N. 1085 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 settembre 2003
Ordinanza emessa il 16 settembre 2003 dal giudice di pace di Venafro nel procedimento civile vertente tra Barbato Antonino ed altra e Prefettura di Isernia Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento fra soggetti abbienti e non abbienti - Differenziazione di fatto dei mezzi di tutela dei diritti - Limitazione di diritti fondamentali dell'individuo - Ingiustificato ostacolo alla possibilita' di agire in giudizio - Ingiusto vantaggio per la Pubblica Amministrazione - Violazione del diritto di difesa. - Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 [rectius: introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modifiche nella legge 1° agosto 2003, n. 214]. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.50 del 17-12-2003 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Nella causa civile iscritta in data 13 settembre 2003 al n. 469 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2003 e vertente tra Barbato Antonino e De Chiaro Rita, entrambi residenti in Venafro alla via Maria Pia n. 13, ed ambedue elettivamente domiciliati in Venafro al corso Campano n. 168 presso lo studio dell'avv. Antonio Caranci che li rappresenta e difende per delega in atti, opponenti, e prefettura di Isernia, in persona del Prefetto pro tempore, opposto. F a t t o In seguito a sinistro stradale verificatosi in Venafro (IS) il 21 giugno 2003 alle ore 19:30 circa - tra la Fiat Panda targata AJ121WV di proprieta' di Di Chiaro Rita e condotta da Barbato Antonino, e la moto Honda 900 targata AS22556 di proprieta' di Cerrone Anna lda e condotta da Cambio Emilio -, il Nucleo Radio Mobile dei Carabinieri di Venafro in data 16 luglio 2003 notificava agli opponenti Barbato Antonino e De Chiaro Rita, in quanto solidalmente obbligati al pagamento, il verbale n. 1016886611 datato 21 giugno 2003 contenente la sanzione amministrativa di Euro 78,94, per la violazione dell'art. 145 commi 1 e 10 del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992. In data 13 settembre 2003 Di Chiaro Rita e Barbato Antonino proponevano opposizione avverso il verbale n. 1016886611 sostenendo l'insussistenza dei presupposti per l'irrogazione della sanzione amministrativa nei loro confronti. Concludeva, pertanto, la difesa delle parti ricorrenti per l'accoglimento del ricorso con vittoria delle spese di giudizio da liquidarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario. D i r i t t o Esaminati gli atti, questo giudice rileva come il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato in cancelleria in data 13 settembre 2003 senza il versamento presso la cancelleria del giudice di pace di Venafro di una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Tale obbligo, previsto a pena di inammissibilita' del ricorso, scaturisce dall'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151. Detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003 - Supplemento ordinario n. 133 e' entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, pertanto, nel caso che ci occupa, doveva essere osservata sebbene contrastante con l'art. 4 del regio decreto 10 marzo 1910 n. 149, tutt'ora in vigore, che espressamente prevede che le cancellerie non possono in alcun modo ricevere versamenti in denaro. Questo giudice ritiene che l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 non sia conforme a Costituzione ed intende pertanto sollevare, come in effetti solleva, incidente di costituzionalita' nei termini che seguono: Sulla rilevanza della questione Nel caso che ci occupa il collegamento giuridico, e non gia' di mero fatto, tra la res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale, appare del tutto evidente. Infatti, ove si ritenesse l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme a Costituzione, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile mentre ove, per contro, si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione dovra' essere esaminata nel merito. Sulla non manifesta infondatezza Violazione degli artt. 2 e 3 Cost. Per ritenere l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme a Costituzione occorrerebbe affermare che la diversa posizione che il legislatore ha riservato a cittadino e pubblica Amministrazione, oltre che a cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi alcun precetto costituzionale. Tale assunto, tuttavia, non viene condiviso da questo giudice in quanto la normativa in parola lede il diritto fondamentale dell'individuo espressamente tutelato dall'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana, ponendo i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di disuguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di poter tutelare i propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace. Ne' e' sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare ricorso al prefetto in quanto tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto a maggior ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente a soggetti facoltosi, sia in quanto la scelta della sede ove tutelare i propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i cittadini sul piano economico e sociale limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto che questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tale censura in quanto l'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che compito della Repubblica e' rimuovere, non gia' creare, ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Peraltro il disposto, della cui costituzionalita' si dubita, lede altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo. Violazione dell'art. 24 Cost. L'ingiustificato ostacolo imposto per la tutela dei diritti del cittadino nella sola sede giurisdizionale contrasta con l'art. 24 della Carta costituzionale, il quale espressamente prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed aggiunge che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. La sola lettura della norma costituzionale fa apparire palese il netto contrasto di quest'ultima con l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151. Infatti, l'imposizione del versamento della cauzione previsto per la tutela dei diritti del ricorrente nella sola sede giurisdizionale oltre a rappresentare un ingiustificato, quanto ingiusto vantaggio per l'autorita' opposta che, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria ha immediatamente a propria disposizione quanto eventualmente dovuto, non assicura la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica, in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa. Peraltro, e' indubbio che l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di tutela che quest'ultimo ha a propria disposizione soggetto al principio della soccombenza, costringendo o comunque inducendo i meno facoltosi a presentare ricorso al Prefetto per la tutela dei propri diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell'opposizione il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l'assistenza di un professionista, ma neppure delle spese vive sostenute.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953, ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede che all'atto del deposito del ricorso il ricorrente debba versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore; Sospende il presente giudizio, n. 469 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2003; Manda alla cancelleria di provvedere alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri; Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Venafro, addi' 16 settembre 2003 Il giudice di pace: Amato 03C1316