N. 1006 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 luglio 2003

Ordinanze  1006  e  1007  -  di  contenuto sostanzialmente identico -
emesse  il  30  luglio  2003 dal Tribunale di Lucera nel procedimento
penale  a  carico  di:  Prodea Gheorghe (R.O. 1006/2003); Cumpanasoiu
Rovinel Ion (R.O. 1007/2003).

Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Straniero
  sottoposto a procedimento penale nei cui confronti sia stato emesso
  il  provvedimento  che  dispone  il  giudizio - Possibilita' per il
  giudice   del   dibattimento   di   emettere,  acquisita  la  prova
  dell'avvenuta  espulsione,  sentenza  di  non  doversi  procedere -
  Mancata  previsione  -  Disparita' di trattamento tra imputati gia'
  espulsi  e  rinviati a giudizio, per i quali si deve procedere fino
  alla  sentenza,  e  indagati  non ancora rinviati a giudizio e gia'
  espulsi,  per  i  quali  deve essere emessa sentenza di non luogo a
  procedere - Lesione del diritto di difesa - Violazione dei principi
  del giusto processo.
- D.Lgs.  25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 3-quater, introdotto
  dall'art. 12, comma 1, lett. b), della legge 30 luglio 2002, n.189.
- Costituzione artt. 3, 24, comma secondo, e 111.
(GU n.48 del 3-12-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  in  merito alla questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-ter  quater  e
quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998, in relazione agli artt. 3 e 24 comma
secondo  Cost., sollevata dalla difesa dell'imputato, udito il parere
del  pubblico ministero, che si e' rimesso al giudice, rappresentando
la probabile rilevanza e non manifesta infondatezza della questione.

                            O s s e r v a

    In data 22 luglio 2003 l'imputato e' stato arrestato per il reato
di  cui  all'art. 14  comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998 (come introdotto
dalla  legge  n. 189/2002)  e  presentato  per la convalida davanti a
questo  giudice  in  data  24  luglio  2003  (a seguito della messa a
disposizione  del  p.m. e  della  fissazione  di  apposita  udienza a
richiesta  di  quest'ultimo).  Disposta  la  convalida  dell'arresto,
obbligatorio  ai sensi dell'art. 14 comma 5-quinquies d.lgs. cit., si
e'  poi  proceduto  a giudizio direttissimo, pure obbligatorio per il
reato  in  contestazione  in  forza  della  norma  da  ultimo citata.
Contestualmente  alla  convalida  si  e'  dichiarato che nulla ostava
all'espulsione  in  via  amministrativa dell'imputato, secondo quanto
previsto  dall'art. 13  comma  3  e  3-bis  d.lgs.  n. 286/1998 (come
modificati  e  introdotti  dalla  legge  n. 189/2002);  queste  norme
impongono  al  giudice  il  rilascio  del  nulla  osta all'atto della
convalida  dell'arresto, salvo che sia applicata una misura cautelare
e  salvo che vi siano inderogabili esigenze processuali relative alla
prova di responsabilita' di concorrenti nel reato o imputati di reati
connessi ovvero all'interesse della persona offesa; tali eventualita'
non  ricorrevano  nella  specie.  L'imputato  ha  chiesto  e ottenuto
termine a difesa ai sensi dell'art. 558 comma 7 c.p.p.
    All'udienza  odierna  del  30  luglio  2003  e' stata acquisita a
richiesta  del  difensore  a  mezzo telefax attestazione dell'ufficio
immigrazione   della   questura   di   Foggia  relativa  all'avvenuta
esecuzione dell'ordine di espulsione pendente contro l'imputato.
    Il  difensore dell'imputato ha quindi prospettato la questione di
legittimita'  costituzionale  sopra indicata, che si ritiene peraltro
non  correttamente  formulata,  riguardando  le  norme  sostanziali e
processuali  relative  allo specifico reato contestato e non le norme
processuali  introdotte  dalla  legge  n. 189/2002  ed effettivamente
applicabili in questa fase del dibattimento. Tuttavia, in relazione a
queste  ultime  si  prospetta  una diversa questione di legittimita',
rilevante  e  non manifestamente infondata nei termini e per i motivi
che seguono.
    Le  norme  che impongono il rilascio del nulla osta allatto della
convalida escludono che il giudice possa negarlo per la necessita' di
permettere  all'imputato di essere presente al processo che si terra'
a  suo  carico; peraltro lo stesso art. 13 comma 3-quater prevede che
nei   confronti   degli  imputati  per  i  quali  pervenga  la  prova
dell'avvenuta  esecuzione  dell'espulsione sia emessa sentenza di non
luogo  a  procedere (revocabile ai sensi del combinato disposto degli
artt. 13 comma 3-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e 345 c.p.p. in caso di
rientro  illegale dello straniero in Italia prima che sia maturata la
prescrizione  del  reato contestato), salvo che sia gia' stato emesso
il provvedimento che dispone il giudizio. Nella specie all'atto della
convalida  si  e' ordinato il giudizio direttissimo, come perlegge, e
percio'  secondo  le  norme  citate  non  e'  piu' possibile emettere
sentenza  di non luogo a procedere (ovvero, nella specie, sentenza di
non doversi procedere). Dunque all'odierna udienza l'imputato risulta
assente   per   causa   indipendente   dalla   sua  volonta',  legata
all'esecuzione  di  un  ordine  legittimo  della  pubblica autorita',
previo nulla-osta dell'autorita' giudiziaria procedente, dovuto per i
motivi  gia' esposti ed emesso quando non era neppure prevedibile che
a  seguito  della  richiesta  di termine a difesa il dibattimento con
rito  direttissimo  appena  iniziato  avrebbe  subito un rinvio. Cio'
nonostante  le  norme  vigenti impongono di procedere a dibattimento,
non prevedendo l'emissione di sentenza di non doversi procedere.
    Questo  meccanismo  processuale  viola  gli  artt. 3,  24,  comma
secondo, 111, Cost.
    La  disparita'  di  trattamento  fra  imputati  gia'  espulsi dal
territorio  dello  Stato  e  gia' rinviati a giudizio, per i quali si
deve  procedere  nel  dibattimento fino alla sentenza, e indagati non
ancora  rinviati  a  giudizio e gia' espulsi dallo Stato, per i quali
deve  essere  emessa  sentenza  di  non luogo a procedere, non appare
razionalmente  giustificabile  ai  sensi  dell'art. 3  Cost.  Infatti
secondo  le  norme  menzionate  la possibilita' di procedere o meno a
giudizio  dipende  da  una  circostanza  del tutto indipendente dalla
volonta'   dell'imputato,  essendo  percio'  escluse  giustificazioni
legate  a  norme  premiali; neppure la discriminazione fra i due casi
prospettati  dipende  da meccanismi deflativi, poiche' anche nel caso
di  imputato  gia'  rinviato a giudizio l'espulsione previa emissione
del  nulla-osta dell'a.g. puo' avvenire prima che sia stato aperto il
dibattimento.  In  realta' la possibilita' di procedere o meno contro
il soggetto dipende da circostanze meramente casuali (cioe' dal fatto
che  il  verificarsi  delle condizioni per il rilascio del nulla-osta
preceda,  ovvero  sia  contestuale o segua il rinvio a giudizio), che
hanno  tuttavia  conseguenze  decisive  sull'attuazione  dell'istanza
punitiva dello Stato contro l'imputato.
    La  previsione  che  il  processo  possa  proseguire anche contro
l'imputato  di  fatto  gia'  espulso  viola il suo diritto di difesa,
garantito   dall'art. 24   comma   2   Cost.  e  attuato  nel  nostro
ordinamento,  con riguardo a casi simili, dagli artt. 484 comma 2-bis
e 42-ter c.p.p.
    Non   si   ritiene  peraltro  che  in  questa  ipotesi  le  norme
processuali  da ultimo citate siano propriamente applicabili, poiche'
comporterebbero  una  sospensione  a  tempo  indefinito  del processo
penale  in  dipendenza  da  provvedimenti amministrativi (l'ordine di
espulsione e la relativa esecuzione) e non da cause di forza maggiore
e   poiche'  comporterebbero  rilevanti  e  irrazionali  aggravi  per
l'amministrazione   della   giustizia,   per   il  grande  numero  di
procedimenti  che rimarrebbero sospesi e pendenti a tempo indefinito.
Inoltre  il  tenore  dell'art. 13  comma  3-quater d.lgs. n. 286/1998
lascia  intendere  a contrario che si debba necessariamente procedere
contro  gli  imputati  gia'  espulsi e gia' rinviati a giudizio e che
pertanto  l'avvenuta espulsione non costituisca legittimo impedimento
a comparire.
    Infine  il  meccanismo  processuale  illustrato  viola l'art. 111
Cost.,  il  quale  prevede una serie di istituti volti a garantire il
corretto  esercizio  della giurisdizione, con particolare riguardo al
processo  penale.  Il  principio  del  contraddittorio,  il diritto a
condizioni  adeguate  per  preparare  la propria difesa, il diritto a
interrogare o far interrogare i dichiaranti a suo carico e il diritto
all'interprete evidentemente presuppongono il diritto dell'imputato a
presenziare al processo a suo carico e sono percio' incompatibili con
le norme che limitano tale facolta'.
    Con  riguardo  alle  norme in esame, dunque, si deve ritenere che
l'art. 13  comma  3-quater  d.lgs. n. 286/1998 (come modificato dalla
legge  n. 189/2002) sia costituzionalmente illegittimo, limitatamente
all'inciso  «se  non  e'  ancora  stato  emesso  il provvedimento che
dispone  il  giudizio» e alla parte in cui non prevede che, acquisita
la prova dell'avvenuta espulsione, il giudice del dibattimento emetta
sentenza di non doversi procedere.
                              P. Q. M.
    Visto   l'art. 23   legge   n. 87/1953,   solleva   questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art.  13  comma  3-quater  d.lgs.
n. 286/1998  (come  introdotto  dall'art. 12  comma 1, lett. b) legge
n. 189/2002),  per contrasto con gli artt. 3, 24, comma secondo e 111
Cost.,  limitatamente  all'inciso  (se  non e' ancora stato emesso il
provvedimento  che  dispone  il  giudizio»  e  alla  parte in cui non
prevede  che, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, il giudice
del dibattimento emetta sentenza di non doversi procedere.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale,  sospende  il processo e manda la cancelleria per gli
adempimenti previsti dall'art. 23 u.c. legge n. 87/1953.
        Lucera, addi' 30 luglio 2003
                         Il giudice: Toscani
03C1232