N. 1114 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2003
Ordinanza emessa il 6 ottobre 2003 dalla Corte dei conti, sez. giur. di appello per la Regione Sicilia sul ricorso proposto da INPDAP contro Cicala Domenica Previdenza e assistenza sociale - Soggetto titolare di piu' pensioni - Divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale sui diversi trattamenti pensionistici - Determinazione della misura del trattamento pensionistico complessivo oltre il quale diventi operante il divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento rispetto a quanto previsto per i dipendenti della Regione Siciliana a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 516/2000 - Incidenza sulla garanzia previdenziale. - D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, comma secondo. - Costituzione, artt. 3 e 38.(GU n.1 del 7-1-2004 )
LA CORTE DEI CONTI Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso in appello in materia di pensioni civili, iscritto al n.931/A/C del registro di segreteria e promosso dall'INPDAP in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato presso la sede legale in Palermo, via Resuttana, 360, Contro la sig.ra Domenica Cicala, rappresentata e difesa dall'avv. Giacomo D'Asaro, presso il cui studio in Palermo, via XX Settembre n. 29, ha eletto domicilio, avverso la sentenza n. 382/2002 del giudice unico delle pensioni della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, depositata il 25 marzo 2002. Visti gli atti e i documenti di causa; Uditi, nella pubblica udienza del 5 giugno 2003, il relatore, consigliere Salvatore Cilia, il dott. Giovanni Dino per l'INPDAP e l'avv. Giovanni Russo Bavisotto per delega dell'avv. D'Asaro. Fatto La sig.ra Domenica Cicala, titolare, dal 4 febbraio 1989, di pensione di reversibilita' quale vedova del sig. Angelo Failla, insegnante elementare, a decorrere dal 1° settembre 1991 fruisce anche di una pensione diretta in qualita', anche lei, di insegnante elementare. Cio' stante, nella considerazione che, a partire da tale ultima data, la direzione provinciale del tesoro non ha mai incluso nella pensione diretta l'indennita' integrativa speciale, la sig.ra Cicala, col patrocinio dell'avv. Giacomo D'Asaro, ha formulato ricorso dinanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana (depositato il 15 novembre 1994) contro il Ministero del tesoro - Direzione generale degli istituti di previdenza per il riconoscimento del diritto alla corresponsione sulla pensione diretta della predetta indennita', nonche' al pagamento delle differenze dovute sui ratei di pensione «diretta o di reversibilita» versati negli anni trascorsi con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulle somme rivalutate a decorrere dalle singole scadenze e fino al soddisfo. Con sentenza n. 382 del 15 gennaio/25 marzo 2002, il giudice unico delle pensioni, affermando che la pretesa dedotta in giudizio sia fondata in base alla giurispudenza «ormai assolutamente costante e consolidata», dalla quale lo stesso «non ravvisa motivi per doversi discostare», ha riconosciuto il diritto della ricorrente alla fruizione della indennita' integrativa speciale, nella misura intera, sulla pensione diretta (iscrizione n. 12346805), a decorrere dal 1° settembre 1991, condannando l'INPDAP al pagamento dei ratei arretrati e agli accessori di legge. Con atto notificato il 15 aprile 2002 e depositato in segreteria il 24 aprile 2002, l'INPDAP ha impugnato la predetta sentenza chiedendo l'annullamento della sentenza appellata considerato che, in base alla sentenza n. 494/1993 della Corte costituzionale, in caso di cumulo di due trattamenti pensionistici, resta fermo il divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali e deve farsi salvo soltanto l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (c.d. «minimo INPS»), aggiungendo che non puo' essere invocata ne' la sentenza n. 566/1989, che concerne il cumulo di un trattamento di attivita' con un trattamento di pensione, ne' la sentenza n. 517/2000 (recte: n. 516/2000), che riguarda una normativa (quella del personale dipendente della Regione siciliana) non certamente applicabile al caso in giudizio. Peraltro, nelle more del giudizio di merito, l'INPDAP ha chiesto preliminarmente la sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado, «atteso il danno grave e irreparabile che l'amministrazione subirebbe ... nel recuperare poi con grande difficolta', in caso di accoglimento dell'appello le somme in piu' erogate». Con comparsa di costituzione depositata lo stesso giorno dell'udienza, l'avv. D'Asaro contesta il fondamento dell'appello «alla stregua della giurisprudenza piu' recente della Corte dei conti di primo grado e della sezione centrale di appello», chiedendo in subordine la sospensione del giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione sollevata dalla Corte dei conti in merito alla eventuale possibilita' della spettanza della doppia i.i.s. su due trattamenti di pensione a carico dello Stato. Contestualmente, l'avv. D'Asaro ha depositato una delega in favore dell'avv. Russo Bavisotto per essere sostituito nell'udienza di discussione. Nel corso della trattazione orale, sia il dott. Dino che l'avv. Russo Bavisotto confermano i contenuti e le richieste degli atti scritti. Diritto L'INPDAP sostiene nell'atto di appello che il ricorrente, essendo in godimento di due trattamenti pensionistici a carico dello Stato e a carico dello stesso istituto previdenziale, non ha diritto alla corresponsione della indennita' integrativa speciale su entrambe le pensioni percepite, stante la vigenza del divieto di cumulo ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 494/1993, fatto salvo l'importo corrispondente al c.d. «minimo I.N.P.S.». Cio' sta a significare che viene nuovamente all'esame della sezione il problema del cumulo dell'indennita' integrativa speciale tra due trattamenti pensionistici, al quale deve applicarsi la disposizione del secondo comma dell'art. 99 del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, la quale, anche dopo la integrazione operata dal Giudice delle leggi (sentenza n. 494/1993, appena citata), permane un divieto generalizzato della predetta indennita' nel caso di due (o piu) trattamenti pensionistici, pur non avendo il legislatore fissato il limite minimo o il trattamento complessivo al di sotto del quale non debba operare il divieto stesso. Al riguardo si deve rilevare che con la sentenza n. 516/2000, emessa in occasione di analoga questione riferita al cumulo di indennita' di contingenza a favore di pensionati della regione siciliana, il Giudice delle leggi - partendo dalla affermazione che l'illegittimita' costituzionale non deriva dal divieto di cumulo, di per se' non incostituzionale, in relazione alla originaria funzione di tale indennita' (o similare) come elemento aggiuntivo della retribuzione o pensione ma separato dall'una o dall'altra, allo scopo di adeguarla ad un livello minimo rispetto alle variazioni del costo della vita - ha concluso nel senso che tale illegittimita' si riscontra in presenza di un divieto di cumulo di carattere generalizzato, qualora, cioe', non sia fissato un limite minimo o trattamento complessivo per le attivita' alle quali si riferisce, al di sotto del quale il divieto stesso non debba operare. La Corte costituzionale ha inoltre osservato che, d'altra parte, spetta al legislatore la scelta fra diverse soluzioni nell'ottica del perseguimento di un equilibrio finanziario del sistema retributivo e pensionistico, con possibilita' quindi di distinguere la disciplina del cumulo anche con ragionevoli differenziazioni temporali, purche' venga comunque rispettata l'esigenza di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e del pensionato. Conseguentemente, il giudice delle leggi ha statuito che «un divieto generalizzato di cumulo di indennita' di contingenza (o indennita' equivalenti nella funzione di sopperire ad un maggior costo della vita) sia illegittimo dal punto d vista costituzionale quando, in presenza di diversi trattamenti a titolo di attivita' di servizio o di pensione (ovviamente quando non vi sia incompatibilita), non sia previsto (sentenze n. 566 del 1989 e n. 376 del 1994) un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con un indice rapporto alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore-pensionato e della sua famiglia o del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso». E' agevole rilevare, pertanto, che la sentenza n. 516/2000 conclude con un dispositivo diverso da quello con il quale aveva concluso la sentenza n. 376/1994 (sebbene la norma denunciata fosse sostanzialmente identica), considerato infatti che la Corte, mentre in quest'ultima ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della regione siciliana 24 luglio 1978, n. 17, nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi - ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennita' di contingenza o di altra maggiorazione finalizzata all'adeguamento al costo della vita -, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo lavoratori dipendenti, nella prima sentenza ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della tabella O, lettera b), terzo comma della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41 (sostanzialmente riproduttiva del citato art. 4 della legge regionale n. 17/1978 «nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari». Ne deriva che, alla stregua della sentenza n. 516 - e tenendo presente la linea ragionativa a suo tempo seguita dalla sentenza n. 566/1989 per il caso di cumulo di indennita' integrative speciali in presenza di un trattamento di lavoro e di una pensione - la decurtazione di tale indennita' in presenza di diversi trattamenti pensionistici, anche quando sia salvaguardata l'integrazione al minimo INPS, potrebbe ritenersi priva di qualsiasi ragionevole giustificazione con evidente vulnus degli artt. 3 e 38 Cost., considerato che in ogni caso l'art. 99, comma 2, del d.P.R. n. 1092/1973 non stabilisce un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con un indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto di cumulo debba essere necessariamente escluso; e, cioe', in conformita' del chiaro orientamento ripetutamente manifestato dal Giudice delle leggi. La questione di legittimita' costituzionale, oltre ad essere non manifestamente infondata per le ragioni che precedono, e' rilevante nel presente giudizio stante che la decisione di questa sezione in merito all'appello dell'INPDAP e' chiaramente collegata alla circostanza che nell'ordinamento permanga (o non permanga) la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita: cio', ovviamente, in quanto il collegio non condivide la giurisprudenza della Corte dei conti citata nella sentenza di primo grado (e con riferimento alla quale il giudice monocratico aveva accolto il ricorso) che ha considerato gia' risolto il problema invece dibattuto in questa sede. Sulle considerazioni che precedono non sembra avere alcuna influenza la declaratoria di inammissibilita' pronunciata dalla Corte costituzionale con l'ord. n. 179/2003, stante il problema di base da cui era stata occasionata la relativa questione di legittimita' costituzionale era sostanzialmente diversa da quella che si tratta in questa sede. A questo punto, stante che il giudizio rimesso a questa sezione non puo' essere - allo stato - definito, deve essere esaminata la richiesta dell'appellante di sospensione della esecuzione della sentenza appellata in base alle considerazioni esposte in narrativa. In merito, il collegio, rilevando che la normativa applicabile (art. 10, legge 21 luglio 2000, n. 205; art. 431 cod. proc. civ.) consente la sospensione dell'esecuzione nel caso in cui dalla esecuzione medesima possa derivare alla parte appellante un gravissimo danno, deve osservare che, nella specie, tali presupposti non si riscontrano considerato che le somme (eventualmente) corrisposte in piu' potranno (e dovranno) essere recuperate nelle forme e con i mezzi di cui l'amministrazione dispone per la ripetizione dell'indebito nei confronti di un soggetto cui mensilmente eroga un trattamento di pensione; conseguentemente, l'istanza di sospensione formulata dall'INPDAP deve essere rigettata.
P. Q. M. Respingendo la domanda di sospensione della esecuzione della sentenza impugnata, visti l'art. 134 Cost. e l'art. 23, commi 2 e 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, comma 2, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operativo, per i titolari di due o piu' pensioni, il divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali, con contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. Ordina l'immediata trasmissione degli atti a cura della segreteria, alla Corte costituzionale, sospendendo conseguentemente il processo sino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'. Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti, e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' provveduto in Palermo, nella camera di consiglio del 5 giugno 2003. Il Presidente-estensore: Cilia 03C1366