N. 1092 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 ottobre 2003

Ordinanza  emessa  il  21 ottobre 2003 dal giudice di pace di Pratola
Peligna  nel  procedimento  civile  vertente tra Iacobucci Domenico e
Ufficio territoriale del Governo de L'Aquila ed altro

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al  giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni
  di  ammissibilita'  -  Onere per il ricorrente di versare presso la
  cancelleria  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
  sanzione   inflitta   dall'organo   accertatore   -  Disparita'  di
  trattamento fra soggetti abbienti e non abbienti - Differenziazione
  sul  piano  economico-sociale  della tutela dei diritti - Contrasto
  con  il  valore  assoluto  della  persona  umana  -  Ingiustificato
  ostacolo   alla  possibilita'  di  agire  in  giudizio  -  Ingiusto
  vantaggio  per la Pubblica Amministrazione - Violazione del diritto
  di  difesa - Reintroduzione di una forma anomala di solve et repete
  - Compressione del diritto alla tutela giurisdizionale.
- Codice  della  strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285),
  art. 204-bis,   introdotto  dalla  legge  1°  agosto  2003,  n. 214
  [rectius:    dall'art. 4,    comma 1-septies,   del   decreto-legge
  27 giugno 2003,  n. 151,  convertito  con  modifiche nella legge 1°
  agosto 2003, n. 214].
- Costituzione, artt. 2, 3 e 24.
(GU n.51 del 24-12-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, di primo
grado,  rubricata  sotto  il  n. 100/03  a.c.,  promossa da Iacobucci
Domenico,  elettivamente  domiciliato in Sulmona, via Cavriani, n. 6,
presso   e  nello  studio  dell'avv.  Alessandro  Margiotta,  che  lo
rappresenta   e   difende,  giusta  procura  a  margine  del  ricorso
introduttivo; opponente.
    Contro  Ufficio  territoriale del Governo de L'Aquila, in persona
del   prefetto  pro-tempore;  opposto,  nonche'  Regione  Carabinieri
Abruzzo  -  Stazione  di  Pratola  Peligna,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro-tempore;  opposto  avente  ad oggetto: Ricorso in
opposizione avverso verbale di contestazione.

                              F a t t o

    Con  ricorso  depositato  in  data 13 ottobre 2003, il ricorrente
proponeva  rituale  opposizione  avverso  il verbale di contestazione
153684616  elevato in data 8 settembre 2003 dalla Regione Carabinieri
Abruzzo   -   Stazione   di  Pratola  Peligna  -  per  la  violazione
dell'art. 141, terzo comma, c.d.s., con conseguente irrogazione della
sanzione   di   Euro   60,25,  oltre  la  sanzione  accessoria  della
decurtazione  di punti 4 a disposizione del titolare della patente di
guida.
    L'opponente  impugnava  il  verbale  nel merito per violazione di
legge  ed  eccesso  di  potere  nonche' per la mancata previsione dei
punti sottratti per cui la sanzione accessoria della decurtazione dei
punti  risultava  essere  inapplicabile  in  quanto nel momento della
redazione del verbale con conseguente sottrazione dei punti non erano
previsti  strumenti o corsi di recupero per riacquistare il punteggio
perso.
    Chiedeva,  inoltre,  parte  ricorrente preliminarmente che questo
giudice, in riferimento alla dichiaranda inammissibilita' per mancato
versamento  della  cauzione  imposta,  volesse sollevare questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 204-bis del c.d.s., introdotto
dalla  legge 1° agosto 2003, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3 e
24 della Costituzione.
    Concludeva,  pertanto,  la  difesa  della parte ricorrente in via
preliminare  per  la  remissione  della  questione davanti alla Corte
costituzionale   ed   all'esito   del   giudizio,   nel  merito,  per
l'accoglimento  del ricorso con vittoria di spese, diritti ed onorari
del giudizio.

                            D i r i t t o

    Esaminati  gli  atti,  questo  giudice  rileva come il ricorso in
opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato, presso la
cancelleria  del  giudice  di  pace  di  Pratola  Peligna, in data 13
ottobre  2003,  non  accompagnato  dalla ricevuta di versamento della
somma  pari  alla meta' del massimo edittale previsto per la sanzione
inflitta dall'organo accertatore.
    Tale  obbligo,  previsto  a pena di inammissibilita' del ricorso,
scaturisce  dall'art. 204-bis  del  d.lgs.  30  aprile  1992, n. 285,
introdotto  dalla  legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in
legge, con modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151.
    Detta  legge,  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12
agosto  2003  -  Suppl.  ord.  n. 133, e' entrata in vigore il giorno
successivo  a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
e,  pertanto,  nel caso in questione, doveva essere osservata sebbene
contrastante  con l'art. 4 del R.D. 10 marzo 1910, n. 149, tuttora in
vigore,  che  espressamente prevede che le cancellerie non possono in
nessun caso ricevere versamenti in denaro.
    Questo  giudice  ritiene  che l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile
1992,  n. 285,  introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha
convertito  in  legge,  con  modificazioni,  il  d.l. 27 giugno 2003,
n. 151,  non  sia  conforme  alla  Costituzione ed intende, pertanto,
sollevare,  come  in  effetti solleva, incidente di costituzionalita'
nei termini che seguono.

                   Sulla rilevanza della questione

    Nel  caso  de  quo  il collegamento giuridico, e non gia' di mero
fatto,  tra  la  res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale,
appare del tutto evidente.
    Infatti,  ove  si ritenesse l'art. 204-bis, legge 1° agosto 2003,
n. 214,  conforme  a  Costituzione  il  ricorso  andrebbe  dichiarato
inammissibile  mentre  ove,  per  contro,  si  ritenesse  il predetto
disposto  in  contrasto  con  la Costituzione la suddetta opposizione
dovra' essere esaminata nel merito.
                  Sulla non manifesta infondatezza
    Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione:
    Per  ritenere  l'art. 204-bis  del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285,
introdotto  dalla  legge  1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in
legge,  con  modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151 conforme a
Costituzione  occorrerebbe  affermare che la diversa posizione che il
legislatore  ha  riservato  a  cittadino  e pubblica amministrazione,
oltre  che  a  cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi
alcun precetto costituzionale.
    Tale  assunto, tuttavia, non viene condiviso da questo giudice in
quanto   la   normativa   in  parola  lede  il  diritto  fondamentale
dell'individuo  espressamente tutelato dall'art. 3 della Costituzione
della Repubblica italiana, ponendo i soggetti abbienti e non abbienti
su  un piano di diseguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al
soggetto  che  sia  in  possesso  di  una somma di denaro addirittura
doppia  rispetto  a  quella  che  gli  consentirebbe  di  definire la
pendenza  mediante  pagamento  in misura ridotta, di poter tutelare i
propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace.
    Non  e'  sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe
comunque  possibile  presentare  ricorso  al  Prefetto in quanto tale
procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto
a  maggior  ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di
pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente
ai  soggetti  facoltosi,  sia  in  quanto  la  scelta  della sede ove
tutelare  i  propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i
cittadini  sul  piano  economico  e  sociale  limitando  di  fatto la
liberta' e l'uguaglianza degli stessi.
    Del  tutto  evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto
che  questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tale censura
in  quanto  l'art. 3  della  Costituzione  della  Repubblica italiana
prevede  che  compito della Repubblica e' rimuovere, non gia' creare,
ostacoli  di  ordine  economico  e sociale che, limitando di fatto la
liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo
della persona umana.
    Peraltro,  il disposto della cui costituzionalita' si dubita lede
altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona
umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo.
    Violazione dell'art. 24 della Costituzione:
    L'ingiustificato  ostacolo  imposto per la tutela dei diritti del
cittadino  nella  sola  sede  giurisdizionale contrasta con l'art. 24
Cost.  il  quale  espressamente  prevede  che  tutti possono agire in
giudizio  per  la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed
aggiunge  che  la  difesa  e'  un diritto inviolabile in ogni stato e
grado del procedimento.
    La  sola lettura della norma costituzionale fa apparire palese il
netto   contrasto  di  quest'ultima  con  l'art. 204-bis  del  d.lgs.
30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214
che  ha  convertito  in  legge,  con modificazioni, il d.l. 27 giugno
2003, n. 151.
    Infatti  l'imposizione del versamento della cauzione previsto per
la  tutela dei diritti del ricorrente nella sola sede giurisdizionale
oltre a rappresentare un ingiustificato quanto ingiusto vantaggio per
l'Autorita'  opposta  che,  a  differenza  dell'opponente, in caso di
vittoria    ha   immediatamente   a   propria   disposizione   quanto
eventualmente  dovuto,  non  assicura  la  possibilita'  di  agire in
giudizio  per  la  tutela del propri diritti ed interessi legittimi a
coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica,
in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa.
    Peraltro  e'  indubbio  che  l'art. 204-bis  del d.lgs. 30 aprile
1992,  n. 285,  introdotto  dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha
convertito  in  legge,  con  modificazioni,  il  d.l. 27 giugno 2003,
n. 151 nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare
i  propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di
tutela  che  quest'ultimo  ha  a  propria  disposizione  soggetto  al
principio della soccombenza, costringendo o comunque inducendo i meno
facoltosi  a  presentare  il  ricorso  al  Prefetto per la tutela dei
propri  diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell'opposizione
il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese
sostenute  per  l'assistenza  di  un professionista, ma neppure delle
spese vive sostenute.
    Si  deve  concludere  che il fondamentale diritto alla difesa non
puo' essere condizionato al pagamento di una cauzione. Tale principio
e'  stato  gia'  riconosciuto dallo stesso giudice delle leggi con la
sentenza  n. 8/1993  quando  ha  ritenuto  che  il  mancato od omesso
versamento  di  un'imposta  di  bollo  non  puo' essere ostativo alla
produzione  in  giudizio di documenti o di difese scritte. Aggiungasi
che  neppure  il  mancato  pagamento  del contributo unificato per le
spese  degli  atti giudiziari, ex art. 16 d.P.R. n. 115/2002, risulta
essere  ostativo  all'accesso  al  servizio della giustizia essendosi
statuito  che  «in  caso  di  omesso  o  insufficiente  pagamento del
contributo  unificato, si applicano le disposizioni di cui alla parte
VII,  titolo  VII  del presente testo unico e nell'importo iscritto a
ruolo  sono  calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal
deposito  dell'atto  cui si collega il pagamento o l'integrazione del
contributo».
    Con  l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto
alla  legge  1°  agosto  2003, n. 214 che ha convertito in legge, con
modificazioni,  il d.l. 27 giugno 2003, n. 151, statuendosi l'obbligo
del  versamento  della  cauzione,  a  pena  di  inammissibilita'  del
ricorso,  si  introduce di fatto una anomala figura di imposta «solve
et  repete»  che, cacciata dalla porta con sentenza del giudice delle
leggi  (n. 21 del lontano 1961) trova sempre il modo di rientrare per
la finestra.
    Ne'  si  dimentichi  che la stessa Corte costituzionale (sent. 29
novembre   1960,   n. 67)  dichiaro'  costituzionalmente  illegittimo
l'art. 98  del c.p.c., che prevedeva proprio il potere del giudice di
imporre  una  cauzione  alla  parte,  con  conseguente estinzione del
giudizio in caso di mancato versamento.
    Ritiene   questo   giudice,   pertanto,   che   l'art. 16  d.P.R.
n. 115/2002   puo'  essere  indicato  quale  «tertium  comparationis»
rispetto   all'art. 204-bis   c.d.s.   in  quanto  il  primo  elimina
l'irricevibilita'   degli   atti  giudiziari  in  caso  di  omesso  o
insufficiente  pagamento  del  contributo  unificato  anche per somme
ingenti,  mentre  il  secondo  introduce  una  cauzione a volte anche
elevata,   a   pena  di  inammissibilita',  per  avere  accesso  alla
giustizia.
    Si deve concludere che nel caso in esame - vertendosi tra l'altro
nell'operativita'  della  legge  n. 689/1981  che consente il ricorso
diretto  del  cittadino  alla  giustizia  in un procedimento snello e
privo  di  un  eccessivo  formalismo il versamento della cauzione non
puo'  ritenersi  un  onere  allo  scopo di assicurare al processo uno
svolgimento  meglio  conforme  alla  sua funzione bensi' un onere che
mira   esclusivamente   al   risultato  di  precludere  o  ostacolare
l'esperimento della tutela giudiziale, con la conseguenza che l'onere
imposto  non puo' non incorrere nella sanzione di incostituzionalita'
risolvendosi  di  fatto  in  una compressione del diritto alla tutela
giurisdizionale, costituzionalmente garantito.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134  Cost.  e 23 legge n. 87/1953, ritenuta la
rilevanza e la non manifesta infondatezza;
    Solleva,  su  istanza  di  parte,  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 204-bis  del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285,
introdotto  dalla  legge  1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in
legge,  con  modificazioni,  il  d.l.  27  giugno  2003,  n. 151  per
contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica
italiana,  nella  parte in cui prevede che, all'atto del deposito del
ricorso,  il  ricorrente  debba  versare  presso  la  cancelleria del
giudice  di  pace,  a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma
pari   alla  meta'  del  massimo  edittale  della  sanzione  inflitta
dall'organo   accertatore,   previa   sospensione   dell'esecutivita'
dell'atto opposto;
    Sospende  il  presente giudizio n. 100 del ruolo generale per gli
affari contenziosi dell'anno 2003;
    Manda  alla cancelleria di provvedere alla immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri;
    Manda  alla  cancelleria  di  comunicare la presente ordinanza ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Pratola Peligna, addi' 20 ottobre 2003
                    Il giudice di pace: Cesarone
03C1323