N. 1013 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 2003

Ordinanza   emessa   il   9   aprile   2003   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale   il  28 ottobre  2003)  dal  tribunale  di  Asti  nel
procedimento penale a carico di Chiboub Monji

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato, in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevole  ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
  al  reato,  di maggiore gravita', di rientro, senza autorizzazione,
  nel  territorio dello Stato a seguito di espulsione amministrativa,
  per  il  quale  e'  previsto  l'arresto  facoltativo in flagranza -
  Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da
  parte   della   polizia  giudiziaria  di  provvedimenti  provvisori
  destinati ad incidere sulla liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.48 del 3-12-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ne1  procedimento  penale  n. 997/03  RGNR e 427/03 R. Trib., nei
confronti di Chiboub Monji, nato a Tunisi il 18 giugno 1965, di fatto
senza fissa dimora in Italia.
    All'udienza  di convalida dell'arresto, su richiesta della difesa
e  sentito  il  p.m.,  ha emesso la seguente ordinanza (art. 23 legge
11 marzo 1953, n. 87).
    Chiboub  Monji  e'  stato tratto in arresto in data 5 aprile 2003
per  essersi  reso  responsabile  del  reato di cui all'art. 14 comma
5-ter  d.lgs.  n. 286/1998  e  succ. mod., perche', dopo essere stato
raggiunto   da   ordinanza  del  questore  della  provincia  di  Asti
notificata  in  data  17 marzo  2003  che gli ordinava di lasciare il
territorio  dello  Stato  entro  il  termine  di  giorni cinque dalla
notifica  del  provvedimento stesso attravreso la frontiera di Milano
Malpensa,  senza  giustificato  motivo,  si tratteneva nel territorio
dello  Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore venendo
individuato  dalla  Questura  di  Asti in data 5 aprile 2003 alle ore
22,55.
    Il  p.m.  ha  chiesto la convalida dell'arresto ed il contestuale
giudizio  per direttissima, ai sensi dell'art. 14, 5-quinquies, legge
cit.;  in sede di convalida poi la difesa dell'imputato, premesso che
l'arresto  e'  avvenuto  nel  rispetto  dei presupposti normativi, ha
sollevato  l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14,
5-quinquies,  nella  parte  in  cui  prevede  per  il reato di specie
l'arresto  obbligatorio,  in quanto contrastante con gli artt. 3 e 13
Costituzione.
    Questo  giudice  rileva innanzitutto la rilevanza della questione
per  la  decisione  del caso in esame, atteso che l'imputato e' stato
arrestato  perche'  sorpreso nella flagranza del reato contestatogli,
sono   stati   rispettati  da  parte  della  p.g.  che  ha  proceduto
all'arresto gli obblighi previsti dall'art. 386 c.p.p., cosi' come le
prescrizioni  normative  poste  dagli artt. 390 e 391 c.p.p. e quindi
dovrebbe trovare applicazione la norma dell'art. 14 comma 5-quinquies
che imporrebbe di convalidare l'arresto in quanto obbligatorio.
    La norma appare costituzionalmente illegittima.
    I  parametri  costituzionali  in  relazione  ai quali la norma in
questione  appare  contrastare  si  ravvisano  nei principi stabiliti
dagli artt. 3 e 13 della Carta costituzionale.
    La  norma  in  questione  ad  avviso di questo giudice si pone in
contrasto innanzitutto con l'art. 13 della Costituzione.
    L'istituto dell'arresto, quale strumento di temporanea privazione
della  liberta'  personale,  soggiace  al rispetto dei principi posti
dall'art. 13  Cost.  che,  com'e'  noto,  prevede  la possibilita' di
comprimere  la  liberta'  personale  solo  in  forza di atti motivati
dell'Autorita'  Giudiziaria  e  limita  l'adozione  di  provvedimenti
provvisori  da  parte  della  p.g.  soltanto  ai  casi eccezionali di
necessita'   ed   urgenza.   Da  cio'  discende  come  corollario  la
tassativita'  delle ipotesi di arresto previste dagli artt. 380 e 381
c.p.p., non suscettibili di applicazione analogica.
    Nella disciplina codicistica la misura dell'arresto e' in stretto
legame e finalizzata all'applicazione di misure cautelari coercitive,
sia  pure  non  costituendo  queste  ultime il necessario esito della
procedura di convalida.
    Sintomatica  di  tale  necessario  collegamento tra la previsione
dell'arresto  e la sottoponibilita' dell'arrestato a misura cautelare
e'  del  resto  anche  la  norma  dell'art. 121,  comma 1, disp. att.
c.p.p., che prevede che il pubblico ministero disponga la liberazione
immediata  dell'arrestato  quando  ritiene  di  non  dover richiedere
l'applicazione di misure coercitive.
    E'  chiaro  che  per  il  reato  in esame non sara' mai possibile
pervenire  all'emissione  di  misure coercitive, a cio' ostando sia i
limiti  edittali di pena (essendo punito con l'arresto da sei mesi ad
un  anno) sia la tipologia di reato (trattandosi di contravvenzione e
non di delitto).
    Se  cosi'  e',  si deve pervenire alla conclusione che per questo
tipo di contravvenzione e' previsto un arresto obbligatorio destinato
necessariamente a portare alla liberazione dell'arrestato ancor prima
dell'udienza  di  convalida  e  che  comporta quindi una compressione
della   liberta'   personale  non  giustificata  da  un  apprezzabile
necessita'  e dunque non conforme al criterio di cui al secondo comma
dell'art. 13 della Costituzione.
    Ma  la  norma da applicare appare anche in contrasto con l'art. 3
della Costituzione in quanto viola il principio di uguaglianza.
    In   particolare  non  conforme  al  criterio  di  ragionevolezza
(nell'accezione  ormai consolidatasi nella giurisprudenza della Corte
costituzionale)  si  rivela  il  diverso  trattamento dal legislatore
riservato  a due situazioni diverse, apparendo la disciplina prevista
per  la  condotta  di  cui  all'art.  14  comma 5-ter legge cit. piu'
rigorosa   rispetto   a  quella  prevista  per  la  condotta  di  cui
all'art. 13  commi 13 e 13-bis stessa, legge, atteso che per il reato
di  cui  all'art. 14  comma  5  e' previsto l'arresto obbligatorio in
flagranza  mentre per i reati di cui all'art. 13 commi 13 e 13-bis e'
previsto l'arresto come facoltativo.
    Risulta  prevista  l'obbligatorieta'  dell'arresto per il caso di
cittadino   extracomunitario   che   sia   stato   raggiunto   da  un
provvedimento  di  espulsione  del  questore  e  che sia sorpreso nel
territorio nazionale (art. 14 comma 5-ter legge cit.).
    E'  invece  meramente  facoltativo  l'arresto  nel  caso  che  il
cittadino extracomunitario sia stato raggiunto da un provvedimento di
espulsione  da  parte del giudice, sia stato concretamente espulso ed
abbia  ciononostante fatto ritorno sul territorio nazionale sul quale
venga sorpreso (art. 13, commi 13-bis e ter legge. cit.).
    Il   maggior  rigore  riservato  alla  prima  situazione  non  si
giustifica,  ad  avviso  di  questo  giudice, sotto nessun plausibile
motivo,  apparendo anzi la condotta sanzionata dall'art. 13 cit. piu'
grave di quella punita dall'art. 14 stessa legge: prova ne sia che si
tratta,  nell'un  caso, di un delitto punito con la reclusione fino a
quattro  anni,  nell'altro  caso  di  una  contravvenzione punita con
l'arresto fino ad un anno.
    A  fondare  tale  diversita'  di  trattamento non appare emergere
neppure una valida ragione di ordine pratico.
    Nel  caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del
divieto  di  reingresso che faccia ritorno nel territorio dello Stato
non  si  trova  in una situazione fattuale diversa da colui che da un
simile  provvedimento  non  sia  mai  stato raggiunto e che sia stato
invece colpito dal provvedimento del questore ai sensi del successivo
articolo 14.
    Anzi appare certamente piu' riprovevole la condotta di colui che,
dopo  essere  stato  concretamente  espulso dal territorio nazionale,
illegittimamente  e  per la seconda volta vi faccia ritorno, rispetto
alla  condotta di chi, spesso introdotto per la prima volta in Italia
con scarsa o nessuna consapevolezza (si pensi alle giovani da avviare
alla  prostituzione,  sovente  condotte  in Italia da terzi contro la
loro  volonta),  si  trovi  a  dover  ottemperare  ad  un  ordine  di
espulsione senza neppure avere i mezzi materiali per poterlo fare (e'
frequente  nell'esperienza di questo giudice il caso, del resto anche
odierno, di cittadino extracomunitario che ha dichiarato di non avere
il  denaro  per  affrontare  il viaggio ovvero di avere difficolta' a
rientrare nel proprio Paese in tempi cosi' rapidi).
    Anche  nel  caso del cittadino espulso che rientri nel territorio
dello  Stato  sussistono  inoltre  le medesime ragioni di urgenza che
sussistono  per  il cittadino al quale un provvedimento di espulsione
del questore sia stato notificato.
    Appare  quindi evidente che la disciplina difforme riservata alle
due  fattispecie  non  e'  ragionevole  e  come  la  norma  in esame,
prevedendo  il  trattamento piu' rigoroso per la condotta meno grave,
appare  in  contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ove tale norma
si raffronti con quella dell'art. 13 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
    E'  da aggiungersi, ancora sotto il profilo della rilevanza della
questione  che,  ove  la  previsione dell'arresto fosse in termini di
facoltativita',  non  vi sarebbero nel caso di specie gli estremi per
poterlo  ritenere  giustificato  e quindi per convalidarlo, attese le
particolarita'  del  caso  (cittadino  extracomunitario incensurato e
privo di mezzi).
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   sollevata  dai  difensori  in  ordine
all'art. 14,  5-quinquies,  d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla
legge n. 189/2002 in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione.
    Sospende   il   giudizio  di  convalida  dell'arresto  e  dispone
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina la notificazione, a cura della cancelleria, della presente
ordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  ed ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
    Riserva  il  deposito  della  presente  ordinanza  nel termine di
legge.
    Ordina  l'immediata liberazione di Chiboub Monji se non ristretto
per altra causa.
        Asti, addi' 7 aprile 2003
                  Il giudice monocratico: Polidori
03C1237