N. 1109 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2003

Ordinanza  emessa il 6 ottobre 2003 dal giudice di pace di Asiago nel
procedimento  civile vertente tra Rigoni Urbano e Polizia provinciale
di Vicenza

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al  giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni
  di  ammissibilita'  -  Onere per il ricorrente di versare presso la
  cancelleria  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
  sanzione  inflitta  dall'organo accertatore - Incidenza sui diritti
  inviolabili dell'uomo - Contrasto con il principio di uguaglianza -
  Irragionevole  previsione  di un deposito cautelare infruttifero di
  importo  addirittura  superiore  alla  sanzione  massima edittale -
  Disparita'  di  trattamento  in  base  alle condizioni economiche -
  Limitazione   del   diritto   di  azione  e  difesa  dei  cittadini
  (segnatamente di quelli meno abbienti).
- Codice  della  strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285),
  art. 204-bis, comma 3, introdotto dall'art. 4 [comma 1-septies] del
  decreto-legge  27 giugno 2003,  n. 151,  convertito, con modifiche,
  nella legge 1° agosto 2003, n. 214.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 24 [commi primo, secondo e terzo].
(GU n.52 del 31-12-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Nella causa civile iscritta al n. R.G. 90/03 promossa con ricorso
depositato  nella  cancelleria  dell'ufficio  del  giudice di pace di
Asiago  il  29 settembre  2003  da  Rigoni  Urbano,  nato  ad  Asiago
(Vicenza)  il 14 novembre 1956 ed ivi residente in via Pennar n. 221,
rappresentato  e difeso dall'avv. Giampaolo Bau' con domicilio eletto
in Asiago (Vicenza), via IV Novembre n. 16, opponente.
    Contro:  Provincia  di  Vicenza,  Polizia  provinciale Comando di
Vicenza, amministrazione opposta.
    In  punto:  ricorso  in opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981
avverso  il  verbale n. 0002087 del 9 agosto 2003 del Comando Polizia
provinciale della Provincia di Vicenza.

                              Premesso

    Con  ricorso  depositato  in cancelleria il 29 settembre 2003, il
sig.  Rigoni  Urbano,  come  sopra  rappresentato e difeso, proponeva
opposizione  avverso  il verbale n. 002087 elevato nei suoi confronti
dalla Polizia provinciale della Provincia di Vicenza in data 9 agosto
2003 per violazione dell'art. 153, comma 11, del vigente c.d.s.
    La  violazione  contestata  al ricorrente veniva sanzionata anche
con  la  decurtazione  di  1  (uno)  punto dalla patente di guida del
trasgressore.
    Con il citato ricorso parte opponente chiedeva:
        in  via  preliminare la sospensione del verbale impugnato per
gravi motivi;
        in   via   pregiudiziale   l'accoglimento   di  eccezione  di
incostituzionalita'  dell'art. 204-bis  c.d.s.  cosi' come introdotto
dall'art. 4  del  decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito in
legge 1° agosto 2003, n. 214;
        nel  merito la pronuncia di nullita' del predetto verbale per
i motivi esposti in ricorso.
    Contestualmente  al  deposito del suddetto ricorso, il ricorrente
ometteva  di  versare  presso la cancelleria del giudice, a titolo di
deposito  cauzionale,  una  somma  pari  alla meta' del massimo della
sanzione  prevista  per  quel  tipo di infrazione elevata dall'organo
accertatore, il cui mancato versamento, peraltro, la richiamata norma
(art. 204-bis  c.d.s.)  sanziona  con la inammissibilita' del ricorso
stesso da dichiararsi dal giudice.

                            O s s e r v a

 t o      L'art. 4 della legge 1° agosto 2003, n. 214, di conversione
del  decreto-legge  27 giugno  2003, n. 151, recante modificazioni ed
integrazioni  al codice della strada ha introdotto l'art. 204-bis che
al  terzo comma cosi' stabilisce: «All'atto del deposito del ricorso,
il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace,
a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del
massimo  edittale  della  sanzione  inflitta dall'organo accertatore.
Detta  somma,  in  caso di accoglimento del ricorso, e' restituita al
ricorrente».
    Tale  norma,  tuttavia,  appare  in  contrasto con l'art. 2 della
Costituzione   «La   Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti
inviolabili  dell'uomo  ...»  e  con  il  successivo  art. 3 «Tutti i
cittadini  hanno  pari  dignita'  sociale  e sono eguali davanti alla
legge ...».
    L'introduzione   dell'obbligo   di   versamento   di  una  somma,
costituente  un  vero  e  proprio  deposito  cauzionale e per di piu'
infruttifero, a carico del trasgressore che intende agire in giudizio
per  contestare  un  verbale di contravvenzione appare manifestamente
iniqua  e  altresi'  irragionevole  anche  in  considerazione  che il
preteso deposito cauzionale va di gran lunga ad esorbitare nella gran
parte  dei  casi la misura ridotta di cui viene concesso il pagamento
nei  sessanta  giorni  dalla contestazione e, in ogni caso, lo stesso
minimo edittale.
    Ove  si  consideri, poi, che l'ammontare della cauzione richiesto
non  e'  certamente  di  poco  conto,  la  norma  di fatto verrebbe a
consentire  l'accesso  alla  giustizia  solo  ai cittadini facoltosi,
rimanendo  cosi'  esso  un  mezzo  di difesa riservato solo ad alcuni
cittadini e, cioe', a quelli abbienti.
    Ne'  e' sostenibile la tesi che ai cittadini non abbienti sarebbe
comunque  possibile presentare ricorso al prefetto, ricorso che, come
previsto  dalla legge, e' indenne da versamenti cauzionali, perche' a
maggior   ragione  e  in  modo  macroscopico  si  evidenzierebbe  una
sostanziale  ingiustizia  e discriminazione trasformandosi il ricorso
al  giudice  di  pace in un mezzo di tutela piuttosto elitario e solo
per ricchi.
    L'art. 204-bis   del   c.d.s.,   nell'imporre   al  cittadino  il
versamento  di  una  cauzione  per accedere alla giustizia, per altro
verso,   pone   dei  gravi  dubbi  di  incostituzionalita'  anche  in
riferimento  al  diritto  di  difesa  per  tutti  i cittadini sancito
dall'art. 24 della Costituzione, ponendosi di fatto come un autentico
ostacolo,  come  una  barriera  inaccettabile  -  soprattutto  per  i
cittadini meno abbienti - per il libero accesso alla giustizia.
    In  effetti  l'art. 24  della  Costituzione se ai primi due commi
assicura  che  «tutti  possono  agire  in  giudizio per la tutela dei
propri  diritti  e  interessi  legittimi» e che «la difesa e' diritto
inviolabile  in  ogni stato e grado del procedimento», al terzo comma
garantisce  che  «sono  assicurati  ai  non  abbienti,  con  appositi
istituti,   i   mezzi   per   agire  e  difendersi  davanti  ad  ogni
giurisdizione».
    E,  a tal riguardo, val la pena ricordare tra gli istituti atti a
garantire  il  diritto  di  giustizia  ai  meno  abbienti il gratuito
patrocinio  regolamentato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e, non
ultima, la possibilita' di stare in giudizio personalmente - e quindi
senza  esborsi superflui e gravosi - nelle cause di fronte al giudice
di  pace  il cui valore non eccede Euro 516,46 prevista dall'art. 82,
primo comma c.p.c.
    La  stessa  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n. 67  del
29 novembre   1960,   aveva   gia'  dichiarato  l'incostituzionalita'
dell'art. 98  c.p.c.  nella  parte  in  cui  prevedeva  il potere del
giudice di imporre una cauzione alla parte con conseguente estinzione
del giudizio in caso di mancato versamento.
    Alla  luce di quanto finora osservato, la norma dell'art. 204-bis
introdotta  dall'art. 4  del  decreto-legge  27 giugno  2003, n. 151,
convertito nella legge 1° agosto 2003, n. 214, di modifica del c.d.s.
costitusce   di   fatto   una  sostanziale  -  e  per  certi  aspetti
irragionevole   -   limitazione   di  un  diritto  costituzionalmente
garantito  a  tutti  i cittadini, compresi i cittadini meno abbienti,
diritto   veramente   imprescindibile   nella   ratio   della  nostra
Costituzione  in  quanto  diritto riguardante i rapporti civili e dal
cui  travolgimento, nella fattispecie che ci riguardano, scaturirebbe
un incomprensibile eccessivo esborso di denaro, forse sostenibile dai
cittadini  facoltosi,  molto  meno  dai  cittadini  meno abbienti, da
qualificarsi  in  estrema  sintesi  unicamente  come  puro e semplice
dissuasore   perche'   i   cittadini  non  si  rivolgano  al  giudice
inducendoli cosi' a rinunciare ad un diritto irrinunciabile.
    Da  quanto  osservato deriva, a parere di questo giudice di pace,
la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 204-bis  del  c.d.s.  cosi' come introdotto
dall'art. 4 del decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151, convertito nella
legge   1° agosto  2003,  n. 214,  nella  parte  in  cui  prevede  il
versamento  di  una  somma pari alla meta' del massimo edittale della
sanzione inflitta, pena l'inammissibilita' del ricorso (art. 204-bis,
comma  3)  limitando  cosi'  il diritto di difesa dei cittadini e, in
modo  particolare,  dei  cittadini non abbienti, per violazione degli
artt. 2, 3 e 24, comma terzo, della Costituzione.
    Il   procedimento  de  quo  non  potendo  essere  proseguito  ne'
tantomeno   definito   indipendentemente   dalla   risoluzione  della
questione    di    legittimita'   costituzionale   che   non   appare
manifestamente  infondata,  deve  essere  sospeso  e  gli atti devono
essere  rimessi,  a  mente  dell'art. 23  della  legge 11 marzo 1953,
n. 87, alla Corte costituzionale.
    Sussistono,  a  parere di questo giudice, i gravi motivi previsti
dall'art. 22  della  legge  n. 689/1981, per concreta possibilita' di
giudicati  contrastanti,  per  aderire  alla richiesta di provvisoria
sospensione del provvedimento impugnato.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
    Sospende  l'esecuzione  del  provvedimento  impugnato compresa la
decurtazione dei punti dalla patente di guida;
    Visti  gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87;
    Ritenuta  la  rilevanza  e  la non manifesta infondatezza solleva
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3,
del  codice della strada nella parte in cui prevede che «all'atto del
deposito   del   ricorso,   il  ricorrente  deve  versare  presso  la
cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita' del
ricorso,  una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  edittale della
sanzione  inflitta  dall'organo  accertatore. Detta somma, in caso di
accoglimento del ricorso, e' restituita al ricorrente»;
    Sospende  il presente giudizio ed ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Dispone  che  a  cura  della  cancelleria  di  questo  ufficio la
presente  ordinanza  venga  comunicata all'autorita' che ha emesso il
provvedimento impugnato e venga notificata alle parti e al Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  comunicata ai Presidenti del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati.
        Asiago, addi' 6 ottobre 2003
                     Il giudice di pace: Balsamo
03C1334