N. 879 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 agosto 2003

Ordinanze  879 e 880 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il  23  agosto  2003 dal Tribunale di Venezia nei procedimenti penali
rispettivamente  a carico di: Muhamed Adel Amid (R.O. 879/2003); Dibe
Jamal (R.O. 880/2003)

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Contrasto  con  i  principi di ragionevolezza e di proporzionalita'
  delle misure sanzionatorie - Carenza del requisito della necessita'
  ed  urgenza  per  l'adozione  da parte della polizia giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- Decreto    legislativo    25 luglio    1998,    n. 286,    art. 14,
  comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.44 del 5-11-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Premesso:
        che alle ore 11 del 22 agosto 2003 Muhamed Adel Amid, nato in
Algeria  il  4 aprile 1972, elett. dom. presso l'avv. Enrico Cogo con
studio  in Padova, via Bellini, 5, veniva tratto in arresto in quanto
colto in flagranza del reato p. e p. dell'art. 14, comma 5-ter d.lgs.
n. 286/1998  poiche'  senza  giustificato  motivo  si  tratteneva nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  di lasciare il
territorio  nazionale  entro il termini di giorni cinque impartitogli
dal  questore  di  Rovigo il 12 luglio 2003 emesso ai sensi del comma
5-bis  del  suddetto  articolo di legge e notificato loro il medesimo
giorno. In Bibione il 22 agosto 2003;
        che Muhamed Adel Amid e' stato presentato in stato di arresto
il giorno 23 agosto 2003 davanti a questo giudice per la convalida ed
il  contestuale  giudizio  direttissimo  a  norma dell'art. 14, comma
5-quinquies d.lgs. n. 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m.
ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di
alcuna misura cautelare;

                        Osserva quanto segue

    1. - L'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e successive
modificazioni,  nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera
della P.G. per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter legge citata,
si  pone  in  violazione  dell'art. 13,  comma  3 Cost. L'articolo in
questione,   dopo   aver  stabilito  che  la  liberta'  personale  e'
inviolabile  ed  aver  specificato  che  eventuali  restrizioni della
liberta'  in  questione  possono  essere  disposte  solo  in  base  a
previsione  di  legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
prevede  al  comma  3  una  deroga  in  forza  della  quale  in  casi
eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente dalla
legge  e'  possibile  l'adozione di provvedimenti provvisori da parte
dell'autorita' di pubblica sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la  legge stabilisce la pena
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e  nel  massimo a venti (art. 380 comma 1 c.p.p.) e nei casi di
flagranza  di  altri  reati specificamente indicati (art. 380 comma 2
c.p.p.),  individuati  dal  legislatore  in  base  alla  legge delega
16 febbraio  1987,  n. 81  che  prevedeva  di  contemplare  l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotato  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.  E'  dunque evidente che n tali casi ricorrono i presupposti
della necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di  cui  all'art. 14 comma 5-ter non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato   allarme   sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo
l'adozione  immediata  di  un provvedimento limitativo della liberta'
personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla P.G. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121
disp.  att.  c.p.p.  stabilisce infatti che quando il p.m. ritiene di
non  dover  chiedere  al  giudice  l'applicazione di misura cautelare
coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.  E'  evidente che tale norma deve trovare applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2. - Si osserva inoltre che non si vede sotto quale altro profilo
l'arresto  possa  assolvere una utile funzione, posto che il giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi ai
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art. 14,  comma  5-quinquies d.lgs.
n. 286/1998  norma  in esame sia costituzionalmente illegittimo nella
parte  in  cui  prevede l'arresto obbligatorio anche sotto il profilo
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3.  -  Si  ritiene  pertanto di investire la Corte costituzionale
della questione di legittimita' dell'art. 14, comma 5-quinquies legge
citata per violazione degli artt. 3 e 13, comma 3 Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  P.G.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23  legge  11 marzo  1953,  n. 87,  ritenuta la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,   comma   5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998,  introdotto
dall'art. 13, comma 1, lettera b) legge 30 luglio 2002 n. 189;
    Ordina  l'immediata  trasmissione alla Corte costituzionale degli
atti del procedimento;
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Monda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la comunicazione ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato dello Repubblica.
        Venezia-Mestre, addi' 23 agosto 2003
                        Il giudice: De Curtis
03C1144