N. 989 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2003
Ordinanza emessa il 18 giugno 2003 dal tribunale di Prato nel procedimento penale a carico di Sunday Abuedefie Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Violazione del principio di ragionevolezza - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione artt. 3 e 13, comma terzo.(GU n.47 del 26-11-2003 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. In data 18 giugno 2003 e' stata arrestato in Prato Sunday Abuedefie perche' inottemperante al decreto di espulsione emesso, in data 21 settembre 2002 dal Prefetto di Prato nei confronti del predetto, sedicente, in Italia senza fissa dimora, privo di regolare permesso di soggiorno. Dagli atti risulta che in ottemperanza a tale decreto il nominato in oggetto era stato temporaneamente trattenuto presso il centro di permanenza di Bologna su ordine del questore di Bologna, quindi alla scadenza dei termini massimi di permanenza, in data 20 maggio 2003 il questore di Bologna, richiamato il decreto prefettizio innanzi citato, ordinava al predetto cittadino straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di 5 giorni dalla notifica del provvedimento stesso, notifica che veniva eseguita, in pari data, a mani proprie dell'interessato. All'udienza di convalida, in seguito alla relazione orale dell'U.P.G. che aveva operato l'arresto e all'interrogatorio di garanzia dell'imputato, che si e' avvalso della facolta' di non rispondere, il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma 14, comma 5-ter e 5-quinquies del testo unico del decreto legislativo n. 286/1998 come novellato dall'art. 13 della legge n. 189/2002, per contrasto con gli articoli 3, 24, 27, 104, 111 Cost., assumendone la non manifesta infondatezza e la rilevanza nel procedimento in esame. La questione e', in primo luogo, rilevante, incidendo sulla stessa legittimita' e sulla conseguente esperibilita' della presente procedura di convalida, la quale ancora il proprio presupposto normativo su una misura precautelare (appunto l'arresto in flagranza di reato ad iniziativa della stessa polizia giudiziaria) la cui conformita' al dettato costituzionale si intende rimettere al vaglio dei giudici della consulta. Va da se' che il vaglio del giudice costituzionale influisce anche sulla possibilita' di esperire correttamente la successiva fase del giudizio con rito direttissimo, posto che lo stesso, cosi' come disciplinato nella normativa oggetto di gravame, presuppone l'arresto dell'imputato e la sua successiva convalida. La questione non e' manifestamente infondata, quanto meno in relazione agli artt. 13 e 3 della Costituzione. Ed invero, sotto il primo profilo, la scrivente osserva come la privazione della liberta' personale dell'odierna imputata, ad opera di un organo di polizia giudiziaria, sebbene non sia destinata a protrarsi oltre le quarantotto ore, non appaia tuttavia determinata da esigenze e ragioni di eccezionalita' ed urgenza, dal momento che tali esigenze, nel caso di specie, non possono essere poste in correlazione ne' con la particolare gravita' del reato, ne' (e conseguentemente) con la successiva applicazione di una misura cautelare, assolutamente inapplicabile in ragione della minima entita' pena prevista. Non puo' neppure ritenersi che la misura precautelare sia resa assolutamente necessaria, nel caso di specie, dall'esigenza di instaurare il giudizio nelle forme del rito direttissimo (posto che il nostro ordinamento prevede gia' altri casi di rito direttissimo instaurato nei confronti di imputato a piede libero, ovvero nei confronti di imputato reo confesso, e nei procedimenti per reati in materia di armi) ed infine non puo' neppure ritenersi che il giudizio da celebrarsi nelle forme di cui agli art. 448 c.p.p. sia funzionale al conseguimento dello scopo amministrativo, cui in definitiva tutta la normativa tende, ovvero la rapida espulsione dello straniero clandestino dal territorio dello stato con accompagnamento immediato alla frontiera, giacche', considerato che la privazione della liberta' personale non potrebbe comunque essere protratta oltre la fase della convalida (posto che non sono applicabili misure cautelari), il giudizio dovrebbe necessariamente proseguire, sebbene nelle forme indicate dagli articoli citati, nei confronti dell'imputato a piede libero, il quale (indipendentemente dalla sua facolta' di chiedere un termine a difesa) potrebbe decidere di non piu' partecipare all'udienza nella fase successiva alla convalida, in tal modo sottraendosi, del tutto legittimamente, alla sfera di controllo sia degli organi giudiziari, sia degli organi di polizia, conseguentemente vanificando sia i risultati dell'attivita' gia' svolta al fine di assicurare l'osservanza dei provvedimenti amministrativi di espulsione, sia la stessa possibilita' di dar corso all'accompagnamento coattivo alle frontiere al termine del processo penale instauratosi per effetto dell'arresto del clandestino. In ragione di cio', la privazione sebbene temporanea e molto limitata nel tempo della liberta' personale dello straniero che si venga a trovare nelle condizioni in cui versa l'odierno imputato, per un verso sembra rispondere a finalita' estranee alle esigenze e alle ragioni di necessita' e urgenza, individuate dal terzo comma dell'art 13 della Costituzione, per altro verso, in ragione della sua inadeguatezza, per i motivi gia' indicati, rispetto allo scopo che intenderebbe perseguire (ovvero il rapido ed effettivo allontanamento dello straniero clandestino dal territorio dello Stato) appare essere irragionevole e come tale lesiva anche dell'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies, legge n. 189/2002 nella parte in cui prevede per il reato previsto al comma 5-ter l'arresto obbligatorio dell'indagato, per violazione degli artt. 3 e 13, comma terzo, Costituzione; Dispone la sospensione del presente procedimento penale in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, comprese la notifica al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti di Camera e Senato; Fissa il giorno 23 giugno 2003 per il deposito dei motivi. Prato, addi' 18 giugno 2003 Il giudice: Gaggelli 03C1222