N. 992 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 - 23 agosto 2003

Ordinanze  da  992  a  995  - di contenuto sostanzialmente identico -
emesse  il  19  e  23  agosto  2003  dal  Tribunale  di  Venezia  nei
procedimenti penali a carico di: Preda Ioniel (R.O. 992/2003); Belale
Mouhamed  (R.O.  993/2003); Alliouat Redouane (R.O. 994/2003); Yamini
Ahmed (R.O. 995/2003).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Contrasto  con  i  principi di ragionevolezza e di proporzionalita'
  delle misure sanzionatorie - Carenza del requisito della necessita'
  ed  urgenza  per  l'adozione  da parte della polizia giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.47 del 26-11-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale.
    Il  giudice,  premesso che alle ore 8,30 del 19 agosto 2003 Preda
Jonel  nato  a  Virtoapele  (Romania)  veniva  tratto  in arresto per
violazione    dell'art. 14,    comma   5-ter,   decreto   legislativo
n. 286/1998,  perche'  senza  giustificato  motivo  si tratteneva nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  di lasciare il
territorio  nazionale  entro il termine di giorni cinque impartitogli
dal questore di Udine il 17 settembre 2002;
        che  Preda  Jonel  e' stato presentato in stato di arresto il
giorno 19 agosto 2003 davanti a questo giudice per la convalida ed il
contestuale   giudizio   direttissimo  a  norma  dell'art. 14,  comma
5-quinques, decreto legislativo 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m.
ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di
alcuna misura cautelare;

                            O s s e r v a

    1. - L'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e succ. mod.
nel  prevedere un generale obbligo di arresto ad opera della p.g. per
il  reato  di  cui  all'art. 14,  comma 5-ter, legge cit., si pone in
violazione  dell'art. 13, comma terzo Cost.. L'articolo in questione,
dopo  aver stabilito che la liberta' personale e' inviolablie ed aver
specificato  che  eventuali  restrizioni  della liberta' in questione
possono essere disposte solo in base a previsione di legge e per atto
motivato  dell'autorita'  giudiziaria,  prevede  al  comma  terzo una
deroga  in  forza  della  quale  in casi eccezionali di necessita' ed
urgenza  indicati  tassativamente dalla legge e' possibile l'adozione
di  provvedimenti  provvisori  da  parte  dell'autorita'  di pubblica
sicurezza.
    Orbene nel nostro ordinamento processuale, l'arresto obbligatorio
e'  previsto  solo per reati connotati da particolare gravita', ossia
quelli per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della
reclusione  non  inferiore  nel  minimo a cinque anni e nel massimo a
venti (art. 380, comma primo c.p.p.) e nei casi di flagranza di altri
reati   specificamente  indicati  art. 380,  comma  secondo  c.p.p.),
individuati  dal  legislatore  in  base alla legge delega 16 febbraio
1987, n. 81 che prevedeva di contemplare l'arresto obbligatorio oltre
che  nelle  ipotesi  suddette,  anche  in  caso di flagranza di reati
puniti  meno  gravemente  in relazione ai quali la misura fosse pero'
imposta   da   speciali   esigenze  di  tutela  della  collettivita',
trattandosi di fattispecie connotate comunque di particolare gravita'
ed  idonei  ad ingenerare un significativo allarme sociale. E' dunque
evidente  che  in  tali  fattispecie  ricorrono  i  presupposti della
necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di cui all'art. 14, comma 5, ter non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  Questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato  allarme  sociale,  tale  da  giustificare da solo l'adozione
immediata di un provvedimento limitativo della liberta' personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla p.g. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121
disp.  att.  c.p.p.  stabilisce infatii che quando il p.m. ritiene di
non  dover  chiedere  al  giudice  l'applicazione di misura cautelare
coercitivo deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.  E'  evidente che tale norma deve trovare applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2. - Si osserva inoltre che non si vede sotto quale altro profilo
l'arresto  possa  assolvere una utile funzione, posta che il giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi al
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs.
286/98, norma in esame sia costituzionalmente illegittima nella parte
in  cui  prevede  l'arresto  obbligatorio  anche sotto il profilo del
canone  generale  di  ragionevolezza  e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3.  -  Si  ritiene  pertanto di investire la Corte costituzionale
della  questione di legittimita' dell'art. 14 comma 5 quinquies legge
cit. per violazione degli artt. 3 e 13, terzo comma, Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitivo non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23,  legge  11  marzo  1953, n. 87, ritenuta la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14   comma   5  quinquies  d.lgs.  n. 286/1998,  introdotto
dall'art. 13, comma 1, lett. b) legge 30 luglio 2002, n. 189;
    Ordina  l'immediata  trasmissione alla Corte costituzionale degli
atti del procedimento;
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la comunicazione ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Venezia-Mestre, addi' 19 agosto 2003
                        Il giudice: De Curtis
03C1225