N. 836 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2003

Ordinanza  emessa  il  20 maggio  2003  dalla  Commissione tributaria
provinciale  di  Cuneo  sul  ricorso  proposto  da  Banca  di Credito
cooperativo  di  Alba,  Langhe, e Roero S.C.R.L. contro Agenzia delle
entrate - Ufficio di Alba

Imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  -  Aliquota
  applicabile  a banche, societa' finanziarie ed imprese assicurative
  -   Determinazione   transitoria,  nonche'  successiva  tendenziale
  stabilizzazione,  in  misura  maggiore rispetto all'aliquota base -
  Contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza, con il principio di
  proporzionalita'   dell'imposizione   tributaria   alla   capacita'
  contributiva  e  con  il  principio  di generalita' dell'obbligo di
  concorso  alla copertura delle spese publiche - Imposizione al solo
  settore   finanziario  dell'onere  di  sostenere  il  carico  delle
  agevolazioni  riconosciute  al  settore  agricolo  - Ingiustificata
  equiparazione   di   situazioni   diverse   -   Impossibilita'   di
  giustificare   la   discriminazione   con  la  temporaneita'  della
  disciplina che la produce.
- Decreto  legislativo  15 dicembre  1997,  n. 446,  art. 45, comma 2
  (come  modificato  dall'art. 6,  comma 17,  della legge 23 dicembre
  1999, n. 448).
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.43 del 29-10-2003 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 624/02 depositato
il  5 giugno 2002 avverso avviso diniego rimborso n. 9213 IRAP 1998 e
IRAP 1999;
    Contro Agenzia delle entrate Ufficio di Alba;
    Proposto  dal  ricorrente:  Banca  di  Credito  cooperativo Alba,
Langhe  e Roero S.C.R.L., via Torino n. 26 - 12040 Vezza D'Alba (CN),
difeso da Risoli Pierfranco, c.so Soleri n. 3 - 12100 Cuneo.

                          Rilevato in fatto

    La  Banca  di Credito Cooperativo di Alba, Langhe e Roero, S.c. a
resp.   limitata   ricorre   avverso   il  provvedimento  di  rigetto
dell'Agenzia   delle   entrate   dell'istanza  di  rimborso  parziale
dell'IRAP  per  gli  anni  1998  e  1999  eccependo  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 45  del  d.lgs.  n. 446/1997, ulteriormente
modificato  dalle leggi n. 448/1999 e n. 388/2000, nella parte in cui
prevede  aliquote  IRAP maggiori (5,4%) per banche ed enti finanziari
rispetto  all'aliquota  del  4,25%  applicata alle altre tipologie di
imprese per contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.),
il  principio  di  proporzionalita'  dell'imposizione tributaria alla
capacita'  contributiva  (art. 53 Cost.), il principio di generalita'
dell'obbligo   di  concorso  alla  copertura  delle  spese  pubbliche
(art. 53 Cost.).
    L'Agenzia delle entrate - Ufficio di Alba (nel prosieguo definito
sinteticamente   l'Ufficio),   costituendosi  in  giudizio,  oltre  a
richiedere nel merito il rigetto del ricorso, chiede:
        a)  in  via  preliminare,  rigettare la domanda di remissione
alla  Corte  costituzionale  per l'impossibilita' di dichiarare quale
comma  dell'art. 45  del  d.lgs.  s'intenda  sottoporre  all'esame di
legittimita' della Corte;
        b)  in  subordine,  rigettare  la  domanda di remissione alla
Corte   costituzionale   dell'art. 45   comma  secondo,  perche'  non
rilevante e manifestamente infondata.
    All'udienza   pubblica   del   14 gennaio   2003,  assente  parte
ricorrente,  il  rappresentante dell'Ufficio ribadiva la richiesta di
rigetto del ricorso.
    Questo  collegio  si  riservava  di  decidere  sulla  preliminare
eccezione di incostituzionalita' proposta dalla ricorrente.
    Successivamente,  nella  riunione  in  camera  di  consiglio  del
15 aprile   2003,   emetteva   ordinanza  di  remissione  alla  Corte
costituzionale cosi' come in appresso estesa e motivata.

                         Ritenuto in diritto

    1. - La  ratio  della  introduzione  dell'IRAP e' stata quella di
regionalizzare il sistema tributario sostituendo ad una molteplicita'
di tributi un unico tributo a carattere regionale (l'IRAP) mantenendo
invariato  il gettito fiscale e perequando il carico tributario fra i
vari  settori  produttivi, con aliquote rapportate al valore aggiunto
prodotto  la  base  imponibile  dell'IRAP e' costituita, per tutte le
imprese  che  vi  sono  soggette,  dal  medesimo  indice di capacita'
contributiva:  il  «valore  della  produzione  netta»,  misurato  per
ciascuna   di   esse   secondo   le   regole   che   disciplinano  la
rappresentazione  precisa,  veritiera  e  corretta  della  rispettiva
situazione economico patrimoniale e reddituale.
    2. - Con   la   decisione   21   maggio  2001  n. 156,  la  Corte
costituzionale  ha  ritenuto  conformi  ai principi costituzionali le
norme istitutive della nuova imposta con particolare riferimento alla
disciplina  della  determinazione  della  base  imponibile: il valore
della produzione netta, cosi' come determinato dagli artt. 4, 5, 6, 7
e  seguenti  del  d.lgs.  n. 446  del 1992 e' stato riconosciuto come
legittimo indice di capacita' contributiva.
    3. - L'introduzione  della  nuova  imposta  doveva  assicurare lo
stesso  gettito  complessivo  dei tributi e del contributo soppressi:
cio'   comportava  necessariamente  una  ridistribuzione  del  carico
fiscale   all'interno   del  mondo  delle  imprese.  Nella  relazione
illustrativa   dello   schema   di  decreto  legislativo  il  governo
sottolineava  che  gli  effetti redistributivi della riforma ne erano
l'inevitabile e voluta conseguenza.
    Per  rendere  graduale  la  realizzazione del processo di riforma
l'art. 45  del decreto legislativo n. 446/1997 - recante disposizioni
transitorie in materia d'imposta regionale sulle attivita' produttive
-  e  il decreto ministeriale del 5 maggio 1998, disciplinano la c.d.
clausola di salvaguardia: un correttivo parziale e transitorio, posto
a     tutela     dei    contribuenti    eccessivamente    penalizzati
dall'introduzione   dell'IRAP   rispetto   al  prelievo  fiscale  che
avrebbero subito per i tributi e contributi soppressi.
    A  tale  scopo e' prevista per tutti i contribuenti una riduzione
dell'IRAP  dovuta  nei  primi  tre  anni di applicazione della stessa
(1998,  1999 e 2000), a condizione che l'introduzione di tale imposta
abbia  determinato  un  incremento  del  prelievo fiscale per il 1998
superiore a certi limiti percentuali e assoluti, rispetto al prelievo
fiscale   che  sarebbe  scaturito  dall'applicazione  dei  tributi  e
contributi soppressi.
    La  clausola  di  salvaguardia  opera  per  tutti  i contribuenti
indipendentemente   dall'attivita'  svolta  e  dalla  disciplina  del
calcolo  della  base imponibile. La relazione governativa allo schema
di   decreto   legislativo   comprende,   poi,  tra  le  agevolazioni
territoriali  e  settoriali,  la  previsione,  in via transitoria, di
aliquote differenziate, rispetto all'aliquota di base, per il settore
agricolo e per quello dell'intermediazione finanziaria.
    4. - Vi  si  legge  che «riguardo alle specificita' per i diversi
settori   di   attivita',   si   e'   constatato   che   il   settore
dell'intermediazione finanziaria godrebbe, mediamente, di uno sgravio
consistente,   mentre  i  produttori  agricoli  soffrirebbero  di  un
aggravio  significativo.  Tenuto  anche conto che il primo settore e'
interessato  da  altri provvedimenti agevolativi, connessi con la sua
ristrutturazione,  mentre il secondo e' stato recentemente oggetto di
inasprimenti  (in  particolare,  dalle  modifiche del regime speciale
dell'IVA),  si  e'  deciso  di  applicare aliquote difformi da quella
base,  prevedendo  comunque  un  graduale  riallineamento  verso tale
aliquota».
    La  nota  tecnica  del  governo,  allegata allo schema di decreto
legislativo,  precisa  che  «data  la  base  imponibile  dell'IRAP  e
l'obbiettivo  di  ridurre  alcuni  impatti redistributivi tra settori
produttivi   (in  particolare  svantaggio  del  comparto  agricolo  e
vantaggio   per   il   settore   dell'intermediazione  finanziaria  e
monetaria),  le  aliquote  di equilibrio che occorrono per compensare
l'ammontare   sopra   indicato   sono   state   fissate   al  3%  per
l'agricoltura,  al  5% per banche, assicurazioni e altri intermediari
finanziari, al 4,25% per i restanti settori».
    Dalla  stessa relazione al decreto legislativo risulta, peraltro,
che  la  misura  dell'aliquota base, fissata nel 4,25%, «rappresenta,
data  la stima della base imponibile, l'aliquota di equilibrio per il
settore  privato  dell'economia: essa, cioe', permette di ottenere il
gettito   necessario   per   compensare  le  mancate  entrate  dovute
all'abolizione  dei  tributi  e contributi prima citati (dovuti dalle
imprese e dai lavoratori autonomi), al netto del recupero del gettito
per IRPEF ed IRPEG indotto dall'abolizione degli stessi prelievi».
    La   previsione  di  un'aliquota  piu'  pesante  per  il  settore
dell'intermediazione  finanziaria  trova, quindi, la sua unica ragion
d'essere   nell'esigenza   di  assicurare  la  copertura  finanziaria
dell'agevolazione di gradualita' riconosciuta al settore agricolo.
    5. - L'applicazione alle imprese del settore dell'intermediazione
finanziaria, sia pure in via transitoria, di un'aliquota piu' pesante
di  quella  prevista  in  via  generale  si  traduce  in una evidente
violazione  del principio costituzionale di uguaglianza (art. 3), del
principio   di   proporzionalita'  dell'imposizione  tributaria  alla
capacita'  contributiva  del contribuente (art. 53), del principio di
generalita'  dell'obbligo  di  concorso  alla  copertura  delle spese
pubbliche (art. 53).
    E'    del   tutto   pacifico,   infatti,   nella   giurisprudenza
costituzionale  che  «il principio della correlazione tra prestazioni
tributarie   e   capacita'  contributiva  impone  al  legislatore  di
commisurare  il  carico tributario in modo uniforme nei confronti dei
vari  soggetti, allorche' sia dato riscontrare per essi una identita'
della situazione di fatto presa in considerazione della legge ai fini
dell'imposizione del tributo» (Corte cost. 17 aprile 1985, n. 104, in
Foro it., 1985, I, 2198; Giur. Cost. 1985, I, 657; Cons. Stato, 1985,
II,  523;  Corte  cost.  2 luglio 1987, n. 292, Cons. Stato 1987, II,
1205;  Giur.  Cost.  1987, I, 2285). In altri termini, dato un indice
concretamente  rivelatore di ricchezza, a pari capacita' contributiva
deve   corrispondere  pari  partecipazione  al  concorso  alle  spese
pubbliche.
    6. - La  previsione  di  aliquote  differenziate  per  settori di
attivita'  non puo' trovare autonoma giustificazione nell'esigenza di
un passaggio graduale dal vecchio al nuovo regime.
    L'analisi  degli effetti dell'introduzione della nuova disciplina
sui  conti  delle  aziende  dimostra,  infatti,  che  gli effetti del
passaggio  al  nuovo  regime  risultano  analoghi  in tutti i settori
economici. Essi risultano diversi all'interno dei singoli settori, in
funzione della diversa struttura dei conti economici delle imprese ed
in  particolare  del  diverso  rapporto  tra costo del lavoro e utile
lordo:  cio'  discende  dalla  struttura  stessa  della  riforma, che
agevola  le imprese con i conti in ordine e basso costo del lavoro, e
penalizza quelle in situazione economica peggiore.
    E'  naturale  che,  proprio  per  l'effetto redistributivo tipico
dell'IRAP,  vi  possano  essere  contribuenti  che  vedono ridotto il
prelievo  a loro carico e contribuenti che lo vedono aggravato: ma se
questo  e'  l'effetto voluto della riforma, e' del tutto incoerente e
irragionevole  prevedere meccanismi di mantenimento proprio di quelle
distorsioni  che la riforma vuole eliminare. L'esigenza di assicurare
la  gradualita' del passaggio al nuovo sistema d'imposizione e' stata
del   resto,   coerentemente   gia'   soddisfatta,  senza  introdurre
discriminazioni  tra  i  settori di attivita', dalla previsione della
cosiddetta  clausola  di  salvaguardia prevista dai commi 3, 4, 5 e 6
del medesimo art. 45 dello stesso decreto legislativo, che opera allo
stesso modo in situazioni di pari capacita' contributiva.
    Una  volta entrata in vigore la riforma del sistema di tassazione
delle  imprese,  il  riferimento  al  gettito derivante dai tributi e
contributi   soppressi   non  puo'  giustificare,  sotto  il  profilo
costituzionale,  differenze di trattamento. Si tratta, infatti, di un
elemento  che  la  legge istitutiva della nuova imposta non prende in
considerazione  ai  fini  dell'applicazione  del  tributo:  non  puo'
costituire,  pertanto, secondo la costante giurisprudenza della Corte
costituzionale, un parametro di valutazione del rispetto dei principi
richiamati dagli artt. 3 e 53 della Costituzione.
    7. - La  realta'  e' che la previsione dell'aliquota piu' elevata
per  il  settore  dell'intermediazione  finanziaria,  in  senso  lato
(comprensivo cioe' delle imprese di assicurazione), risponde soltanto
all'esigenza  di assicurare, ad alcune categorie di imprese agricole,
un'agevolazione  di  gradualita' ulteriore rispetto a quella prevista
per la generalita'' dei contribuenti.
    E'  certamente  vero  che  le  disposizioni  legislative le quali
contengano  agevolazioni  e  benefici  tributari di qualsiasi specie,
quali  che ne siano le finalita' costituiscono il risultato di scelte
del  legislatore,  al  quale  soltanto spetta valutare e decidere non
solo  in ordine all'an, ma anche al quantum e ad ogni altra modalita'
e  condizione  afferente  alla  determinazione  di dette agevolazioni
(Corte  cost.  21  gennaio  1988,  n. 52),  cosi'  come rientra nella
discrezionalita'   del   legislatore   limitare  ad  alcuni  soggetti
determinate  agevolazioni  fiscali temporanee, in vista di specifiche
esigenze  di  politica  economica  e sociale (Corte cost. 17 dicembre
1987,  n. 543,  in  Foro  it.,  1989,  I, 1682, (Giur. Cost. 1987, I,
3471).
    Ma  cio'  non  significa  che  l'onere  di  sopportare  il carico
tributario conseguente alla scelta del legislatore possa essere posto
a  carico  di  una  specifica categoria di contribuenti, esonerandone
ogni altra. La norma costituzionale prevede infatti che «tutti» siano
tenuti  a  concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione della loro
capacita'  contributiva. Nella specie, l'onere di sostenere il carico
conseguente  al  riconoscimento dell'agevolazione al settore agricolo
e'  posto,  invece,  interamente  ed  esclusivamente,  a carico delle
imprese del settore finanziario.
    Emerge  sotto questo aspetto una evidente violazione dei principi
costituzionali.
    Da  un  lato,  viene  imposto  a  questa  categoria di imprese un
prelievo  maggiore, a pari capacita' contributiva (artt. 3 e 53 sotto
il   profilo  della  proporzionalita'  del  prelievo  alla  capacita'
contributiva); dall'altro, l'onere del finanziamento di interventi di
sostegno  di  una particolare categoria viene posto a carico soltanto
di  alcuni soggetti passivi dell'imposta esonerandone tutti gli altri
(violazione    art. 53    sotto    il   profilo   della   generalita'
dell'imposizione tributaria: «tutti devono concorrere»).
    8. - Per  la  verita',  la relazione illustrativa dello schema di
decreto sembra giustificare l'imposizione di un'aliquota piu' pesante
per  il  solo  settore delle imprese finanziarie con la previsione di
interventi  agevolativi  per  le  ristrutturazioni  aziendali  che lo
starebbero interessando.
    Si tratta pero' di un elemento del tutto estraneo alla disciplina
del  tributo.  Non solo l'IRAP trova applicazione nei confronti della
generalita'  delle imprese; i provvedimenti agevolativi riguarderanno
soltanto   le   imprese   concretamente   coinvolte  in  processi  di
ristrutturazione.  Sotto questo profilo, emerge un ulteriore vizio di
legittimita' costituzionale, perche' vengono messe sullo stesso piano
situazioni diverse.
    9. - La   discriminazione   attuata   dal   legislatore  delegato
all'introduzione  dell'Irap  e'  dimostrata  dall'aggravamento  della
situazione  per  effetto  delle  modifiche  dell'art. 45  del decreto
introdotte  dalla  legge  n. 488/1999, che hanno prolungato la durata
del  regime  transitorio,  tendendo  a  renderlo  almeno  in  via  di
principio    addirittura    stabile,    sia   aumentato   la   misura
dell'imposizione.  Il  comma  17  dell'art. 6 della legge 23 dicembre
1999,  n. 488 modifica, infatti la disciplina transitoria dettata dal
d.lgs.  di  introduzione  dell'IRAP.  In  particolare, le aliquote di
favore  previste  da  quella disciplina sono cosi' modificate: «per i
periodi  d'imposta  in corso al 1° gennaio 1998 ed al 1° gennaio 1999
l'aliquota  e'  stabilita  nell'1,9%; per i quattro periodi d'imposta
successivi  l'aliquota  e' stabilita rispettivamente nelle misure del
2,3,  del 2,5, del 3,10, del 3,75 per cento»; contemporaneamente sono
inasprite le aliquote previste per banche ed assicurazioni che per il
periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1998 - 1° gennaio 1999 - 1°
gennaio 2000 vengono stabilite nel 5,4%; per i due periodi successivi
rispettivamente del 5 e del 4,75%.
    Il  comma 19 del medesimo articolo prevede, poi, che «a decorrere
dall'anno  2000  il  Fondo  sanitario  nazionale di parte corrente e'
ridotto  dell'importo  generato dalla rimodulazione delle aliquote di
cui al comma 18 in misura pari a lire 542 miliardi, lire 644 miliardi
e lire 551 miliardi, rispettivamente, per gli anni 2000, 2001 e 2002.
Qualora  l'aumento  del  gettito risulti inferiore a tali importi, le
aliquote  di cui al comma 17 sono rideterminate in modo da assicurare
i gettiti previsti».
    Vi  e'  quindi  una  esplicita  correlazione  tra  le  variazioni
reciproche delle aliquote transitorie dell'IRAP disposte dal comma 17
e il finanziamento di specifici capitoli di spesa. Cio' significa che
l'aumento  dell'aliquota  a  carico  delle  banche  e  delle  imprese
assicurative   finanzia   direttamente  l'abbassamento  dell'aliquota
prevista per le imprese agricole.
    La  disciplina  introdotta  dalla  legge  finanziaria per il 2000
costituisce,  quindi  la  dimostrazione  piu'  evidente  dei  vizi di
costituzionalita'  denunciati  sopra:  l'ultimo  periodo dell'art. 19
prevede   espressamente   ulteriori   rimodulazioni   delle  aliquote
differenziate  per assicurare gli obiettivi di gettito indicati nella
prima  parte  della disposizione: si prevede cioe' una vera e propria
stabilizzazione sia del regime differenziato per i settori agricolo e
finanziario  che  del  reciproco  collegamento. La tendenza a rendere
stabile  una  disciplina discriminatoria, originariamente prevista in
via  transitoria, esclude alla radice la possibilita' di ricercare la
giustificazione  nella  temporaneita'  del  sacrificio dell'interesse
costituzionalmente   protetto,   per   esigenze   di  contemperamento
solidaristico con altri valori.
    10.  -  La  disciplina  dettata  dal terzo comma dell'art. 45 del
d.lgs.  n. 446/1997  in  punto  di  determinazione dell'aliquota IRAP
applicabile alle banche, e agli altri soggetti che svolgono attivita'
finanziaria, non e' quindi compatibile con i principi costituzionali.
La  lesione dei valori costituzionali si e' addirittura aggravata per
effetto  delle  modificazioni  della disciplina transitoria dell'IRAP
introdotte dalla legge n. 488 del 1999.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 45, comma secondo, in punto
di  determinazione  dell'aliquota IRAP applicabile alle banche e agli
altri  soggetti  che svolgono attivita' finanziaria per contrasto con
il   principio  costituzionale  di  uguaglianza  (art. 3  Cost.),  il
principio   di   proporzionalita'  dell'imposizione  tributaria  alla
capacita'  contributiva  (art. 53 Cost.), il principio di generalita'
dell'obbligo di concorso alla copertura delle spese pubbliche (art. 3
Cost.);
    Ordina  la  sospensione  del  procedimento  in  corso  e  dispone
l'immediata  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per il
giudizio di competenza.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria il suesteso provvedimento
venga  notificato  al  Presidente  del Consiglio dei ministri nonche'
alle parti in causa;
    Ordina  inoltre  che la presente ordinanza sia comunicata, a cura
della segreteria, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Cuneo, addi' 15 aprile 2003.
                 Il Presidente estensore: Di Mauro
03C1111