N. 821 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 agosto 2003

Ordinanza  emessa  il  9  agosto  2003  dal  tribunale di Bologna nel
procedimento penale a carico di Bodac Mirela

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Disparita'  di  trattamento rispetto ad ipotesi di reato di analoga
  gravita'  -  Carenza  del requisito della necessita' ed urgenza per
  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di provvedimenti
  provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale.
- Decreto    legislativo    25 luglio    1998,    n. 286,    art. 14,
  comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.42 del 22-10-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di  convalida dell'arresto di «Bodac
Mirela  nata il  30 marzo  1981  in  Romania» per la contravvenzione,
prevista  e punita dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come
modificato dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestata   e'   stata  espulsa  con  regolare
provvedimento  del Prefetto di Bologna in data 17 luglio 2003, che in
pari  data  il Questore di Bologna le ha ordinato di allontanarsi dal
territorio  dello  Stato  entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma
5-bis,  d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, e
che  ella  non ha ottemperato all'ordine, venendo arrestata a Bologna
il  9 agosto  2003  ai  sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
cit.;
    Dato   atto   che   l'arrestata   e'   priva   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stata   sottoposta   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  la  stessa - con le generalita' con le quali e' stata
arrestata  salvo  il  nome  Mery  e non Mirela di cui alla precedente
unica identificazione del 17 luglio 2003 comportante l'espulsione per
irregolarita' nella posizione di ingresso e soggiorno;
        che  dunque non ha precedenti penali definitivi a carico, non
risultano  pendenze  giudiziarie,  ne'  alcuna  altra segnalazione di
polizia;
        che  in  altri  termini  nel  periodo  di  accertata  recente
presenza  in Italia l'interessata non risulta avere commesso reati di
alcun genere;
        che  anzi  l'arresto  odierno  e' avvenuto in circostanze del
tutto particolari ovvero a seguito di richiesta di intervento rivolta
alla  centrale  operativa  della Questura di Bologna da parte di tale
Matei  Nadia  a  proposito  di  una  rapina  aggravata dall'uso di un
coltello  e  con  limitazione  della  liberta' personale subita dalla
richiedente e dalla Bodac da parte degli occupanti di una autovettura
indicati  come di nazionalita' albanese che le avevano avvicinate con
il  pretesto  di  consumare un rapporto sessuale a pagamento e che le
avevano  invece  depredate  dei  loro averi, costringendo anzi uno di
loro ad avere un rapporto sessuale senza protezione;
        che  tutto  cio' risulta dalla relazione di servizio 9 agosto
2003  del  personale  della  volante  33  della  Questura  di Bologna
allegata in atti;
        che   solo  successivamente  emergevano  negli  uffici  della
questura,   come   precisato  in  sede  di  odierna  relazione  orale
all'udienza   di   convalida,   le   circostanze   che  determinavano
all'arresto;
        che  la  Bodac ha dichiarato di aver nel frattempo presentato
denuncia  per  i  gravi delitti da lei subiti, specificando a domanda
del  giudice  che e' in grado di riconoscerne gli autori e che non le
sono stati esibiti in visione album fotografici;
    Osservato  che  nella  situazione  soggettiva suddetta, incidente
sulla  rilevanza  della  questione,  sono  da  ribadire  i  dubbi  di
legittimita'  costituzionale  dell'arresto obbligatorio come previsto
dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 - come modificato
dalla  legge n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale
norma appare non manifestamente infondata, con essenziale riferimento
ai   parametri   costituzionali  di  cui  agli  artt. 13  e  3  della
Costituzione,  in  accoglimento di eccezione difensiva, richiamata da
parte   dell'Ufficio   la  propria  ordinanza  emessa  da  ultimo  il
22 gennaio  2003 Yemen Sar n. 226/2003 e da questo Tribunale in altra
composizione  in  data  30 novembre  2002  per motivi analoghi, proc.
n. 2351/2002 r.g., Selti;
    Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma della Costituzione,
che  consente  provvedimenti  limitativi  della liberta' personale da
parte  della  P.S. solo «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza
indicati   tassatimente  dalla  legge»,  la  previsione  dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,  comma  5-quinquies,  appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma; al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   P.S.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi «eccezionali di necessita' ed
urgenza»  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  P.S., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza;
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto;
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non  e' gia imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977
in  cui  la  legittimita'  dell'arresto  era collegata al preesitente
accertamento  giudiziale  delle condizioni di pericolosita' sociale),
ne'  versa  in  una  condizione di pericolosita' specifica per le sue
condizioni   personali  (vedi  Corte  cost.  n. 126/1972  in  cui  la
legittimita'  dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va
infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello Stato,
cioe'  la  permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che
la  legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione
ma  che  non  integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata
alla  formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se'
di    una    specifica   pericolosita'   del   soggetto   (si   pensi
all'innumerevole  numero  di  «badanti»  che  per periodi lunghissimi
lavorano  irregolarmente  nelle  famiglie  italiane  in condizioni di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza che indicano il potere limitativo della liberta' personale da
parte della P.S. ai sensi del terzo comma dell'art. 13 Cost.;
        l'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per
una  contravvenzione  punita  con  l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il
che  rende  evidente  come  in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le contravvenzioni p.p. dai commi primo e
secondo  art. 4  legge  n. 110/1975 o dai commi quarto e quinto dello
stesso  articolo,  in  questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di
discriminazione  o  odio  etnico,  razziale  ecc. Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  «la  possibilita'  di  un
intervento  immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in   pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva»  (C.  cost.
n. 305/1996).  Nel  secondo  caso  l'arresto consente che le forze di
P.S. limitino la liberta' personale di soggetti in possesso di armi o
oggetti  atti  ad  offendere  nel  corso di riunioni pubbliche (comma
quarto  e quinto) o con armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla
propria  abitazione  il  cui  possesso sia destinato specificamente a
finalita'  di discriminazione o odio razziale (comma primo e secondo,
aggravati  dall'art. 3  comma 1, decreto-legge n. 122/1993), condotte
entrambe  evidentemente  riconducibii ad un pericolo per la sicurezza
individuale   e   collettiva  evitabile  soltanto  con  la  materiale
apprensione  del  soggetto  armato ed il suo allontanamento dal luogo
pericoloso.   In   entrambi   i  casi,  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  e  non  come  obbligatorio (art. 189, comma sesto, cds e
art. 6,  comma  secondo,  legge  n. 654/1975). In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies,
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  P.S.  che  lo  sorprenda  in flagranza, nel caso di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies,  non  emerge  alcuna  necessita' ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto  previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma  quarto,  subordina  in via generale l'adozione di
tale   misura».  Nel  caso  qui  in  esame  invece  l'obbligatorieta'
dell'arresto   prescinde   da   ogni   valutazione   sulla   concreta
pericolosita'  della  condotta,  con  la  conseguenza  che  la misura
potrebbe   essere   costituzionalmente  rientrante  nella  previsione
dell'art. 13,  terzo comma Cost. solo se si ritenesse eccezionalmente
necessario  ed urgente limitare la liberta' di uno straniero tutte le
volte  in  cui  egli  abbia  violato  l'ordine  di allontanamento del
questore  successivo alla sua espulsione dal territorio nazionale, il
che  non appare conforme alla inviolabilita' della liberta' personale
imposta dall'art. 13 Cost.;
        l'arresto  obbligatorio  non potrebbe neppure trovare ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14, comma 5-quinquies, per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.  comma  secondo,  che  espressamente dispone le
regole   processuali   per   l'ipotesi   di   citazione   a  giudizio
dell'imputato a piede libero, oltre che nei casi previti dallo stesso
d.lgs.  n. 286/1998  come  modificato  dalla  legge  n. 189/2002, che
all'art. 13,  comma  13-ter,  prevede  ipotesi di arresto facoltativo
disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita'
dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  quindi l'imputato resti
libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo;
        non  puo'  infine  ritenersi  che l'eccezionale necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed  indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma
quarto, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato  nelle  sentenze  Corte  cost.  n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994  (vedi anche Corte cost. n. 53/1958 secondo
cui  «non si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore
se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies,
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13,  comma  13, del d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad l anno (si
tratta  della  prima  disobbedienza  ad  un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14, comma 5-ter,
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  (art. 13,  comma  13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
        l'art. 13,   comma   13-bis,  del  d.lgs.  n. 286/1998,  come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da 1 a 4 anni e l'art. 13, comma 13-ter.
In questo caso di delitto con pena edittale fino a 4 anni e' previsto
l'arresto  come  facoltativo  dall'art. 13,  comma 13-ter, mentre nel
caso  piu'  lieve  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter,
punita  con  l'arresto  fino  ad  1  anno  l'arresto e' previsto come
obbligatorio dal citato art. 14, comma 5-quinquies;
        dall'esame  delle disposizioni sopra citate emerge quindi che
anche  all'interno del d.lgs n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma  5-quinquies,  dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche' a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13,  comma 13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi,  sia  perche'  a  situazioni  di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase della previsione delle misure precautelari;
        che   la  questione  e'  rilevante  per  la  pronuncia  sulla
convalida dell'arresto, poiche' il rilievo difensivo sulla carenza di
motivazione  dell'intimazione  del  questore  pertiene in concreto al
merito  del  giudizio  e  all'esercizio dei poteri di disapplicazione
dell'atto  amministrativo  da  parte  del  giudice penale e in quanto
l'eventuale   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dello
stesso  arresto  farebbe  venir  meno  il  fondamento normativo della
richiesta  di  convalida  preposta dal p.m. Infatti nella fattispecie
«Bodac  Mirela»  e'  stata  tratta  in arresto perche' tale misura e'
prevista  come  obbligatoria  dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998,  mentre  ella  non sarebbe stata passibile di arresto se
tale  misura  fosse  stata  prevista  come  facoltativa in quanto non
sussistono  nella  fattispecie le condizioni richieste dall'art. 381,
comma  quarto,  della  gravita'  del  fatto  (rispetto alla specifica
condotta  sviluppatasi  per  un  tempo  legalmente  indebito,  ma non
particolarmente  protratto  e  soprattutto  in  considerazione  delle
circostanze  del  tutto  particolari  in  cui  e'  stato  occasionato
l'accertamento  a  richiesta  dell'amica dell'interessata e certo non
contro  la  sua volonta' in funzione di richiesta di aiuto e soccorso
rispetto  ai gravi delitti subiti) a meno di ritenere grave ogni caso
di   violazione   di   questa   norma  incriminatrice,  (che  e'  una
contravvenzione  punita  da 6 mesi a 1 anno), ne' della pericolosita'
del  soggetto  desunta  dalla  sua  pericolosita' (l'arrestato e' del
tutto  privo  di  pregiudizi ed e' qui per la prima volta accusato di
una  contravvenzione, richiamandosi per il resto le premesse) o dalle
circostanze  del  fatto (la condotta contestata e' meramente passiva,
di disobbedienza ad un ordine dell'autorita).
    Ritenuto  quindi conclusivamente che la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,  d.lgs. n. 286/1998
come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio  di  convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio, per
le  ragioni sopra esposte; che la conseguente sospensione ex lege del
giudizio  di  convalida comporta quella sulla pronuncia di nulla osta
all'espulsione  che a norma dell'art. 13, comma 3-bis, d.lgs. cit. va
data   «all'atto  della  convalida»  ovvero  all'esito  del  relativo
giudizio  positivo;  che  di  quanto  sopra,  anche  in  relazione al
disposto  di  cui  all'art. 14,  comma 5-ter,  d.lgs.  cit.,  va data
opportuna comunicazione al Prefetto di Bologna, oltre che al Questore
di   Bologna  per  le  sue  competenze  per  la  fase  esecutiva  dei
provvedimenti amministrativi di espulsione.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998,  come modificato dalla legge
n. 189/2002,  per  contrasto  con  gli  artt. 13,  terzo  comma  e  3
Costituzione;
    Sospende il giudizio di convalida in corso nei confronti di Bodac
Mirela;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia comunicata altresi' al
Prefetto  di  Bologna  e  al  Questore  di  Bologna in relazione alle
rispettive competenze amministrative.
        Bologna, addi' 9 agosto 2003
                         Il giudice: Di Bari
03C1105