N. 367 ORDINANZA 10 - 19 dicembre 2003
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza sociale - Indennita' di mobilita' - Requisito dell'anzianita' aziendale di almeno dodici mesi - Cumulo di periodi lavorativi - Mancata previsione - Lamentata disparita' di trattamento rispetto ai dipendenti trasferiti con passaggio diretto, nonche' lesione del principio di solidarieta' sociale - Insufficiente motivazione sulla rilevanza, nonche' censura di norma inapplicabile nel giudizio a quo - Manifesta inammissibilita' della questione. - Legge 23 luglio 1991, n. 223, artt. 16, comma 1, e 8, comma 4-bis. - Costituzione, artt. 2, 3, e 38.(GU n.51 del 24-12-2003 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 16, comma 1, e 8, comma 4-bis, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), promossi con due ordinanze del 27 luglio 2002 emesse dal Tribunale di Chieti sui ricorsi proposti da Donatella Dell'Osa e da Umberto Parlione contro l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), iscritte ai numeri 582 e 583 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1ª serie speciale, dell'anno 2003. Visti gli atti di costituzione dell'INPS, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 28 ottobre 2003 il giudice relatore Franco Bile; Uditi l'avvocato Giuseppe Fabiani per l'INPS e l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che con Ordinanza emessa il 27 luglio 2002, nel procedimento civile tra Donatella Dell'Osa e l'INPS, il Tribunale di Chieti ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 16, comma 1, e 8, comma 4-bis, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), per contrasto con gli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono - ai fini dell'integrazione del requisito dell'anzianita' aziendale di almeno dodici mesi quale presupposto perche' i dipendenti che perdono il posto di lavoro possano beneficiare dell'indennita' di mobilita' - il cumulo del periodo di lavoro prestato, senza soluzione di continuita', con passaggio diretto presso imprese dello stesso settore di attivita' che abbiano il medesimo assetto proprietario di quelle presso le quali in precedenza sia intercorso il rapporto lavorativo; che il giudice rimettente riferisce che il giudizio era stato instaurato da una lavoratrice che aveva prestato lavoro prima alle dipendenze della societa' Colagreco Trasporti S.r.l. e successivamente, a seguito di passaggio diretto, della societa' Colagreco Trasporti Group S.p.A. e precisa ulteriormente che «tutti i lavoratori erano passati senza soluzione di continuita' alcuna alle dipendenze della Colagreco Group S.p.A., con le medesime mansioni, le medesime strutture aziendali per lo svolgimento della medesima attivita' d'impresa dato che la Colagreco S.r.l. nel gennaio 1998 aveva cessato ogni attivita' di fatto ceduta alla Colagreco Group S.p.A.»; che il giudice rimettente ipotizza la violazione del principio di eguaglianza per disparita' di trattamento tra i lavoratori licenziati nel periodo 1° gennaio 1992 - 31 dicembre 1994, che (ai sensi dell'art. 4, comma 11, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608) hanno beneficiato dell'indennita' di mobilita' cumulando l'anzianita' aziendale in caso di passaggio diretto da un'azienda ad un'altra con il medesimo assetto proprietario, e quelli estromessi dal posto di lavoro successivamente, che non ne hanno fruito non potendo cumulare analoghe anzianita' di lavoro; che sussisterebbe disparita' di trattamento anche tra i dipendenti trasferiti con passaggio diretto, a seguito di determinazione unilaterale del datore di lavoro, da un'azienda ad un'altra dello stesso settore avente il medesimo assetto proprietario e quelli rimasti invece nella stessa azienda, non essendo ai primi consentito di cumulare i periodi di lavoro prestato, al fine della spettanza dell'indennita' di mobilita'; che il giudice rimettente denuncia altresi' la violazione degli artt. 2 e 38 Cost. sotto il profilo dell'inadeguata tutela approntata in favore dei lavoratori disoccupati, trasferiti con passaggio diretto, ai quali non sarebbero assicurati mezzi sufficienti alle loro esigenze di vita, con compromissione del principio di solidarieta' sociale; che si e' costituito l'INPS, concludendo per l'infondatezza delle questioni di costituzionalita'; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha concluso in via principale per l'inammissibilita' delle questioni di costituzionalita', perche' il giudice rimettente non ha esplorato a fondo la nozione di «anzianita' aziendale» a fronte di una vicenda che avrebbe potuto essere inquadrata nella fattispecie della mera trasformazione societaria ex artt. 2498 e 2500 del codice civile, e in via subordinata per la sua infondatezza, perche' non sussiste la denunciata violazione del principio di eguaglianza non essendo comparabili le fattispecie raffrontate e comunque costituendo il fluire del tempo un idoneo elemento di differenziazione; che con altra ordinanza in pari data lo stesso Tribunale di Chieti ha sollevato identiche questioni di legittimita' costituzionale nel giudizio promosso da Umberto Parlione contro l'INPS svolgendo le medesime argomentazioni; che sia l'INPS, nell'atto di costituzione, che l'Avvocatura generale dello Stato, nell'atto di intervento, hanno concluso negli stessi termini di cui sopra. Considerato che i due giudizi possono essere riuniti, concernendo le medesime disposizioni e ponendo le stesse questioni di costituzionalita'; che la prima disposizione censurata (art. 16, comma 1, della legge n. 223 del 1991) prevede che, nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale, ai sensi del successivo art. 24, da parte di imprese diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, l'indennita' di mobilita' spetti al lavoratore, operaio, impiegato o quadro, «qualora possa far valere una anzianita' aziendale di almeno dodici mesi», di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festivita' e infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine; che siffatta norma e' ritenuta dal giudice rimettente in contrasto con gli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non prevede - ai fini dell'integrazione del requisito dell'anzianita' aziendale di almeno dodici mesi - il cumulo del periodo di lavoro prestato, senza soluzione di continuita', con passaggio diretto presso imprese dello stesso settore di attivita', con il medesimo assetto proprietario di quelle presso le quali il rapporto lavorativo sia in precedenza intercorso; che lo stesso giudice rimettente ricorda come la fattispecie concreta concerna lavoratori dipendenti da una societa' a responsabilita' limitata, passati senza soluzione di continuita' alle dipendenze di una societa' per azioni, con le medesime mansioni e le medesime strutture aziendali, per lo svolgimento della medesima attivita' d'impresa, dato che la prima societa' aveva cessato ogni attivita' di fatto ceduta alla seconda; che la questione cosi' proposta e' manifestamente inammissibile per insufficiente motivazione sulla rilevanza, avendo il giudice rimettente omesso di verificare se la concreta vicenda societaria dedotta in giudizio non fosse piuttosto inquadrabile nella fattispecie della mera trasformazione della societa' o in quella del trasferimento d'azienda, nessuna delle quali comporta soluzione di continuita' nell'anzianita' aziendale dei lavoratori dipendenti; che il giudice rimettente neppure ha tenuto conto che - secondo l'art. 2112 del codice civile, anche nel testo recentemente novellato dall'art. 32 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - per trasferimento d'azienda si intende qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarita' di un'attivita' economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identita', a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento e' attuato (anche in seguito a cessione contrattuale o fusione, secondo l'art. 32 cit.); che comunque - seppur l'art. 4, comma 11, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608, invocato dal giudice rimettente come tertium comparationis, ammetta il cumulo di distinti periodi di attivita' lavorativa, stabilendo che i requisiti per l'indennita' di mobilita' «si considerano acquisiti dai lavoratori con riferimento al lavoro prestato con passaggio diretto presso le imprese dello stesso settore di attivita' che presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovvero risultino in rapporto di collegamento o di controllo anche consortili» - tale disposizione riguarda, come eccezionale e transitoria previsione a carattere derogatorio rispetto alla regola posta dall'art. 16, comma 1, della legge n. 223 del 1991, soltanto i lavoratori licenziati nel periodo dal 1° gennaio 1992 al 31 dicembre 1994 sicche' e' in ogni caso inidonea a valere come termine di comparazione della normativa impugnata; che, quanto all'altra disposizione censurata (art. 8, comma 4-bis, della medesima legge n. 223 del 1991), la questione e' manifestamente inammissibile perche' tale disposizione riguarda l'inapplicabilita' dei benefici di cui ai precedenti quattro commi, relativi al collocamento dei lavoratori in mobilita', e non gia' alle condizioni per la fruizione dell'indennita' di mobilita', oggetto del giudizio a quo, onde essa non deve essere affatto applicata dal giudice rimettente; che pertanto entrambe le questioni di costituzionalita' sono manifestamente inammissibili.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 16, comma 1, e 8, comma 4-bis, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro) sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Chieti con le ordinanze indicate in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2003. Il Presidente: Chieppa Il redattore: Bile Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 19 dicembre 2003. Il direttore della cancelleria:Di Paola 03C1361