N. 115 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 2003
Ordinanza emessa il 17 giugno 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 10 febbraio 2004) dal tribunale di Ancona nel procedimento civile vertente tra Ministero della giustizia e Cinelli Liliana Locazione - Locazione di immobili di proprieta' dello Stato - Canone locativo - Criteri di determinazione - Previsione di una maggiorazione anche per i contratti gia' in corso al 1995 - Mancata previsione di adeguamento del canone oltre che in base al reddito del nucleo familiare occupante, anche in base al valore reale dell'immobile locato ed al momento della stipula del contratto di locazione - Mancata previsione di un numero maggiore di scaglioni di riferimento per la maggiorazione, in modo da personalizzare la situazione - Mancata considerazione oltre che del reddito familiare complessivo, del numero dei componenti il nucleo familiare al fine di assumere come criterio per la determinazione dello «scaglione» il reddito procapite effettivo - Violazione del principio di uguaglianza e dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 32, commi 1, 2 e 4; legge 29 novembre 1995, n. 507, art. 5, comma 7 [rectius: decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 415, art. 5, comma 7-bis, convertito in legge 29 novembre 1995, n. 507]. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.11 del 17-3-2004 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli atti per giudizio incidentale di legittimita' costituzionale relativamente all'art. 32, legge n. 724/1994, commi 1, 2, 4, e all'art. 5, comma 7-bis della legge 29 novembre 1995, n. 507. Nella causa iscritta al n. 2923/2001 R.G. avente per oggetto il pagamento di canoni ed oneri condominiali non corrisposti dalla conduttrice Cinelli Liliana per la locazione dell'immobile di proprieta' del Ministero della giustizia. Svolgimento del processo In data 27 ottobre 2001 il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, adiva l'intestato tribunale al fine di sentir condannare la sig.ra Cinelli Liliana al pagamento di canoni di locazione ed oneri condominiali che assumeva non essere stati corrisposti dalla convenuta nel corso del rapporto di locazione inter partes cessato in data 25 settembre 1999. Esponeva, infatti, il Ministero ricorrente di essere proprietario dell'immobile sito in Ancona, viadotto della Ricostruzione n. 4, concesso in locazione a Bianchi Pia, ved. Cinelli, con contratto del 26 marzo 1969; defunta la predetta in data 22 luglio 1997, nel contratto succedeva la figlia Cinelli Liliana - odierna resistente - che continuava ad occupare l'immobile sino al 24 settembre 2000; dal mese di gennaio 1999 alla data del rilascio dell'appartamento, avvenuta il 24 settembre 2000, la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni di locazione e degli oneri accessori, risultando pertanto debitrice nei confronti del Ministero per la somma complessiva di Euro 13.469,38, oltre interessi. La convenuta, costituitasi in giudizio, contestava la domanda avversaria assumendo che il contratto del 26 marzo 1969 stipulato fra Bianchi Pia ved. Cinelli ed il Ministero rientrava tra quelli soggetti alla legge n. 392/1978 e che, in base all'art. 32 della legge n. 724/1994, il canone di locazione - fino al 1° gennaio 1995 di lire 488.244 - era stato raddoppiato e fissato per volonta' di legge in lire 976.488 mensili stante il fatto che il nucleo familiare occupante l'immobile disponeva di un reddito compreso fra i 40 e gli 80 milioni di lire annui nel 1993, anno di imposta preso come riferimento dal legislatore del 1994. Defunta la Bianchi Pia, nel contratto succedeva la convenuta la quale rimaneva da sola ad occupare l'immobile. Il canone rimaneva invariato nonostante che il nucleo familiare occupante l'immobile avesse un reddito ridotto a circa lire 24.000.000 lorde annue, anzi successivamente rivalutato in base agli indici Istat dei prezzi al consumo arrivava a lire 1.045.817 mensili. Deduceva la difesa resistente l'inefficacia della normativa in oggetto per contrasto con la direttiva CE 93/13 (recepita nel nostro ordinamento con la legge n. 52/1996 che ha introdotto gli artt. 1469-bis e segg.); nonche' l'illegittimita' costituzionale della stessa per violazione con l'art. 3 della Costituzione, chiedendo la sospensione del giudizio con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Rilevanza Posto che, a parere del sottoscritto giudicante, la disciplina europea sulla cd. «tutela del consumatore», recepita nell'ordinamento nazionale con legge n. 52/1996, non puo' trovare applicazione nel caso in esame considerato che il Ministero della giustizia, nella stipulazione del contratto di locazione per cui e' giudizio, ha agito al di fuori della sua attivita' «professionale», la questione dedotta nel procedimento de quo ha un'incidenza attuale e non meramente eventuale. Questo giudicante non puo', infatti, prescindere dalla decisione della questione di legittimita' costituzionale e la pregiudizialita' necessaria si ravvisa sotto il seguente profilo: se fosse accertata l'incostituzionalita' della norma citata, le somme corrisposte in eccesso dalla Cinelli in relazione a canone effettivamente dovuto potrebbero essere ripetute in base alle norme sulla ripetizione dell'indebito; il canone dovuto dalla resistente potrebbe essere individuato nell'importo originariamente pattuito, oltre alla rivalutazione. Poiche' il canone pagato corrisponde al doppio rispetto a quello che risulterebbe dovuto e' evidente che, se anche la Corte sancisse l'illegittimita' della norma solo per i vizi sul punto (perche' essa non prende in considerazione eventuali diminuzioni di reddito dei conduttori escludendo in relazione ad esse l'applicabilita' dell'aumento), il canone dovrebbe tornare ad essere quello iniziale, per cui avendo la convenuta, per il periodo dal gennaio 1995 all'agosto 1999, corrisposto un canone pari al doppio dell'importo che la difesa istante assume dovuto, la sua morosita' sarebbe certamente inferiore a quanto lamentato dal Ministero ricorrente (20 mensilita', dal gennaio 1998 al settembre 2000), quindi il decreto ingiuntivo opposto dovrebbe essere revocato e la resistente condannata al pagamento di una somma inferiore a quella ivi indicata. La rilevanza nel caso di specie riguarda altresi' l'art. 5, comma 7-bis, della legge n. 507/1998 considerato che il canone asseritamente dovuto dalla Cinelli comprende l'aumento corrispondente alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati accertata dall'Istat. E' ben vero che la suintestata Corte, investita della questione da una precedente ordinanza di rimessione del Tribunale di Ancona, ha gia' deciso per il rigetto ma, in quell'occasione, l'eccezione di illegittimita' costituzionale era stata sollevata nel corso di un procedimento di convalida di sfratto per morosita' nel quale risultava non controverso il fatto che la conduttrice aveva smesso di corrispondere i canoni di locazione e da lungo tempo godeva dell'immobile senza versare all'amministrazione statale locatrice alcun corrispettivo, per cui - alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la sospensione del pagamento dei canoni costituisce un fatto arbitrario, di per se' idoneo a determinare la risoluzione del rapporto per inadempimento - la questione era dichiarata dalla Consulta manifestamente inammissibile (ordinanza n. 41 del 25 febbraio 2002). Non manifesta infondatezza Ritenuto che la questione non sia manifestamente infondata sotto i seguenti profili: quanto all'art. 32, legge n. 724/1994, commi 1, 2, 4: 1) in relazione all'art. 3, primo comma, Cost., per la disparita' di trattamento che tale norma viene a creare - pur modificata dalla legge n. 507/1995 (art. 5, comma 6) che limita entro la misura del canone di mercato il canone raggiungibile per effetto dell'aumento automatico - in casi uguali, per parita' di trattamento in casi diseguali. Cio' non tanto in ordine alla disparita' di trattamento tra conduttori di immobili pubblici e di immobili privati. Tale disparita' potrebbe essere giustificata da una triplice ratio: condurre a maggiori entrate per le casse dell'erario; adeguare maggiormente il canone al valore reale degli immobili; dare attuazione ad una linea di tendenza legislativa gia' avviata con il d.l. 27 aprile 1990, n. 90 convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165 e la legge 24 dicembre 1993, n. 537, tesa a predisporre una disciplina di favore per la p.a. e restando estranea al sindacato di costituzionalita' ogni valutazione di opportunita' e di equita' della scelta legislativa. L'irragionevolezza della disciplina in esame riguarda invece altro aspetto: si impone solamente ai locatori di immobili pubblici, in violazione dell'autonomia negoziale, la modifica del corrispettivo originariamente concordato con la controparte; non sembra infatti che la natura pubblica del titolare del bene possa giustificare una disciplina derogatrice della normativa applicabile, fuoriuscendosi dall'ipotesi in cui sia lo stesso regime della proprieta' pubblica, ovverosia il criterio oggettivo proprio dei beni facenti parte del demanio e del patrimonio indisponibile, a presentare carattere speciale attesa la finalita' di interesse generale tramite essi perseguita. La norma prevede una maggiorazione autoritativa del canone, per di piu' assai consistente, di applicazione immediata in corso di rapporto; essa modifica solamente le condizioni dei contratti in corso tra i conduttori titolari di un rapporto intercorrente con lo Stato, non gia' quelle relative ai conduttori titolari di un rapporto intercorrente con soggetti privati, pur trattandosi in entrambi i casi di fattispecie disciplinate della norme di diritto privato. Ne' tale disparita' puo' ritenersi compensata dalla possibilita' di risoluzione (rectius rescissione) di cui al comma 5 («nel caso in cui le maggiorazioni dei canoni operate ai sensi del presente articolo siano considerate eccessive, gli interessati possono chiedere entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la risoluzione del rapporto restituendo contestualmente il bene») in quanto tale norma e' volta ad evitare di essere schiacciati da un canone eccessivo senza fornire alcuna garanzia in ordine all'immutabilita' del canone durante l'esecuzione del contratto. Non elimina tale disparita' nemmeno la possibilita' di ridurre l'importo del canone a quello di mercato prevista dall'art. 5, commi 6, 7 e 7-bis, della legge 29 novembre 1995, n. 507 (di conversione del d.l. n. 415/1995) posto che comunque il conduttore di un immobile pubblico ha perso, in costanza di rapporto, le proprie garanzie a differenza del conduttore di immobile privato. La norma, quindi, non tiene in considerazione i diritti quesiti dai conduttori di immobili appartenenti allo Stato, facendoli trovare di fronte a spese inaspettate che hanno sicuramente creato notevolissimi problemi al loro bilancio familiare. Il legislatore puo' si trattare alcune situazioni o determinati soggetti in modo diverso, oppure parificarli ad altri soggetti o ad altre situazioni gia' oggetto di altra disciplina, purche' cio' sia ragionevole. Nel caso di specie si ravvisa invece un eccesso di potere legislativo in quanto la norma impugnata prevede una disciplina irragionevolmente discriminatoria rispetto agli artt. 12-22 della legge sull'equo canone che si applica ai contratti in corso di locazione di immobili non dello Stato (c.d. tertium comparationis); 2) in relazione all'art. 3 Cost., primo comma, per la disparita' di trattamento che crea tra gli stessi conduttori di immobili pubblici sotto diversi profili (ed in tal caso il tertium comparationis si ravvisa nella stessa disposizione impugnata); 2a) in relazione all'art. 3 della Costituzione per la disparita' di trattamento che crea la norma prevedendo l'applicazione al canone, a suo tempo liberamente determinato, di un coefficiente moltiplicatore fisso il quale prescinde sia dal momento in cui, con la stipula del contratto, tale corrispettivo e' stato fissato sia dal valore di mercato dell'immobile locato - intervenendo la legge n. 507/1995 solo per porre il valore reale del bene immobile come limite massimo dell'importo del canone - e risulta pertanto svincolato da criteri di valutazione oggettivi. La duplicazione ovvero la quintuplicazione imposta dalla norma di un corrispettivo diversamente predeterminato puo' infatti comportare, in presenza di immobili aventi le stesse caratteristiche, conseguenze del tutto diverse rendendo applicabile un canone enormemente alto, pari al valore di mercato, quando lo stesso sia stato concordato in tempi recenti, oppure di gran lunga inferiore al valore reale allorquando il canone sia stato fissato in tempi piu' remoti con l'applicazione dei coefficienti previsti dalla legge n. 392/1978, se non addirittura prescindendone. La limitazione di cui alla legge n. 507/1995 non elimina le disparita' tra chi sotto tale limite si trova a pagare somme diverse senza alcun valido motivo. Si possono presentare situazioni in cui conduttori con reddito tra i 40 e gli 80 milioni delle vecchie lire si vedono attribuire un nuovo canone pari al valore di mercato, mentre altri conduttori, con redditi miliardari, si vedono attribuire per appartamenti di lusso un canone che (pur se aumentato di 5 volte) appare ridicolo rispetto al valore di mercato. Soltanto in apparenza un meccanismo di maggiorazione attuato mediante un moltiplicatore fisso del canone gia' corrisposto rappresenta un intervento destinato ad operare in maniera uniforme; in realta', esso finisce con il fare aumentare a dismisura le gia' esistenti differenze fra canoni di rapporti locativi aventi per oggetto beni simili condotti in locazione da soggetti simili, avvicinando ben poco i canoni piu' bassi a quelli di mercato e rendendo pari a questi i canoni piu' alti; 2b) in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che viene a creare la norma in quanto la maggiorazione del canone non e' stata adeguata a sufficienza al reddito percepito dal nucleo familiare occupante. La legge, infatti, ha disposto che i canoni annui per i beni patrimoniali e demaniali dello Stato destinati ad uso abitativo sono, in deroga alle altre disposizioni di legge in vigore, rivalutati rispetto a quelli dovuti per l'anno 1994 di un coefficiente pari a: due volte il canone stesso per i soggetti appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo riferito all'anno di imposta 1993, non superiore ad ottanta milioni delle vecchie lire; cinque volte il canone stesso per i soggetti appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all'anno di imposta 1993, uguale o superiore ad ottanta milioni di lire. Sono esclusi dall'incremento di cui al comma 2 gli alloggi di servizio, quelli in godimento alle vedove o alle persone gia' a carico e finche' mantengano i requisiti per essere considerati tali, di pubblici dipendenti deceduti per causa di servizio, a soggetti appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all'anno di imposta 1993 ... non superiore a quaranta milioni di lire. Tale aumento a scaglioni crea una disparita' di trattamento tra chi si trova al limite degli stessi: tra chi ha un reddito di lire 39.999.999 e chi ha un reddito di lire 40.000.001: una differenza di due lire portera' una differenza di canone (in situazioni pressoche' uguali) del 250%. Se e' vero che, allorche' si decide di effettuare l'aumento per scaglioni sono inevitabili le disparita' che si creano nelle situazioni limite, e' anche vero che si poteva aumentare il numero degli scaglioni oppure disporre piu' correttamente che gli aumenti avrebbero dovuto essere proporzionali al reddito. Un conduttore percettore di un reddito pari ad un miliardo con la legge in esame ha, infatti, lo stesso trattamento di un conduttore percettore di un reddito di ottanta milioni di vecchie lire; 2c) in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che viene a creare la norma nella parte in cui, ai fini dell'applicazione del coefficiente di maggiorazione del canone, fa riferimento al reddito familiare complessivo per l'anno di imposta 1993 senza tenere in alcuna considerazione il dato relativo al numero dei componenti la famiglia occupante. Con la conseguenza che una famiglia di cinque persone con reddito complessivo superiore agli 80 milioni delle vecchie lire (sintomo per il legislatore di una notevole capacita' economica) si e' vista quintuplicare l'importo del canone mensile di locazione mentre un single con reddito fino al 40 milioni continua a godere dello stesso canone di prima pur avendo a disposizione, egli da solo, una somma doppia rispetto ad ogni componente il nucleo familiare di cinque persone; 2d) in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che nasce dall'aver ancorato tutte le modifica al reddito familiare del conduttore nel 1993, rimanendo irrilevanti le eventuali successive alle modifiche di tale reddito. In tal modo coloro che nel 1994 hanno avuto un incremento del proprio reddito non hanno avuto alcuna modifica del proprio canone, mentre coloro che hanno avuto una diminuzione del proprio reddito non hanno potuto usufruire di alcuna diminuzione del canone stesso. Il legislatore ben poteva prevedere il sistema di adeguamento, in base ai parametri citati, per ognuno degli anni successivi al 1993 al fine di evitare l'illegittimita' della norma (per non trattare in maniera diversa soggetti che abitano lo stesso tipo di immobile ma hanno avuto redditi diversi nel 1993 e redditi uguali negli anni successivi). Nel caso di specie, si osserva per inciso, la mancanza di un tale sistema ha fatto si' che la resistente Cinelli, titolare ora di un reddito inferiore ai quaranta milioni (a differenza di chi nel 1993 aveva un reddito inferiore ai 40 milioni) abbia subito un aumento del proprio canone); 2e) in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che tale disposizione crea tra conduttori di immobili dello stato dipendenti pubblici e conduttori di immobili dello Stato che non siano dipendenti pubblici. Invero tutti i conduttori dipendenti pubblici, inizialmente soggetti alla legge n. 724/1994, sono stati sottratti all'aumento di canone (anche se percettori di redditi miliardari) con una disposizione di legge retroattiva (art. 23, n. 146/1998) e forniti di tutte le garanzie che attribuisce la legge n. 392/1978 sull'equo canone. L'art. 32, legge n. 724/1994 crea, quindi, una disparita' irragionevole di trattamento tra i conduttori di immobili privati ed i conduttori di immobili pubblici che siano dipendenti pubblici da un lato e conduttori di immobili pubblici che non siano anche dipendenti pubblici dall'altro; 3) in relazione all'art. 97, comma primo, Cost. in quanto l'uniformita' del meccanismo di adeguamento del canone previsto dalla norma in commento impone allo Stato di applicare, senza lasciargli alcun margine di discrezionalita', a tutti i contratti di locazione in corso potendo determinare maggiorazioni pari al valore locativo degli immobili oppure manifestamente inferiore, appare lesivo dei principi di imparzialita' e buon andamento che devono informare la condotta della pubblica amministrazione; tale lesione appare solamente attenuata con il correttivo introdotto dall'art. 5, comma 6, della legge n. 507/1995 ma non eliminata. Se, infatti, la finalita' cui e' sottesa la disposizione convenuta nell'art. 32, legge n. 724/1994 e' quella di assicurare la redditivita' del patrimonio immobiliare pubblico, risulta evidente che la maggiorazione in tal modo imposta determina, se applicata ad un canone di partenza notevolmente inferiore al valore corrente di mercato, un corrispettivo che, malgrado l'applicazione del coefficiente moltiplicativo resta comunque in termini assoluti ampiamente al di sotto del valore di mercato e se applicata ad un canone di per se' gia' corrispondente o soltanto di poco inferiore al valore corrente di mercato determina un corrispettivo pari al valore locativo e quindi altissimo; quanto all'art. 5, comma 7-bis, legge n. 507/1995: in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che la norma introduce tra i conduttori di immobili dello Stato e conduttori di immobili titolare di un rapporto intercorrente con privati perche' e' previsto che il canone di locazione, rideterminato per il 1995, equivalente a quello retraibile in regime di libero mercato per unita' immobiliari analoghe, venga aggiornato negli anni successivi in base all'intera variazione Istat dei prezzi al consumo con il conseguente integrale recupero della svalutazione nel frattempo intervenuta (recupero integrale di regola escluso, invece, per le locazioni sia non abitative, art. 32, legge n. 392/1978, sia per quelle ad uso abitativo, art. 24, legge n. 392/1978). In conclusione, si censura la disposizione della legge n. 724/1994 cumulativamente in relazione ai seguenti profili: laddove prevede una maggiorazione del canone locatizio anche ai contratti gia' in corso al 1995; laddove non prevede un adeguamento del canone, oltreche' in base al reddito del nucleo familiare occupante, anche in base al valore reale dell'immobile locato ed al momento della stipula del contratto di locazione (e quindi di determinazione dell'originario canone); laddove non prevede un numero maggiore di scaglioni di reddito di riferimento per la maggiorazione, in modo da personalizzare la situazione; laddove non tiene conto, oltre che del reddito familiare complessivo, del numero dei componenti il nucleo familiare al fine di assumere come criterio per la determinazione dello «scaglione» il reddito pro-capite effettivo; laddove non prevede che la maggiorazione sia dovuta in riferimento al reddito del nucleo familiare calcolato anno per anno e non solo nel 1993; laddove prevede un aggiornamento del canone in misura pari all'intera variazione accertata dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, anziche' in misura percentuale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale nei termini di cui in motivazione dell'art. 32, commi 1, 2, 4 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dell'art. 5, comma 7-bis; della legge 29 novembre 1995, n. 507; In relazione all'art. 3 ed all'art. 97 della Costituzione; Sospende il presente procedimento; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di incostituzionalita' della norma innanzi indicata; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ancona, addi' 17 giugno 2003 Il giudice onorario: Pucciarelli 04C0255