N. 919 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 2003
Ordinanza emessa il 7 luglio 2003 dal tribunale amministrativo regionale della Sardegna sul ricorso proposto da Colzi Roberto contro Regione Sardegna ed altri Caccia - Regione Sardegna - Cacciatori non residenti nel territorio della Regione - Rinnovo dell'autorizzazione venatoria - Esclusione - Deteriore trattamento dei cacciatori non residenti rispetto a quelli residenti, in relazione al rinnovo dell'autorizzazione venatoria, non giustificato da esigenze di programmazione del prelievo venatorio - Incidenza sul principio della libera circolazione di persone e beni tra le Regioni. - Legge della Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23, art. 98, secondo comma. - Costituzione, artt. 3 e 120.(GU n.46 del 19-11-2003 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 977/02 proposto dall'avv. Roberto Colzi rappresentato e difeso da se medesimo e dagli avv. Sergio Segneri e Pier Francesco Lotito ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Segneri in Cagliari, via XX Settembre n. 25; Contro la Regione autonoma della Sardegna in persona del presidente e l'assessorato regionale alla difesa dell'ambiente in persona dell'assessore, non costituiti in giudizio; Per l'annullamento del provvedimento n. 13847 in data 13 maggio 2002 con il quale il direttore del Servizio conservazione della natura e degli habitat, tutela della fauna selvatica ed esercizio dell'attivita' venatoria, Istituto regionale della fauna ha negato all'avv. Colzi il rinnovo dell'autorizzazione per l'esercizio della caccia in Sardegna. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore per la pubblica udienza del 25 marzo 2003 il consigliere Manfredo Atzeni; Uditi l'avv. Sergio Segneri per il ricorrente, nessuno comparso per l'Amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. Fatto Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 12 luglio 2002 e depositato il successivo 31 maggio il sig. Roberto Colzi impugna il provvedimento n. 13847 in data 13 maggio 2002 con il quale il direttore del Servizio conservazione della natura e degli habitat, tutela della fauna selvatica ed esercizio dell'attivita' venatoria, Istituto regionale della fauna gli ha negato il rinnovo dell'autorizzazione per l'esercizio della caccia in Sardegna. Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi: 1-2) l'art. 98, terzo comma, della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, sul quale si fonda il diniego impugnato, e' incostituzionale, sotto vari profili. Il ricorrente chiede quindi l'annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti impugnati. Alla camera di consiglio del 22 agosto 2002 e' stata decisa la riunione al merito dell'istanza cautelare. Alla pubblica udienza il procuratore della parte ricorrente ha insistito nelle proprie conclusioni. Diritto Il ricorrente e' cittadino italiano, non residente in Sardegna, al quale e' stata piu' volte rilasciata, dalla Regione autonoma della Sardegna, autorizzazione per l'esercizio della caccia nell'ambito del territorio regionale. Con il provvedimento indicato in epigrafe gli e' stato negato il rinnovo della predetta autorizzazione, in quanto l'art. 98, secondo comma, della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, ha sospeso il rilascio di nuove autorizzazioni, o il rinnovo di quelle scadute, a favore dei cacciatori non residenti in Sardegna, fino all'attivazione degli ambiti territoriali di caccia previsti dal piano faunistico regionale, con determinazione dell'indice di densita' venatoria territoriale. Il ricorrente sostiene l'illegittimita' costituzionale della predetta norma, chiedendo la rimessione del problema alla Corte costituzionale. La questione e' palesemente rilevante, nell'ambito della controversia sottoposta al collegio, in quanto il provvedimento impugnato costituisce attuazione vincolata della predetta norma. Essa, inoltre, non e' manifestamente infondata. Il ricorrente sostiene la contrarieta' della disposizione in questione con gli artt. 3, 16 e 120 della Costituzione, affermando l'arbitrarieta' della limitazione dell'esercizio della caccia in base alla residenza (art. 3), nonche' la violazione del principio di libera circolazione dei cittadini (art. 16, primo comma) e del divieto, per le Regioni, di adottare provvedimenti che ostacolino, in qualsiasi modo, la libera circolazione delle persone e delle cose (art. 120). Osserva, al riguardo, il collegio, che l'interesse dei cittadini all'esercizio dell'attivita' venatoria non puo' esplicarsi liberamente, in quanto necessariamente confligge con l'interesse, pubblico, alla conservazione della fauna. Di conseguenza, il suo esercizio deve essere assoggettato al potere conformativo dell'amministrazione la quale, nei limiti dettati dalla legge, e' chiamata ad assicurare modalita' d'esercizio dell'attivita' in questione compatibili con gli interessi pubblici coinvolti. Il principio e' implicitamente accettato dal ricorrente, il quale peraltro ritiene che la residenza del cacciatore sia ininfluente rispetto allo svolgimento dell'attivita' venatoria. Tale profilo non e' condiviso dal collegio. E' evidente che il coordinamento fra l'esercizio della caccia e la conservazione della fauna puo' essere attuato solo sulla base della conoscenza della cosiddetta pressione venatoria, e quindi del numero dei cacciatori che impegnano il territorio. Il principio del collegamento del cacciatore con il territorio e' recepito dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (in particolare, art. 14, quinto comma) e costituisce principio fondamentale, che vincola la potesta' legislativa anche delle Regioni ad autonomia differenziata (Corte cost. 12 gennaio 2000, n. 4; si veda anche T.R.G.A., 4 luglio 1995, n. 210). La stessa formulazione del calendario venatorio deve tenere conto di tale elemento, in quanto giustamente la sua durata ed articolazione deve essere decisa sulla base del numero dei soggetti che possono essere ammessi al prelievo. E' chiaro che se il numero dei cacciatori residenti nel territorio della regione e' agevolmente prevedibile, non e' altrettanto prevedibile il numero di coloro che di anno in anno decidano di svolgere attivita' venatoria in Sardegna, pur risiedendo altrove. Si tratta, quindi, di un elemento in grado di incidere sensibilmente sul complesso sistema di pianificazione disciplinato dal capo quarto della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23. Ad avviso del collegio, pertanto, il legislatore regionale non e' necessariamente vincolato ad assicurare integrale parita' di trattamento fra i cacciatori residenti in Sardegna e quelli che provengono da altre parti del territorio nazionale (Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, I, 16 luglio 1997, n. 496, afferma che l'interesse all'esercizio della caccia nell'ambito del territorio di residenza ha natura di diritto soggettivo, mentre ha consistenza d'interesse legittimo la pretesa all'esercizio della medesima attivita' al di fuori del suddetto ambito territoriale: l'opinione meriterebbe un approfondimento, estraneo alla presente controversia, ma rafforza il principio appena affermato). Peraltro, e' ovvio che eventuali differenziazioni di trattamento devono essere giustificate sulla base di considerazioni oggettive, che nella specie non ricorrono. L'art. 98, secondo comma, di cui ora si discute esclude, infatti, il rilascio di nuove autorizzazioni; quanto alle autorizzazioni scadute, consente il rinnovo di quelle rilasciate ai residenti, e lo vieta per quelle rilasciate ai non residenti. Osserva il collegio che l'esigenza di non incrementare la pressione venatoria si pone tanto in relazione al numero dei cacciatori residenti quanto a quello dei cacciatori non residenti. Peraltro, la norma in commento non appare dettata dall'esigenza di diminuire la pressione venatoria, alla quale non viene fatto alcun richiamo, ma da quella di non interferire con la programmazione, di competenza della Regione, fino all'attivazione degli ambiti territoriali di caccia previsti dal piano faunistico regionale, con determinazione dell'indice di densita' venatoria territoriale, che concludera' il procedimento di pianificazione. Osserva il collegio che le anzidette esigenze di programmazione possono giustificare limitazioni nel rilascio di nuove autorizzazioni. Peraltro, la Regione conosce il numero delle autorizzazioni rilasciate in precedenza ai non residenti, e quindi di quelle potenzialmente rinnovabili. Di conseguenza, deve essere escluso che il rinnovo delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate ai non residenti introduca un elemento imprevedibile, che puo' scardinare la logica sulla quale si fonda la programmazione del prelievo venatorio. Deve, pertanto, essere rilevato che non sussistono elementi che consentano di differenziare il rinnovo delle autorizzazioni rilasciate ai residenti da quelle rilasciate ai non residenti, in vista del completamento della procedura di programmazione del prelievo venatorio, disciplinata dalla legge di cui si discute. Rileva il collegio, in conclusione, che l'art. 98, secondo comma, della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, appare avere contenuto discriminatorio laddove esclude i soli non residenti in Sardegna dal rinnovo dell'autorizzazione all'esercizio della caccia nel territorio regionale fino al perfezionamento degli atti programmatori ivi previsti, consentendo, nel frattempo, il rinnovo delle autorizzazioni rilasciate ai residenti. Dubita, quindi, il collegio della conformita' del medesimo articolo con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude i cacciatori non residenti nel territorio della Regione dalla possibilita' di rinnovare l'autorizzazione venatoria, in difetto di dimostrate ragioni di differenziazione con i cacciatori residenti nella Regione. Ritiene, inoltre, il collegio che ulteriore parametro di costituzionalita' della disposizione debba essere individuato nell'art. 120 della Costituzione (secondo e terzo comma nel testo vigente all'epoca dell'entrata in vigore della normativa regionale di cui ora si tratta, primo comma dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) il quale specifica, nell'ambito dei rapporti fra le Regioni, il principio del divieto di discriminazione dettato, in termini generali, dall'art. 3, vietando ai legislatori regionali di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni (si veda, al riguardo, Corte cost., 27 aprile 1993, n. 195, con la quale e' stata affermata l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 120, terzo comma, della Costituzione, di una legge della Regione Abruzzo relativa alla concessione di contributi per la realizzazione di edifici di culto, accordati solamente alle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati per legge, sulla base di intese, in quanto il requisito richiesto viene, di fatto, a limitare il libero esercizio, in una parte del territorio nazionale, dell'attivita' dei ministri del culto della congregazione cristiana dei Testimoni di Geova). Ad avviso del collegio non puo' invece essere invocato, quale parametro di costituzionalita', l'art. 16 della Costituzione in quanto la norma di cui si discute non ostacola la circolazione delle persone fra le regioni, ma stabilisce una differenziazione di trattamento in base alla regione di residenza, della cui ragionevolezza puo' dubitarsi, in base alle considerazioni che precedono. Il collegio sospende, di conseguenza, il giudizio, e rimette gli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritiene non manifestamente infondata e rilevante per la definizione della controversia la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 98, secondo comma, della legge regionale della Sardegna 29 luglio 1998, n. 23, in relazione agli artt. 3 e 120 della Costituzione. Sospende ogni pronuncia in rito, in merito e sulle spese e dispone quindi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria al presidente della Regione autonoma della Sardegna ed alle altre parti in causa, e comunicata al presidente del consiglio regionale della Sardegna, ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Cosi' deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 25 marzo 2003. Il Presidente: Turco Il consigliere - estensore: Atzeni 03C1191