N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 2003
Ordinanza emessa il 18 settembre 2003 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Pollice Paolo contro I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Pensioni INPS - Determinazione e aggiornamento periodico della retribuzione di riferimento per la prosecuzione contributiva volontaria - Possibilita' che la contribuzione volontaria possa superare l'importo della retribuzione media corrispondente alla piu' elevata delle classi di contribuzione di cui alla tabella F allegata allo stesso decreto n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento, nell'art. 2, comma quarto, al limite massimo di retribuzione pensionabile vigente al momento cui si riferisce il versamento - Mancata previsione - Incidenza sul principio di uguaglianza e sulla garanzia previdenziale. - Decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, art. 2, commi 3, 5 e 6, convertito, con modificazioni nella legge 26 settembre 1981, n. 437. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 38.(GU n.9 del 3-3-2004 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto da Pollice Paolo, elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cola di Rienzo n. 69, presso lo studio dell'avvocato Paolo Boer, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti - ricorrente; Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo De Angelis, Michele Di Lullo, Nicola Valente, giusta delega in atti; controricorrente; Avverso la sentenza n. 28185/00 del Tribunale di Roma, depositata il 18 settembre 2000 r.g.n. 18230/97; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 giugno 2003 dal consigliere dott. Saverio Toffoli; Udito l'avvocato Paolo Boer; Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo Nardi che ha concluso per il rigetto del ricorso. M o t i v i Con ricorso al Pretore di Roma depositato il 20 dicembre 1995, Paolo Pollice, esponeva che nel giugno del 1988, all'atto della risoluzione del rapporto di lavoro, egli aveva chiesto all'I.N.P.S. di essere ammesso alla prosecuzione volontaria della contribuzione, allo scopo di raggiungere il requisito contributivo richiesto per la pensione di anzianita'; che l'I.N.P.S. aveva accolto l'istanza ammettendo pero' la contribuzione volontaria su un valore inferiore a quello medio della retribuzione imponibile e pensionabile, poiche' l'Istituto aveva fatto applicazione dell'art. 2 del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito in legge 26 settembre 1981, n. 437, cosi' applicando il valore dell'ultima classe di contribuzione di cui alla relativa tabella F; che, tenuto conto dei versamenti volontari effettuati (anni 3 e mesi 9) per raggiungere 35 anni di contribuzione, la retribuzione pensionabile dell'ultimo quinquennio, determinata ai sensi dell'art. 3 della legge n. 297/1982, era risultata inferiore di oltre 30 milioni alla retribuzione effettivamente fruita nel corso del rapporto di lavoro dipendente e, di conseguenza, anche la pensione liquidata era risultata notevolmente inferiore a quella che sarebbe spettata in base alla retribuzione media rivalutata del quinquennio antecedente la cessazione del rapporto. Tutto cio' premesso in linea di fatto, deduceva, in linea di diritto, che l'art. 2, comma sesto, del d.l. n. 402/1981, doveva essere interpretato sia alla luce del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, che aveva posto il principio della equiparazione tra contribuzione volontaria e contribuzione obbligatoria, sia in relazione alla sopravvenuta legge 11 marzo 1988, n. 67, che all'art. 21 aveva abolito il c.d. «tetto pensionistico» e conferito effetti utili a tutta la retribuzione imponibile assoggettata a contribuzione obbligatoria, con la conseguenza che la retribuzione media delle ultime 156 settimane precedenti la domanda di prosecuzione volontaria (di cui all'art. 8, comma primo, del d.P.R n. 1432/1971) doveva essere determinata non gia' nei limiti del massimale di cui alla suddetta tabella F, ma in relazione alla media della retribuzione effettivamente assoggettata a contribuzione nell'ultimo triennio. Aggiungeva che un'interpretazione diversa era da ritenere incostituzionale, perche' atta a discriminare gli assicurati che si avvalevano della prosecuzione volontaria rispetto ai lavoratori dipendenti. Concludeva chiedendo che venisse riconosciuto il suo diritto a eseguire la contribuzione volontaria sulla media della effettiva retribuzione fruita nel precedente triennio, assoggettata a contribuzione e previamente rivalutata; che fosse dichiarato il suo diritto alla riliquidazione della pensione di anzianita' con riferimento alla retribuzione effettiva, senza i limiti del massimale di cui alla tabella F del d.l. n. 402 del 1981; che l'I.N.P.S. fosse condannato al risarcimento del danno in misura pari alla differenza tra la pensione spettante e quella liquidata, maggiorata di interessi e rivalutazione; che, in subordine, fosse dichiarata non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'articolo 2, sesto comma, del d.l. n. 402/1981, convertito in legge n. 437/1981; che, in ulteriore subordine, fosse dichiarata non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 1432/1971. Costituendosi in giudizio l'I.N.P.S. eccepiva la decadenza ex art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, contestava la fondatezza della domanda e faceva presente che, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 264 del 1994 (rectius, n. 428/1992), l'Istituto avrebbe provveduto, al momento del compimento da parte dell'assicurato dell'eta' richiesta per la pensione di vecchiaia (8 luglio 1996), a riliquidare il trattamento pensionistico dalla decorrenza originaria e senza il computo della contribuzione volontaria, tanto ai fini della retribuzione pensionabile, quanto ai fini della anzianita' contributiva, e ad assoggettare l'importo della pensione cosi' determinato a tutti gli aumenti di legge medio tempore intervenuti. Il pretore, respinta l'eccezione di decadenza, rigettava le domande con sentenza che, appellata dal Pollice, era confermata dal tribunale di Roma. Il giudice di secondo grado osservava che ai sensi dell'art. 8, primo comma, del d.P.R. n. 1432 del 1971, l'importo del contributo volontario settimanale e' stabilito in relazione alla retribuzione settimanale media percepita dall'assicurato nelle ultime 156 settimane di contribuzione effettiva in costanza di lavoro, antecedenti la domanda di autorizzazione, e che il successivo art. 9, primo comma, dello stesso decreto stabilisce il principio, richiamato dall'appellante, della parificazione dei contributi volontari a quelli obbligatori «ai fini del diritto alle prestazioni, dell'anzianita' contributiva e della determinazione della retribuzione annua pensionabile», quest'ultima a sua volta determinata secondo il sistema all'epoca previsto dall'art. 14 della legge 30 aprile 1969, n. 153, comprensivo dei c.d. tetti di retribuzione annua pensionabile. Ricordava anche che detta disciplina e' stata modificata dall'art. 21, sesto comma, della citata legge n. 67/1988, che testualmente recita: «A decorrere dal 1° gennaio 1988 ai fini della determinazione della misura delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita' la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, la retribuzione imponibile eccedente il limite massimo di retribuzione annua pensionabile previsto per l'assicurazione predetta e' computata secondo le aliquote di cui alla allegatatabella. La quota di pensione cosi' calcolata si somma alla pensione determinata in base al limite massimo suddetto e diviene, a tutti gli effetti, parte integrante di essa». Peraltro - ricordava il tribunale - il successivo d.l. 21 marzo 1988, n. 86 (convertito in legge 20 maggio 1988, n. 160) ha stabilito, all'art. 3, comma 2-bis, che «l'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, si interpreta nel senso che la retribuzione pensionabile va calcolata sulla media delle retribuzioni imponibili e pensionabili, rivalutate a norma dell'undicesimo comma dell'art. 3 della legge 29 maggio 1982, n. 297, e relative alle ultime 260 settimane di contribuzione». Tanto premesso, riteneva il tribunale che non poteva ritenersi fondata la tesi dell'appellante, secondo cui, una volta abrogato il c.d. tetto pensionabile per effetto dell'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e tenuta presente l'equiparazione posta dall'art. 9 del d.P.R. n. 1432/1971 tra contribuzione volontaria ed obbligatoria, dovrebbe concludersi per la sostanziale innovazione della complessiva materia e, quindi, per la valutazione ai fini della retribuzione pensionabile della intera retribuzione. Infatti tale interpretazione postula una sostanziale, implicita abrogazione della normativa specificamente dettata dal legislatore con il d.l. n. 402/1981, che ha ridisciplinato la materia della prosecuzione volontaria dell'assicurazione i.v.s., con finalita' di contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni, come evidenziato dal titolo della legge; di tale ipotizzata abrogazione tacita, pero', non erano ravvisabili nella specie i presupposti, in ragione del diverso ambito applicativo dei due provvedimenti normativi, di cui quello del 1988 incidente sulla sola retribuzione pensionabile dei lavoratori dipendenti. Ne' poteva ritenersi incoerente la scelta del legislatore di far coesistere due diverse discipline per i lavoratori dipendenti e per i soggetti che si avvalevano della preosecuzione volontaria, poiche' si era nell'ambito delle scelte discrezionali del legislatore, non sospettabili di violazione di principi costituzionali, anche perche' era stato precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 432 del 1999) che non sussistono principi costituzionali che impongano in ogni caso e a tutti gli effetti l'equiparazione della contribuzione volontaria a quella obbligatoria, mentre, nella materia, gli interventi correttivi della Corte costituzionale erano stati imposti da situazioni in cui occorreva assicurare il mantenimento della misura della prestazione potenzialmente maturata al momento del raggiungimento del requisito minimo contributivo. D'altra parte la situazione del contributore volontario non e' equiparabile a quella del lavoratore dipendente: la situazione di occupazione di quest'ultimo impone di valutare l'intera retribuzione ai fini pensionistici, mentre nel caso della prosecuzione volontaria e' il lavoratore che opta per una soluzione che gli consente comunque di raggiungere un trattamento pensionistico, pur cessando di lavorare prima del raggiungimento dell'anzianita' contributiva minima. Ne' e' vero che in caso di prosecuzione volontaria non sia applicabile un meccanismo rivalutativo delle retribuzioni. Contro questa sentenza il Pollice proponeva ricorso per cassazione, articolato in un unico complesso motivo. L'I.N.P.S. resisteva con controricorso. Il ricorrente denuncia violazione degli artt. 6, primo comma, 8, primo comma, e 9, primo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, in relazione all'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e dell'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67. Premesso che egli, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, fruiva di una retribuzione settimanale superiore alla classe massima di contribuzione di cui alla tabella F allegata al d.l. n. 402/1981, e che l'art. 21 della legge n. 67/1988 ha attribuito effetti utili ai fini pensionistici a tutta la retribuzione assoggettata a contribuzione obbligatoria, sostiene che, in applicazione della regola di cui all'art. 9, primo comma, del d.P.R. n. 1423/1971, secondo cui i contributi volontari sono parificati ai contributi obbligatori ai fini del diritto alle prestazioni, dell'anzianita' contributiva e della retribuzione annua pensionabile, tutta la retribuzione assoggettata a contribuzione in costanza di rapporto di lavoro doveva essere considerata nella formazione della retribuzione media rilevante ai fini della misura della contribuzione volontaria, senza alcun limite di massimale (il quale era stato posto a tutela dei prosecutori volontari, al fine di evitare di imporre una contribuzione sulla parte di retribuzione che non veniva presa in considerazione nel calcolo della retribuzione pensionabile). In via sostanzialmente subordinata e strumentale, il ricorrente eccepisce l'illegittimita' costituzionale sopravvenuta dell'art. 2, commi 3 e 6, del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con legge 26 settembre 1981, n. 437, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. Osserva che il massimale di contribuzione volontaria non aveva la funzione di contenimento della retribuzione pensionabile, ma quella di non aggravare il prosecutore volontario dell'onere di versare una contribuzione non suscettibile di riflessi pensionistici, e che la persistenza del massimale dopo la rimozione del tetto di retribuzione pensionabile ha generato un'ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratore attivo e prosecutore volontario, in quanto ha impedito a quest'ultimo di raggiungere a pieno il fine dell'istituto della prosecuzione volontaria. Analogamente, eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8, del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 184. Ricordato che con tale disposizione si e' riconosciuta agli assicurati, cui in precedenza era stata assegnata l'ultima classe contributiva vigente pro tempore, la facolta' di richiedere entro un anno l'assegnazione della retribuzione corrispondente a quella media percepita in costanza di rapporto nell'anno precedente la data di decorrenza dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, lamenta che il legislatore delegato - che, a norma dell'art. 1, comma 39, legge 8 agosto 1995, n. 335, doveva limitarsi a dettare disposizioni dirette a riordinare, armonizzare e razionalizzare la materia della prosecuzione volontaria -, invece di limitarsi a formulare disposizioni utili a rimuovere lo stato di fatto pregiudizievole ai contributori volontari, conseguente ad un'erronea prassi dell'ente previdenziale, ha avallato la prassi dell'ente previdenziale, rimuovendo un impedimento che doveva ritenersi gia' automaticamente eliminato per abrogazione tacita e, comunque, limitando l'adeguamento normativo al futuro. Osserva la Corte che non puo' ritenersi fondata la tesi sostenuta in via principale dal ricorrente, ampiamente ripresa e sviluppata nella memoria, secondo cui puo' pervenirsi in via interpretativa a ritenere operativa anche ai fini della contribuzione volontaria l'eliminazione, attuata dall'art. 21, comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67, del c.d. tetto pensionistico (disposizione questa applicabile non solo con riferimento anche alla pregressa contribuzione, ma pure, sia pure con effetti ex nunc alle pensioni gia' liquidate: cfr. Corte cost. n. 72/1990 e, ex plurimis, Cass. 12 novembre 1992 n. 12170, 11 maggio 1996, n. 4446, cit., 6 marzo 2001, n. 3225). Al riguardo deve innanzitutto precisarsi che questa disposizione (precedentemente trascritta) - rispetto alla quale la disposizione interpretativa di cui all'art. 3, comma 2-bis, del d.l. 21 marzo 1988, n. 86, convertito con modificazioni in legge 20 maggio 1988, n. 160, ha avuto la funzione di chiarire l'applicabilita', anche per la retribuzione eccedente il c.d. tetto, della rivalutazione secondo gli indici Istat prevista dall'art. 3, comma undicesimo della legge 29 maggio 1982, n. 297 (cfr. Cass. 11 maggio 1996, n. 4446, 6 novembre 1996, n. 9687, 13 gennaio 1998, n. 220) - non ha abrogato la disciplina sui limiti massimi di retribuzione annua pensionabile, ma ha dettato una complementare disciplina finalizzata al computo anche delle quote di retribuzione media annua eccedenti il tetto, sia pure sulla base di aliquote di rendimento minore di quella normale, precisate nella tabella allegata. E' opportuno anche ricordare che tale sistema risulta espressamente confermato dall'art. 12 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, il cui primo comma ha sostituito, apportandovi modesti ritocchi, la tabella appena citata contenente i tassi di rendimento pensionistico della retribuzione eccedente il c.d. tetto, e il cui secondo comma ha delineato modalita' di estensione alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive della disciplina sul tetto pensionistico, cosi' come integrata dall'art. 21, comma 6, della legge n. 67/1988, confermando anche a livello terminologico la nozione di limite massimo della retribuzione annua pensionabile. Se si prende ora in considerazione la disciplina dettata, per la determinazione della misura dei contributi volontari, dall'art. 2 del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con modificazioni dalla legge 26 settembre 1981, n. 437, deve rilevarsi che il terzo comma recita: «Con decorrenza dal 1° aprile 1981 le aliquote a percentuale dei contributi volontari dovuti dai lavoratori gia' occupati alle dipendenze di terzi si applicano alle retribuzioni medie settimanali delle singole classi di retribuzioni di cui alla tabella F relativa alla contribuzione volontaria, allegata al presente decreto», mentre il quinto comma dispone: «a decorrere dall'anno 1982 e con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno le retribuzioni di cui al terzo comma sono aumentate nella essa misura percentuale delle variazioni delle pensioni che si verificano in applicazione dell'art. 19 della legge 30 aprile 1969, n. 153, entro il limite massimo di retribuzione pensionabile vigente nel periodo cui si riferisce il versamento». L'utilizzazione di un sistema tabellare per l'individuazione della retribuzione media settimanale da utilizzare per il calcolo dei contributi e, a norma dell'art. 2, sesto comma, della retribuzione pensionabile, in concorrenza con la circostanza che la medesima tabella ha un numero limitato di classi di contribuzione, di cui l'ultima correla una determinata retribuzione «media» di riferimento a tutte le retribuzioni superiori a un determinato importo, confligge irrimediabilmente con la tesi interpretativa secondo cui i limiti posti alla contribuzione volontaria dall'art. 2 in esame devono ritenersi abrogati, per incompatibilita', da parte dell'art. 21, legge n. 67/1988, oppure che gli stessi, a seguito della previsione di una forma di computabiita' anche della retribuzione eccedente il tetto, possono assumere un valore diverso e limitato, non incompatibile con il versamento di contributi volontari sulla base di retribuzioni figurative eccedenti quella indicata dall'ultima classe della tabella F. Alle conclusioni prospettate dal ricorrente non puo' pervenirsi nonostante sia fondato il suo rilievo, secondo cui vi e' una corrispondenza, non casuale, tra i valori della quarantasettesima e ultima classe di detta tabella e quelli del c.d. tetto pensionistico (in coerenza con una direttiva seguita gia' in precedenza, pur in assenza di un'apposita tabella per la contribuzione volontaria, per effetto della disposizione di cui all'art. 6, comma secondo, del d.P.R. n. 1432/1971, a norma del quale, per la contribuzione volontaria, l'aliquota dei contributi a percentuale e' applicata alle retribuzioni medie settimanali delle singole classi di contribuzione obbligatoria vigenti, in correlazione con l'art. 5, quarto comma, del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, che, in relazione all'introduzione del criterio retributivo di liquidazione delle pensioni, aveva posto un limite alla retribuzione pensionabile, disponendo che «non si prendono in considerazione, per la parte eccedente, le retribuzioni che superino il limite massimo della penultima classe della tabella in vigore alla data di decorrenza della pensione, aumentato del 5 per cento»). In effetti all'epoca dell'emanazione del d.l. n. 402/1981 il limite massimo di retribuzione annua pensionabile era stato fissato in L. 18.500.000 dall'art. 19 della legge 23 aprile 1981, n. 155, ed un semplice calcolo dimostra che il valore medio di un'ulteriore classe retributiva avrebbe comportato, su base annua, il superamento di detto importo. Peraltro il limite massimo di retribuzione pensionabile e' stato poi assoggettato, a norma dell'art. 3, comma 13, legge 29 maggio 1982, n. 297, ad adeguamento annuale, secondo i criteri della perequazione automatica delle pensioni, ed e' stato, poi, elevato a L. 32. 000.000 dall'art. 9 della legge 15 aprile 1985, n. 140. Deve anche osservarsi che il limite posto dal gia' richiamato quinto comma dell'art. 2 del d.l. n. 402/1981 alla rivalutazione annuale delle retribuzioni di cui al terzo comma conferma l'intenzione del legislatore dell'epoca di assumere il c.d. tetto pensionistico in vigore come limite della contribuzione volontaria. Inoltre la vigenza di tale disciplina fino all'entrata in vigore del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 184, il cui art. 7 ha abbandonato il sistema tabellare anche ai fini del versamento dei contributi volontari - prevedendo, genericamente, il riferimento «all'importo medio della retribuzione imponibile percepita nell'anno di contribuzione precedente la data della domanda» (salvo un determinato importo minimo), con applicazione della stessa aliquota prevista in caso di contribuzione obbligatoria per il finanziamento della gestione pensionistica -, e' confermata dalla disposizione transitoria di cui al comma 8 del citato art. 7, che ha previsto la facolta' dei soggetti, ai quali, ai fini della prosecuzione volontaria, era stata assegnata l'ultima classe vigente pro tempore, di chiedere, entro un anno, l'assegnazione della retribuzione corrispondente a quella media, percepita in costanza di rapporto di lavoro nell'anno precedente la data di decorrenza dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria. Deve pertanto esaminarsi se presenta possibili profili di illegittimita' costituzionale la permanenza del limite alla contribuzione volontaria posto dal d.l. n. 402/1981, limite eliminato dal legislatore, come si e' gia' visto, solo a distanza di vari anni dall'elevazione della retribuzione massima pensionabile e dall'entrata in vigore dell'art. 21 della legge n. 67/1988 (e successivamente allo stesso pensionamento dell'attuale ricorrente). Appare indubbia, peraltro, la rilevanza della questione, tenuto presente l'oggetto della domanda proposta dal Pollice, le ragioni del suo rigetto da parte del giudice di merito - cui peraltro sono devoluti l'interpretazione della domanda giudiziale e i giudizi di fatto -, i motivi del ricorso per cassazione, e le precedenti considerazioni circa la portata normativa dell'art. 2 del d.l. n. 402/1981. D'altra parte l'impostazione delle domande proposte dall'attuale ricorrente si correla con il principio di diritto, che non appare contestabile, secondo cui il soggetto che ha proposto domanda di prosecuzione volontaria puo', a seguito di un provvedimento autorizzativo erroneo circa l'entita' della contribuzione per cui e' ammessa la contribuzione volontaria, contestare in giudizio tale provvedimento al fine di vedere riconosciuto il suo diritto a una contribuzione volontaria nella corretta misura. E' opportuno anche rilevare che le difese dell'I.N.P.S., attenendo al merito delle questioni di interpretazione e di costituzionalita', confermano la rilevanza di queste ultime. Ritiene questa Corte che in effetti sia non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 2, commi terzo, quinto e sesto, del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con modificazioni dalla legge 26 settembre 1981, n. 437, nella parte in cui, in relazione alle successive elevazioni del limite annuo della retribuzione pensionabile e all'entrata in vigore della normativa di cui all'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, impedisce che, in sede di determinazione e aggiornamento periodico della retribuzione di riferimento per la prosecuzione contributiva volontaria, questa retribuzione possa superare l'importo della retribuzione media corrispondente alla piu' elevata delle classi di contribuzione di cui alla tabella F allegata allo stesso decreto n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento, nell'art. 2, comma quinto, al limite massimo di retribuzione pensionabile vigente nel periodo cui si riferisce il versamento. Come rilevato dal ricorrente, un tetto alla retribuzione di riferimento per la contribuzione volontaria, correlato ai limiti posti dalla legge alla retribuzione pensionabile, aveva una precipua giustificazione nell'intento del legislatore di esonerare il lavoratore optante per la prosecuzione volontaria dal pagamento di contributi che, in relazione alla disciplina vigente, non avrebbero potuto arrecare alcun beneficio alla sua posizione assicurativa. Non e' ravvisabile, quindi, un collegamento di detta specifica disciplina con un intento del legislatore di contenere la spesa previdenziale sulla base di criteri di contribuzione e di calcolo delle pensioni meno favorevoli al lavoratore rispetto a quelle vigenti per i lavoratori dipendenti. A tale intento di contenimento sono correlate numerose altre disposizioni del provvedimento normativo, comprese quelle per la fissazione di minimi di contribuzione volontaria e per l'adeguamento nel tempo della contribuzione. In ogni caso, ove un simile intento fosse presente, lo stesso non e' certo di per se' sufficiente a rendere esente la normativa da una verifica della sua compatibilita' con le direttive costituzionali di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione. In particolare deve tenersi presente che, nell'ambito di una normativa pensionistica che correla la misura della pensione all'entita' delle retribuzioni negli ultimi anni di contribuzione, in caso di contribuzione volontaria la misura della pensione dipende dalla retribuzione figurativa sulla cui base e' effettuata la contribuzione volontaria. Ne consegue che, mentre in un sistema pensionistico contributivo (dal punto di vista dei criteri di liquidazione delle pensioni) eventuali limiti quantitativi massimi specifici alla contribuzione volontaria (come quello ex art. 11, legge 20 febbraio 1958, n. 55, non a caso abrogato dall'art. 41 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, in coincidenza con l'introduzione della pensione retributiva: al riguardo cfr. anche l'art. 12, quarto comma, del d.P.R. n. 1432/1971) diminuiscono la possibile incidenza positiva della contribuzione volontaria, ma non comportano alcun effetto negativo della medesima, dato che ogni versamento contributivo determina un incremento della pensione liquidabile, al contrario in un sistema retributivo di liquidazione delle pensioni, limiti di tale genere hanno un rilievo del tutto diverso, costituendo il presupposto di un'incidenza in gran parte negativa, invece che positiva, della contribuzione volontaria, rispetto ai soggetti la cui ultima retribuzione sia superiore al limite specifico della contribuzione volontaria. Nel caso in esame il mancato coordinamento della normativa sulla contribuzione volontaria con le successive disposizioni relative all'elevazione del limite massimo della retribuzione pensionabile e con la riforma che, pur senza eliminare formalmente il tetto della retribuzione pensionabile, ne ha modificato la portata (prevedendo la computabilita' anche della retribuzione eccedente, sia pure sulla base di tassi di rendimento inferiori), rende la normativa stessa ampiamente irrazionale e tale da penalizzare gravemente la prosecuzione volontaria, nei confronti dei soggetti che, negli ultimi anni della loro attivita' lavorativa, e in particolare nelle ultime 156 settimane, hanno fruito di una retribuzione superiore di quella media imponibile di cui all'ultima classe di contribuzione della tabella F allegata al d.l. n. 402/1981. Tale penalizzazione, effetto diretto, naturale e prevedibile dalla discrasia normativa gia' evidenziata, contraddice a priori, in violazione dell'art. 38 della Costituzione, la fuizione propria della contribuzione volontaria, che - come rilevato da Corte costituzionale n. 307/1989 (che richiama le sentenze n. 574/1987 e n. 822/1988) - «per ovviare agli effetti negativi, ai fini previdenziali, della mancata prestazione di attivita' lavorativa», «mira a far raggiungere i requisiti minimi di anzianita' contributiva per il diritto a pensione» e a «mantenere costante e intangibile in capo al lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo attinto in tutto l'arco della sua attivita' lavorativa». E' stato anche osservato, nella medesima pronuncia, che tale funzione trova riscontro nelle disposizioni generali sulla contribuzione volontaria e, in particolare, nell'art. 9, primo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, che parifica i contributi volontari al contributi obbligatori al fini del diritto alle prestazioni, dell'anzianita' contributiva e della determinazione della retribuzione annua pensionabile, e che «tale funzione di salvaguardia dei contenuti economici della retribuzione pensionabile percepita in costanza di rapporto di lavoro e' (...) evidentemente frustrata ove la contribuzione volontaria consegua l'effetto di farla decrescere, cosi' vanificando le aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attivita». E' ravvisabile anche una correlata violazione dell'art. 3 della Costituzione, sia per l'irrazionalita' di una disciplina che contraddice la finalita' della contribuzione volontaria, sia per l'ingiustificato operare di limiti alla retribuzione pensionabile non corrispondenti a quelli operanti in caso di prestazioni di attivita' lavorativa, sia, infine, per l'analogamente ingiustificata - nel quadro della disciplina all'epoca vigente - disparita' di trattamento tra lavoratori con retribuzione inferiore a detti limiti, per i quali la prosecuzione volontaria e' idonea a svolgere adeguatamente la sua funzione, e lavoratori con retribuzione superiore, per i quali, come si e' visto, la prosecuzione volontaria, per ragioni strutturali, e' prevalentemente inidonea a svolgere la sua funzione tipica. In relazione all'eventuale rilievo che potrebbe rientrare nella discrezionalita' del legislatore la previsione di una diversa disciplina, quanto alla contribuzione volontaria, in riferimento alla retribuzione eccedente il limite della retribuzione pensionabile, in considerazione del suo minore rendimento ai fini pensionistici, sembra potersi affermare che questa particolarita' della contribuzione, per il complesso di ragioni gia' esposte e, in particolare, se si vuole evitare che sia tradita la ordinaria funzionalita' della contribuzione volontaria, non possa giustificare - in un sistema normativo in cui l'ammontare della pensione e' correlata alla retribuzione (reale o figurativa) dell'ultimo periodo anteriore al pensionamento - l'abbandono del principio che la misura della contribuzione volontaria deve tenere conto di tutta la retribuzione rilevante ai fini della misura della pensione, salvo l'esercizio, meramente eventuale, da parte del legislatore della facolta' di ampliare le possibilita' di scelta del contributore volontario, consentendogli di optare per versamenti correlati alla sola retribuzione non eccedente il massimale (facolta' della quale peraltro il legislatore non si e' avvalso in occasione della emanazione del citato d.lgs. n. 184/1997). Deve darsi atto che la richiamata sentenza n. 307/1989 della Corte costituzionale, nel prendere in considerazione un'ipotesi in cui la contribuzione volontaria, in base ai criteri di liquidazione della pensione di cui all'art. 3, comma ottavo, della legge 29 maggio 1982, n. 297, aveva comportato il diritto ad una pensione di misura inferiore a quella conseguibile all'eta' pensionabile con il computo della sola contribuzione obbligatoria, si e' limitata a statuire che in tal caso la pensione non puo' essere inferiore a quella che sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile sulla base della contribuzione obbligatoria, e che pronunce da questo punto di vista di tenore simile sono state adottate da Corte costituzionale n. 428/1992, n. 264/1994, n. 388/1995 e n. 432/1999 con riferimento ad ipotesi in cui il deterioramento della posizione contributiva sotto il profilo dell'entita' della c.d. retribuzione pensionabile e' causato da una contribuzione volontaria o figurativa, o dallo svolgimento di ulteriore attivita' lavorativa, non necessari al fini del raggiungimento del periodo minimo di contribuzione. Deve osservarsi pero' che tale risultato piu' limitativo, rispetto a quello perseguito dall'attuale ricorrente (il quale ha gia' potuto giovarsi degli effetti di Corte cost. n. 428/1992), si correla alle diversita' delle situazioni e delle questioni proposte con le ordinanze di rimessione, le quali (probabilmente in relazione anche all'operare di vari fattori, connessi alla evoluzione nel tempo della normativa previdenziale, e non gia', come in questo caso, di una incongruita' della normativa sulla contribuzione volontaria sussistente all'epoca dell'autorizzazione alla contribuzione volontaria) hanno preso in considerazione solo le conseguenze delle vicende contributive e non le normative in base alle quali nei vari casi era stata effettuata la contribuzione. Quanto alla affermazione, contenuta in Corte costituzionale n. 432/1999 e richiamata dal tribunale di Roma, secondo cui non si rinvengono principi costituzionali che impongano in tutti i casi e a tutti gli effetti l'equiparazione della contribuzione volontaria a quella obbligatoria, sembra potersi rilevare che tale principio, nella sua genericita', non offre parametri di valutazione pertinenti al fine di smentire l'ipotesi, sopra formulata, di un contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione della specifica disciplina in esame. Del resto detta osservazione della Corte costituzionale e' stata formulata al fine di contestare l'ipotesi della necessita' di fare comunque riferimento alla sola contribuzione obbligatoria per determinare la retribuzione pensionabile, quando la considerazione (in applicazione delle pertinenti regole generali) anche della contribuzione volontaria, necessaria ai fini del conseguimento dell'anzianita' contributiva minima, avrebbe determinato un risultato meno favorevole. Non era stata, peraltro, messa in questione la legittimita' costituzionale delle norme sulla cui base, nella specie, era stato determinato l'importo della contribuzione volontaria (del resto puo', tra l'altro, osservarsi che la maggiore brevita' del periodo di riferimento considerato dalla legge per la determinazione dell'entita' della contribuzione volontaria, rispetto a quello rilevante per la determinazione della retribuzione pensionabile, puo' determinare ipotesi fisiologiche e giustificate di diminuzione della virtuale retribuzione pensionabile per effetto della contribuzione volontaria - salvi i limiti individuati dalla Corte costituzionale per l'ipotesi di anteriore conseguimento dell'anzianita' contributiva minima -, equiparabili a quelli determinati dallo svolgimento di attivita' lavorativa con retribuzione inferiore a quella percepita in un periodo precedente). E', infine, opportuno rilevare che una eventuale dichiarazione di parziale sopravvenuta illegittimita' costituzionale delle disposizioni in questione dell'art. 2 del d.l. n. 402/1981 nei termini gia' prospettati non comporterebbe un vuoto normativo, ne' richiederebbe ulteriori specificazioni ricadenti nell'ambito della discrezionalita' del legislatore, poiche' il sistema tabellare, impostato su fasce di retribuzione e relative retribuzioni medie imponibili, utilizzato dall'articolo citato, in effetti non era essenziale, dato l'esauriente tenore dell'art. 8, comma primo, del d.P.R. n. 1432/1971, tanto piu' in riferimento alle nuove richieste di autorizzazione alla contribuzione volontaria (in effetti la disposizione transitoria e di coordinamento di cui al comma quarto dell'art. 2, d.l. n. 402/1981 evidenzia una funzione della tabella F di attuare una rivalutazione delle retribuzioni di riferimento per i soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria con decorrenza anteriore al 1° aprile 1981). Cio' e' confermato anche dall'abbandono del sistema tabellare da parte dell'art. 7 del d.lgs. n. 184/1997, in un quadro normativo ai fini in esame non sostanzialmente modificato. Deve peraltro osservarsi - ad integrazione dei precedenti rilievi circa la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale in esame - che la normativa cui e' correlata la fondatezza o meno delle pretese del ricorrente e' proprio quella di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 402/1981, e non quella di una disciplina transitoria intervenuta pacificamente quando non era piu' in corso la contribuzione volontaria del Pollice e lo stesso era gia' pensionato. Ne' una pronuncia di illegittimita' costituzionale di detto art. 2 appare pregiudicabile da un'eventuale non perfetta coerenza della disciplina transitoria di cui all'art. 7, comma 8, d.lgs. n. 184/1997 con l'assetto normativo conseguente alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale. Peraltro una simile incoerenza non e' formalmente configurabile, la disposizione in questione essendo pur sempre riferibile ai periodi in cui legittimamente operavano limiti quantitativi alla contribuzione volontaria. In conclusione, la prospettata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante e non manifestamente infondata e devono quindi essere adottati i consequenziali provvedimenti.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma della Costituzione, dell'art. 2, commi terzo, quinto e sesto, del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con modificazioni dalla legge 26 settembre 1981, n. 437, nella parte in cui, successivamente all'elevazione dei limiti della retribuzione pensionabile e all'entrata in vigore della normativa di cui all'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, impedisce che, in sede di determinazione e aggiornamento periodico della retribuzione di riferimento per la prosecuzione contributiva volontaria, questa possa superare l'importo della retribuzione media corrispondente alla piu' elevata delle classi di contribuzione di cui alla tabella F allegata allo stesso decreto n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento, nell'art. 2, comma quinto, al limite massimo di retribuzione pensionabile vigente nel periodo cui si riferisce il versamento. Sospende il giudizio e dispone che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, il 20 giugno 2003. Il Presidente: Mattone Il relatore: Toffoli 04C0197