N. 899 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 2001

Ordinanza   emessa   il   19  novembre  2001  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale l'8 ottobre 2003) dalla Corte di appello di Napoli nel
procedimento penale a carico di Nunziata Elia ed altro

Processo penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Modifiche
  normative  -  Disciplina transitoria - Dichiarazioni rese nel corso
  delle  indagini preliminari da chi, per libera scelta, si e' sempre
  volontariamente   sottratto   all'esame  dell'imputato  o  del  suo
  difensore  -  Utilizzabilita' delle dichiarazioni gia' acquisite al
  fascicolo   per   il   dibattimento  anteriormente  alla  data  del
  25 febbraio  2000  -  Ingiustificata  disparita' di trattamento tra
  imputati  in  base  al  mero  criterio  temporale  - Violazione del
  principio  di  non  valutabilita'  di  tali  dichiarazioni a carico
  dell'imputato.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  513,  come integrato dalla sentenza della
  Corte  costituzionale  n. 361/1998;  legge  25 febbraio 2000, n. 35
  (recte:  d.l.  7 gennaio 2000, n. 2, convertito, con modificazioni,
  nella  legge  25  febbraio 2000,  n. 35), art. 1, comma 2; legge 1°
  marzo 2001, n. 63, art. 26, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 111, commi terzo e quarto.
(GU n.45 del 12-11-2003 )
                     LA CORTE D'ASSISE D'APPELLO

    Nel procedimento penale n. 15/1997 a carico di:
        1.  Nunziata  Elia,  nato  a Piazzolla di Nola il 15 novembre
1959;
        2.  Malinconico  Sergio,  nato  a  Roccarainola il 31 ottobre
1964;
    ha pronunziato la seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Nella   tarda   serata   del  21  ottobre  1991  l'autoarticolato
Fiat-Iveco,   tg.   CO 932031,   fu   rinvenuto   in  agro  d'Acerra,
parzialmente  fuori  della  sede stradale, con a bordo il corpo senza
vita  dell'autista,  Daniele  Lamperti.  L'autopsia  accerto' che due
proiettili  d'arma da fuoco a carica unica avevano attinto la vittima
e  che uno di essi, perforando il polmone sinistro e lacerando l'arco
aortico,   n'aveva   cagionato   la  morte.  Il  veicolo  trasportava
quattrocento  sacchi  di  nocciole  sgusciate,  del  valore  di  lire
sessantasette milioni, diretti ad un'industria dolciaria svizzera.
    Gli  inquirenti ipotizzarono che si trattasse d'omicidio commesso
nel  corso  di  un  tentativo di rapina e, pertanto, indirizzarono le
indagini  verso persone sospettate di esser dedite a rapine di camion
trasportanti nocciole sgusciate, fra cui in particolare tali Clemente
Vinciguerra,   Lucio  Addeo,  Elia  Nunziata,  Sergio  Malinconico  e
Salvatore Prisco.
    Nel  corso  delle  indagini  preliminari Vinciguerra, imputato in
procedimento  connesso  per delitti di rapina, formulo' dichiarazioni
accusatorie   nei  confronti  di  Nunziata,  suo  coimputato.  Addeo,
imputato   quale   mandante  di  concorso  nel  delitti  in  esame  e
successivamente    prosciolto   nell'udienza   preliminare,   accuso'
Nunziata,  Malinconico  e  Prisco  di essere gli autori della tentata
rapina   e  dell'omicidio:  cio'  egli  aveva  appreso  dallo  stesso
Nunziata, il quale gli aveva manifestato l'intenzione di addossare la
responsabilita'  dei  delitti a Malinconico, a Prisco e a tale Nicola
Napolitano,  defunto  cognato di Malinconico. Nunziata, protestandosi
estraneo   ai   fatti,  accuso'  Malinconico,  Prisco  e  Napolitano,
dichiarando di aver appreso i fatti dai primi due.
    Con decreto del 17 gennaio 1995, il g.u.p. presso il Tribunale di
Nola  dispose  il rinvio a giudizio di Nunziata, Malinconico e Prisco
per   rispondere,  in  concorso  tra  loro  e  con  un  mandante  non
identificato,   di  tentata  rapina  aggravata,  omicidio  aggravato,
detenzione e porto illegali di pistola.
    Nel  corso del dibattimento di primo grado, celebrato avanti alla
terza sezione della Corte d'assise di Napoli, Lucio Addeo, citato per
essere  esaminato  ai  sensi  dell'art.  210  del codice di procedura
penale,   Si  avvalse  della  facolta'  di  non  rispondere;  furono,
pertanto,  acquisiti  al  fascicolo  per il dibattimento, ex art. 513
cod.  proc.  pen., i verbali degli interrogatori da lui in precedenza
resi  al p.m. ed al g.i.p. Anche l'imputato Elia Nunziata si avvalse,
in  sede  d'esame,  della facolta' di non rispondere; furono, quindi,
acquisiti  i  verbali  degli  interrogatori da lui resi al p.m. ed al
g.i.p.,  nonche'  il  verbale del confronto svoltosi, avanti al p.m.,
fra lui ed Addeo.
    Con  sentenza  emessa  il  14  novembre  1996,  la Corte d'assise
dichiaro'  i  tre  imputati  colpevoli  del  reati loro ascritti e li
condanno'  all'ergastolo con isolamento diurno per mesi cinque, oltre
alle  pene  accessorie, alle spese processuali ed al risarcimento del
danni in favore delle costituite parti civili.
    L'affermazione  di  responsabilita' di ciascuno degli imputati si
fondava,  come  si legge nella motivazione della sentenza, su «accuse
provenienti da due fonti: il Vinciguerra e l'Addeo accusano Nunziata;
gli stessi Addeo e Nunziata accusano il Prisco ed il Malinconico». La
pluralita'  delle fonti accusatorie consentiva, mediante il reciproco
riscontro,   la   formazione   di  una  prova  sufficiente  ai  sensi
dell'art. 192, terzo e quarto comma, del codice di procedura penale.
    Tutti  gli  imputati  proponevano appello, deducendo una serie di
motivi,  fra  i  quali  l'asserita mancanza di prove idonee a fondare
l'affermazione di responsabilita'.
    La  prima  udienza  del processo d'appello si celebrava davanti a
questa  Carte  all'udienza del 2 febbraio 2000. Dopo la relazione, il
procuratore  generale chiedeva la rinnovazione del dibattimento, allo
scopo  di  procedere  a  nuovo  esame del coimputato prosciolto Lucio
Addeo  e  dell'imputato  Elia Nunziata. I difensori degli imputati si
opponevano,   sollevando  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 513   codice   procedura   penate   e   dall'art. 1.1   del
decreto-legge  7 gennaio 2000, n. 2, per violazione degli artt. 3, 77
e 138 della Costituzione.
    La Corte riteneva la questione sollevata manifestamente infondata
in  relazione all'art. 6.3 legge 7 agosto 1997, n. 267, da applicarsi
al momento, ed irrilevante, allo stato, per le altre norme impugnate.
Disponeva,  pertanto,  la  rinnovazione  del dibattimento ed il nuovo
esame di Addeo e Nunziata.
    L'imputato Elia Nunziata, presente in aula, invitato a sottoporsi
ad  esame,  dichiarava  di  volersi  avvalere  della  facolta' di non
rispondere.
    Il procuratore generale chiedeva, allora, di poter procedere alla
contestazione, a norma degli artt. 500.2-bis e 4, delle dichiarazioni
rese   nel   corso   delle   indagini   preliminari,  concernenti  la
responsabilita' dei coimputati.
    I  difensori  di  tutti gli imputati si opponevano, reiterando la
gia' proposta questione di legittimita' costituzionale.
    La   Corte,   con  ordinanza  in  data  sette  febbraio  duemila,
dichiarava  non  manifestamente  infondate  le  seguenti questioni di
legittimita' costituzionale:
        1)  art. 513.2  del  codice  di  procedura penale, cosi' come
integrato  dalla  sentenza  361/1998  della Corte costituzionale, per
violazione del terzo e quarto comma dell'art. 111 della Costituzione,
cosi'  come  introdotti  dalla legge costituzionale 23 novembre 1999,
n. 2;
        2)  art. 1.1  del  decreto-legge  7  gennaio  2000, n. 2, per
violazione  degli artt. 3 al primo comma, 77 e 138, primo comma della
Costituzione,  nonche'  dell'art. 111,  terzo  e  quarto comma, della
Costituzione  e  dell'art. 2  della  legge costituzionale 23 novembre
1999, n. 2;
        3)  art. 1.2  del  decreto-legge  7  gennaio  2000, n. 2, per
violazione dell'art. 111. al quarto comma, della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale,  con  ordinanza  260 del cinque luglio
duemilauno, depositata il diciannove luglio duemilauno, osservava che
successivamente  all'ordinanza  di  rimessione  erano intervenute due
importanti innovazioni legislative:
        1. la  legge  25  febbraio 2000, n. 35, con la quale e' stato
convertito  in  legge  il  d.l.  n. 2/2000, sostituendo integralmente
l'articolo 1 dell'originario decreto.
        2.  la  legge  1°  marzo  2001 n. 63, la quale, in attuazione
della   legge   costituzionale   di   riforma   dell'art. 111   della
Costituzione,  ha  apportato  sensibili  modifiche  alla disposizione
dell'art. 513    del    codice    di    procedura   penale,   oggetto
dell'impugnativa.
    Ordinava,  pertanto,  restituirsi  gli  atti  a  questa Corte per
verificare  se  le  questioni  proposte  siano  tuttora rilevanti nel
giudizio di merito.
    All'udienza  del  sedici  novembre  duemilauno veniva disposta la
separazione   del   procedimento  a  carico  dell'imputato  Francesco
Salvatore Prisco, che non risultava regolarmente citato.
    All'udienza   odierna   i   difensori   chiedevano   trasmettersi
nuovamente  gli atti alla Corte costituzionale per l'esame delle gia'
proposte   questioni   di   legittimita'  costituzionale,  sollevando
altresi'   questione   di  legittimita'  costituzionale  delle  norme
sopravvenute.  Il  procuratore  generale aderiva alle richieste della
difesa.

                            D i r i t t o

    Il  decreto-legge  7  gennaio  2000,  n. 2 e' stato convertito in
legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  25  febbraio  2000, n. 35.
L'art. 1.2   del   testo   approvato   dal   Parlamento  recita:  «Le
dichiarazioni  rese  nel corso delle indagini preliminari da chi, per
libera  scelta,  si  e'  sempre  volontariamente  sottratto all'esame
dell'imputato  o  del suo difensore, sono valutate, se gia' acquisite
al  fascicolo  per il dibattimento, solo se la loro attendibilita' e'
confermata  da altri elementi di prova, assunti a formati con diverse
modalita'.»
    La  legge  1°  marzo 2001, n. 63, intitolata «Modifiche al codice
penate  ed  al  codice di procedura penale in materia di formazione e
valutazione  della  prova in attuazione della legge costituzionale di
riforma  dell'art. 111  della  Costituzione»,  ha modificato, con gli
artt. 16,   17,   18   e   19,   la  precedente  normativa  regolante
l'acquisizione e l'utilizzazione delle dichiarazioni accusatorie rese
nel  corso  delle indagini preliminare, adeguando il sistema al nuovo
testo   costituzionale.  L'art.  26  della  legge  regola  il  regime
transitorio  stabilendo,  nel primo comma che «Nei processi penali in
corso  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge si
applicano  le  disposizioni  degli  articoli  precedenti salvo quanto
stabilito  nei commi da 2 a 5». In particolare l'art. 26.4 stabilisce
che  «Quando  le  dichiarazioni  di cui al comma 3 sono state rese da
chi,  per  libera  scelta,  si  e'  sempre  volontariamente sottratto
all'esame  dell'imputato  o del difensore, si applica la disposizione
del  comma  2  dell'art. 1  del  decreto-legge  7 gennaio 2000, n. 2,
convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 25 febbraio 2000 n. 35,
soltanto   se   esse  siano  state  acquisite  al  fascicolo  per  il
dibattimento  anteriormente  alla  data del 25 febbraio 2000. Se sono
state  acquisite successivamente, si applica il comma 1-bis dell'art.
526  del  codice  di  procedura  penale, come introdotto dall'art. 19
della presente legge».
    Allo  stato  della legislazione, quindi, il dettato dell'art. 111
della  Costituzione  trova piena applicazione, nei processi in corso,
soltanto  se le dichiarazioni accusatorie rese prima del dibattimento
da  imputati  che si siano poi sottratti all'esame dibattimentale non
siano  state ancora acquisite al fascicolo per il dibattimento ovvero
siano  state  acquisite  in  data posteriore al 25 febbraio 2000. Se,
invece,   le  dette  dichiarazioni  siano  state  acquisite  in  data
anteriore  al  25  febbraio 2000, esse possono essere valutate, se la
loro attendibilita' e' confermata da altri elementi di prova, assunti
o formati con diverse modalita'.
    Nel  caso  di  specie  le  dichiarazioni  accusatorie  sono state
acquisite in data anteriore al 25 febbraio 2000 e, quindi, dovrebbero
trovare applicazioni le norme transitorie di cui agli artt. 1.2 della
legge n. 35/2000 e 26.4 della legge n. 63/2001.
    Gli  altri  elementi  di  prova,  assunti  o  formati con diverse
modalita', che, confermando l'attendibilita' delle chiamate in reita'
ed  in  correita',  ne  consentono  la  valutazione,  possono essere,
secondo  la  consolidata giurisprudenza della Carte di cassazione, di
qualsiasi  natura  e  non debbono essere tali da provare, da soli, la
reita'  dell'accusato, altrimenti il problema della valutazione della
chiamata  non  si  porrebbe.  Tale situazione si verifica nel caso di
specie,  nel quale gli altri elementi sono costituiti dalla accertata
partecipazione   degli  imputati  a  rapine  di  camion  trasportanti
nocciole  sgusciate,  come  quella nel corso della quale venne ucciso
l'autista Daniele Lamperti.
    Consegue  da  cio'  la  perdurante  rilevanza  della questione di
legittimita'  costituzionale,  proposta da questa Corte con ordinanza
del  7  febbraio  2000, dell'art. 513 del codice di procedura penale,
nel  testo  anteriore  alle  modifiche  apportate con la legge 63 del
corrente anno.
    Tale  norma  e', infatti, tuttora applicabile per le disposizioni
contenute  nel  comma  2  dell'art. 1  d.l.  7  gennaio  2000,  n. 2,
convertito,  con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000 n. 35, e
26.4 legge 1°marzo 2001, n. 63.
    Anche queste norme sono in conflitto con gli artt. 3, primo comma
e 111, terzo e quarto comma, della Costituzione.
    Esse   determinano,   infatti,  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento  fra  imputati  in  processi  diversi,  a  seconda che le
dichiarazioni accusatorie non confermate siano state o meno acquisite
al  fascicolo  per  il dibattimento e che l'acquisizione sia avvenuta
prima o dopo il 25 febbraio 2000.
    Esse  consentono  inoltre, allorche' l'acquisizione sia avvenuta,
come  nel caso di specie, in epoca anteriore al 25 febbraio 2000, che
la colpevolezza dell'imputato sia provata sulla base di dichiarazioni
rese  da  chi,  per  libera  scelta,  si  e'  sempre  volontariamente
sottratto  all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore. Cio'
contrasta,  con  ogni  evidenza, con l'attuale formulazione dell'art.
111  della  carta costituzionale, che preclude non l'acquisizione, ma
appunto   la   valutazione   di   quelle   dichiarazioni   a   carico
dell'imputato.
    La  questione  di  legittimita' costituzionale delle citate norme
e', quindi, rilevante e non manifestamente infondata.
    Gli  atti  vanno  nuovamente trasmessi alla Corte costituzionale,
con gli ulteriori adempimenti di legge.
                              P. Q. M.
    La  Corte,  letto  ed  applicato  l'art. 23, legge 11 marzo 1953,
n. 87,
    1) dichiara rilevante la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 513  del  codice  di procedura penale, cosi' come integrato
dalla  sentenza n. 361/1998 della Corte costituzionale, gia' proposta
da questa Corte con ordinanza del sette febbraio duemila;
    2)   dichiara   non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli artt. 1.2 della legge 25 febbraio
2000,  n. 35  e 26.4 della legge 1° marzo 2001, n. 63, per violazione
degli  artt. 3,  primo  comma  e  111,  terzo  e  quarto comma, della
Costituzione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al Presidente del Consiglio dei ministeri e comunicata ai
presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Napoli, addi' 19 novembre 2001
                       Il Presidente: Lignola
03C1156