt. 17,  18,  19 e 20 nella parte in cui
dettano  una  disciplina  della  procedura  di valutazione di impatto
ambientale  di  opere  e  infrastrutture  che  derogherebbe  a quella
regionale,  cui  dovrebbe  riconoscersi  la competenza a regolare gli
strumenti attuativi della tutela dell'ambiente.
    La censura non merita accoglimento.
    Le  ricorrenti  muovono  dalla  premessa  che  la  valutazione di
impatto   ambientale  regolata  dalle  disposizioni  censurate  trovi
applicazione  anche  nei confronti delle opere di esclusivo interesse
regionale,  ma  cosi'  non  e',  poiche' la sfera di applicazione del
decreto legislativo n. 190 e' limitata alle opere che, con intesa fra
lo  Stato  e  la  Regione,  vengono  qualificate  come  di preminente
interesse nazionale, con il quale concorre un interesse regionale.
    Per  le  infrastrutture  ed insediamenti produttivi di preminente
interesse  nazionale,  invece, non vi e' ragione di negare allo Stato
l'esercizio   della   sua   competenza,  tanto  piu'  che  la  tutela
dell'ambiente   e  dell'ecosistema  forma  oggetto  di  una  potesta'
esclusiva,  ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), che e'
bensi'  interferente con una molteplicita' di attribuzioni regionali,
come  questa Corte ha riconosciuto nelle sentenze n. 536 e n. 407 del
2002,  ma  che  non  puo' essere ristretta al punto di conferire alle
Regioni, anziche' allo Stato, ogni determinazione al riguardo.
    Quando   sia  riconosciuto  in  sede  di  intesa  un  concorrente
interesse  regionale, la Regione puo' esprimere il suo punto di vista
e compiere una sua previa valutazione di impatto ambientale, ai sensi
dell'art. 17,   comma 4,   ma   il  provvedimento  di  compatibilita'
ambientale  e'  adottato  dal  CIPE,  il  quale,  secondo  una  retta
interpretazione,  conforme  ai criteri della delega [art. 1, comma 2,
lettera c),  della legge n. 443 del 2001, come sostituito dalla legge
n. 166  del 2002], deve essere integrato dai Presidenti delle Regioni
e delle Province autonome interessate. L'insieme di queste previsioni
appresta  garanzie  adeguate  a  tutelare  le interferenti competenze
regionali.
    31. - Oggetto  di  censura  e'  pure l'art. 19, comma 2, il quale
demanda  la  valutazione  di  impatto  ambientale  a  una Commissione
speciale  istituita  con  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri,  su proposta del Ministro dell'ambiente. Le Regioni Toscana
e Marche lamentano una lesione degli artt. 9, 32, 117 e 118 Cost. per
la  mancata  previsione  di  una  partecipazione  regionale  in  tale
Commissione.
    Premesso  che  la disposizione deve essere interpretata nel senso
che  la  Commissione  speciale  opera con riferimento alle sole opere
qualificate   in   sede   di  intesa  come  di  interesse  nazionale,
interregionale  o  internazionale,  essa  e' invece illegittima nella
parte  in  cui,  per  le infrastrutture e gli insediamenti produttivi
strategici  per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un
concorrente  interesse  regionale,  non  prevede  che  la Commissione
speciale  VIA  sia  integrata da componenti designati dalle Regioni o
Province autonome interessate.
    32. - Le   Regioni   Campania,   Toscana,   Marche,   Basilicata,
Emilia-Romagna,  Umbria  e  Lombardia  hanno  proposto  questione  di
legittimita'  costituzionale  in  via principale, in riferimento agli
artt. 3,  9,  32,  41,  42,  44,  70, 76, 77, 97, 114, 117, 118 e 119
Cost.,  nonche'  all'art. 174 del trattato istitutivo della Comunita'
europea,  dell'intero  decreto  legislativo 4 settembre 2002, n. 198,
recante  «Disposizioni  volte  ad  accelerare  la realizzazione delle
infrastrutture    di    telecomunicazioni    strategiche    per    la
modernizzazione  e  lo  sviluppo  del  Paese,  a  norma  dell'art. 1,
comma 2,  della  legge  21 dicembre  2001,  n. 443», e in particolare
degli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12.
    33. - Avverso   il   medesimo  decreto  legislativo  ha  proposto
ricorso,  «per  sollevare  questione di legittimita' costituzionale e
conflitto   di   attribuzione»,  anche  il  Comune  di  Vercelli.  Il
ricorrente   ritiene  che  la  propria  legittimazione  ad  impugnare
discenda dal fatto che la revisione del Titolo V della Parte II della
Costituzione   ha   attribuito   direttamente   ai   comuni  potesta'
amministrative  e  normative  che  dovrebbero poter essere difese nel
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  di  azione e nel
giudizio per conflitto di attribuzione.
    A  prescindere  dalla  qualificazione dell'atto e dal problema se
con  esso  il  comune  abbia  sollevato una questione di legittimita'
costituzionale  o  abbia  introdotto un conflitto di attribuzione, il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
    L'art. 127  Cost. prevede che «La Regione, quando ritenga che una
legge  o  un  atto  avente  valore di legge dello Stato o di un'altra
Regione leda la sua sfera di competenza, puo' promuovere la questione
di  legittimita'  costituzionale  dinanzi  alla  Corte costituzionale
entro  sessanta  giorni  dalla  pubblicazione della legge o dell'atto
avente  valore  di legge». Con formulazione dal tenore inequivoco, la
titolarita'  del  potere  di  impugnazione di leggi statali e' dunque
affidata   in   via   esclusiva  alla  Regione,  ne'  e'  sufficiente
l'argomento  sistematico  invocato  dal ricorrente per estendere tale
potere in via interpretativa ai diversi enti territoriali.
    Analogo discorso deve ripetersi per il potere di proporre ricorso
per   conflitto   di   attribuzione.   Nessun  elemento  letterale  o
sistematico  consente  infatti  di superare la limitazione soggettiva
che  si  ricava dagli artt. 134 della Costituzione e 39, terzo comma,
della  legge  11 marzo  1953,  n. 87  e,  comunque,  sotto il profilo
oggettivo,  resta  ferma,  anche dopo la revisione costituzionale del
2001,  la  diversita'  fra i giudizi in via di azione sulle leggi e i
conflitti  di  attribuzione  fra  Stato e Regioni, i quali ultimi non
possono riguardare atti legislativi.
    34. - Gli  interventi  spiegati dalle societa' H3G s.p.a., T.I.M.
s.p.a.  - Telecom Italia Mobile, Vodafone Omnitel N.V. (gia' Vodafone
Omnitel  s.p.a.),  Wind  Telecomunicazioni  s.p.a. e quelli proposti,
peraltro  tardivamente,  dai  Comuni  di  Pontecurone,  Monte  Porzio
Catone,  Roma,  Polignano  a  Mare, Mantova e del Coordinamento delle
associazioni   consumatori   (CODACONS),   devono  essere  dichiarati
inammissibili,  per le stesse ragioni esposte nel paragrafo 3.2 della
presente sentenza.
    35. - L'intero  decreto  legislativo n. 198 del 2002 e' impugnato
in  tutti  i  ricorsi per eccesso di delega, sul rilievo che la legge
n. 443  del 2002, nell'art. 1, comma 1, autorizzava l'adozione di una
normativa   specifica   per   le   sole  infrastrutture  puntualmente
individuate  anno  per  anno,  a  mezzo di un programma approvato dal
CIPE,   mentre   nel  caso  di  specie  non  vi  sarebbe  stata  tale
individuazione,  ma  esclusivamente  una  «sintesi  del  piano  degli
interventi  nel  comparto  delle comunicazioni». Inoltre, si aggiunge
nei  ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Umbria, la delega sarebbe
stata  conferita  per  la  realizzazione  di  «grandi  opere», mentre
tralicci,  pali, antenne, impianti radiotrasmittenti, ripetitori, che
il  decreto  legislativo  n. 198 disciplina, costituirebbero solo una
molteplicita' di piccole opere; infine - si lamenta nei ricorsi delle
Regioni  Emilia-Romagna,  Umbria e Lombardia - lungi dall'uniformarsi
ai  principi  e criteri direttivi della delega, il decreto impugnato,
nell'art. 1,  porrebbe  a  se'  medesimo  i principi che informano le
disposizioni successive.
    Secondo  la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio promosso
in  via  principale il vizio di eccesso di delega puo' essere addotto
solo  quando  la  violazione  denunciata  sia potenzialmente idonea a
determinare  una vulnerazione delle attribuzioni costituzionali delle
Regioni  o  Province  autonome  ricorrenti (sentenze n. 353 del 2001,
n. 503  del  2000, n. 408 del 1998, n. 87 del 1996). Nella specie non
puo'    negarsi   che   la   disciplina   delle   infrastrutture   di
telecomunicazioni  strategiche,  che  si  assume  in contrasto con la
legge  di  delega n. 443 del 2001, comprima le attribuzioni regionali
sotto  piu'  profili.  Il piu' evidente tra essi emerge dalla lettura
dell'art. 3,  comma 2,  secondo  il  quale  tali  infrastrutture sono
compatibili   con   qualsiasi   destinazione   urbanistica   e   sono
realizzabili  in  ogni  parte del territorio comunale anche in deroga
agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di
regolamento. In questi casi la Regione e' legittimata a far valere le
proprie  attribuzioni  anche allegando il vizio formale di eccesso di
delega   del   decreto  legislativo  nel  quale  tale  disciplina  e'
contenuta.
    Nella  specie l'eccesso di delega e' evidente, a nulla rilevando,
in  questo  giudizio,  la  sopravvenuta entrata in vigore del decreto
legislativo   1° agosto   2003,   n. 259,  recante  il  Codice  delle
comunicazioni elettroniche, che riguarda in parte la stessa materia.
    L'art. 1,  comma 2,  della  legge n. 443 del 2001, che figura nel
titolo  del  decreto  legislativo  impugnato  ed  e'  richiamata  nel
preambolo,   ha   conferito  al  Governo  il  potere  di  individuare
infrastrutture   pubbliche   e   private  e  insediamenti  produttivi
strategici  di  interesse nazionale a mezzo di un programma formulato
su  proposta  dei ministri competenti, sentite le Regioni interessate
ovvero  su  proposta  delle  Regioni sentiti i ministri competenti. I
criteri della delega, contenuti nell'art. 2, confermano che i decreti
legislativi  dovevano  essere  intesi  a definire un quadro normativo
finalizzato  alla  celere  realizzazione delle infrastrutture e degli
insediamenti individuati a mezzo di un programma.
    Di   tale  programma  non  vi  e'  alcuna  menzione  nel  decreto
impugnato,  il  quale al contrario prevede che i soggetti interessati
alla  installazione  delle  infrastrutture sono abilitati ad agire in
assenza  di  un  atto  che  identifichi  previamente, con il concorso
regionale,  le opere da realizzare e sulla scorta di un mero piano di
investimenti    delle    diverse    societa'   concessionarie.   Ogni
considerazione   sulla   rilevanza   degli   interessi  sottesi  alla
disciplina  impugnata  non  puo' avere ingresso in questa sede, posto
che  tale disciplina non corrisponde alla delega conferita al Governo
e non puo' essere considerata di questa attuativa.
    L'illegittimita'   dell'intero   atto   esime  questa  Corte  dal
soffermarsi  sulle singole disposizioni oggetto di ulteriori censure,
che restano pertanto assorbite.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    1) dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dell'articolo 1,
comma 3, ultimo periodo, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega
al  Governo  in  materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi
strategici  ed  altri  interventi  per  il  rilancio  delle attivita'
produttive);
    2)  dichiara  la  illegittimita'  costituzionale dell'articolo 1,
comma 3-bis,   della  medesima  legge,  introdotto  dall'articolo 13,
comma 6,  della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia
di infrastrutture e trasporti);
    3)   dichiara   inammissibili   le   questioni   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  commi 1,  2,  3  e  4,  della legge
21 dicembre  2001,  n. 443, sollevate, in riferimento all'articolo 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e agli articoli 117
e  118 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Trento, con il
ricorso indicato in epigrafe;
    4)  dichiara  non  fondate,  nei  sensi di cui in motivazione, le
questioni  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 1, comma 1,
della  legge 21 dicembre 2001, n. 443, sollevate, in riferimento agli
articoli 117, 118 e 119 della Costituzione dalla Regione Marche e, in
riferimento   all'articolo 117   della  Costituzione,  dalle  Regioni
Toscana,   Umbria  ed  Emilia-Romagna,  con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe;
    5)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 1,  della  legge  21 dicembre
2001,  n. 443, come sostituito dall'articolo 13, comma 3, della legge
1° agosto  2002, n. 166, sollevata, in riferimento agli articoli 117,
118  e  119 della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il ricorso
indicato in epigrafe;
    6)   dichiara   inammissibili   le   questioni   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e),
f),  g),  h),  i),  l),  m),  n)  e o), della legge 21 dicembre 2001,
n. 443,  sollevate, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della
Costituzione, dalla Regione Marche e, in riferimento all'articolo 117
della  Costituzione, dalle Regioni Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna,
con i ricorsi indicati in epigrafe;
    7)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 2,  lettera g),  della  legge
21 dicembre 2001, n. 443, sollevata, in riferimento all'articolo 117,
primo   comma,   della   Costituzione,   dalle   Regioni   Umbria  ed
Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    8)   dichiara   inammissibile   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 2,  lettera n),  della  legge
21 dicembre 2001, n. 443, sollevata, in riferimento all'articolo 117,
primo   comma,   della   Costituzione,   dalle   Regioni   Umbria  ed
Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    9)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 2,  lettera c),  della  legge
21 dicembre  2001, n. 443, come sostituito dall'articolo 13, comma 5,
della  legge  1° agosto  2002, n. 166, sollevata, in riferimento agli
articoli 117  e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il
ricorso indicato in epigrafe;
    10)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 4,  della  legge  21 dicembre
2001,  n. 443, sollevate, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119
della   Costituzione,   dalla   Regione   Marche  e,  in  riferimento
all'articolo 117 della Costituzione, dalle Regioni Toscana, Umbria ed
Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    11)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 5,  della  legge  21 dicembre
2001,  n. 443, sollevata, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119
della  Costituzione, dalla Regione Marche, con il ricorso indicato in
epigrafe;
    12)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  commi 6,  7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14,
della  legge  21 dicembre  2001,  n. 443,  sollevate,  in riferimento
all'articolo 117 della Costituzione, dalle Regioni Toscana, Umbria ed
Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    13)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1, comma 1-bis, della legge 21 dicembre
2001,  n. 443,  introdotto  dall'articolo 13,  comma 4,  della  legge
1° agosto  2002, n. 166, sollevata, in riferimento agli articoli 117,
118  e  119 della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il ricorso
indicato in epigrafe;
    14)  dichiara  non  fondata,  nei sensi di cui in motivazione, la
questione  di legittimita' costituzionale dell'articolo 13, commi 1 e
11,  della  legge  1° agosto  2002, n. 166, sollevata, in riferimento
agli  articoli 117,  118  e  119  della  Costituzione,  dalla Regione
Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe;
    15)  dichiara  la illegittimita' costituzionale dell'articolo 15,
commi 1,  2,  3  e  4, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190
(Attuazione   della   legge   21 dicembre   2001,   n. 443,   per  la
realizzazione  delle  infrastrutture  e degli insediamenti produttivi
strategici e di interesse nazionale);
    16)  dichiara  la illegittimita' costituzionale dell'articolo 19,
comma 2,  del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, nella parte
in   cui,   per  le  infrastrutture  e  gli  insediamenti  produttivi
strategici, per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un
concorrente  interesse  regionale,  non  prevede  che  la commissione
speciale per la valutazione di impatto ambientale (VIA) sia integrata
da   componenti   designati   dalle   Regioni   o  Province  autonome
interessate;
    17)   dichiara   inammissibili   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  degli  articoli 1,  2,  3,  4,  13  e  15 del decreto
legislativo  20 agosto  2002,  n. 190, sollevate, in riferimento agli
articoli 76,  117,  118  e  120 della Costituzione e agli articoli 8,
primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 22, e 24; 9,
primo  comma,  numeri  8,  9  e  10;  e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670,  agli articoli 19, 20 e 21 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 e
all'articolo 4  del  decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, dalla
Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe;
    18)  dichiara  non  fondata,  nei sensi di cui in motivazione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 1, comma 1,
del   decreto  legislativo  20 agosto  2002,  n. 190,  sollevata,  in
riferimento    agli    articoli 117   e   118   della   Costituzione,
all'articolo 10  della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e
all'articolo 2  del  decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, dalla
Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe;
    19)  dichiara  non  fondata,  nei sensi di cui in motivazione, la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 13, comma 5,
del   decreto  legislativo  20 agosto  2002,  n. 190,  sollevata,  in
riferimento agli articoli 8, primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16,
17,  18, 19, 21, 22, e 24; 9, primo comma, numeri 8, 9 e 10; e 16 del
d.P.R.   31 agosto   1972,   n. 670,  e  all'articolo 2  del  decreto
legislativo  16 marzo  1992,  n. 266,  dalla  Provincia  autonoma  di
Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe;
    20)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 5,  del  decreto  legislativo
20 agosto  2002,  n. 190,  sollevata, in riferimento all'articolo 117
della  Costituzione,  dalle  Regioni  Marche e Toscana, con i ricorsi
indicati in epigrafe;
    21)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 1,  comma 7,  lettera e),  del  decreto
legislativo  20 agosto  2002,  n. 190, sollevate, in riferimento agli
articoli 76,   117,   commi  terzo,  quarto  e  sesto,  e  118  della
Costituzione,    dalla   Regione   Toscana,   in   riferimento   agli
articoli 117,  commi  terzo quarto e sesto, e 118 della Costituzione,
dalla  Regione  Marche,  in riferimento agli articoli 8, primo comma,
numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 22, e 24; 9, primo comma,
numeri  8,  9  e  10;  e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e agli
articoli 19  e  20  del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, dalla Provincia
autonoma di Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    22)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 3, commi 4,
5,  6,  e  9;  e  13, commi 5 e 15, del decreto legislativo 20 agosto
2002, n. 190, sollevate, in riferimento agli articoli 117 e 118 della
Costituzione,  all'articolo 10  della legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n. 3,  e agli articoli 8, primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14,
16,  17, 18, 19, 21, 22, e 24; 9, primo comma, numeri 8, 9 e 10; e 16
del  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670, e all'articolo 4, comma 1, del
decreto  legislativo  16 marzo 1992, n. 266, dalla Provincia autonoma
di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe;
    23)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  degli  articoli 2,  commi 2,  3, 4 e 5, sollevate, in
riferimento agli articoli 8, primo comma, numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16,
17,  18, 19, 21, 22, e 24; 9, primo comma, numeri 8, 9 e 10; e 16 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e all'articolo 4, comma 3, del decreto
legislativo  16 marzo  1992,  n. 266,  dalla  Provincia  autonoma  di
Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe;
    24)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 2,  comma 5,  del  decreto  legislativo
20 agosto 2002, n. 190, sollevate, in riferimento agli articoli 117 e
118 della Costituzione, dalle Regioni Toscana e Marche, con i ricorsi
indicati in epigrafe;
    25)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 2,  comma 7,  del  decreto  legislativo
20 agosto  2002, n. 190, sollevate, in riferimento agli articoli 117,
118   e   120  della  Costituzione,  dalla  Regione  Toscana,  e,  in
riferimento agli articoli 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione
Marche, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    26)   dichiara   inammissibili   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 3  del  decreto  legislativo  20 agosto
2002,  n. 190,  sollevate,  in  riferimento  agli  articoli 117 della
Costituzione,  dalle Regioni Toscana e Marche, con i ricorsi indicati
in epigrafe;
    27)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 3,  comma 5,  del  decreto  legislativo
20 agosto  2002,  n. 190,  sollevata,  in riferimento all'articolo 76
della Costituzione, in relazione all'articolo 1, comma 2, lettera d),
della  legge  21 dicembre 2001, n. 443, dalla Regione Toscana, con il
ricorso indicato in epigrafe;
    28)  dichiara  non  fondate,  nei sensi di cui in motivazione, le
questioni  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 3, commi 6 e
9,  del  decreto  legislativo  20 agosto  2002, n. 190, sollevate, in
riferimento  agli  articoli 114,  commi  primo  e secondo, 117, commi
terzo,   quarto  e  sesto,  e  118,  commi  primo  e  secondo,  della
Costituzione,  dalle Regioni Toscana e Marche, con i ricorsi indicati
in epigrafe;
    29)  dichiara  non  fondate,  nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 5, e
13  del  decreto  legislativo  20 agosto  2002, n. 190, sollevate, in
riferimento  agli  articoli 114,  commi  primo  e secondo, 117, commi
terzo,   quarto  e  sesto,  e  118,  commi  primo  e  secondo,  della
Costituzione,  dalle Regioni Toscana e Marche, con i ricorsi indicati
in epigrafe;
    30)   dichiara   inammissibili   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  degli  articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 del decreto
legislativo   20 agosto   2002,  n. 190,  sollevate,  in  riferimento
all'articolo 117  della Costituzione, dalle Regioni Toscana e Marche,
con i ricorsi indicati in epigrafe;
    31)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 4,  comma 5,  del  decreto  legislativo
20 agosto  2002,  n. 190,  sollevata,  in riferimento all'articolo 76
della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in
epigrafe;
    32)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 8  del  decreto  legislativo  20 agosto
2002,  n. 190, sollevata, in riferimento agli articoli 76 e 117 della
Costituzione,  dalla  Regione  Toscana,  con  il  ricorso indicato in
epigrafe;
    33)   dichiara   inammissibile   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 16  del  decreto  legislativo 20 agosto
2002, n. 190, sollevata, in riferimento agli articoli 117 e 118 della
Costituzione,  dalla  Regione  Toscana,  con  il  ricorso indicato in
epigrafe;
    34)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
costituzionale  degli  articoli 17,  18,  19,  commi 1  e 3, e 20 del
decreto legislativo 19 agosto 2002, n. 190, sollevate, in riferimento
all'articolo 117  della Costituzione, dalle Regioni Toscana e Marche,
con i ricorsi indicati in epigrafe;
    35)   dichiara   la  illegittimita'  costituzionale  del  decreto
legislativo   4 settembre   2002,   n. 198   (Disposizioni  volte  ad
accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni
strategiche  per  la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443);
    36)  dichiara  inammissibile  il  ricorso  proposto dal comune di
Vercelli  «per  sollevare  questione di legittimita' costituzionale e
conflitto di attribuzione» avverso il decreto legislativo 4 settembre
2002, n. 198.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° ottobre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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