N. 1076 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 settembre 2003
Ordinanze 1075 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse il 12 settembre 2003 dal Tribunale di Trento nei procedimenti penali a carico di: Abisi Kamel (R.O. 1076/2003), Zied Haflawi (R.O. 1077/2003), Ben Ali Ahmed (R.O. 1078/2003), Sassi Ahmed (R.O. 1079/2003). Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Irragionevole ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto all'analogo reato di rientro, senza autorizzazione, nel territorio dello Stato a seguito di espulsione amministrativa, per il quale e' previsto l'arresto facoltativo in flagranza - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta' personale. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3 e 13.(GU n.50 del 17-12-2003 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale nei confronti di Abisi Kamel nato in Tunisia il 24 settembre 1979, arrestato dalla Squadra mobile della Questura di Trento in data 9 settembre 2003 per violazione dell'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, e presentato direttamente dal p.m. all'udienza in stato di arresto per il contestuale giudizio direttissimo; Considerato che il p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto dello straniero e il difensore di quest'ultimo si e' rimesso alla decisione dei Tribunale; Esaminata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286/1998, notificato dalla legge n. 189/2002, in relazione agli articoli 3 e 13 della Costituzione; O s s e r v a La normativa in materia di immigrazione e di asilo, di cui al d.lgs. n. 1998/286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nel disciplinare l'espulsione in via amministrativa dello straniero, statuisce che la stessa e' eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, comma 4) oppure (art. 13, comma5), quando lo stesso si e' trattenuto nel territorio dello Stato con il permesso di soggiorno scaduto di validita' da piu' di sessanta giorni, tramite l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni (in quest'ultimo caso, quando si rilevi il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento, si da' luogo parimenti al suo accompagnamento immediato alla frontiera). Lo straniero espulso non puo' rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. A) In caso di trasgressione, lo straniero e' punito con l'arresto da sei mesi ad un anno (art. 13, comma 13). B) Il reiterato comportamento trasgressivo e' punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 13, comma 13-bis). Per entrambi i reati di cui sopra, per quello contravvenzionale e per il delitto, l'arresto e' consentito ed e' imposto il rito direttissimo. Quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita', ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino. Il provvedimento del questore deve essere convalidato dal Tribunale in composizione monocratica entro le 48 ore successive, pena la perdita di ogni effetto (art. 14, comma 1). Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea (ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza che siano stati eseguiti l'espulsione o il respingimento), il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio entro il termine di cinque giorni. C) Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione di tale ordine e' punito con l'arresto da sei mesi ad un anno (art. 14, comma 5-ter). D) Lo straniero gia' espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter (di cui appena sopra), che viene trovato nel territorio dello Stato, e' punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 14, comma 5-quater). Per entrambi i reati, per quello contravvenzionale e per il delitto, l'arresto dell'autore del fatto e' obbligatorio ed e' imposto il rito direttissimo. Ebbene, la disciplina dell'art. 14, comma quinquies, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, appare in patente contrasto con l'art. 3 della Costituzione. I due reati contravvenzionali (quello di cui all'art. 13, comma 13, descritto sub A), e quello di cui all'art. 14, comma 5-ter descritto sub C), sono di pari gravita' e sanzionati, per questo, con la medesima pena edittale. Come e' gia' stato evidenziato, e come appare a una lettura approfondita della norma, si puo' dire, anzi, che la fattispecie criminosa di cui all'art. 13, comma 13 (descritta sub A)e' piu' grave di quella di cui all'art. 14, comma 5-ter (descritta sub C). Valgano in tal senso le parole spese dal giudice del Tribunale di Modena che, sollevando con ordinanza del 31 ottobre 2002 analoga eccezione di incostituzionalita' della norma de qua, cosi' si e' espresso: «La fattispecie descritta dall'art. 14, comma 5-ter, appare ontologicamente meno grave rispetto a quella inserita nell'art. 13, comma 13. Lo straniero che rientra nel territorio dello Stato dopo l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica pone in essere una condotta attiva. Piu' esattamente, trasgredisce ad un ordine non solo legalmente impartito dalla pubblica autorita' italiana ma addirittura eseguito in modo coattivo, con impiego da parte dello Stato di risorse umane ed economiche. Una simile condotta e' certamente poco compatibile con un atteggiamento colposo. La contravvenzione di cui al comma 5-ter dell'art. 14 si realizza, invece, con una condotta meramente omissiva. La trasgressione posta in essere dallo straniero non ha alle spalle un accompagnamento coatto alla frontiera ma un ordine scritto del questore di lasciare il territorio dello Stato nel breve termine di cinque giorni. La disobbedienza e' sicuramente compatibile in questo caso con un atteggiamento colposo, negligente. La mancata esecuzione dell'ordine non vanifica uno sforzo compiuto dallo Stato per attuare in maniera forzata i propri provvedimenti». E, pero', a ritenuta parita' di situazioni normative, in presenza di due fatti criminosi sanzionati con la stessa pena edittale, con un effetto certamente a sorpresa ed inaspettato il legislatore ha previsto, in un caso (art. 13, comma 13), l'arresto facoltativo e, nell'altro caso (art. 14, comma 5-ter) l'arresto obbligatorio. L'esito inevitabile e' nel senso che la previsione normativa (art. 14, comma 5-quinquies d.lgs n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002) dell'arresto obbligatorio per la contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, concretizzando una palese disparita' di trattamento rispetto all'art. 13, comma 13 che, per una fattispecie di pari se non addirittura maggiore gravita', si limita a consentire il mero arresto facoltativo, si pone in sensibile ed insanabile contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Ma la ingiustificata disparita' di trattamento si delinea ancor piu' evidente solo che si consideri che, mentre per la contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter (che corrisponde al tipo di reato meno grave) e' stato previsto l'arresto obbligatorio, per il delitto di cui all'art. 13, comma 13 (che corrisponde al tipo di reato piu' grave) e' stato previsto solamente l'arresto facoltativo. Ora, l'arresro obbligatorio in flagranza di reato e' previsione (art. 380 c.p.p.) che si configura esclusivamente in rapporto alla commissione di un delitto non colposo, e non di ogni delitto ma di quelli di particolare gravita', puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, oppure facenti parte di quelli elencati specificamente nel comma secondo dello stesso articolo. L'averlo analogamente esteso, fatto unico nel nostro ordinamento giuridico, a una fattispecie contravvenzionale (ad una fattispecie, cioe', che lo stesso legislatore ritiene di notevole minore gravita) non puo' che essere stigmatizzato come violatore del principio di uguaglianza. E' pacifico che alla discrezionalita' legislativa appartenga la scelta dei presupposti di applicabilita' delle misure precautelari e cautelari. E, tuttavia, allorquando tale discrezionalita' venga utilizzata per dar luogo ad esiti di irragionevole ed ingiustificata disparita' di trattamento, la norma presupposta puo' e deve essere censurata sotto il profilo della vulnerazione costituzionale («Non si compiono valutazioni di natura politica e nemmeno si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il legislatore getta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso considera e dichiara diverse» Corte cost. n. 53/1958). L'art. 14, comma 5-quinquies, si pone, peraltro, in contrasto con l'art. 13 della Costituzione che, dopo avere affermato che la liberta' e' inviolabile, assume che non e' ammessa nessuna forma di restrizione della liberta' personale se non per atto motivato dell'autorita' giudiziaria. E' vero che il terzo comma di detto art. 13 statuisce che, in casi eccezionali di necessita' ed urgenza, l'autorita' di P.S. puo' adottare provvedimenti provvisori. Ma essi devono essere comunicati entro 48 ore all'autorita' giudiziaria ai fini della convalida. Il sintagma suggerisce che, fermo il potere esclusivamente in capo all'autorita' giudiziaria di restringere con atto motivato la liberta' personale, quello affidato all'iniziativa della p.g. in quanto meramente anticipatorio o sostitutivo o derogatorio o residuale che dir si voglia del primo in ragione dell'eccezionalita' e dell'urgenza, non puo' mai superarlo o eccederlo. L'affermazione, in chiave processuale, sta a significare che, ogni volta che alla p.g. e' affidato il potere di procedere in modo precautelare all'arresto, obbligatorio (o anche solo facoltativo, anche se e' tema estraneo alla materia che qui si tratta), deve corrispondere un analogo potere dell'autorita' giudiziaria di disporre in via cautelare la stessa misura privativa della liberta' personale. Ed, infatti, se si vanno ad analizzare gli istituti dell'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, si ha modo di verificare che effettivamente tutte le volte in cui alla p.g. e' consentita l'iniziativa di procedere all'arresto obbligatorio (o, anche solo facoltativo) corrisponde l'analogo potere dell'autorita' giudiziaria di applicare la misura cautelare della custodia in carcere. Nel caso che ci interessa, per contro, alla p.g. viene conferito il potere di procedere all'arresto obbligatorio della persona che commette una mera contravvenzione (peraltro, eccedendo la previsione degli articoli 272 e segg. c.p.p. e delle norme speciali), pur non corrispondendo un analogo potere in capo all'autorita' giudiziaria. Alla prima, ad una autorita' amministrativa, dunque, e' dato il potere di privare della liberta' personale una persona che non puo' essere attinta da analoga misura da parte dell'autorita' giudiziaria. Ne' vale sostenere che all'autorita' giudiziaria viene attribuito comunque il potere di convalidare la misura restrittiva in questione. Rimane, infatti, che alla p.g. viene conferito un potere che, configurandosi autonomo e addirittura superiore rispetto a quello della magistratura, viola il precetto costituzionale che affida solo a questa la possibilita' della privazione della liberta' personale. La questione sollevata e' da ritenere rilevante. Lo straniero e' stato arrestato ai sensi della norma di cui viene sollevato il sospetto di incostituzionalita'. La questione e', altresi', rilevante ai fini della convalida dell'arresto, procedura che e' non e' stata esaurita ed anzi e' stata sospesa proprio al fine di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale. Sotto tale aspetto, e' irrilevante che l'imputato sia stato rimesso in liberta' ai sensi dell'art. 391, u.c. cpp. (si confronti, a tal proposito, sentenza Corte costituzionale n. 54 del 1993).
P. Q. M. Visti gli articoli 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter e quinquies, legge n. 286/1998 (cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002) nella parte in cui prevede, per il reato previsto dall'art.14, comma 5-ter, l'arresto obbligatorio dell'indagato, per violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata all'imputato, al difensore e al p.m. nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Trento, addi' 12 settembre 2003 Il giudice: Pascucci 03C1310