N. 1177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2003
Ordinanza emessa il 30 ottobre 2003 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Moriconi Gianfrancesco contro Ministero delle politiche agricole e forestali - Direz. generale per le politiche strutturali e lo sviluppo rurale Cooperazione, cooperativa - Cooperative agricole - Assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate dai soci, in caso di esistenza dello stato di liquidazione o di sentenza almeno di primo grado, attestante lo stato di insolvenza - Ammissione al beneficio solo delle cooperative che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla legge - Conseguente esclusione delle cooperative che non abbiano presentato tempestiva domanda per ragioni ad esse non imputabili e per disposizioni ministeriali illegittime ed annullate dal giudice amministrativo - Irragionevolezza e disparita' di trattamento di situazioni omogenee - Lesione del principio della funzione sociale della cooperazione. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 126, comma 5. - Costituzione, artt. 3, e 45.(GU n.4 del 28-1-2004 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 12227/2001, proposto da Moriconi Gianfrancesco rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco e Paola Morbiducci e dall'avv. Marco Claudio Ramazzotti ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, viale Liegi n. 7; Contro il Ministero delle politiche agricole e forestali - Direzione generale per le politiche strutturali e lo sviluppo rurale, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ivi ope legis domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento: 1) dell'atto in data 28 giugno 2001, con cui il Ministero delle politiche agricole e forestali ha rigettato l'istanza del socio Moriconi Gianfrancesco intesa ad ottenere, ai sensi dell'articolo 126 della legge finanziaria per l'anno 2001, l'assunzione a carico dello Stato delle garanzie da esso prestate a favore della Cooperativa «La Collina»; 2) di ogni atto correlato a quello sopra descritto: precedente, contestuale e successivo; 3) e per quanto occorrer possa per l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 126 della legge finanziaria per il 2001, per quella parte in cui si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata; Visti gli atti di causa; Relatore alla pubblica udienza del 28 aprile 2003 il consigliere Giancarlo Luttazi; Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue. F a t t o 1. - Il ricorrente prospetta quanto segue. Egli, prima del 19 maggio 1993 [giorno immediatamente precedente la data di entrata in vigore del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 19 luglio 1993, n. 237 (v. subito infra, n.d.r.)] garanti' personalmente in qualita' di socio alcuni debiti contratti dalla cooperativa agricola «La Collina». Il citato decreto-legge n. 149/1993 stabiliva (art. 1-bis, n.d.r.) l'assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie concesse, prima della data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge, da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse, di cui fosse stata previamente accertata l'insolvenza. Il decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (recante «Criteri e procedure per l'assunzione a carico del bilancio dello Stato, ai sensi della legge 19 luglio 1993, n. 237, art. 1-bis, delle garanzie concesse da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l'insolvenza») ha poi previsto (art. 1, comma 1), tra l'altro, che le suddette garanzie fossero assunte a carico del bilancio dello Stato a favore delle cooperative il cui stato d'insolvenza fosse stato accertato dall'autorita' giudiziaria alla data del medesimo decreto 2 febbraio 1994; o per le quali l'autorita' vigilante governativa avesse disposto, alla data dello stesso decreto, la liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'art. 2540 del codice civile. Pertanto il ricorrente, vistasi preclusa la possibilita' di accedere all'agevolazione (perche' la cooperativa agricola «La Collina» veniva posta in liquidazione coatta amministrativa solo in data 19 luglio 1994), non presenta domanda di ammissione al beneficio nel termine richiesto (fissato al 22 settembre 1994 dal punto 3.1 della circolare del Ministero delle risorse agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17, avente come oggetto: «Legge n. 237 del 19 luglio 1993, art. 1-bis - Istruzioni per la presentazione delle istanze e da parte dei soci-garanti, e per la successiva trasmissione da parte dei curatori fallimentari e commissari liquidatori»). Successivamente il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, Sezione II, con la sentenza n. 266 del 29 gennaio 1997, ha annullato il citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 nella parte in cui ha fissato alla data della sua emanazione (2 febbraio 1994), ai fini del beneficio in esame, il termine di riferimento per l'accertamento dell'insolvenza della cooperativa, ritenendo invece quel giudice piu' corretta una fissazione dello stesso termine alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda da parte del soci garanti (nella specie il 22 settembre 1994, termine posto dal citato punto 3.1 della circolare del Ministero delle risorse agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17: v. supra). Da ultimo l'art. 126, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 [«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»] ha disposto: «Subordinatamente alle cooperative ammesse a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, possono essere ammessi a godere degli stessi benefici le cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data del 19 luglio 1993 si trovavano nelle condizioni previste dal suddetto articolo, che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione. Le procedure esecutive nei confronti dei soci garanti per l'escussione delle garanzie sono sospese sino alla comunicazione da parte dell'amministrazione della messa a disposizione della somma spettante». In esito a questa disposizione il ricorrente, pel tramite del Commissario liquidatore della Cooperativa «La Collina», presentava al Ministero istanza di assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate a fronte di debiti contratti dalla Cooperativa, per un totale di L. 2.433.854.002. In particolare l'istanza era formulata «ai sensi della legge 19 luglio 1993, n. 237, art. 1-bis, del decreto ministeriale 2 febbraio 1994 e dell'art. 126 della legge finanziaria 2001, che ha esteso la possibilita' di accedere ai benefici della legge 237 anche alle Cooperative il cui stato di insolvenza sia stato dichiarato tra il 2 febbraio 1994 e il 22 settembre 1994». Con l'impugnato atto in data 28 giugno 2001 il Ministero delle politiche agricole e forestali ha respinto l'istanza rilevando che il citato art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 non ha riaperto i termini per l'accesso al beneficio in argomento, riferendosi alle cooperative ed ai consorzi tra cooperative che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge n. 237/1993. 2. - Avverso questa determinazione ministeriale e' proposto il presente gravame, che denuncia: «Violazione di legge. Violazione dell'art. 12 delle preleggi. Eccesso di potere per vizio del procedimento e per difetto dei presupposti, nonche' per illogicita' ed irrazionalita'. Violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione». Il ricorrente rileva che sebbene le disposizioni della legge finanziaria 2001 applicate dall'Amministrazione siano «maldestre» si' da ingenerare quantomeno dubbi ed equivoci esse debbono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali di eguaglianza, imparzialita' e buon andamento dell'Amministrazione. Egli richiama i commi 1 e 2 del citato art. 126 della citata legge finanziaria («1. A titolo di riconoscimento di somme gia' maturate e dovute per le finalita' di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, e' autorizzata la spesa di lire 230 miliardi per l'anno 2001, fermo restando lo stanziamento finanziario gia' previsto dal citato art. 1, comma 1-bis. 2. Il pagamento da parte dello Stato delle garanzie ammesse per le finalita' di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, e' effettuato secondo l'ordine stabilito nell'elenco n. 1 di cui al decreto ministeriale 18 dicembre 1995 del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1996, e sulla base dei criteri contenuti nel decreto ministeriale 2 febbraio 1994, del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1994, salve le successive modifiche conseguenti a pronunce definitive in sede amministrativa o giurisdizionale»). E rileva che con queste disposizioni il legislatore ha in primo luogo confermato la lista degli ammessi al beneficio compilata secondo le indicazioni del citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (v. supra il capo 1), integrata e modificata dalle successive pronunce amministrative e giurisdizionali. Col successivo comma 5 (riportato al capo 1 che precede) la legge avrebbe poi inteso, per ragioni di giustizia, disciplinare la riammissione al beneficio di coloro che (come il ricorrente), indotti in errore dalle disposizioni del citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 poi dichiarate illegittime, non avevano a suo tempo presentato domanda pur avendo pieno diritto di accedere al beneficio. La diversa interpretazione adottata dall'atto impugnato sarebbe illegittima perche' porrebbe il disposto del citato art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 in contrasto coi principi fissati dall'art. 3 della Costituzione e coi canoni di razionalita' e buon andamento dell'Amministrazione sanciti dal successivo art. 97 della Carta costituzionale, posto che - come affermato piu' volte dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione - a fronte di piu' significati possibili della stessa disposizione e' compito dell'interprete escludere quello che difetti di coerenza con i dettami della Costituzione. In particolare - rileva il ricorrente - l'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000 ha testualmente previsto che possono essere ammessi a godere del beneficio in esame coloro che «abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge» n. 237/1993. Ma questo termine (fissato al 22 settembre 1996: v. supra al capo 1) non fu stabilito dalla legge n. 237/1993 bensi' dalla circolare 14 luglio 1994, n. 17, successiva al decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (che aveva posto il termine del 2 febbraio 1994 per l'esistenza del presupposto dello stato di insolvenza: v. supra il citato capo 1) e anteriore alla citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 266/1997 (che aveva annullato il citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 nella parte in cui aveva fissato il suddetto termine del 2 febbraio 1994: v. supra il ripetuto capo 1). Pertanto, conclude il ricorrente, la sua istanza al Ministero di assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate a fronte di debiti contratti dalla Cooperativa doveva essere accolta perche' allo stato non sussiste ancora nessun termine validamente fissato dalla legge e/o dal Ministero per il deposito dell'istanza in questione. E nella denegata ipotesi che questo giudice ritenesse valida l'interpretazione dell'art. 126 della legge finanziaria per il 2001 fatta propria dall'atto impugnato il ricorrente chiede che gli atti siano rimessi alla Corte costituzionae perche' vagli la legittimita' della disposizione alla luce dei citati principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. 3. - L'Amministrazione si e' costituita per resistere. Con memoria depositata il 12 ottobre 2002, essa ha prospettato: 1) che in nessun caso sara' possibile la riapertura dei termini perseguita dal ricorrente, giacche': a) non vi e' certezza che i finanziamenti disponibili al sensi della legge n. 237/1993 e della legge n. 388/2000 potranno consentire l'accollo di tutte le garanzie dichiarate ammissibili; b) e' in corso una procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'art. 126 della legge n. 388/2000; 2) l'infondatezza del ricorso nel merito; 3) l'inutilita' di qualsiasi dichiarazione di incostituzionalita', stanti i limiti di rispetto della precedente decisione del Consiglio U.E. del 22 dicembre 1997, la quale, relativamente al finanziamenti di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993, aveva dichiarato quella disposizione di finanziamento compatibile con la normativa comunitaria nei limiti esplicitamente definiti nell'articolo stesso, ossia per un importo di lire 200 miliardi e per un periodo di dieci anni. Con sentenza n. 653 del 2003 sono stati disposti incombenti istruttori, che l'Amministrazione ha eseguito. La ricorrente ha depositato documenti e due memorie. Anche l'Amministrazione ha depositato documenti. La causa e' passata in decisione all'udienza del 28 aprile 2003. D i r i t t o Appare rilevante e - nei termini di seguito indicati al capo 2.2 - non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente come seconda ed ultima censura. Il Collegio, peraltro, e' giunto a questa conclusione dopo aver valutato e respinto le eccezioni pregiudiziali dell'Amministrazione e la prima censura del ricorso, che vanno dunque delibate. 1.1. - L'Amministrazione eccepisce in primo luogo che non vi e' certezza che i finanziamenti disponibili ai sensi della legge n. 237/1993 e della legge n. 388/2000 potranno consentire l'accollo di tutte le garanzie dichiarate ammissibili. Cio' equivale ad affermare l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse; ma si tratta di assunto infondato, poiche', come e' noto, il ricorso giurisdizionale amministrativo puo' essere attivato non solo per il perseguimento di un bene della vita certo e determinato, ma anche per tutelare un interesse c.d. strumentale, cioe' l'interesse al perseguimento anche della sola possibilita' di un risultato favorevole, attraverso un corretto procedimento (confr., da ultimo, C.d.S., Sez. IV, 30 aprile 2003, n. 2327). 1.2. - Parimenti da respingere e' l'ulteriore eccezione che allega essere in corso una procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'art. 126 della legge n. 388/2000. Come risulta dalle acquisizioni istruttorie si tratta di procedura tutt'ora in corso (relativa ai commi 1 e 2 del citato art. 126, legge n. 388/2000, concernenti il rifinanziamento l'originario finanziamento cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993, ed incidenti sugli interventi, che qui interessano, di cui al successivo comma 5 perche' questo espressamente subordina questi ultimi interventi a quelli gia' previsti dai ripetuti artt. 1, comma 1-bis, d.l. n. 149/1993 e 126, commi 1 e 2, legge n. 388/2000: v. supra i capi 1 e 2 della parte in fatto della presente ordinanza); a questa procedura comunitaria la stessa Amministrazione sta resistendo con motivata richiesta alla Commissione di un riesame delle determinazioni di avvio (v. la nota del Ministero delle politiche agricole e forestali prot. n. 5249 del 16 novembre 2001). Pertanto un avvenimento futuro ed incerto [e per di piu' eventualmente incidente non in via immediata, ma solo in via riflessa sull'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000 (v. supra quanto indicato, fra parentesi, nel periodo precedente), il quale manterebbe comunque una sua autonoma valenza (v. infra al capo 2.1)], e avversato dalla stessa Amministrazione, quale risulta essere allo stato l'esito sfavorevole della procedura di infrazione relativamente all'art. 126, commi 1 e 2, legge n. 388/2000, non puo' determinare una carenza di interesse a chiedere, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale, che il connesso e successivo comma 5 venga dalla medesima Amministrazione applicato in un certo modo. 1.3. - Quanto alla infondatezza del primo rilievo in ricorso si osserva quanto segue. Il ricorrente, socio della cooperativa agricola «La Collina», ne garanti' personalmente alcuni debiti da essa contratti. Egli sottolinea di aver prestato queste garanzie prima del 19 maggio 1993, giorno immediatamente precedente la data di entrata in vigore del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 19 luglio 1993, n. 237, il quale all'art. 1-bis, stabiliva l'assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie concesse, per l'appunto prima della sua entrata in vigore, da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse, di cui fosse stata previamente accertata l'insolvenza. Relativamente a quest'ultimo ulteriore presupposto (il previamente accertato stato di insolvenza), il decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (recante «Criteri e procedure per l'assunzione a carico del bilancio dello Stato, ai sensi della legge 19 luglio 1993, n. 237, art. 1-bis, delle garanzie concesse da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l'insolvenza») ha poi previsto (art. 1, comma 1), tra l'altro, che lo stato d'insolvenza dovesse essersi accertato dall'autorita' giudiziaria (o che l'autorita' vigilante governativa avesse disposto la liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'art. 2540 del codice civile) alla data del medesimo decreto 2 febbraio 1994. Un ulteriore termine, per la presentazione della domanda di ammissione al beneficio, e' stato poi fissato al 22 settembre 1994 dal punto 3.1 della circolare del Ministero delle risorse agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17 (avente come oggetto: «Legge n. 237 del 19 luglio 1993, art. 1-bis - Istruzioni per la presentazione delle istanze e da parte del soci-garanti, e per la successiva trasmissione da parte del curatori fallimentari e commissari liquidatori»). Prospetta il ricorrente che, per effetto della fissazione alla data del 2 febbraio 1994 del termine per la sussistenza del presupposto dello stato di insolvenza, egli si e' vista preclusa la possibilita' di accedere all'agevolazione (perche' la cooperativa agricola «La Collina» veniva posta in liquidazione coatta amministrativa solo in data 19 luglio 1994), e pertanto non ha presentato domanda di ammissione al beneficio entro il termine del 22 settembre 1994 imposto dalla citata circolare n. 14/1994. In seguito, relativamente al termine del 2 febbraio 1994, la situazione e' mutata per effetto della sentenza di questo Tribunale amministrativo regionale n. 266 del 29 gennaio 1997, che ha annullato il citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 nella parte in cui ha fissato alla data della sua emanazione l'accertamento dell'insolvenza delle cooperative (ritenendo invece il Tribunale amministrativo regionale piu' corretta una fissazione dello stesso termine alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda da parte dei soci garanti: nella specie la scadenza del 22 settembre 1994 di cui alla citata circolare n. 17/1994). Un ulteriore mutamento della situazione si e' avuto, da ultimo, per effetto dell'art. 126, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 [«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»], il quale ha disposto: «Subordinatamente alle cooperative ammesse a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, possono essere ammessi a godere degli stessi benefici le cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data del 19 luglio 1993 si trovavano nelle condizioni previste dal suddetto articolo, che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione. Le procedure esecutive nel confronti dei soci garanti per l'escussione delle garanzie sono sospese sino alla comunicazione da parte dell'amministrazione della messa a disposizione della somma spettante». In esito a questa disposizione il ricorrente ha formulato la propria istanza di assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate a fronte di debiti contratti dalla propria Cooperativa, prospettando che il citato art. 126 della legge finanziaria 2001 avrebbe esteso la possibilita' di accedere al beneficio anche per le cooperative il cui stato di insolvenza sia stato dichiarato tra i ripetuti termini del 2 febbraio 1994 (di accertamento dell'insolvenza, ai sensi del decreto ministeriale 2 febbraio 1994) e del 22 settembre 1994 (di presentazione della domanda, ai sensi della circolare n. 17/1994). L'istanza e' stata respinta dall'impugnato atto in data 28 giugno 2001 in base alla considerazione che il citato art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 non ha riaperto i termini per l'accesso al beneficio in argomento, riferendosi alle cooperative ed ai consorzi tra cooperative che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge n. 237/1993. Il primo rilievo in ricorso asserisce: che il ripetuto art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 va interpretato alla luce dei principi costituzionali di eguaglianza, imparzialita' e buon andamento dell'Amministrazione; che i precedenti commi 1 e 2 della stesso art. 126 fanno salve le successive modifiche delle disposizioni ministeriali conseguenti a pronunce definitive in sede amministrativa o giurisdizionale; che dal successivo comma 5 la legge avrebbe inteso, per ragioni di giustizia, disciplinare la riammissione al beneficio di coloro che (come il ricorrente), indotti in errore dalle disposizioni del citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 poi dichiarate illegittime con pronuncia giurisdizionale, non avevano a suo tempo presentato domanda pur avendo pieno titolo al beneficio; che la diversa interpretazione adottata dall'atto impugnato sarebbe illegittima anche perche' in contrasto coi canoni interpretativi secondo i quali, a fronte di piu' significati possibili della stessa disposizione e' compito dell'interprete escludere quello che difetti di coerenza con i dettami della Costituzione. Ciascuno di questi assunti va respinto perche' incompatibile col testo letterale dell'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000. La disposizione, laddove afferma che possono essere ancora ammessi a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993 i soggetti che, tra l'altro «abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge», non puo' lasciare adito a dubbi: pur nel suo erroneo rinvio a termini che sarebbero stati posti dal legislatore (v. infra il capo 2.2), essa e' inequivocabilmente indirizzata a coloro che abbiano gia' presentato domanda di accesso nel vigore della precedente normativa, sicche' e' da escludere che il comma 5 in esame abbia introdotta in proposito una riapertura dei termini. Ne' puo' allegarsi, come fa il ricorrente, che i precedenti commi 1 e 2 dello stesso art. 126 fanno salve le successive modifiche delle disposizioni ministeriali conseguenti a pronunce definitive in sede amministrativa o giurisdizionale, poiche' quelle disposizioni, e in particolare il comma 2, si riferiscono specificamente al pagamento della garanzie ammesse, e non all'ampliamento - previsto nel successivo comma 5 - della sfera dei beneficiari dell'assunzione dei debiti da parte dello Stato. 2. - Appare invece rilevante e - nei termini di seguito indicati al capo 2.2 - non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata nel ricorso da ultimo e in subordine. 2.1 La rilevanza della questione di costituzionalita' dell'art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 emerge con evidenza dalla circostanza che si tratta della disposizione da applicare alla controversia qui sottoposta al Tribunale amministrativo regionale, sicche' una eventuale pronuncia cassatoria (o comunque incidente sulla disposizione citata) della Corte costituzionale avrebbe effetti decisivi sul presente giudizio. Le argomentazioni a contrario dell'Amministrazione non appaiono fondate. Secondo il Ministero resistente una dichiarazione di incostituzionalita' della disposizione in esame sarebbe vana perche' la precedente decisione del Consiglio U.E. del 22 luglio 1997, pronunciandosi sugli originari finanziamenti di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993 (poi rifinanziati dal commi 1 e 2 dall'art. 126 ora in esame), aveva si' dichiarato quella originaria disposizione compatibile con la normativa comunitaria, ma nei limiti esplicitamente definiti nello stesso art. 1, comma 1-bis, ossia per un importo di lire 200 miliardi e per un periodo di dieci anni, nonche' con esplicito riferimento alle sole garanzie gia' ammesse all'intervento e riportate nell'elenco n. 1 allegato al decreto ministeriale 18 dicembre 1995. Ma il rilievo va rigettato perche' invoca un precedente che non attiene al caso di specie: la decisione del Consiglio U.E. del 22 luglio 1997 riguardava gli originari interventi di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993 (peraltro ulteriormente calibrati dall'art. 126, commi 1 e 2, della legge n. 388/2000), mentre il vaglio di costituzionalita' riguarda i diversi e successivi interventi previsti dall'art. 126, comma 5, ora in esame. E' vero che risulta essere in corso una nuova procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'art. 126 della legge n. 388/2000; che si tratta di procedura relativa ai commi 1 e 2 del citato art. 126, legge n. 388/2000, concernenti il rifinanziamento l'originario finanziamento di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993; che la procedura potrebbe avere incidenza sugli interventi, che qui interessano, di cui al successivo comma 5 (v. supra al capo 1.2); e che le relative determinazioni della Commissione europea richiamano e ribadiscono quelle della suddetta precedente procedura poi sfociata nella citata decisione del Consiglio U.E. del 22 luglio 1997; ma e' anche vero che - come gia' rilevato al citato capo 1.2 - si tratta di procedura in corso, cui lo Stato italiano (in veste della stessa Amministrazione qui intimata) sta resistendo, il cui esito e' attualmente avvenimento futuro ed incerto, ed eventualmente incidente non in via immediata, ma solo in via riflessa sull'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000, il quale mantiene comunque una sua valenza autonoma (v. infra in questo capo); sicche', come sussiste comunque un interesse ad una pronuncia di questo Tribunale amministrativo regionale sulla corretta applicazione dell'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000, cosi' sussiste la rilevanza di una pronuncia sulla legittimita' costituzionale della disposizione. Ne' questa rilevanza puo' essere esclusa dall'effetto sospensivo dell'avvio della procedura comunitaria di infrazione (l'art. 88, paragrafo 3, del Trattato CE prevede tra l'altro: «lo Stato membro interessato non puo' dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale»). Le «misure progettate» infatti (da sospendere ai sensi del citato art. 88, paragrafo 3, del Trattato), sono i rifinanziamenti di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 126, legge n. 388/2000 e non gli adempimenti di cui al successivo comma 5. Questi ultimi certamente sono collegati alle suddette «misure progettate» di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 126, legge n. 388/2000 perche' il comma 5 subordina i suoi interventi a quelli gia' previsti dai ripetuti commi 1 e 2, nonche' dall'art. 1, comma 1-bis, d.l. n. 149/1993 (v. supra al capo 1.2); ma il ripetuto comma 5, da sottoporre al vaglio di costituzionalita', ha anche una sua portata autonoma, e necessita anche di autonoma applicazione, a prescindere dall'applicazione dei precedenti commi 1 e 2. In proposito si rileva quanto segue. L'art. 126, comma 5 ora in esame dispone: «Subordinatamente alle cooperative ammesse a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, possono essere ammessi a godere degli stessi benefici le cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data del 19 luglio 1993 si trovavano nelle condizioni previste dal suddetto articolo, che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione. Le procedure esecutive nei confronti del soci garanti per l'escussione delle garanzie sono sospese sino alla comunicazione da parte dell'amministrazione della messa a disposizione della somma spettante». Dalla lettura della disposizione si evince che essa, a prescindere dagli interventi di cui al precedenti commi 1 e 2, comporta in sede applicativa quanto meno un autonomo riconoscimento, ai nuovi soggetti interessati da essa previsti, della veste giuridica di avente titolo alla estensione del beneficio; non solo in vista di future provvidenze o dell'esito favorevole della procedura comunitaria di infrazione, ma anche, nell'immediato, ai fini della sospensione delle procedure esecutive in corso prevista nell'ultima parte della disposizione in esame (v., con riferimento al ricorrente, l'ordinanza del G.E. del Tribunale di Ancona in data 16 agosto 2001, allegato 3 al ricorso). Lo stesso atto impugnato, del resto, ha applicato - sia pure negativamente - l'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000, senza curarsi della procedura di infrazione avverso i precedenti commi 1 e 2. 2.2. - Relativamente alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' si rileva invece quanto segue. L'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000, estende il beneficio della assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate dai soci alle «cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data del 19 luglio 1993 si trovavano nelle condizioni previste dal suddetto articolo, che abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione». I presupposti per il nuovo beneficio sono dunque cosi' individuati: a) concessione delle garanzie, alla data del 19 luglio 1993 (data di pubblicazione della citata legge n. 237/1993, di conversione del pure citato decreto-legge n. 149/1993), da soci di cooperative agricole, a favore delle cooperative stesse [le altre «condizioni previste dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149» (anteriorita' delle garanzie rispetto alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 149/1993; previo accertamento dell'insolvenza) sono assorbite dalle nuove previsioni della disposizione in esame (v. infra)]; b) aver presentato la domanda di ammissione al beneficio «entro i termini previsti dalla citata legge»; c) trattasi di soggetti (cooperative o consorzi di cooperative) «per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione». Si osserva in primo luogo, quanto al presupposto sub b), che esso - ove ci si limitasse al dato letterale - sarebbe impossibile, perche' la «citata legge» (rectius: il citato decreto-legge n. 149/1993, convertito, con modificazioni, dalla citata legge n. 237/1993) non ha previsto il termine di presentazione della domanda per i benefici di cui trattasi. Con uno sforzo interpretativo, dovuto dal giudice in applicazione del principio di conservazione dei mezzi giuridici, puo' ritenersi, con la difesa erariale, che il rinvio di cui al citato punto b) debba intendersi al termine del 22 settembre 1994, fissato non dalla legge ma dall'Amministrazione nel punto 3.1 della circolare del Ministero delle risorse agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17, avente come oggetto: «Legge n. 237 del 19 luglio 1993, art. 1-bis - Istruzioni per la presentazione delle istanze e da parte dei soci-garanti, e per la successiva trasmissione da parte dei curatori fallimentari e commissari liquidatori» (v. il capo 1 della parte in fatto della presente ordinanza). Ma una volta superata in questo modo l'erroneita' del testo legislativo, esso appare in contrasto con i principi costituzionali ove si consideri la previsione dei presupposti sopra indicati al punto c). Questi, nel disegno del comma 5 in esame, consentono il beneficio di cui trattasi che vengano a trovarsi in stato di insolvenza o di liquidazione anche successivamente al termine di presentazione della domanda di accesso al beneficio. L'esame letterale del testo non pare consenta dubbi in proposito. In particolare rileva il raffronto fra il tempo «imperfetto» usato per indicare la data di possesso del requisito sub a) ed i tempi «passato prossimo» e «presente» usati per indicare la data di possesso dei presupposti sub c). Rileva inoltre la stessa previsione a parte di detti presupposti nonostante il richiamo onnicomprensivo che il comma 5 in esame fa alle «condizioni previste dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149». Queste condizioni infatti, in quel comma 1-bis, erano si ai presupposti sub a) (assunzione dei debiti da parte dei soci) sia i presupposti sub c) (insolvenza), sicche' ove in detto comma 5 fosse ritenuto di mantenere per il requisito dello stato di insolvenza (o per lo stato di liquidazione) il presente termine la espressa locuzione del comma 5 («per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione») sarebbe stata superflua. Ne' il comma 5 in esame prevede per detto presupposto sub c) un qualsivoglia altro riferimento temporale. Se dunque l'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000 consente il beneficio di cui trattasi a soggetti societari o consortili che si trovino in stato di insolvenza o di liquidazione anche successivamente all'originario termine di presentazione della domanda di accesso al beneficio (22 settembre 1993) ne risulta una illogicita' ed un contrasto con la pregressa vicenda giuridico-fatturale sulla quale detto comma 5 viene ad innestarsi. In particolare: possono essere sanate dalla disposizione in esame istanze di accesso al beneficio ormai datate (anteriori al 22 settembre 1994) e prive ab origine di fondamento, perche' prodotte in totale assenza di un presupposto che, nel sistema dell'art. 1-bis, del decreto-legge n. 149/1993, era imprescindibile: lo stato di insolvenza, che produrrebbe gli effetti positivi riconosciutigli dalla legge nonostante si sia concretato soltanto molti anni dopo dalla (infondata) istanza del soggetto interessato; per contro la stessa disposizione, nulla prevedendo in proposito, non consente l'accesso al beneficio a soggetti che - come il ricorrente - pure in tempestivo possesso del requisito dell'insolvenza societaria alla originaria scadenza del termine di presentazione della domanda (22 settembre 1994), non hanno tempestivamente formulato quella domanda per ragioni ad essi non imputabili, e addirittura, come nel caso del ricorrente, imputabili a disposizioni ministeriali e annullate dal giudice amministrativo (v. supra il capo 1.3). Per questo appare non manifestamente infondato il dubbio che l'art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 violi il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre al principio di ragionevolezza che ne deriva. Analogo dubbio sorge con riferimento all'art. 45 della Costituzione, posto che esso riconosce la funzione sociale della cooperazione, e questa funzione risulta dalle irrazionali previsioni qui contestate. 3. - In conclusione questo Tribunale amministrativo regionale ritiene rilevante e - cosi' come precisato al capo 2.2 che precede - non manifestamente informata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in relazione agli artt. 3 e 45 della Costituzione. Pertanto ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va sospeso il giudizio in corso e vanno ordinate alla segreteria: la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la comunicazione della presente ordinanza alle parti in causa; la comunicazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 in relazione agli artt. 3 e 45 della Costituzione. Per l'effetto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87: sospende il giudizio in corso; ordina alla segreteria: l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la comunicazione alle parti in causa; la comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, presso la sede del Tribunale amministrativo regionale, nella camera di consiglio del 28 aprile 2003. Il Presidente: Restaino L'estensore: Luttazi 04C0078