N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 ottobre 2003
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 ottobre 2003 (della Regione autonoma Valle d'Aosta) Bilancio e contabilita' pubblica - Acquisto di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche - Modifiche alla disciplina posta dalla legge finanziaria 2003 - Obbligo di utilizzare le convenzioni quadro definite dalla Consip S.p.a. - Sussistenza, anche per le Amministrazioni regionali, limitatamente ai servizi (caratterizzati dall'alta qualita' e dalla bassa densita' di lavoro) individuati con decreto ministeriale e purche' il valore dei costi e delle prestazioni contrattuali superi quello previsto dalle convenzioni - Ricorso della Regione Valle d'Aosta - Denunciata invasione della potesta' legislativa ad essa esclusivamente spettante in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione» - Violazione della competenza legislativa regionale (residuale o, in subordine, concorrente) in materia di appalti pubblici di servizi e forniture - Carattere dettagliato ed analitico delle previsioni censurate - Esorbitanza dalle competenze statali in materia di tutela della concorrenza - Lesione dell'autonomia amministrativa statutaria regionale. - Legge 1° agosto 2003, n. 212 [rectius: decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, convertito con modifiche nella legge 1° agosto 2003, n. 212], nella parte in cui modifica l'art. 24 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. - Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117, commi terzo e quarto, 118 e 119; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), artt. 2 e 4.(GU n.46 del 19-11-2003 )
Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del presidente della giunta regionale e legale rappresentante pro tempore, sig. Carlo Perrin, rappresentata e difesa, giusta delega a margine del presente atto ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n. 3561 del 29 settembre 2003 (all. 1) di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, e con questi elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via Bocca di Leone, n. 78; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 1° agosto 2003, n. 212, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, S.O. serie generale n. 185, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.», nella parte in cui apporta modificazioni all'art. 24 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per ii 2003) (all. 2). F a t t o Con ricorso n. 19/2003, depositato in data 7 marzo 2003, la Regione autonoma Valle d'Aosta, al pari di altre regioni italiane, ha sollevato in via principale la questione di legittimita' costituzionale della legge finanziaria per il 2003, n. 289/2002, ritenendo alcune disposizioni ivi contenute lesive sotto molteplici profili dell'ordine costituzionale delle competenze legislative delle Regioni, e segnatamente della Regione autonoma ricorrente. Nelle more della decisione del predetto ricorso, il legislatore statale e' nuovamente intervenuto sui medesimi temi gia' oggetto della contestata legge finanziaria, arrecando ancora una volta una grave lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle Regioni, ed in particolare alle Regioni a statuto speciale. Con la legge indicata in epigrafe, infatti, sono state apportate alcune modificazioni all'originario testo dell'art. 24 della legge n. 289/2002, introducendo una nuova disciplina di dettaglio in tema di contratti di appalto pubblici. Le nuove disposizioni continuano ad essere affette anche dai medesimi vizi delle precedenti, ma determinano altresi' un nuovo e ulteriore pregiudizio per le competenze regionali, aggravando la lesivita' del contenuto precettivo e della portata di quelle gia' impugnate. Deve essere pertanto proposto il presente ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge n. 212/2003, nella parte in cui modifica l'art. 24, legge n. 289/2002, e cio' alla luce dei seguenti motivi di D i r i t t o Violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 118 e 119 della Costituzione e dell'art. 10 legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Violazione degli artt. 2 e 4, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4. 1. - In via preliminare, occorre rilevare che, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a), dello statuto della Valle d'Aosta, la regione e' titolare di competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione». In tale materia, ai sensi dell'art. 4, la regione esercita anche le funzioni amministrative Ora, e' di piana evidenza che la legge impugnata, disciplinando l'acquisto di beni e servizi da parte degli uffici dell'amministrazione regionale per il loro funzionamento (e regolando, per soprammercato, la responsabilita' dei pubblici dipendenti che sottoscrivono i relativi contratti) incide appunto nella materia dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione». Essa, pertanto, si appalesa radicalmente illegittima, per violazione dello Statuto di autonomia, per invasione di una materia di competenza esclusiva della ricorrente. 2. - Anche a voler prescindere dalla decisiva censura che precede, l'illegittimita' della legge impugnata non verrebbe meno. Occorre, infatti, sottolineare l'atteggiamento generale del legislatore statale, che emerge, cosi' come dalla legge finanziaria 2003, anche dalla legge n. 212/2003 qui impugnata: la tendenza del legislatore statale e' evidentemente quella di continuare a legiferare come se la riforma costituzionale dell'ottobre 2001 non avesse lasciato tracce. Da un lato, si assiste a continue incursioni della legge statale in materie di esclusiva competenza regionale e, dall'altro, si incontrano norme di analitico dettaglio anche nei settori di legislazione concorrente. Entrambi questi atteggiamenti appaiono in netto contrasto con i principi enunciati dalla Carta costituzionale e, pertanto, le disposizioni normative in cui essi trovano espressione sono senza dubbio gravemente illegittime. Se, infatti, fino alla riforma costituzionale del 2001 la legge statale era fonte a competenza generale - sia pure subordinata alla Costituzione -, ora essa deve fondare la propria competenza non su una presunzione generale in proprio favore, bensi' su uno dei «titoli» costituiti, da un lato, dall'art. 117, comma 2 (materie di esclusiva competenza dello Stato) e comma 3 (materie di competenza legislativa concorrente), e, dall'altro, dalle altre disposizioni costituzionali dalle quali sia desumibile una riserva o una preferenza a favore della legge statale. Spetta invece alle regioni, ai sensi dell'art. 117, comma 4, «la potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata legislazione dello Stato», fermo restando quanto stabilito per le regioni ad autonomia speciale dai rispettivi statuti, che riconoscono al legislatore regionale la potesta' esclusiva in alcuni specifici settori (cfr. art. 2, legge costituzionale n. 4/1948). Peraltro, anche nei settori di competenza concorrente, il legislatore statale deve comunque limitarsi a fissare larghe direttive di principio e non puo', viceversa, spingersi a legiferare in maniera completa e dettagliata, dovendo lasciando alle Regioni ambiti di manovra compatibili con la natura regolativa - e non meramente attuativa - della loro competenza. Cio' vale anche per le regioni a statuto speciale, per le quali l'art. 10, legge costituzionale n. 3/2001, precisa che «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Alla luce di quanto sin qui rilevato, non puo' che concludersi per l'inammissibilita' di un intervento legislativo statale che consista nell'enunciazione di norme di dettaglio - per quanto cedevoli possano essere - nelle materie elencate nell'art. 117, comma 3 della Costituzione, a maggior ragione, un siffatto intervento deve ritenersi inammissibile in tutte le materie non espressamente indicate nel testo costituzionale, per le quali vale il principio della esclusivita' delle prerogative regionali, cosi' come in tutte le materie indicate dallo statuto speciale come ambiti di opotesta' legislativa esclusiva della Regione. Cio' premesso, anche ove si ritenesse che la materia incisa dalla legge impugnata sia quella dei contratti d'appalto pubblici, e anche prescindendo dalla qualificazione di tale materia come settore di esclusiva competenza regionale ovvero come ambito di legislazione concorrente, non puo' che ravvisarsi un grave quanto evidente vizio di incostituzionalita' nelle disposizioni censurate, dal momento che esse si configurano quali norme di analitico dettaglio. 3. - Venendo ad un esame puntuale delle disposizioni introdotte con la legge censurata nell'originario testo della finanziaria 2003, si segnalano in particolare due rilevanti novita', direttamente incidenti sull'autonomia regionale. In primo luogo, la legge n. 212/2003 circoscrive l'obbligo di ricorrere alle convenzioni quadro definite dalla CONSIP da parte di alcune pubbliche amministrazioni, limitandolo alle sole ipotesi in cui si debbano acquistare beni o servizi caratterizzati «dall'alta qualita' dei servizi stessi e dalla bassa intensita' di lavoro», e demandando poi al Ministero dell'economia e delle finanze il compito di indicare con decreto quali servizi possano considerarsi rientranti nella predetta nozione (nuovi commi 3 e 3-bis dell'art. 24). Nel testo originario dell'art. 24, legge n. 289/2002, invece, invece, non si poneva alcun limite. In secondo luogo, viene contestualmente introdotta una nuova disposizione (comma 4-bis dell'art. 24) che consente la stipulazione di ogni tipo di contratto senza utilizzare le convenzioni quadro definite dalla CONSIP solo quando il valore dei costi e delle prestazioni dedotte in contratto sia uguale o inferiore a quello previsto dalle stesse convenzioni CONSIP. Resta invariato, invece, ii comma 9 dell'art. 24, che qualifica le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 come «norme di principio e coordinamento» per le Regioni, lasciando cosi' intendere che le altre statuizioni contenute nell'art. 24 debbano viceversa ritenersi norme di dettaglio vincolanti per le amministrazioni regionali. La palese illegittimita' della legge n. 212/2003 in parte qua e' rilevabile ove solo si consideri che la materia degli appalti pubblici di servizi e forniture, su cui essa interviene con disposizioni di dettaglio, a ben vedere, non e contemplata fra quelle di competenza esclusiva statale elencate dall'art. 117, comma secondo, della Costituzione, ne' tra quelle in cui vi e' una potesta' concorrente Stato-Regioni ai sensi dell'art. 117, comma terzo della Costituzione. Ne deriva che la disciplina delle acquisizioni di servizi e forniture, per la parte che non concerne le acquisizioni da parte delle amministrazioni statali, e' da ascriversi (sempre ove si neghi l'evidenza, e cioe' che la materia d'interesse e' quella dell'organizzazione degli uffici regionali) alla potesta' normativa generale, residuale ed esclusiva delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, comma quarto della Costituzione. Con specifico riferimento alla Regione autonoma Valle d'Aosta, peraltro, ogni considerazione rimane assorbita dall'esame dell'art. 2 dello statuto speciale, che attribuisce al legislatore regionale la potesta' primaria in una serie di settori nell'ambito dei quali l'acquisizione di beni, servizi e forniture non puo' che sottrarsi all'applicazione della disciplina statale, fatta eccezione per le sole norme fondamentali di riforma economico-sociale. Non basta il richiamo, contenuto nel primo comma dell'art. 24, legge n. 289/2002, a presunte ragioni di «trasparenza e di tutela della concorrenza» per consentire di ravvisare la sussistenza nella fattispecie dei presupposti legittimanti l'esercizio della potesta' legislativa esclusiva da parte dello Stato: al di la' della generale irrilevanza della autoqualificazione di una norma, le invocate esigenze di tutela della concorrenza, nella accezione comune di correzione degli effetti distorsivi e di abuso di posizione dominante, infatti, non paiono seriamente perseguite nel caso di specie, in cui al contrario il sistema dell'acquisizione di beni e servizi attraverso le convenzioni CONSIP o alle condizioni ed ai prezzi ivi stabiliti non facilita la concorrenza nel mercato, bensi' produce semmai un consistente orientamento del medesimo. Quand'anche si aderisse ad un'interpretazione piu' restrittiva, che riconosca alle regioni una competenza meramente concorrente nella materia de qua (sebbene essa non paia riconducibile ad alcuno dei settori enumerati nell'art. 117, comma terzo, della Costituzione), le disposizioni censurate risulterebbero comunque illegittime: la loro analiticita', infatti, che trova persino una implicita conferma nella circostanza che solo le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 dell'art. 24, legge n. 289/2002, siano state qualificate come «norme di principio e di coordinamenti», e' clamorosamente evidente. Il legislatore statale ha inteso vincolare le Regioni all'applicazione di disposizioni articolate e di dettaglio, in tal modo scavalcando completamente la legge regionale; cio' in un settore in cui deve essere riconosciuta alle Regioni una potesta' normativa residuale ed esclusiva, ovvero - in subordine - in cui deve riconoscersi quanto meno una ripartizione di competenze tra stato e regioni, in forza della quale la legge regionale resta comunque l'unica fonte competente all'adozione di previsioni normative analitiche e puntuali. In conclusione, sia che si versi in materia di competenza esclusiva regionale, sia che si versi in materia di competenza concorrente, si riscontra nella fattispecie una palese invasione da parte del legislatore statale delle prerogative riconosciute dalla Costituzione e dallo statuto speciale alla Regione autonoma Valle d'Aosta, invasione perpetrata tramite l'adozione di una disciplina di dettaglio, peraltro nient'affatto cedevole, parzialmente modificativa della normativa precedente (gia' impugnata) in tema di appalti pubblici. Accanto ad una grave violazione dell'art. 117 della Costituzione e dell'art. 2, legge cost. n. 4/1948, e' altresi' riscontrabile nella fattispecie una altrettanto grave violazione deIl'art. 118 della Costituzione e dell'art. 4, legge cost. n. 4/1948, nella parte in cui riconoscono alla regione Valle d'Aosta la titolarita' di funzioni amministrative proprie. E' evidente, del resto, che, oltre ad invadere un ambito di normazione regionale, la legge impugnata finisce per incidere anche sull'autonomia amministrativa della regione, che si trova fortemente limitata nelle proprie scelte discrezionali in tema di acquisizione di beni e servizi dai vincoli imposti dal legislatore statale.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 10 agosto 2003, n. 212, pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 185 dell'11 agosto 2003, nella parte in cui apporta modificazioni all'articolo 24 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Milano-Roma, addi' 8 ottobre 2003 Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. prof. Massimo Luciani 03C1182