N. 907 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 luglio 2003
Ordinanza emessa il 24 luglio 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Prato nel procedimento penale a carico di Vabulaite Oksana Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Incongruita' della normativa censurata - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione artt. 2, 3 e 13, comma terzo.(GU n.45 del 12-11-2003 )
IL GIUDICE DI PACE A parziale scioglimento della riserva formulata in esito all'udienza di convalida tenutasi in data odierna nell'ambito del procedimento indicato in epigrafe, a carico di Vabulaite Oksana, nata a Rusija (Lituania) il 18 settembre 1982, domiciliata in Prato, viale G. Galilei n. 200, indagata per il reato previsto e punito dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, perche', senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di espulsione impartito dal questore di Prato, notificatogli il 10 aprile 2003; Accertato in Prato, il 23 luglio 2003; Ha emesso la seguente ordinanza Fatto e diritto Vabulaite Oksana e' stata tratta in arresto dai Carabinieri della Compagnia di Prato in data 23 luglio 2003 in relazione al reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, della legge 30 luglio 2002, n. 189. Il pubblico ministero, dopo aver disposto la liberazione dell'indagata, ha richiesto la convalida dell'arresto in data 23 luglio 2002. L'indagata non si e' presentata all'udienza, ma risulta aver ricevuto regolare notifica dell'avviso di fissazione della stessa nel domicilio eletto (lo studio del difensore). Dagli atti risulta che in data 10 aprile 2003 il questore di Prato, preso atto che la Vabulaite era stata raggiunta dall'ordine di espulsione del prefetto di Prato, emesso in pari data, ordinava alla donna di lasciare l'Italia nei cinque giorni, ordine al quale ella non ottemperava; Premesso dunque che la fattispecie e' riconducibile a quella prevista dall'art. 14, comma 5-ter, del citato decreto legislativo, deve affrontarsi la questione della legittimita' costituzionale della norma che impone il provvedimento restrittivo sulla cui convalida si e' chiamati a decidere, questione del resto sollecitata dallo stesso difensore. L'art. 14, comma 5-quinquies, della legge citata prevede che, per i fatti di cui ai commi 5-ter e 5-quater l'arresto dell'autore del fatto sia obbligatorio in flagranza di reato e che si proceda con rito direttissimo. Tale disciplina, applicabile al caso di specie e rilevante ai fini della decisione sulla convalida dell'arresto - giacche', difettando la norma di copertura, l'operata restrizione della liberta' personale sarebbe sfornita di titolo giuridico e non potrebbe superare il vaglio di questo giudice - effettivamente non si sottrae al dubbio di legittimita' costituzionale, in relazione ai parametri costituzionali e per le ragioni che seguono. Violazione dell'art. 13, comma 3, Cost. La possibilita' di derogare alla regola generale dettata dal secondo comma dell'art. 13, che impone il preventivo intervento dell'autorita' giudiziaria in materia di restrizione della liberta' personale, si collega, alla stregua dell'art. 13, comma 3, Cost., alla verifica della sussistenza di «casi eccezionali di necessita' e urgenza» (di recente, si veda Corte cost. n. 503/1989). Gli estremi della necessita' e dell'urgenza, secondo le indicazioni della Corte costituzionale, possono essere considerati in relazione all'esigenza di acquisizione e di conservazione delle prove (Corte cost. nn. 3/1972; 79/1982) nonche' all'assoggettabilita' dell'arrestato a giudizio direttissimo (Corte cost. nn. 126/1972; 173/1971), finalita' tutte perseguibili attraverso l'immediato intervento dell'autorita' di polizia in temporanea vece dell'autorita' giudiziaria. Tali esigenze sono, per un verso, insussistenti, per altro verso, legate ad un quadro normativo radicalmente mutato. Non sono, in effetti, ragionevolmente configurabili esigenze probatorie in relazione al fatto illecito commesso dallo straniero che, nonostante l'espulsione, sia rientrato nel territorio dello Stato e destinate ad essere soddisfatte nel breve lasso di tempo che deve intercorrere tra l'arresto e l'immediata liberazione imposta dall'art. 121 disp. att. c.p.p. Quanto alla connessione tra arresto e giudizio direttissimo, va rilevato che sino all'entrata in vigore del nuovo c.p.p., l'ipotesi normale era quella del giudizio direttissimo nei confronti di imputato in vinculis: art. 502 c.p.p. Cio' era tanto vero che il primo comma dell'art. 502 disponeva che, qualora il tribunale non fosse attualmente impegnato in udienza penale, il procuratore della Repubblica disponeva perche' l'arresto fosse mantenuto. Con l'introduzione del terzo comma dell'art. 502 c.p.p. 1930, ad opera dell'art. 17 della legge 12 agosto 1982, n. 532, che previde l'applicabilita' del giudizio direttissimo anche al caso in cui l'arrestato, dopo essere stato presentato all'udienza, fosse stato liberato ai sensi dell'art. 263-ter, il sistema non venne completamente scardinato, in quanto, come reso palese dalla lettera della norma comunque era necessario che l'imputato fosse stato presentato all'udienza prima della liberazione ad opera del tribunale della liberta'. Soltanto nei casi, definiti atipici, di giudizio direttissimo previsti dalle leggi speciali, l'imputato non era in stato di arresto. In definitiva, esisteva ordinariamente uno stretto collegamento tra arresto e giudizio direttissimo. ll vigente codice di rito ha scisso i due momenti, imponendo al p.m., pur in presenza dei presupposti per procedere al giudizio direttissimo, di disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, quando ritiene di non dovere richiedere l'applicazione di misure coercitive (art. 121 disp. att. c.p.p.). Non casualmente, con previsione innovativa, l'art. 450, comma 2 c.p.p. contempla espressamente la possibilita' di celebrare il giudizio direttissimo nei confronti dell'imputato libero. In astratto, nulla esclude, s'intende, che il legislatore, in specifici settori, possa reintrodurre un arresto strumentale alla celebrazione di un giudizio direttissimo, altrimenti difficilmente realizzabile nei confronti di soggetti che, ove non ristretti, potrebbero agevolmente far perdere le proprie tracce. Ma tale obiettivo, ove pure intuibile nelle intenzioni del legislatore che ha emanato le norme che ne occupano, non si e' tradotto in atto, in quanto le innovazioni normative del 2002, non hanno alterato la struttura portante del codice di procedura penale, con la conseguenza che il p.m., al quale l'esecuzione dell'arresto va comunicata immediatamente (art. 386, comma l c.p.p.) e a disposizione del quale l'arrestato deve essere posto al piu' presto e comunque non oltre le ventiquattro ore (art. 386, comma 3 c.p.p.), ha l'obbligo di disporre l'immediata liberazione, con la conseguenza che, solo disattendendo il chiaro precetto normativo dell'art. 121 disp. att. c.p.p., e' possibile celebrare un giudizio direttissimo nei confronti di un imputato per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, della legge 30 luglio 2002, n. 189, ristretto nella propria liberta'. Se cosi' e', deve escludersi che la misura dell'arresto sia sorretta dal nesso di strumentalita' rispetto alla celebrazione del giudizio direttissimo. Le considerazioni sovra esposte rivelano, inoltre, che la misura dell'arresto non e' funzionale neppure all'esecuzione di una nuova espulsione prevista dall'art. 14, comma 5-ter, legge citata. Tale conclusione riposa sulla mancata previsione di qualunque meccanismo di coordinamento fra le iniziative dell'autorita' amministrativa chiamata a disporre e a dare attuazione all'espulsione e l'autorita' giudiziaria, investita del giudizio sulla convalida dell'arresto e, ancor prima, del dovere di porre immediatamente in liberta' l'arrestato nei confronti del quale non sia, come nella specie, possibile richiedere fondatamente l'applicazione di misure coercitive. Va aggiunto che, assente nella struttura normativa, l'indicato coordinamento non puo' realizzarsi, di fatto, attraverso la mancata adozione del provvedimento imposto dall'art. 121 disp. att. c.p.p. sino al giudizio di convalida, in quanto cio' si tradurrebbe nell'ingiustificata disapplicazione di una norma vigente posta a presidio di un fondamentale diritto di liberta'. Ne' e' ragionevolmente pensabile che, nel brevissimo lasso di tempo imposto al p.m. per porre in liberta' l'arrestato, possano essere adottati i provvedimenti con i quali si dispone che quest'ultimo sia accompagnato immediatamente alla frontiera o sia trattenuto presso un centro di permanenza. Difetta, pertanto, in radice il requisito della necessita' dell'arresto rispetto a qualunque obiettivo di rilevanza pubblicistica tale da giustificare la sia pur temporalmente limitata restrizione della liberta' personale. Proprio il limite di pena previsto, inidoneo a giustificare l'adozione di qualunque misura coercitiva, ai sensi dell'art. 280 c.p.p., dimostra, infatti, il limitato rilievo che, nell'intendimento del legislatore, il fatto, di per se' considerato, riveste in termini di tutela della collettivita' (e, infatti, proprio la reiterazione della condotta, giustifica il ben piu' elevato limite di pena di cui all'art. 14, comma 5-quater, legge 30 luglio 2002, n. 189). Violazione degli artt. 2 e 3 della Cost. La normativa contestata appare finalizzata a conseguire l'effettiva espulsione dello straniero dal territorio italiano ed e' del tutto incongrua la previsione di un meccanismo repressivo, il quale opera soltanto nei confronti del cittadino straniero, dotato di sanzione penale giacche' lo stesso obiettivo sarebbe stato raggiungibile utilizzando il solo strumento amministrativo, quindi senza far ricorso alla privazione della liberta' personale, sia pur per un periodo brevissimo.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, della legge 30 luglio 2002, n. 189, in relazione agli artt. 2, 3 e 13, comma 3, Cost.; Dispone la sospensione del presente procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone, altresi', che a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Visti gli artt. 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998, dichiara che nulla osta all'espulsione della Vabulaite dal territorio nazionale. Prato, addi' 24 luglio 2003 Il giudice: Moneti 03C1164