N. 875 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 2003
Ordinanza emessa il 2 maggio 2003 dal tribunale di Modica nel procedimento civile vertente tra Di Gregorio Sergio e comune di Modica ed altri Impiego pubblico - Controversie relative alle procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti della Pubblica Amministrazione - Previsione della giurisdizione del giudice ordinario solo per quelle relative ai concorsi interni - Ingiustificata differenziata tutela giurisdizionale dei concorrenti dei concorsi esterni rispetto ai concorrenti dei concorsi interni in riferimento alla lesione dei diritti soggettivi. - D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 68, come sostituito dall'art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e trasfuso nell'art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. - Costituzione, art. 3.(GU n.44 del 5-11-2003 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del giudizio civile n. 62/2002 R.G.A.C. Lav., vertente tra Di Gregorio Sergio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Giurdanella e Piero Roccasalva, attore; Contro il comune di Modica, rappresentato e difeso dall'avv. Franco D'Ursog, convenuto; e nei confronti di: Sammito Marco, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Rizza, convenuto; Sortino Andrea, rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Spadaro; convenuto; O s s e r v a 1. - Poiche' l'attore lamenta di essere stato escluso dal concorso interno bandito, dal comune convenuto, per l'accesso, fra l'altro, a quattro posti di istruttore direttivo amministrativo, il thema decidendi s'incentra sulla legittimita' dell'esclusione. Si tratta, quindi, di sottoporre a scrutinio di legittimita' l'iter seguito ai fini della prefata procedura concorsuale. Cio', com'e' ovvio, impone l'esame, in via preliminare, della controversia sotto il profilo della giurisdizione, pregiudiziale al merito ai sensi del combinato disposto degli artt. 37 e 187, comma 3 p.p. cod. proc. civ. La questione, a prescindere dalla espressa eccezione sollevata dal comune, rilevabile d'ufficio, attenendo alle condizioni di proponibilita' dell'azione (Cass. 3432/1994 - in termini, Cass. ss.uu. 11169/1996, Cass. 6229/1997). 2. - Va, al riguardo, rilevato che, in via generale, la vicenda dedotta in giudizio rientra nel novero di quelle «relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 (...) incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro» devolute al g.o. dall'art. 68 del d.lgs. 29/1993 (come sostituito dall'art. 33 del d.lgs. 546/1993 e, quindi, dall'art. 29 del d.lgs. 80/1998, successivamente modificato dall'art. 18 del d.lgs. 387/1998, infine trasfuso nell'art. 63 del d.lgs. 165/2001). Inoltre, ai fini del discrimine temporale fissato dall'art. 45, comma 17 del d.lgs. 80/1998 (poscia trasfuso nell'art. 69 del d.lgs. 165/2001), occorre aver riguardo al momento in cui e' stato adottato il provvedimento di esclusione sottoposto al presente scrutinio (successivo alla data del 30 giugno 1998). 3. - Nondimeno, ai sensi del quarto comma dell'art. 68 del d.lgs. 29/1993 (come sopra sostituito), restano, tra l'altro, «devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni». Alla stregua di tale dettato normativo ritiene il decidente che sia stata sottratta tout court, alla giurisdizione del g.o., la serie procedimentale che determina o esclude l'accesso al lavoro nel pubblico impiego, quale che sia il criterio selettivo utilizzato, essendo evidente che l'opzione della tutela amministrativa, in questo caso, appare conforme alla necessita', di ordine sistematico, di valutare la legittimita' dell'attivita' della P.A. nel suo complesso, indipendentemente dalle situazioni sostanziali dedotte. Alla luce della considerazione che precede e' agevole risolvere l'apparente discinesia tra il primo e il quarto comma dell'art. 68 del d.lgs. 29/1993 e distinguere la ratio che giustifica la previsione di cui al quarto comma, che, ponendosi quale eccezione alla generale ipotesi di cui al primo comma, riserva alla giurisdizione amministrativa la materia delle assunzioni, ogni qualvolta la stessa coinvolga questioni in ordine alle procedure concorsuali seguite. 4. - Or, non e' revocabile in dubbio che, come s'e' visto, nel caso di specie vertasi proprio in tema di procedura concorsuale. Invero, comunque si ponga la questione, rimane pur sempre indubbio che, a tutto ammettere, l'iter seguito costituisce atto presupposto al quale sono imprescindibilmente collegati gli atti successivi, che, in definitiva, fanno parte della serie procedimentale conclusasi, nel caso di specie, con l'esclusione dalla graduatoria, che e' atto tipico della procedura concorsuale. Invero, mentre le procedure previste per l'avviamento al lavoro in campo privatistico attengono alla logica contrattuale basata sulla volonta' della parti, quelle concernenti l'incardinazione nel posto di lavoro in tema di pubblico impiego non possono prescindere dai principi di imparzialita' e buon andamento fissati dall'art. 97 della Costituzione, che impongono una procedura di tipo selettivo, la cui principale caratteristica e' costituita dal metodo comparativo, vale a dire da un sistema di selezione che consenta di scegliere, tra piu' candidati, il soggetto piu' meritevole e piu' capace. Non e' un caso, invero che la Corte costituzionale, anche successivamente all'entrata in vigore della riforma Bassanini e del conseguente processo di privatizzazione, abbia voluto ribadire che il concorso pubblico «quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei piu' capaci, resta il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni d'imparzialita' ed al servizio esclusivo della Nazione». Alla luce degli esposti principi appare irrilevante che l'incardinazione nel posto avvenga in forza di prima assunzione ovvero attraverso la progressione in carriera, richiedendosi, nell'un caso e nell'altro, pur sempre una selezione di tipo comparativo propria della procedura concorsuale. 5. - Non ignora questo decidente che un costante e autorevole indirizzo giurisprudenziale opera un netto distinguo tra procedura concorsuale interna ed esterna, per concludere che solo la seconda sarebbe sottratta alla giurisdizione del g.o. (per tutte Cass. ss.uu.: 128/2001, Cass. ss.uu.: 2514/2002, Cass. ss. uu.: 9334/2002). Ritiene, segnatamente, tale indirizzo, che il concorso, interno, inquadrandosi nell'ambito delle vicende modificative del rapporto di lavoro in atto, riguarderebbe, non gia' una «procedura concorsuale», ma atti di gestione assimilabili alla capacita' di esercizio dei poteri del soggetto datoriale privato (cosi' Cass. ss. uu.: 9334/2002 cit.). 5.1. - L'assunto non appare condivisibile per diversi ordini di ragioni. In primo luogo sembra prima facie incongruo, gia' sotto l'aspetto terminologico, ritenere che cio' che pur viene testualmente definito «concorso» non sia in realta' tale. Sembra, per questo verso, che si voglia imporre una inammissibile dicotomia, laddove, per un verso, si proclama la natura «concorsuale» della procedura seguita per la scelta dei candidati idonei, all'evidente fine di non collidere col principio fissato dall'art. 97 della Costituzione e, dall'altro, si nega, subito dopo, tale natura concorsuale al fine di sottrarre surrettiziamente al giudice speciale la giurisdizione assegnatagli. In secondo luogo (e conseguentemente) e' agevole rilevare che l'inequivoca dizione testuale esclude la fatta distinzione, la quale appare affatto arbitraria, atteso che la legge ha viceversa utilizzato una locuzione omnicomprensiva («procedura concorsuale»), con la finalita', come si e' gia rilevato, di includere nell'ambito del controllo del giudice speciale tutte le ipotesi di incardinazione di rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A., sia nel caso in cui si tratti di prima assunzione, sia nel caso in cui si tratti di promozione. 5.2. - Alla luce di tale rilievo non puo' non convenirsi con l'opposto indirizzo giurisprudenziale (C.G.A. Sicilia 213/2002) il quale correttamente rileva che «nulla, nel testo della disposizione di cui all'art. 68, d.lgs. n. 29 del 1993 sostituito dall'art. 29, d.lgs. n. 80 del 1998 autorizza a limitare la giurisdizione del giudice amministrativo ai concorsi di prima assunzione e ad escluderne i concorsi interni, riservati ai dipendenti dell'amministrazione che indice il concorso, dal momento che la procedura e i principi regolatori - in ragione dei quali il legislatore ha mantenuto la giurisdizione al giudice amministrativo - sono i medesimi, tanto per il concorso pubblico di prima assunzione, quanto per il concorso interno per posti di qualifica superiore». 5.3. - Ne' puo' fondatamente sostenersi che nell'ipotesi di procedura concorsuale interna non vi sarebbe una vera e propria «assunzione», visto che il candidato sarebbe gia' alle dipendenze dell'ente che ha bandito il concorso e che la procedura tenderebbe, «non gia' all'assunzione di nuovo personale, bensi' al conferimento di (...) posti nella figura professionale» superiore (cosi' Trib. Roma, 11 ottobre 1999, in Foro It. 2000, I, 282 e segg.). Tale tesi, attraverso la quale si perviene alla conclusione che la lettera del quarto comma, dell'art. 68 del d.lgs. 29/1993 imporrebbe «di restringere l'area di operativita' della norma ai soli casi di concorsi aperti alla generalita' di cittadini e comunque non riservati a chi sia gia' dipendente dell'amministrazione interessata», appare opinabile, atteso, anzitutto, che essa sembra spostare l'angolo visuale della finalita' della procedura concorsuale dall'interesse della P.A. all'acquisizione di personale qualificato e capace a quello dei dipendenti in servizio, tesi a conseguire una progressione in carriera per le vie brevi. Non puo', in ogni caso, trascurarsi di considerare che la procedura concorsuale (sia essa interna o esterna) relativa alla copertura di posti vacanti, in seno a qualsiasi soggetto datoriale, non puo' che essere, in primo luogo, finalizzata al reclutamento del personale destinato a ricoprire tali posti. In tal senso non puo' seriamente negarsi che si tratti pur sempre di «assunzione» nel posto messo a concorso, a prescindere dalla provenienza (interna od esterna) del personale reclutato. In altri termini e' con riguardo al posto che va riguardata l'assunzione e non con riguardo alle finalita' perseguite dal soggetto datoriale, o, ancor piu', all'interesse del dipendente che - ambisce alla promozione (piu' o meno automatica e sbrigativa) garantita dal concorso interno. In definitiva, la circostanza che quest'ultimo abbia anche la (ulteriore e non sempre commendevole) finalita' di favorire, nella selezione, i soggetti gia' inseriti nell'organigramma dei lavoratori dipendenti, non solo, come s'e' visto, non puo' costituire la finalita' primaria della procedura concorsuale, ma non fa venir meno l'assunzione in tal modo posta in essere, assunzione che, come s'e' visto, non puo' che avvenire pur sempre con riguardo al posto messo a concorso e previa selezione dei candidati idonei. 5.4. - Non vale, inoltre, obiettare che diversa sarebbe la disciplina che regola i due tipi di concorso, posto che cio' non muta i termini del problema. In ultima analisi, non rileva che i criteri di assunzione siano diversi, atteso che cio' che conta e' la copertura del posto attraverso una procedura di selezione (la quale tale rimane sia che avvenga per titoli, sia che avvenga per esami, sia che avvenga attraverso un sistema misto) atta a individuare il soggetto meritevole del posto. 5.5. - In definitiva, alla luce del rilevato limite dell'interesse pubblico va letto l'art. 36 del d.lgs. 29/1993 e successive modifiche, siccome trasfuso nell'art. 35, comma 1 e 3 del d.lgs. 165/2001, che, pertanto, e' ben lungi dall'escludere che la pubblica amministrazione, anche quando esercita prerogative proprie del privato datore di lavoro, sia svincolata dall'osservanza dei principi di imparzialita' e buon andamento fissati dall'art. 97 della Costituzione. 5.6. - Le considerazioni che precedono introducono un'ulteriore obiezione, per vero difficilmente superabile, essendo fondata sull'orientamento della Corte delle leggi, la quale, in numerose decisioni (per tutte, Corte cost. 161/1990, 313/1994, 478/1995, 320/1997, e, da ultimo Corte cost. 194/2002) ha costantemente ritenuto che il reclutamento del personale nella P.A., comunque attuato, non potendo prescindere da un congegno selettivo basato su una procedura concorsuale, comporta sempre e comunque l'accesso a un «nuovo posto di lavoro», sia pur corrispondente a funzioni piu' elevate rispetto a quelle gia' attribuite al candidato all'interno dell'ente. La considerazione che precede appare decisiva, essendo evidente che la Corte costituzionale ha voluto inequivocamente ribadire che, in tema di pubblico impiego, l'assunzione avviene sempre nel posto messo a concorso, a prescindere dal fatto che il candidato sia interno o esterno all'ente. Significativo e', in particolare, che la Corte costituzionale abbia, da ultimo, con l'ordinanza n. 2/2001, specificamente rimarcato il fatto che, a differenza di quanto opinava il remittente, nonche' la giurisprudenza di merito sopra segnalata, anche quando vertesi in tema di concorsi riservati «l'intera controversa deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo». 5.7. - Del resto, a ben vedere, anche a prescindere dalla assoluta assenza di riscontro testuale, appare travisante ritenere tout court che il concorso interno non rientri nel novero delle «procedure concorsuali» solo perche' indetto nell'ambito degli atti di gestione del rapporto. 5.7.1. - Anzitutto perche' la c.d. privatizzazione del rapporto non comporta certo il venir meno dell'interesse pubblico e, quindi, della necessita' di attuare, anche alle progressioni in carriera, il criterio della procedura concorsuale basata sul metodo comparativo. Diversamente opinando si finirebbe per legittimare la diffusa tendenza a escogitare procedure (apparentemente) selettive, ma finalizzate, nella sostanza, ad assecondare aspettative di carriera (non sempre legittime) dei pubblici dipendenti con sistemi di reclutamento interno di solito disinvoltamente in contrasto col dettato costituzionale. Non e' un caso, del resto che la Corte costituzionale abbia ripetutamente manifestato aperta contrarieta' ai concorsi interni, ribadendo il principio che essi, nei limitati casi in cui possono essere ammessi, non siano ne' arbitrari, ne' irragionevoli e consentano, comunque, di selezionare i soggetti piu' capaci e meritevoli (cfr. Corte cost. 477/1995, Corte cost. 1/1999). Cosi' come non e' un caso che la piu' attenta dottrina (Mezzacapo, in Giur. It. 10, 2002, pag. 1845 e seg.), pur se favorevole all'indirizzo criticato, finisca, tuttavia, per escludere che la selezione riservata al personale interno abbia carattere decisivo ai fini dell'attribuzione di giurisdizione e che le procedure selettive riservate ai pubblici dipendenti e tese all'avanzamento di carriera degli stessi possano de plano e per cio' solo essere sempre considerate alla stregua di atti di gestione, come tali devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario. Va, peraltro, qui incidentalmente notato che la dottrina in parola, nell'evidente difficolta' di andare oltre il dato testuale, rinviene nella novazione del rapporto il criterio discretivo che determinerebbe, in tema di procedure concorsuali, il riparto di giurisdizione, non considerando che, in realta', l'incardinazione nel nuovo posto assegnato determina pur sempre l'instaurazione di un rapporto diverso rispetto a quello precedente (non e' un caso, del resto, che, non di rado, sia prevista la sottoscrizione di un nuovo contratto). 5.7.2. - In secondo luogo perche' non sembra sia stato sufficientemente considerato che, comunque sia, nulla vieta, sotto l'aspetto sistematico e ordinamentale, che una procedura selettiva possa essere indetta nell'esercizio dei poteri riconnessi alla gestione della fase funzionale del rapporto (e, quindi, nell'ambito dei c.d. atti di gestione di natura privatistica regolati dall'art. 4 del d.lgs. 29/1992, sostituito dall'art. 4 del d.lgs. 80/1998, a sua volta trasfuso nell'art. 5, secondo comma, del d.lgs. 165/2001), senza, per questo, rimanere esclusa dal novero delle «procedure concorsuali» che determinano l'attribuzione di giurisdizione al giudice amministrativo. Cio' che conta, invero, non e' l'ambito in cui la procedura viene attuata, quanto il fatto in se' di trovarsi di fronte, per l'appunto, a una procedura concorsuale, come tale (e per cio' solo) rientrante nella deroga alla giurisdizione del g.o., la quale e' ben lungi dall'operare il distinguo ipotizzato dall'indirizzo dal quale si dissente. 5.8. - A questo punto, tuttavia, questo decidente deve prendere atto che l'indirizzo in questione, assolutamente preponderante, stante l'autorevolezza delle decisioni che su di esso si fondano, non lascia spazio alla diversa opzione interpretativa sostenuta nelle considerazioni che precedono e imporrebbe il pedissequo adeguamento alle decisioni anzidette, se non altro in quanto il dissenso e' destinato a sicura riforma, con conseguente inutile e defatigante prolungamento del giudizio. 6. - Ma se cosi' e', la normativa in scrutinio, interpretata nel senso voluto dalla giurisprudenza della S.C., appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, atteso che essa viola: a) il principio di parita', laddove, distinguendo tra procedure concorsuali esterne ed interne, indette ai fini dell'assunzione dei dipendenti della P.A., consente solo ai candidati delle seconde e non anche a quelli delle prime la tutela dei diritti soggettivi violati; b) il principio di ragionevolezza, non giustificandosi la rilevata forma differenziata di tutela giurisdizionale rispetto alla identica situazione giuridica tutelata. 7. - Va, per la verita', rilevato che, come si e' gia' detto, la Corte delle leggi si e' gia' pronunciata, in materia, con l'ordinanza n. 2 del 4 gennaio 2001, la quale ha ritenuto che, in tema di procedure concorsuali previste dall'art. 68 del d.lgs. 29/1993, la giurisdizione spetta esclusivamente al giudice amministrativo. Tale pronuncia, tuttavia, e' limitata alla sola ipotesi dei concorsi che prevedono quote di riserva in favore del personale interno. Appare, pertanto, necessario estendere la pronuncia alla diversa ipotesi dei concorsi interni. 8. - La questione prospettata e' indubbiamente rilevante, attesa la gia' considerata pregiudizialita' della questione ai fini della decisione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara la non manifesta infondatezza della questione d'incostituzionalita' dell'art. 68 del d.lgs. 29/1993 come sostituito dall'art. 29 del d.lgs. 80/1998 e trasfuso nell'art. 63, quarto comma del d.lgs. 165/2001, in relazione all'art. 3 della Costituzione, per violazione del principio di parita' e di ragionevolezza, laddove, prevedendo la giurisdizione del giudice ordinario per le sole controversie in materia di concorsi interni per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e, viceversa, la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie in materia di concorsi esterni, impone una differenziata tutela giurisdizionale in situazioni analoghe, consentendo solo ai concorrenti dei concorsi interni la tutela dei diritti soggettivi violati; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga trasmessa alla Corte costituzionale, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato, nonche' alle parti. Modica, addi' 2 maggio 2003 Il giudice del lavoro: Rizza 03C1140