N. 1126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 2003

Ordinanza  emessa il 11 giugno 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Busto
Arsizio nel procedimento penale a carico di Kozak Natasha

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Violazione del principio di ragionevolezza sotto diversi profili.
- D.Lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  art. 14,  comma 5-quinquies,  in
  relazione  al  comma 5-ter  del  medesimo articolo, come modificato
  dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.2 del 14-1-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza camerale del 29 maggio
2003   di   convalida  d'arresto,  sulla  questione  di  legittimita'
costituzionale  sollevata  dall'avv.  Marco  Brunoldi,  difensore  di
ufficio  di Kozak Natasha nata a Cernovzi (Ucraina) il 4 aprile 1980,
elettivamente domiciliata in Monza, via Liberta' n. 18;

                              Premesso

    Che  l'indagata  e'  stata tratta in arresto il 22 marzo 2003 dai
Carabinieri  di  Caronno  Pertusella  in  relazione  al  reato di cui
all'art. 14,  comma  quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato
dalla legge 30 luglio 2002 n. 189;
    Che  il p.m., con decreto di pari data, ha disposto la remissione
in liberta' dell'arrestata ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p.;
    Che   il   difensore   eccepisce  l'illegittinita  costituzionale
dell'art. 14,  comma  quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  30 luglio 2002 n. 189, nella parte in cui, in relazione
al   comma   5-ter  della  stessa  norma,  dispone  l'obbligatorieta'
dell'arresto  a  fronte  di una fattispecie contravvenzionale che, in
alcun caso, consente l'applicazione di misura cautelare;
    Che,  nella prospettazione difensiva, le disposizioni in commento
contrastano  con l'art. 13 Cost. e con il principio di inviolabilita'
della liberta' personale in tale norma consacrato;

                            O s s e r v a

    La  questione  dedotta dalla difesa di Kozak Natasha e' rilevante
ai  fini  del  decidere dovendosi valutare la convalidabilita' o meno
dell'arresto  operato  a carico della medesima per il reato di cul al
vigente  art. 14, comma quinquies, d.lgs. n. 286/1998 in relazione al
comma  5-quater  della stessa norma (cfr. verbale di arresto 22 marzo
2003). In realta', come correttamente rilevato dalla parte deducente,
l'unico   reato   ascrivibile  all'indagata  e'  quello  dettato  dal
combinato  disposto  dei commi 5-bis e 5-ter dell'art. 14 cit. e cio'
in  quantoKozak Natasha risulta destinataria di un ordine di lasciare
il  territorio  dello  Stato  nel  termine di giorni 5 dalla notifica
(cfr.   ordine  questore  Milano  13 gennaio  2003)  -  provvedimento
senz'altro  inadempiuto  -  ma  in  alcun  caso  la  stessa  e' stata
accompagnata  alla  frontiera  a mezzo della forza pubblica e percio'
materialmente allontanata dal territorio italiano.
    Tanto  puntualizzato  in  diritto, l'eccezione in esame, per come
posta,  e'  manifestamente  infondata.  Non  si ravvisa contrasto fra
l'art. 13   Cost.   e   l'art. 14  comma  5-ter  e  quinquies  d.lgs.
n. 286/1998  come  modificati  dalla  legge  30 luglio 2002 n. 189 in
quanto  l'arresto  e'  espressamente  previsto  come obbligatorio dal
legislatore e la restrizione della liberta' personale e' avvenuta per
atto   motivato   dell'autorita'  giudiziaria  a  cio'  abilitata.  I
presupposti  ed  i  requisiti  di  legittimita'  costituzionale della
restrizione  della liberta' personale sono, altresi', soddisfatti ove
si voglia ricondurre l'arresto, caso eccezionale di restrizione della
liberta'   personale   connotato   da  necessita'  ed  urgenza,  alla
previsione   del   terzo   comma,   dell'art. 13   Cost.:  la  misura
«provvisoria»  e' stata comunque comunicata, nelle 48 ore, al p.m. ed
ha  perso efficacia per iniziativa della stessa autorita' giudiziaria
ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p.
    Piuttosto  che  in contrasto con l'habeas corpus, pare al giudice
procedente  che  le  norme  incriminatrici  e procedurali in esame si
pongano in palese contraddizione con l'art. 3 Cost., sotto il profilo
della ragionevolezza.
    Salvo   errore,   non   e'  rintracciabile  nel  vigente  sistema
processuale  e  penale  alcuna  norma  che  facoltizzi  o, come nella
specie,  obblighi  la  p.g.  ad  arrestare  l'autore  del reato e non
consenta  poi al p.m. di chiedere, ed al giudice di applicare, alcuna
misura cautelare.
    La  contravvenzione per cui si procede e' punita con l'arresto da
6  mesi  ad  1  anno:  la natura stessa dell'illecito ne impedisce la
riconduzione  entro  i  parametri  generali  dell'art. 280 c.p.p. (e,
altresi',  dell'art. 287  c.p.p.  rispetto alle misure cautelari solo
interdittive);  ne'  ricorrono le ipotesi derogatorie - per l'arresto
operato  in riferimento ai delitti di cui all'art. 381, secondo comma
c.p.p.  e per i casi di arresto consentito anche fuori dello stato di
flagranza -   tipicamente  individuate  dall'art. 391,  quinto  comma
c.p.p.
    L'art. 121  disp.  att.  c.p.p.  obbliga  il  p.m.  a disporre la
liberazione  dell'arrestato  quando  ritenga  di non dover richiedere
l'applicazione   di  misure  coercitive  (ad  esempio,  per  ritenuta
insussistenza  di  esigenze  cautelari).  A maggior ragione, percio',
l'organo   inquirente   sara'   tenuto  a  restituire  alla  liberta'
l'arrestato  se  la  richiesta  di  applicazione  di misure cautelari
coercitive gli sia preclusa in diritto.
    L'irrazionalita'  delle  regole  congegnate dal novellato art. 14
d.lgs. n. 286/1998 emerge anche sotto differente profilo: per i reati
previsti dal comma 5-ter, oltre all'arresto obbligatorio, e' previsto
quale  rito  esclusivo  il  «direttissimo». Tuttavia detta previsione
appare  inconciliabile  con  la  citata  norma  delle disposizioni di
attuazione   che   fa   obbligo   al   p.m.,   non  potendo  chiedere
l'applicazione  di  alcuna misura cautelare, di liberare l'arrestato.
Anche ad ipotizzare un'interpretazione alternativa - che, al di fuori
dei  casi  stabiliti  in  via  generale dagli artt. 449 e 450 c.p.p.,
legittimasse il p.m. a procedere con giudizio direttissimo nonostante
l'intervenuta  remissione  in  liberta' dell'indagato - l'illogicita'
del  sistema  non  verrebbe  meno: saremmo pur sempre di fronte ad un
arresto obbligatorio non legittimante l'applicazione di alcuna misura
cautelare. Ed ancora, nulla muterebbe quanto alle conclusioni seppure
- con ulteriore esegesi, peraltro difficilmente sostenibile sul piano
letterale  e  sistematico  -  dovesse  leggersi  il comma 5-quinquies
dell'art. 14   in  oggetto  quale  ipotesi  derogatoria  alla  regola
generale  dell'art. 121  disp.  att.  c.p.p. Il giudizio direttissimo
verrebbe  comunque  instaurato  sulla base di un arresto al quale mai
potrebbe  seguire  l'applicazione  di  una qualsiasi misura cautelare
coercitiva.
    Conferma    indiretta   della   fondatezza   della   censura   di
incostituzionalita'  che  qui  si  muove  viene  dal  rilievo  che il
legislatore,  in altro ambito sostanziale, ha di recente tenuto conto
della irragionevolezza di una regola che rendesse operabile l'arresto
in  flagranza di reato per poi escludere la percorribilita' della via
cautelare: la legge 9 aprile 2003 n. 72, recante modifiche al decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  in  materia  di  «omisione  di
soccorso»,  con  l'art. 2,  comma b), sanziona con la reclusione da 3
mesi a 3 anniil fatto di chi, in caso di incidente stradale con danno
alle  persone comunque ricollegabile al proprio comportamento, omette
di  fermarsi. Nell'introdurre per tale ipotesi l'arresto facoltativo,
anche  fuori dei casi di flagranza, la norma incriminatrice ha curato
di  preservare l'efficacia della restrizione iniziale selezionando le
misure cautelari applicabili (solo quelle di cui agli artt. 281, 282,
283  e  284 c.p.p.) e disponendone espressamente l'operativita' anche
al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280 c.p.p.
    Da  ultimo,  costituisce  convincimento  di  chi  scrive  che  la
previsione  dell'arresto  obbligatorio  in  flagranza in relazione al
reato  di  cui  all'art. 14,  comma  5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998  sia
altresi'  irragionevole  per  la  sproporzione  apprezzabile  fra  la
massima  restrizione  della liberta' personale il contenuto disvalore
del  fatto,  comprovato dalla natura contravvenzionale dell'illecito.
Invero  -  anche a prescindere dalla inintellegibilita' di un sistema
che  obbliga  la  p.g.  ad  arresti  «fini  a  se' stessi» - vi e' da
considerare  che  in  casi  quale  quello  presente  la  norma penale
sanziona  il  mero  inadempimento  di un provvedimento amministrativo
ovvero  l'illegittimo  protrarsi in capo al soggetto extracomunitario
dell'accertato status di clandestinita'.
    E'  ben  vero  che  la  selezione  delle  condotte  meritevoli di
sanzione penale - strumento repressivo che si configura quale extrema
ratio  -  appartiene  in  via  esclusiva al legislatore: nondimeno si
traduce  in  un  meccanismo  censurabile  come  irragionevole, quindi
contrastante   con   l'art. 3  Cost.,  quello  che,  prima,  consente
l'arresto - ed anzi, lo rende obbligatorio - in relazione ad un fatto
criminoso  contravvenzionale,  poi  impone  al  p.m.,  e  comunque al
giudice,  di  rimettere  in  liberta'  l'arrestato, quindi punisce il
reato  con  la  contenuta sanzione dell'arresto da 6 mesi a 1 anno. A
parere  del  giudice  scrivente  la  contraddittorieta'  del  vigente
sistema,  che  tradisce  la  difficolta' di conciliare due differenti
esigenze  -  quali  il  contrasto  efficace  del  fenomeno migratorio
clandestino  ed il dovuto rispetto del principio di materialita' e di
offensivita'  del  fatto  criminoso,  portato  diretto  dell'art. 25,
secondo  comma  Cost. -  puo'  trovare  soluzione  non  gia'  in  via
interpretativa    ma   soltanto   attraverso   la   declaratoria   di
incostituzionalita'  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, nella parte in
cui  dispone l'arresto obbligatorio nella situazione di flagranza del
reato  di  cui  al  precedente comma 5-ter, pronuncia per la quale si
insta.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23,  legge  n. 87/1953, dichiara non manifestamente
infondata  e  rilevante  la  questione  di legittimita' dell'art. 14,
comma  5-quinquies,  in  relazione al comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998
come  modificato  dall'art. 13 della legge n. 189/2002, per contrasto
con  l'art. 3  della Costituzione, nei sensi di cui alla parte motiva
della presente ordinanza.
    Sospende per l'effetto il giudizio in corso.
    Dispone  che  la  cancelleria  notifichi la presente ordinanza al
Presidente  del  Consiglio  dei ministri e la comunichi ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento.
        Busto Arsizio, addi' 11 giugno 2003
          Il giudice per le indagini preliminari: Di Censo
04C0011