N. 923 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2002
Ordinanza del 9 ottobre 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale il 16 ottobre 2003) emessa dal g.u.p. del tribunale per i minorenni di Salerno nel procedimento penale a carico di B.P. Processo penale - Procedimento a carico di imputato minorenne - Udienza preliminare - Possibilita' per il giudice di pronunciare, in mancanza del consenso dell'imputato, sentenza di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, ovvero, su richiesta del pubblico ministero, sentenza di condanna ad una pena pecuniaria o ad una sanzione sostitutiva - Mancata previsione - Irragionevolezza - Violazione del principio di protezione del minore. - D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3 e 31.(GU n.46 del 19-11-2003 )
IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE Letti gli atti del procedimento penale a carico di B. P. di Salvatore e di D. P. Annunziata, nato a Nocera Inferiore il..... e residente in Angri alla via Semetelle n. 108, di fatto domiciliato via Campia s.n.c., libero presente, imputato del delitto di cui agli artt. 110, 611, 61 a 2 c.p. perche' in concorso con il maggiorenne B. A., per il quale procede la competente procura ordinaria, adoperava minacce per costringere D'Aniello Aniello, al fine di procurare l'impunita' al B. per delitto di cui all'art. 73 comma primo e quarto d.P.R. n. 309/1990, a ritirare quanto dichiarato innanzi ai Carabinieri di Angri in ordine alla attivita' di spaccio del B. presso la sala giochi «Project Game» ed alla effettiva disponibilita' dello stupefacente ivi rinvenuto il 30 settembre 2000, in particolare autoaccusandosi della detenzione dello stupefacente ivi sequestrato o comunque accusando i Carabinieri di avergli estorto sotto minaccia le dichiarazioni rese a carico del medesimo B. In particolare il B. P. su diretta istigazione e determinazione dello zio B. A. e fungendo da intermediario: a) dapprima nella stessa giornata della scarcerazione dell'A. in seguito alla convalida dell'intervenuto arresto in flagranza, avvicinava il D'Aniello nei pressi di un circolo ricreativo dicendogli che avrebbe dovuto andare dall'avvocato per ritrarre le dichiarazioni rilasciate ai Carabinieri la sera dell'arresto di suo zio A. autoaccusandosi falsamente del reato di detenzione dell'hashish rinvenuto all'interno di un pacchetto di sigarette e di fronte alle rimostranze della vittima intimava di abbassare la voce e di non farsi sentire dai presenti, e quindi; b) dopo essersi allontanato per qualche minuto, riavvicinava il D'Aniello e con tono intimidatorio proferiva le seguenti parole «tu ti devi accusare il reato perche' altrimenti mio zio A. perde il posto di lavoro nelle guardie penitenziarie ... le spese dell'avvocato te le paghiamo noi ... vedi che di questi fatti ne e a conoscenza o «Zi Maist» di S. Egidio Monte Albino che al momento si trova in carcere a Salerno e che pure il cognato di mio zio A. vedi che lui vuole intervenire e rompere la testa a te ed a mio cugino Pierino che ora si trova ad Arezzo per lavoro - fai come ti diciamo anche perche' i giudici crederanno a mio zio che porta la divisa e non a te che hai gia' precedenti penali». In Angri il 3 ottobre 2000. O s s e r v a A seguito di richiesta del p.m.m. di rinvio a giudizio del minore innanzi indicato per il reato di cui alla rubrica, e' stato fissata l'udienza preliminare, nel corso della quale il p.m.m. ha eccepito l'incostituzionalita' dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, modificato dall'art. 22 della legge 1° marzo 2001, n. 63, perche' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Questo giudice, premesso che il presente processo potrebbe anche essere definito all'udienza preliminare con una sentenza di n.l.p. per irrilevanza del fatto o per concessione del perdono giudiziale, ovvero, su richiesta del p.m.m., con una condanna ad una sanzione sostitutiva (ovviamente allo stato non e' prevedibile quale provvedimento sara' adottato all'esito dell'udienza preliminare), ritiene che la questione di incostituzionalita' sia rilevante perche' l'imputato ha, dichiarato di non prestare il consenso alla definizione del processo in questa fase. Non e', quindi, possibile definire il presente processo senza che sia pregiudizialmente risolta la questione di costituzionalita'. Ai sensi dell'art. 32, primo comma, del d.P.R. n. 448/1988, modificato dall'art. 22 della legge 1° marzo 2001, n. 63, «nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice chiede all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza. Se il consenso e' prestato, il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 del codice di procedura penale o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto». Ma, anche se il riferimento al consenso dell'imputato e' contenuto solo nel primo comma dell'art. 32 (sentenze di n.l.p.) e non nel secondo comma (sentenze di condanna a pena pecuniaria o a sanzione sostitutiva), la norma deve necessariamente essere interpretata nel senso che senza il consenso dell'imputato il giudice dell'udienza preliminare non puo' pronunciare neanche le sentenze di cui al secondo comma. Invero sarebbe del tutto incoerente ed irrazionale una normativa che richiedesse il preventivo consenso del minore per la pronuncia di sentenza di n.l.p. e non per sentenza di condanna. Con sentenza del 9 maggio 2002 n. 195 la Corte costituzionale ha gia' dichiarato «l'illegittimita' cotituzionale dell'art. 2, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, come modificato dall'art. 22 della legge 1° marzo 2001 n. 63, nella parte in cui, in mancanza del consenso dell'imputato, preclude al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilita' ». Laddove, per come si legge nella motivazione della stessa sentenza, risultavano «prive di rilevanza le censure circa la non adottabilita' di sentenze di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, in quanto prospettate in via ipotetica o meramente subordinata». Con ordinanza del 10 giugno 2002 questo g.u.p. ha sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale nel processo n. 252/2000 r.not.reato e n. 46/2001 R.G.GUP, nel quale, peraltro, l'imputato era contumace e non era in condizione di dare il proprio consenso alla definizione del processo all'udienza preliminare. Ai sensi della normativa vigente e della citata sentenza della Corte costituzionale, se l'imputato non presta il consenso di cui all'art. 32 comma primo del d.P.R. n. 448/1988, magari per una erronea valutazione, il giudice non ha la possibilita' di emettere sentenza di n.l.p. per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, tanto meno sentenza di condanna ad una pena pecuniaria o ad una sanzione sostitutiva, ma deve necessariamente rinviare a giudizio l'imputato. In tal modo, sottoponendolo ad un inutile dibattimento con conseguente prolungamento della situazione di incertezza processuale, viene pregiudicato il preminente interesse del minore ad una rapida fuoriuscita dal circuito penale. Ne' l'imputato e' in alcun modo avvantaggiato dalla facolta' concessagli di evitare la definizione del processo all'udienza preliminare. Tanto meno il consenso e' funzionale all'esercizio del diritto di difesa. Invero, quando non condivide la sentenza emessa dal g.u.p. puo' presentare l'opposizione di cui all'art. 32, comma 3, del d.P.R. n. 448/1988, con conseguente revoca di tale sentenza, ai sensi dell'art. 32-bis, comma quarto, dello stesso d.P.R. Opposizione consentita avverso tutte le sentenze di condanna e di n.l.p. con le quali e' stata comunque presupposta la responsabilita' dell'imputato (Corte costituzionale 11 marzo 1993, n. 77). Con tale atto l'imputato minorenne consegue lo stesso risultato del mancato consenso alla definizione del processo all'udienza preliminare. Il mancato consenso gli preclude solo una ulteriore occasione di una sentenza favorevole (il g.u.p. potrebbe anche emettere un provvedimento piu' vantaggioso rispetto a quello del tribunale). In particolare il rinvio a giudizio preclude al minore una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, atteso che l'art. 27 del d.P.R. n. 448/1988 circoscrive la possibilita' della dichiarazione dell'irrilevanza del fatto alla fase delle indagini preliminari fino all'udienza preliminare, all'ipotesi del giudizio direttissimo e a quella del giudizio immediato (Cassazione, sez. VI, 29 novembre 2001 - 25 gennaio 2002, n. 2984). Ne' puo' trascurarsi il danno economico arrecato al minore per i maggiori costi della difesa, determinati. dal prolungamento dell'attivita' processuale. Nel processo minorile tale agravio e' in ogni caso inevitabile, anche nell'ipotesi di nomina di difensore di ufficio. Invero, mentre nel processo a carico dei maggiorenni nella prassi il difensore di ufficio difficilmente chiede ed ottiene il pagamento dell'onorario, nel processo minorile, ai sensi dell'art. 1, comma 5, della legge 30 luglio 1990, n. 217, lo Stato anticipa tale compenso, per poi ripetere le somme pagate nei confronti del minorenne e dei suoi familiari. Il pregiudizio e' sicuramente piu' evidente nei casi in cui il minore non viene messo in condizione di esprimere tale consenso, come quando e' contumace, o, a maggior ragione, e' irreperibile. Ma sussiste anche nel caso di imputato costituito all'udienza preliminare, atteso che la scelta di prestare o meno il consenso comporta valutazioni particolarmente complesse, che, oltre tutto, richiedono una adeguata preparazione giuridica. Mentre e' stato ritenuto che il minore non e' in grado di effettuare scelte quali il patteggiamento, viene poi onerato di una decisione su questione che difficilmente riesce a comprendere (il consenso alla definizione del processo all'udienza preliminare) e che non puo' recargli alcun vantaggio ma solo danni, anche notevoli, se il consenso e' negato. Ne emerge una disciplina intrinsecamente priva di ragionevolezza, che vanifica le finalita' deflattive che ispirano l'impianto dell'udienza preliminare minorile, precludendo la possibilita' di una immediata definizione del processo e imponendo uno sviluppo dibattimentale assolutamente superfluo, non funzionale al diritto di difesa. I profili di contrasto con l'art. 3 della Cost. debbono evidentemente essere apprezzati con riferimento all'art. 31, secondo comma, Cost. ed agli indirizzi espressi dalla convenzione sui diritti del fanciullo, nei quali trova fondamento la tutela del preminente interesse del minore ad una rapida uscita dal processo, sempre che, ovviamente, tale finalita' non comporti il sacrificio delle garanzie defensionali» (sent. Corte costituzionale n. 195/2002). Pertanto, e' necessario rimettere gli atti alla Corte costituzionale affinche' esamini la legittimita' dell'art. 32 commi 1 e 2, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, in relazione agli artt. 3 e 31 Cost.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 ss. della legge 11 marzo 1953 n. 87 e relativo regolamento; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1 e 2, del d.P.R. 22 settembre 1988, n 448, in relazione agli artt. 3 e 31 Cost. nella parte in cui prevede che il giudice dell'udienza preliminare puo' pronunciare sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto o per concessione del perdono giudiziale, ovvero, su richiesta del p.m.m., sentenza di condanna ad una pena pecuniaria o ad una sanzione sostitutiva solo previo consenso dell'imputato; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente processo; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata all'imputato, ai suoi genitori ed al suo difensore, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Salerno, addi' 8 ottobre 2002 Il giudice relatore ed estensore: Zotti 03C1195