N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2004 (della regione Marche)

Bilancio e contabilita' pubblica - Norme delle legge finanziaria 2004
  - Possibilita' del ricorso all'indebitamento solo per finanziare le
  spese  di  investimento  (con  precisa  indicazione delle tipologie
  delle operazioni che costituiscono rispettivamente indebitamento ed
  investimento,  i  procedimenti  di  controllo  e  l'attribuzione al
  Ministro  dell'economia  e delle finanze di disporre modifiche alle
  tipologie)  -  Ricorso della Regione Marche -Previsione di norme di
  dettaglio non riconducibili ai principi di coordinamento di finanza
  pubblica  -  Denunciata lesione delle attribuzioni della Regione in
  materia di autonomia finanziaria - Denunciata indebita compressione
  delle  competenze  regionali  lese dalla puntuale elencazione degli
  «investimenti»    ed    «indebitamenti»    ammessi   -   Previsione
  dell'attribuzione  delle  modifiche alle tipologie di indebitamento
  al  Ministro dell'economia - Atto normativo di natura regolamentare
  -  Invasione  della  sfera  di  competenze  regionale  con  mancata
  previsione  di  qualsiasi  forma  di  partecipazione delle stesse -
  Lesione  dell'autonomia  finanziaria  della Regione - Incidenza sui
  rapporti  tra  fonti  statali e fonti regionali, con violazione dei
  principi   costituzionali   relativi   all'esercizio   del   potere
  regolamentare.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 16, 17, 18, 19 e 20.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, e 119.
Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di
  personale,  dotazioni  organiche  delle  amministrazioni regionali,
  degli  enti  regionali  e  delle  aziende  del Servizio sanitario -
  Rideterminazione  degli  organici  entro  limiti  e secondo criteri
  prestabiliti,   blocco   temporaneo   delle   assunzioni   a  tempo
  indeterminato  nell'anno 2004  e previsione di criteri e limiti per
  l'assunzione  di  personale  a  tempo  determinato  - Ricorso della
  Regione  Marche  -  Denunciata esorbitanza dalle competenze statali
  esclusive  -  Invasione  di  competenze  legislative  (residuali  o
  concorrenti)  delle Regioni - Denunciata invasione della competenza
  legislativa residuale spettante alle Regioni in materia ordinamento
  degli uffici e del personale regionale - Incidenza sui rapporti tra
  fonti  statali  e  fonti  regionali,  con  violazione  dei principi
  costituzionali relativi all'esercizio del potere regolamentare.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto e sesto.
Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di
  personale,  dotazioni  organiche  delle  amministrazioni regionali,
  degli  enti  regionali  e  delle  aziende  del Servizio sanitario -
  Rideterminazione  degli  organici  entro  limiti  e secondo criteri
  prestabiliti,   blocco   temporaneo   delle   assunzioni   a  tempo
  indeterminato  nell'anno 2004  e previsione di criteri e limiti per
  l'assunzione  di  personale  a  tempo  determinato  - Ricorso della
  Regione  Marche  -  Denunciata esorbitanza dalle competenze statali
  esclusive  -  Invasione  di  competenze  legislative  (residuali  o
  concorrenti)  delle  Regioni - Carattere dettagliato e inderogabile
  delle  previsioni  statali  -  Violazione  della sfera di autonomia
  finanziaria delle Regioni.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65.
- Costituzione artt. 117, commi terzo e quarto, 119.
Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di
  personale  a  tempo  indeterminato nelle amministrazioni regionali,
  negli  enti  regionali  e  nelle  aziende  del Servizio sanitario -
  Fissazione  di  criteri e limiti per l'anno 2004 - Attribuzione del
  relativo  potere  al  Presidente del Consiglio dei ministri, previo
  accordo  interistituzionale tra Governo, Regioni e autonomie locali
  in  sede  di  Conferenza unificata - Ricorso della Regione Marche -
  Denunciata  invasione  della  potesta' regolamentare spettante alle
  Regioni   in   materie  non  riservate  alla  legislazione  statale
  esclusiva  -  Ingiustificata allocazione di funzioni amministrative
  presso  organi  statali,  in contrasto con le regole costituzionali
  sulla     distribuzione     delle     competenze     amministrative
  nell'ordinamento  - Esorbitanza dall'ambito del coordinamento della
  finanza  pubblica  -  Invasione di competenza legislativa residuale
  delle  Regioni  -  Denunciata  esorbitanza dalle competenze statali
  esclusive  -  Invasione  di  competenze  legislative  (residuali  o
  concorrenti)  delle Regioni - Denunciata invasione della competenza
  legislativa residuale spettante alle Regioni in materia ordinamento
  degli  uffici  e  del  personale regionale - Violazione del riparto
  delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 60.
- Costituzione artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, 118.
Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di
  personale  a  tempo  indeterminato nelle amministrazioni regionali,
  negli  enti  regionali  e  nelle  aziende  del Servizio sanitario -
  Fissazione  di  criteri e limiti per l'anno 2004 - Attribuzione del
  relativo  potere  al  Presidente del Consiglio dei ministri, previo
  accordo  interistituzionale tra Governo, Regioni e autonomie locali
  in  sede  di  Conferenza unificata - Ricorso della Regione Marche -
  Intervento   legislativo   di   dettaglio   in   materia   relativa
  all'organizzazione    amministrativa    della   Regione   e   degli
  subregionali  -  Esorbitanza  dall'ambito  del  coordinamento della
  finanza  pubblica - Violazione della sfera di autonomia legislativa
  e finanziaria delle Regioni.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65.
- Costituzione artt. 117, commi secondo, terzo e quarto, 119.
Edilizia  e  urbanistica  -  Condono  edilizio  -  Norme  della legge
  finanziaria 2004 - Modifica alla normativa recata dal decreto legge
  n. 269/2003  e  dalla legge di conversione n. 326/2003 - Intervento
  legislativo   di   dettaglio   per  l'individuazione  dei  casi  di
  esclusione  dalla  sanatoria  -  Ricorso  della  Regione  Marche  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  concorrente relativa al
  governo   del   territorio  nell'ambito  del  quale  e'  ricompresa
  l'edilizia.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 125.
- Costituzione art. 117, commi terzo e quarto.
(GU n.15 del 14-4-2004 )
    Ricorso  della  regione  Marche,  in  persona  del presidente pro
tempore  della giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni
della  giunta  regionale  n. 138 del 17 febbraio 2004 e n. 148 del 20
febbraio  2004, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi
del  Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest'ultimo,  in  Roma,  piazza  Barberini  n. 12,  come  da procura
speciale  per  atto  del  notaio Simonetta Sabatini di Ancona n. rep.
39.501 del 20 febbraio 2004;

    Contro  lo  Stato,  in  persona  del Presidente del Consiglio dei
ministri   pro   tempore,  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  commi 16, 17, 18, 19, 20, 53, 60 e 65 e
dell'art. 4,  comma  125  della legge 24 dicembre 2003 n. 350 («Legge
finanziaria  2004», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27
dicembre 2003 - Supplemento ordinario - n. 196), per violazione degli
artt. 117, 118 e 119 Cost.

                              F a t t o

    1.  -  La  legge  24 dicembre 2003, n. 350, contiene una serie di
disposizioni che la regione Marche ritiene lesive della propria sfera
di competenza costituzionalmente garantita.
    Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:
        l'art. 3,  comma  16  per  il  quale «ai sensi dell'art. 119,
sesto  comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli
enti  locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e
172,  comma  1,  lettera  b)  del  testo  unico  di  cui  al  decreto
legislativo  18  agosto  2000, n. 267, ad eccezione delle societa' di
capitali  costituite  per  l'esercizio  di  servizi pubblici, possono
ricorrere    all'indebitamento   solo   per   finanziare   spese   di
investimento.  Le  regioni  a  statuto ordinario possono, con propria
legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed
ospedaliere  e  degli enti e organismi di cui all'art. 12 del decreto
legislativo  28  marzo  2000,  n. 76,  solo  per  finanziare spese di
investimento»;
        l'art. 3,  comma 17, che delimita la nozione di indebitamento
per  gli  enti  di cui al comma 16, ricomprendendovi «l'assunzione di
mutui,  l'emissioni  di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni
di flussi futuri di entrata non collegati a un'attivita' preesistente
e  le  cartolarizzazioni con corrispettivo inferiore all'85 per cento
del  prezzo  di  mercato  dell'attivita' oggetto di cartolarizzazione
valutato  da  un'unita'  indipendente  e  specializzata», nonche' «le
operazioni  di  cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da
amministrazioni  pubbliche  e  le  cartolarizzazioni e le cessioni di
crediti  vantati verso altre amministrazioni pubbliche» ed escludendo
«agli  effetti  del citato art. 119, le operazioni che non comportano
risorse  aggiuntive,  ma  consentono  di  superare,  entro  il limite
massimo  stabilito  dalla  normativa  statale vigente, una momentanea
carenza  di  liquidita'  e  di  effettuare spese per le quali e' gia'
prevista   idonea   copertura  di  bilancio.  Modiche  alle  predette
tipologie  di  indebitamento  sono  disposte con decreto del Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  sentito  l'ISTAT,  sulla  base dei
criteri definiti in sede europea»;
        l'art. 3,  comma  18, che, ai fini di cui all'art. 119, sesto
comma, delimita la nozione di investimenti, ricomprendendovi:
          «a)  l'acquisto,  la  costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
          b)  la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
          c)   l'acquisto   di   impianti,  macchinari,  attrezzature
tecnicoscientifiche,  mezzi  di  trasporto  e  altri  beni  mobili ad
utilizzo pluriennale;
          d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
          e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
          f)   le   partecipazioni  azionarie  e  i  conferimenti  di
capitale,  nei  limiti  della  facolta' di partecipazione concessa ai
singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
          g)    i   trasferimenti   in   conto   capitale   destinati
specificamente  alla  realizzazione  degli  investimenti a cura di un
altro  ente  od  organismo  appartenente  al  settore delle pubbliche
amministrazioni;
          h)  i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari  di  lavori  pubblici  o  di  proprietari  o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici   o  di  soggetti  che  erogano  servizi  pubblici,  le  cui
concessioni  o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti   agli   enti  committenti  alla  loro  scadenza,  anche
anticipata.  In  tale  fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore  del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
          i)  gli interventi contenuti in programmi generali relativi
a  piani  urbanistici  attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse  regionale  aventi  finalita'  pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio»;
        l'art. 3, comma 19, per il quale «gli enti e gli organismi di
cui  al  comma  16  non  possono  ricorrere  all'indebitamento per il
finanziamento  di  conferimenti  rivolti  alla  ricapitalizzazione di
aziende  o  societa'  finalizzata  al ripiano di perdite. A tale fine
l'istituto  finanziatore, in sede istruttoria, e' tenuto ad acquisire
dall'ente  l'esplicazione specifica sull'investimento da finanziare e
l'indicazione   che   il   bilancio  dell'azienda  o  della  societa'
partecipata,   per   la  quale  si  effettua  l'operazione,  relativo
all'esercizio  finanziario precedente l'operazione di conferimento di
capitale, non presenta una perdita di esercizio»;
        l'art. 3, comma 20, per il quale «le modifiche alle tipologie
di  cui  ai  commi  17  e  18  sono disposte con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT»;
        l'art. 3, comma 53 che (riformulando l'art. 34, comma 4 della
legge  27  dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), prevede che «per
l'anno  2004,  alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2 e
70,   comma  4,  del  d.lgs.  30  marzo  2001,  n. 165  e  successive
modificazioni,  ivi  comprese le Forze armate, i Corpi di polizia, il
Corpo  nazionale  dei vigili del fuoco, e' fatto divieto di procedere
ad  assunzioni  di  personale  a  tempo indeterminato, fatte salve le
assunzioni di personale relative a figure professionali non fungibili
la  cui  consistenza  organica  non sia superiore all'unita', nonche'
quelle relative alle categorie protette»;
        l'art. 3,  comma  60,  che  (riformulando l'art. 34, comma 11
della  legge 27 dicembre 2002, n. 289), in particolare stabilisce che
«ai  fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto
degli  obiettivi  di finanza pubblica, con decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di
entrata  in  vigore della presente legge, previo accordo tra Governo,
regioni  e  autonomie  locali  da  concludere  in  sede di Conferenza
unificata,  sono  fissati  per  le  amministrazioni regionali, per le
province  e  i  comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano  rispettato  le  regole  del  patto di stabilita' interno per
l'anno  2003  -  l'art. 34,  comma  11 aggiungeva «per gli altri enti
locali»  -  e  gli  enti  del Servizio sanitario nazionale, criteri e
limiti  per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004. Tali
assunzioni,  fatto  salvo  il  ricorso  alle  procedure di mobilita',
devono,  comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale
infermieristico  del  Servizio sanitario nazionale, entro percentuali
non   superiori  al  50  per  cento  delle  cessazioni  dal  servizio
verficatesi nel corso dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla
tipologia  degli  enti,  della  dimensione  demografica,  dei profili
professionali  del  personale  da  assumere,  della essenzialita' dei
servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle
entrate  correnti.  Per  gli  enti  del  Servizio sanitario nazionale
possono  essere  disposte  esclusivamente  assunzioni, entro i limiti
predetti,  di  personale  appartenente  al  ruolo sanitario» e che «i
singoli   enti   in   caso   di   assunzioni   di   personale  devono
autocertificare   il   rispetto   delle  disposizioni  del  patto  di
stabilita'  interno  per l'anno 2003. Fino all'emanazione dei decreti
di  cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui
al comma 53»;
        l'art. 3,   comma   65,  nella  parte  in  cui  (riformulando
l'art. 34, comma 13 della legge 27 dicembre 2002, n. 289), stabilisce
che  «per  l'anno  2004 le amministrazioni di cui al comma 53 possono
avvalersi  di  -  l'art. 34,  comma  13, prevedeva "possono procedere
all'assunzione  di"  - personale a tempo determinato, ad eccezione di
quanto  previsto  all'art.  108  del  testo unico di cui al d.lgs. 18
agosto  2000,  n. 267,  o  con  convenzioni  ovvero  con contratti di
collaborazione   coordinata  e  continuativa,  nei  limiti  di  spesa
previsti dall'art. 34, comma 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289
e  successive  modificazioni.  La  spesa  per  il  personale  a tempo
determinato  in  servizio  presso  il  Corpo  forestale  dello  Stato
nell'anno  2004,  assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124,
non  puo' superare quella sostenuta per lo stesso personale nell'anno
2003.   Le   limitazioni   di  cui  al  presente  comma  non  trovano
applicazione  nei  confronti  delle regioni e delle autonomie locali,
fatta  eccezione  per  le province e i comuni che per l'anno 2003 non
abbiano  rispettato le regole del patto di stabilita' interno, cui si
applica  quanto  disposto  dall'art. 29,  comma  15,  della  legge 27
dicembre   2002,   n. 289,   nonche'   nei  confronti  del  personale
infermieristico  del  Servizio  sanitario  nazionale. Per il comparto
scuola trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore»;
        l'art. 4,   comma   125,   che  (intervenendo  sul  comma  27
dell'art. 32 del d.l. n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla
legge  24  novembre 2003, n. 326, che individua ipotesi specifiche di
opere abusive non suscettibili di sanatoria), prevede che «la lettera
g)  del  comma  27  dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003,
n. 269,  convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003,
n. 326  - che le circoscriveva a quelle "realizzate nei porti e nelle
aree  appartenenti  al  demanio  marittimo  di  preminente  interesse
nazionale  in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed
alle  esigenze  della  navigazione  marittima,  quali identificate ai
sensi del secondo comma dell'art. 59 del decreto del Presidente della
Repubblica  24  luglio 1977, n. 616" -, e' sostituita dalla seguente:
g)  siano  state  realizzate  nei  porti e nelle aree appartenenti al
demanio marittimo, lacuali e fluviale, nonche' nei terreni gravati da
diritti di uso civico».
    2. - La regione Marche, con deliberazione della giunta n. 138 del
17  febbraio  2004  e  n. 148  del 20 febbraio 2004, ha deliberato di
impugnare  davanti  a questa Corte le norme sopra richiamate, perche'
illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e
garantita alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    3.  -  Illegittimita'  dell'art. 3, commi 16, 17, 18, 19 20 della
legge  24 dicembre 2003 n. 350, per lesione della sfera di competenza
legislativa  regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117,
commi terzo, quarto e sesto e 119 Cost.
    L'art. 3,   comma   16  della  legge  24  dicembre  2003,  n. 350
stabilisce,  in  particolare, che le regioni a statuto ordinario, gli
enti  locali,  le aziende e gli altri organismi indicati nella stessa
norma  possono  ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese
di  investimento  e  che  le regioni a statuto ordinario possono, con
propria  legge,  disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie
locali  ed  ospedaliere  e degli enti di cui all'art. 12 d.lgs. n. 76
del 2000, solo per finanziare spese di investimento.
    La  norma  nei  commi  successivi  si  preoccupa di delimitare la
nozione  di  indebitamento (comma 17) e, ai fini di cui all'art. 119,
sesto  comma,  quella  di  investimenti  (comma  18),  escludendo  la
possibilita'  di ricorrere all'«indebitamento per il finanziamento di
conferimenti  rivolti  alla  ricapitalizzazione di aziende o societa'
finalizzata  al  ripiano  di  perdite»  (comma  19) ed assoggettando,
infine,  «le  modifiche  alle  tipologie  di  cui  ai commi 17 e 18»,
all'adozione  di  un  «decreto  del  Ministro  dell'economia  e delle
finanze, sentito l'ISTAT» (comma 20).
    3.1. - Si deve ritenere che i commi 16-20 dell'art. 3 della legge
24  dicembre  2003,  n. 350  intendano  dare  attuazione  e  vogliano
integrare  un principio presente nell'art. 119, ultimo comma Cost. Ma
si  deve dubitare, in primo luogo, che il principio costituzionale di
cui  all'art. 119,  ultimo  comma,  Cost.,  possa  essere  oggetto di
autonoma  interpretazione  del  legislatore  nazionale e definito nei
suoi   aspetti  applicativi  direttamente  dalla  legge  finanziaria,
anziche'  dalle  norme  di coordinamento e comunque al di fuori di un
intervento o una possibilita' di definizione da parte del legislatore
regionale.
    I commi 16-20 dell'art. 3, nel disciplinare l'indebitamento delle
regioni   e  degli  enti  locali  con  previsioni  di  dettaglio  non
riconducibili  ai  principi di coordinamento della finanza pubblica e
del  sistema  tributario  di  cui  all'art. 119  della  Costituzione,
violano  l'autonomia  finanziaria  garantita  agli  enti  sub-statali
proprio dall'art. 119 della Costituzione.
    L'art. 119,   secondo   comma   Cost.   prevede  che  l'autonomia
finanziaria   delle   regioni   si   muova  «secondo  i  principi  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema tributario».
Principi  che  vengono  dettati dal legislatore statale, ma - proprio
perche'  diretti ad attuare il previsto coordinamento - tali principi
debbono   essere   inseriti   in   una   disciplina   che   determini
contestualmente  i  «principi  generali»,  cosi'  come ha previsto la
stessa  legge  finanziaria  per il 2003 (n. 289 del 27 dicembre 2002,
che,  all'art. 3,  ha  istituito  un'Alta Commissione per indicare al
Governo  il  contenuto  di tale normativa; anche la legge finanziaria
impugnata  conferma  questa scelta all'art. 2, comma 20, legge n. 350
del  2003, fissando il termine entro il quale l'Alta Commissione deve
concludere i suoi lavori). La determinazione di norme, per di piu' di
dettaglio,  nell'ambito delle esigenze di coordinamento della finanza
pubblica,  risulta  -  anche sotto questo profilo - illogica e lesiva
delle   competenze   regionali.   Competenze  regionali  che  vengono
compresse   e   comunque   lese   dalla  puntuale  elencazione  degli
«investimenti»   e   degli   «indebitamenti»   ammessi,  di  cui,  in
particolare,   al   comma   18  dell'art. 3  della  legge  impugnata:
elencazioni  e precisazioni che finiscono per condizionare in termini
stringenti  -  e,  come  tali, inammissibili - la stessa capacita' di
esercizio  autonomo  delle  competenze  legislative ed amministrative
delle regioni.
    La  lesione  e'  particolarmente  evidente per la parte in cui le
norme impugnate rendono illegittimo il finanziamento mediante ricorso
all'indebitamento   di   una   serie  di  interventi  destinati  alla
realizzazione  di investimenti e in particolare di quelli riferiti ai
trasferimenti  in  conto capitale a favore di privati: cio' significa
che  tutte  le  spese  relative  ai contributi in conto capitale alle
imprese,  alle famiglie, alle associazioni non sono piu' finanziabili
con  il  ricorso  all'indebitamento.  Lo  stesso  dicasi per la quasi
totalita'  dei  cofinanziamenti regionali di programmi comunitari. La
compressione  della  competenza  regionale  e', sotto questo profilo,
evidente,  perche'  si  produce  -  in  assenza  di  qualsiasi previo
meccanismo  di coordinamento o di intesa - un'alterazione consistente
degli  equilibri  dei  bilanci regionali: dati i ristretti margini di
autofinanziamento  delle  regioni,  la  quasi  totalita'  delle spese
regionali    di    investimento   sono,   infatti,   finanziate   con
l'indebitamento.
    In  definitiva,  la  disciplina  posta  dallo  Stato  si  pone in
contrasto  con il sistema costituzionale vigente che attribuisce alle
regioni  potesta'  normativa  nel  quadro  dei  principi fondamentali
stabiliti  dalla  legge  statale,  che  deve essere pertanto legge di
coordinamento e non di dettaglio.
    3.2.  - La legge impugnata viola comunque l'art. 117, sesto comma
Cost., quando all'art. 3, comma 17, stabilisce che le «modifiche alle
predette  tipologie  di  indebitamento  sono disposte con decreto del
Ministro  dell'economia  e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei  criteri  definiti  in  sede  europea»,  ed all'art. 3, comma 20,
precisa che «le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono
disposte  con  decreto  del  Ministro  dell'economia e delle finanze,
sentito l'ISTAT».
    E',  infatti,  evidente  che  viene  cosi' attribuita al Ministro
dell'economia  e  delle finanze potesta' regolamentare in materia non
riservata  alla  competenza legislativa esclusiva dello Stato laddove
«deve  escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale
materia  con  atti  normativi  di  rango  sublegislativo»  (cosi'  la
sentenza di questa Corte 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 della parte
In diritto).
    Ne'  la  competenza  ministeriale  e'  accompagnata  da qualsiasi
garanzia  procedurale,  che  consenta la partecipazione delle regioni
alla  definizione delle variazioni delle tipologie degli investimenti
e  degli  indebitamenti. Di qui un ulteriore profilo di lesione delle
competenze regionali.
    4.  - Illegittimita' dell'art. 3, commi 53, 60, 65 della legge 24
dicembre   2003   n. 350,  per  lesione  della  sfera  di  competenza
legislativa  regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117,
terzo, quarto e sesto comma Cost.
    4.1.  - L'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 stabilisce,
in   particolare,  per  l'anno  2004  il  «divieto  di  procedere  ad
assunzioni di personale a tempo indeterminato» (comma 53); nonche' la
fissazione   di   criteri   e   limiti  per  le  assunzioni  a  tempo
indeterminato  «per le amministrazioni regionali, per le province e i
comuni  con  popolazione  superiore  a  5.000  abitanti  che  abbiano
rispettato  le regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2003
e  gli  enti  del  Servizio nazionale», da stabilire «con decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri ... previo accordo tra Governo,
regioni  e  autonomie  locali  da  concludere  in  sede di Conferenza
unificata» (comma 60).
    L'art. 3    prevede,   inoltre,   che   «per   l'anno   2004   le
amministrazioni  di  cui al comma 53 possono avvalersi di personale a
tempo  determinato,  ad eccezione di quanto previsto all'art. 108 del
testo  unico  di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o
con  convenzioni  ovvero con contratti di collaborazione coordinata e
continuativa,  nei  limiti  di spesa previsti dall'articolo 34, comma
13,  della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e successive modificazioni»
(comma 65).
    Le  disposizioni  ora  richiamate  dispongono  dunque  un  vero e
proprio  blocco generalizzato della assunzione di personale, da parte
delle amministrazioni pubbliche.
    E'   necessario   difatti   sottolineare   che   le  disposizioni
dell'art. 3  interessano  «le  amministrazioni  di  cui agli artt. 1,
comma  2,  e 70, comma 4 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e successive
modificazioni,  ivi comprese le Forze armate, i Corpi di polizia e il
Corpo  nazionale  dei vigili del fuoco». L'art. 1, comma 2 del d.lgs.
n. 165  del  2001  si  applica, in particolare, alle «Amministrazioni
dello  Stato,  ivi  compresi  gli  istituti e scuole di ogni ordine e
grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello
Stato  ad  ordinamento autonomo, le regioni le province, i comuni, le
comunita'  montane,  e  loro  consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie,  gli  istituti  autonomi  case  popolari, le camere di
commercio,  industria  artigianato e agricoltura e loro associazioni,
tutti  gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali,
le  amministrazioni,  le  aziende  e  gli enti del Servizio sanitario
nazionale,  l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni  (ARAM) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999 n. 300».
    4.2.  -  Si  deve  rilevare  che la disciplina delle assunzioni e
delle  dotazioni  organiche  delle  amministrazioni regionali e degli
enti  facenti  parte del Servizio sanitario nazionale non rientra tra
le materie per le quali lo Stato puo' esercitare potesta' legislativa
esclusiva.
    Nessuna   delle   materie  elencate  nella  disposizione  di  cui
all'art. 117,  secondo  comma  Cost. e' in grado di costituire per il
legislatore  statale  titolo  legittimante  all'esercizio di potesta'
legislativa  nella disciplina delle assunzioni relative alle regioni,
agli  enti  territoriali  regionali,  e in particolare, agli enti del
Servizio sanitario.
    Al  legislatore  statale  e'  riservata la sola disciplina di cui
all'art. 117, comma secondo, lettera g), Cost., relativa alla materia
«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici  nazionali», come affermato anche di recente da questa Corte
costituzionale (sentenza 19 dicembre 2003 n. 363, punto 4 della parte
In  diritto);  per  cui  la  corrispondente  materia  «ordinamento  e
organizzazione  amministrativa  delle  regioni,  degli  enti locali e
degli  enti  pubblici substatali», non essendo contemplata in nessuno
degli    elenchi    contenuti    nello    stesso   art. 117,   spetta
inequivocabilmente   alla   competenza   residuale   del  legislatore
regionale.
    Poiche'  i  meccanismi  di contenimento delle dotazioni organiche
disciplinati  con  le  norme  impugnate  attengono all'organizzazione
della  funzione amministrativa regionale e locale, e' da ritenere che
la  loro  disciplina  sia  riservata  alla competenza del legislatore
regionale;    competenza   che,   nel   caso   di   specie,   risulta
inequivocabilmente lesa.
    Le norme impugnate, in particolare, non possono essere ricondotte
alla   «determinazione   dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale», materia riservata allo Stato ai sensi
della  lettera  m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. E', infatti,
evidente  che  la determinazione dei livelli essenziali per garantire
determinati  diritti  sul  territorio  nazionale,  che,  come afferma
questa  Corte  nella  sentenza  282/2002,  legittima il legislatore a
«porre  le  norme  necessarie  per  assicurare  a  tutti, sull'intero
territorio  nazionale,  il  godimento  di prestazioni garantite, come
contenuto  essenziale  di  tali  diritti», coincidente con il livello
minimo  dei  medesimi,  deve  comunque  rispondere alla necessita' di
preservare le diversita' territoriali, e non puo' essere identificata
con  la  decisione  sulla  necessita'  di bloccare le assunzioni e le
dotazioni  organiche  in particolar modo delle strutture del Servizio
sanitario nazionale.
    In  conclusione, le norme impugnate sono illegittime per la parte
in  cui  si  riferiscono  non  solo allo Stato e o agli enti pubblici
nazionali,  ma  anche  alle  regioni,  agli  enti  regionali  e  alle
strutture del Servizio sanitario.
    4.3.  -  Anche  qualora  si  dovesse  ritenere  che la disciplina
impugnata possa essere ricondotta ad ambiti di competenza legislativa
concorrente,  ai  sensi  dell'art. 117,  terzo  comma  Cost.  -  piu'
precisamente,  alle  materie  «tutela della salute» e «armonizzazione
dei  bilanci  pubblici  e  coordinamento  della  finanza pubblica del
sistema  tributario»  -  l'art. 3,  commi  53, 60 e 65 della legge 24
dicembre    2003,    n. 350,    sarebbe    comunque    da    ritenere
costituzionalmente  illegittimo  per  violazione dell'art. 117, terzo
comma,  Cost.,  per  la  parte  in  cui  disciplina, con norme non di
principio,  direttamente  applicabili  da  parte  dei  destinatari  e
comunque  non  derogabili  dal  legislatore  regionale,  una  materia
compresa  tra  quelle  affidate  alla  legislazione concorrente dello
Stato e delle regioni.
    Sotto questo profilo, la disciplina della legge impugnata si pone
chiaramente  in  contrasto con il ruolo specificamente riservato allo
Stato   nella   legislazione   concorrente;   ruolo   che   la  norma
costituzionale  limita  alla determinazione dei principi fondamentali
della materia.
    Si   devono   ritenere   principi  fondamentali  «solo  i  nuclei
essenziali  del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono
per  i principi enunciati o da esse desumibili» (Corte cost., sent. 7
novembre  1995,  n. 482),  con  un  «livello  di maggior astrattezza»
rispetto   alle   regole   positivamente  stabilite  dal  legislatore
regionale (Corte cost., 16 marzo 2001, n. 65).
    Ora,  pur  considerando  la  funzione di tali principi in termini
ampi,  di indirizzo e coordinamento delle competenze regionali per la
realizzazione   di   esigenze   unitarie,   la   nuova   formulazione
dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  rispetto  a  quella previgente
dell'art. 117, primo comma, Cost., opera una netta distinzione fra la
competenza  regionale  a legiferare in queste materie e la competenza
statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della
disciplina,  «comunque  risultanti dalla legislazione statale gia' in
vigore»  (sentenza  26  giugno  2002,  n. 282, in motivazione), fermo
restando  che  le  norme per essere considerate principi fondamentali
devono essere «espressive di scelte politico-legislative fondamentali
o,  quantomeno, di criteri o modalita' generali tali da costituire un
saldo  punto  di  riferimento  in  grado di orientare l'esercizio del
potere  legislativo  regionale»  (sentenza  18 febbraio 1988, n. 177,
punto  2.3.1  della  parte  In diritto) e che le regioni sono in ogni
caso   responsabili   nel   proprio   territorio   delle   norme   di
organizzazione  e  di  procedura  (sentenza  14 novembre 2003, n. 338
punto 5.1 della parte In diritto).
    Le  norme  impugnate  sacrificano  cioe',  in  maniera  del tutto
illegittima  ed  incoerente,  quel  contenuto  minimo  dell'autonomia
legislativa  regionale  che, nelle materie attribuite alla competenza
legislativa  concorrente  delle  regioni,  il legislatore statale non
puo' viceversa comprimere o eliminare.
    Anche  a voler ammettere - ma la regione ricorrente contesta tale
interpretazione  - che lo Stato abbia il potere di emanare discipline
autoapplicative  o di dettaglio nelle materie di potesta' legislativa
concorrente,  si  deve  ricordare che, per costante giurisprudenza di
questa  Corte  (v. Corte cost., 23 luglio 2002, n. 376, punto 6 parte
In diritto), tale potere si puo' estrinsecare solo attraverso norme a
carattere   cedevole   rispetto   agli   interventi  del  legislatore
regionale.  Carattere,  con tutta evidenza, da escludere per le norme
impugnate,  che impongono limiti gravi e immediatamente efficaci alle
dotazioni  di  personale,  disciplinando tali limiti in via esclusiva
(senza   lasciare   alcuno  spazio  di  autonomia  alla  legislazione
regionale),  in  maniera  dunque  gravemente  lesiva della competenza
legislativa della regione.
    L'esclusione  di  una  disciplina  di  dettaglio  in  materia  di
dotazione  organica e' stata del resto ribadita da questa Corte (cfr.
sentenza  13  gennaio  2004,  n. 5,  punto 3 parte In diritto, per la
quale, ad esempio, «una volta attribuita l'istruzione alla competenza
concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di
programmazione  scolastica  e di gestione amministrativa del relativo
servizio,  compito dello Stato sia solo quello di fissare principi. E
la  distribuzione  del  personale tra le istituzioni scolastiche, che
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate   alla   competenza   esclusiva   dello  Stato,  in  quanto
strettamente  connessa  alla  programmazione  della  rete scolastica,
tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa
e  innaturalmente  riservata per intero allo Stato; sicche', anche in
relazione  ad  essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro
che  con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle
regioni svolgere con una propria disciplina»).
    Non  vi puo' d'altro canto essere dubbio sul carattere puntuale e
di  dettaglio  delle  disposizioni recate dall'art. 3, commi 53, 60 e
65.  Le  norme  impugnate  non  determinano  semplici principi per il
contenimento della spesa in materia di personale degli enti regionali
e  degli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,  ma  arrivano  a
determinare  il  numero  massimo  di  posti in dotazione organica e a
disporre  un blocco generale e coattivo delle assunzioni, per di piu'
legato a date puntualmente individuate.
    E' quindi evidente che, di fronte a questa disciplina, non esiste
da  parte  del legislatore regionale la possibilita' di intervenire a
livello  legislativo  e  amministrativo  in materie che, invece, sono
riconducibili alla sua competenza legislativa concorrente.
    L'art. 3, commi 53, 60 e 65 cioe', in palese violazione di quanto
previsto  dall'art. 117,  terzo  comma  Cost.,  non contiene norme di
principio  volte  a definire il quadro normativo della materia che il
legislatore  regionale  dovrebbe  rispettare nell'esercizio della sua
autonomia  legislativa  costituzionalmente  garantita.  Al contrario,
stabilisce   norme   puntuali   rivolte   direttamente   ai  soggetti
destinatari  della  disciplina,  senza  lasciare  alcuno  spazio alla
necessaria interposizione del legislatore regionale.
    E'  necessario  anche  sottolineare  che,  ai  sensi dell'art. 2,
secondo comma, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 205 (rimasto invariato
a  seguito  della riforma operata dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229),
competono  alle  regioni,  nel  rispetto dei principi stabiliti dalle
leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia
di   assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera.  La  norma  prevede,  in
particolare,  che alle regioni spetti la «determinazione dei principi
sull'organizzazione  dei  servizi  e  sull'attivita'  destinata  alla
tutela  della  salute  e  dei  criteri  di finanziamento delle unita'
sanitarie  locali  e  delle  aziende  ospedaliere,  le  attivita'  di
indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette
unita'  sanitarie  locali ed aziende, anche in relazione al controllo
di  gestione  ed  alla  valutazione  della qualita' delle prestazioni
sanitarie» (art. 2, secondo comma).
    Questa  Corte,  di  recente,  ha  confermato  che «nei limiti dei
principi fondamentali, nulla vieta (...) che le regioni, responsabili
per  il  proprio  territorio  dei  servizi sanitari, dettino norme di
organizzazione  e  di  procedura,  o  norme  concernenti  l'uso delle
risorse pubbliche in questo campo» (sentenza 14 novembre 2003, n. 338
punto 5.1 della parte In diritto).
    In  conclusione,  lo  Stato  puo'  dettare  principi  generali di
carattere  finanziario  per le regioni e per le aziende sanitarie: ma
non  puo'  stabilire  e  determinare azioni strumentali puntuali e di
dettaglio,  quali  la  determinazione  delle dotazioni organiche e il
blocco delle assunzioni, al fine di realizzare tali principi.
    4.4.  - In questa prospettiva, e' evidente che anche un eventuale
riferimento   all'«interesse  nazionale»  non  potrebbe  giustificare
l'attribuzione  allo  Stato  della potesta' di disciplinare il blocco
delle  assunzioni e la determinazione delle dotazioni organiche delle
regioni, degli enti regionali e delle aziende del Servizio sanitario.
    Indipendentemente  dalla  circostanza  che,  in  nessun  modo, il
limite  dell'interesse  nazionale  e'  oggi  espressamente menzionato
nelle  norme  del  Titolo  V  della  Costituzione,  si  deve comunque
rilevare  che l'eventuale richiamo ad interessi nazionali non puo' di
per  se'  escludere  la  potesta'  legislativa regionale negli ambiti
materiali  di  competenza concorrente o residuale di cui all'art. 117
Cost.,  terzo  e quarto comma. La scelta del legislatore di revisione
costituzionale   e'   stata,   infatti,  chiaramente  quella  di  non
attribuire  al  rilievo  nazionale  della  materia  e  agli interessi
nazionali  da  essa  soddisfatti,  il  significato  di  un fattore di
esclusione   della   potesta'   legislativa  regionale  («l'interesse
nazionale  non  e'  piu', oggi, un limite autonomo della legislazione
regionale,  ne'  puo'  essere  autonomo  fondamento  di un intervento
legislativo   statale  in  materie  di  competenza  regionale  [cfr.,
sentenze  n. 303 e 370 del 2003]», cosi' la sentenza 16 gennaio 2004,
n. 16, punto 6, parte In diritto).
    Il   nuovo   testo  costituzionale,  non  prevedendo  l'interesse
nazionale  come  limite  alla potesta' legislativa delle regioni, non
prevede  neppure  l'esercizio  di  un  generale potere di indirizzo e
coordinamento   (che,   nel   contesto   costituzionale   previgente,
costituiva  il  corollario  positivo  dell'interesse  nazionale).  E,
infatti,  la tutela degli interessi nazionali - o ultraregionali - e'
espressa,  nel  nuovo  art.  117  Cost.,  solo in sede di elencazione
tassativa   dei  compiti  specificatamente  riservati  alla  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato.
    Tali  affermazioni sono suffragate dalla giurisprudenza di questa
Corte,  che  ha, di recente, confermato che «il nuovo art. 117, terzo
comma,   della   Costituzione,   affida   alla  potesta'  legislativa
concorrente delle regioni la materia della tutela della salute (...).
Pertanto,  in  tale  materia le regioni possono esercitare le proprie
competenze  legislative  approvando  una  propria  disciplina - anche
sostitutiva  di quella statale - sia pure nel rispetto del limite dei
principi  fondamentali  posti dalle leggi dello Stato. D'altra parte,
deve  escludersi  la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale
materia con atti normativi di rango sublegislativo, in considerazione
di  quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione; e
parimenti,  e'  da  escludere  la  permanenza  in capo allo Stato del
potere di emanare atti di indirizzo e coordinamento in relazione alla
materia  de  qua,  anche  alla  luce di quanto espressamente disposto
dall'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni
per   l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale stabilisce che «nelle
materie   di   cui   all'art. 117,   terzo   e  quarto  comma,  della
Costituzione,  non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di
coordinamento  di  cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
all'art. 4  del  d.lgs.  31  marzo 1998, n. 112» (sentenza 27 ottobre
2003, n. 329, punto 4 della parte In diritto).
    5. - Illegittimita' dell'art. 3, commi 53, 60 e 65 della legge 24
dicembre   2003,  n. 350,  per  lesione  della  sfera  di  competenza
regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo e
quarto comma e dell'art. 119 Cost.
    5.1.  - Le disposizioni impugnate - oltre a violare la competenza
legislativa  piena  o  comunque  concorrente delle regioni - prevista
dall'art. 117,  terzo  e  quarto  comma  della  Costituzione, violano
l'autonomia  di  spesa,  costituzionalmente  riconosciuta e garantita
alle regioni dal primo comma dell'art. 119 Cost.
    La  drastica  limitazione  delle  dotazioni organiche e il blocco
delle  assunzioni  imposto  dalle norme della legge 24 dicembre 2003,
n. 350  determina,  nel  caso delle amministrazioni regionali e degli
enti  del  Servizio  sanitario  regionale, una lesione della sfera di
autonomia  finanziaria  della  regione,  la quale non puo' che essere
l'unico  soggetto  abilitato  a  prevedere  procedure  e  criteri  di
controllo della propria spesa pubblica.
    La  ratio  del  disegno costituzionale ricavabile da quest'ultima
disposizione  rende,  infatti,  inammissibile ritenere che allo Stato
sia   consentito   dettare   norme  che  limitino  direttamente  tale
autonomia,  introducendo  specifiche  forme  di controllo dettate dal
livello centrale.
    Le norme in esame violano quindi l'art. 119 Cost., nella parte in
cui,  disconoscendo  il carattere autonomo e non piu' prevalentemente
derivato  della  finanza  regionale,  pongono  limiti  al legislatore
regionale nella definizione delle proprie politiche di bilancio.
    Infatti,  la  scelta  circa l'eventuale ricorso a forme di blocco
delle  assunzioni  non puo' che spettare esclusivamente alla regione,
oltretutto  nel  perseguimento  di  finalita'  autonomamente definite
nell'esercizio  della  propria funzione di indirizzo politico. Di qui
le   denunciate  lesioni  dell'autonomia  finanziaria  della  regione
ricorrente, riconosciuta dall'art. 119 Cost.
    Questa  Corte ha chiarito che «in base al nuovo articolo 119, gli
enti locali e le regioni hanno «autonomia finanziaria di entrata e di
spesa»  (primo comma) e godono di «risorse autonome» (secondo comma).
Tributi  ed  entrate  proprie,  da  essi  stessi  stabiliti secondo i
principi,  di coordinamento della finanza pubblica, compartecipazioni
al gettito di tributi statali riscossi sul loro territorio, e accesso
ad un fondo perequativo per i territori con minore capacita' fiscale,
da  utilizzarsi  «senza vincoli di destinazione», sono le risorse che
debbono   consentire   a   regioni  ed  enti  locali  di  «finanziare
integralmente  le funzioni pubbliche loro attribuite» (secondo, terzo
e  quarto  comma). Per il resto, e' prevista solo la possibilita' che
lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi finanziari
speciali   «in   favore   di  determinati  comuni,  province,  citta'
metropolitane  e  regioni»  per  gli  scopi  indicati, o «diversi dal
normale esercizio delle loro funzioni» (quinto comma).
    Non   sono   quindi  ammesse  forme  di  «ingerenza  dello  Stato
nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione
di   politiche   e  di  indirizzi  governati  centralmente  a  quelli
legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria
competenza»  (sentenza  16  gennaio 2004, n. 16, punti 4 e 5 parte In
diritto;  cfr.,  nello stesso senso, sentenza 29 gennaio 2004, n. 49,
punto 2 parte In diritto).
    6. - Illegittimita' dell'art. 3, comma 60 della legge 24 dicembre
2003,  n. 350,  per  lesione  della  sfera  di  competenza regionale,
particolarmente  per  la  violazione degli artt. 117, terzo, quarto e
sesto comma e dell'art. 118 Cost.
    6.1.  -  L'art. 3, comma 60, della legge 24 dicembre 2003, n. 350
prevede,  in  particolare  - come gia' sottolineato - che ai fini del
concorso  delle  autonomie  regionali  e  locali  al  rispetto  degli
obiettivi  di  finanza  pubblica,  con  decreti  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di
entrata  in  vigore della presente legge, previo accordo tra Governo,
regioni  e  autonomie  locali  da  concludere  in  sede di Conferenza
unificata,  sono  fissati  per  le  amministrazioni regionali, per le
province  e  i  comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano  rispettato  le  regole  del  patto di stabilita' interno per
l'anno  2003  e  gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e
limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004».
    Lo  stesso  art. 3, comma 60, determina la percentuale massima di
tali  assunzioni  (che  «fatto  salvo  il  ricorso  alle procedure di
mobilita', devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il
personale  infermieristico  del  Servizio  sanitario nazionale, entro
percentuali  non  superiori  al  50  per  cento  delle cessazioni del
servizio  verificatesi  nel  corso  dell'anno  2003, tenuto conto, in
relazione  alla  tipologia  degli enti, della dimensione demografica,
dei   profili   professionali   del   personale  da  assumere,  della
essenzialita'  dei  servizi da garantire e dell'incidenza delle spese
del personale sulle entrate correnti»); esclude determinate categorie
di  personale  dalle possibili assunzioni («per gli enti del Servizio
sanitario    nazionale   possono   essere   disposte   esclusivamente
assunzioni,  entro  i  limiti  predetti, di personale appartenente al
ruolo  sanitario»)  e  che  «i  singoli enti in caso di assunzioni di
personale  devono  autocertificare il rispetto delle disposizioni del
patto  di stabilita' interno per l'anno 2003. Fino all'emanazione dei
decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni
di cui al comma 53».
    In  sostanza,  la  norma  impugnata  demanda  ad  un  decreto del
Presidente  del  Consiglio dei ministri la fissazione, in particolare
per  le  regioni e «per gli enti del Servizio sanitario nazionale» di
«criteri  e  limiti»  -  assolutamente  puntuali  e  cogenti - per le
«assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004».
    La   norma   statale   impugnata  prevede  dunque  un'ipotesi  di
allocazione  di  decisioni  amministrative  presso  la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri  che incardina in organi statali le relative
funzioni ed attivita'.
    In  tal  modo,  le  disposizioni  richiamate si pongono in palese
contrasto  con  quanto  stabilito dall'art. 117, sesto comma Cost., e
dall'art. 118  Cost.,  che fissano, rispettivamente, una ripartizione
rigida  della potesta' regolamentare e i parametri costituzionali per
la  corretta  allocazione-distribuzione delle funzioni amministrative
tra gli enti che «costituiscono» la Repubblica.
    Allo Stato la potesta' regolamentare spetta solo nella materia di
legislazione  esclusiva statale; alle regioni spetta, invece «in ogni
altra  materia».  Poiche'  l'oggetto  della  disciplina  del  decreto
impugnato  e'  riconducibile  a materie elencate nell'art. 117, commi
tre  e  quattro  Cost.,  e' altrettanto innegabile che la potesta' di
dettare norme a contenuto regolamentare, in tale ambito disciplinare,
deve  essere  riconosciuta  solo  alla  regione  (si  puo'  citare la
sentenza di questa Corte 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 della parte
In  diritto,  per  la  quale  «deve escludersi la possibilita' per lo
Stato  di  intervenire  in  tale  materia con atti normativi di rango
sublegislativo,  in  considerazione di quanto disposto dall'art. 117,
sesto comma, della Costituzione»).
    6.2.  -  L'attribuzione  di  funzioni  amministrative  ad  organi
dell'amministrazione   statale  viola,  nel  caso  di  specie,  anche
l'art. 118  primo  comma  Cost. In proposito, l'art. 118, primo comma
Cost.  stabilisce  che «le funzioni amministrative sono attribuite ai
comuni   salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio  unitario,  siano
conferite  a  province,  citta' metropolitane, regioni e Stato, sulla
base    dei   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza».
    La  norma  costituzionale non contiene un'attribuzione diretta di
funzioni  amministrative  ai diversi livelli territoriali di governo;
fissa  semplicemente,  criteri e principi per la ripartizione di tali
funzioni  da parte dell'ente che risulti, di volta in volta, titolare
di  una potesta' legislativa nella specifica materia. Di conseguenza,
l'art. 118,   primo   comma,   costituisce  necessario  parametro  di
legittimita'  costituzionale di ogni intervento normativo finalizzato
ad allocare funzioni amministrative.
    Tale   parametro  e'  individuato  nell'esigenza  che  sussistano
specifiche ragioni di esercizio unitario della funzione, puntualmente
motivate  in  base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza, tali da giustificare nei singoli casi l'attrazione della
competenza ad un livello di governo superiore rispetto a quello «piu'
vicino»  al  cittadino (in questo senso si puo' citare la sentenza di
questa  Corte  1° ottobre  2003,  n. 303,  punto 16 parte In diritto,
secondo cui la disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo
deve  essere  finalizzata  «ad  assicurare  l'immediato  svolgersi di
funzioni  amministrative  che  lo  Stato  ha  attratto per soddisfare
esigenze  unitarie  e che non possono essere esposte al rischio della
ineffettivita»).
    Di  qui  il necessario rigore nel valutare ogni norma dalla quale
consegua  l'attribuzione delle competenze al livello di governo «piu'
lontano» dal cittadino, ossia al livello statale.
    Vi  e'  dunque un obbligo per il legislatore, particolarmente per
quello  statale,  di  accompagnare qualunque scelta di allocazione di
funzioni amministrative ad un livello diverso da quello comunale, con
una  analisi  ed  una verifica sostanziale dell'effettiva rispondenza
della  scelta  (pur sempre discrezionale) ai parametri indicati dalla
norma  costituzionale.  Cio'  implica  che  la  norma  che  alloca le
funzioni  dovra'  anche  enunciare  le circostanze e le finalita' che
rendono legittima la scelta effettuata.
    Le  disposizioni  impugnate  non  soddisfano  tali requisiti, non
essendo  rinvenibile,  neppure implicitamente o indirettamente, alcun
riferimento  ad  una  qualunque  ragione  in  grado  di  giustificare
l'attribuzione  ad organi statali di funzioni amministrative relative
ai  limiti delle assunzioni di personale negli enti regionali e negli
enti del Servizio sanitario nazionale.
    Anche  se  questa  Corte  volesse  ritenere  che  lo  Stato possa
autoattribuirsi  funzioni  amministrative nella materia in oggetto (a
prescindere   dall'illegittimita'   del  riconoscimento  di  una  sua
potesta'  legislativa,  denunciata  nei  paragrafi  precedenti) senza
sottostare  ad  alcun  vincolo  formale  di  espressa indicazione dei
presupposti  che  ne motivano la scelta, le disposizioni impugnate si
devono  comunque  ritenere  costituzionalmente  illegittime in quanto
lesive dei limiti sostanziali che l'art. 118, primo comma, stabilisce
per     la     distribuzione    delle    competenze    amministrative
nell'ordinamento.
    In altri termini, non si vede alcun motivo per allocare a livello
centrale   funzioni   amministrative  che  risultano  collegate  alla
specifica  localizzazione  sul  territorio  dei  singoli  enti e alla
concreta  modalita'  di  realizzazione  delle funzioni svolte da tali
enti.  Tali funzioni, infatti, potrebbero adeguatamente essere svolte
dalle   amministrazioni   preposte  alla  cura  degli  interessi  che
insistono sul territorio regionale.
    6.3.  -  Il fatto che il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  previsto dall'art. 3, comma 60 debba essere adottato previo
accordo tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di conferenza
unificata, non puo' assumere decisivo rilievo.
    La   previsione  di  un  accordo  non  supera  la  lesione  delle
competenze  legislative  attribuite  alla regione dalla Costituzione;
anche  perche'  -  attraverso  l'accordo  -  lo Stato acquisirebbe la
possibilita'  di dettare norme di mero dettaglio, espropriando quindi
del tutto l'autonomia legislativa ed amministrativa della regione.
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 53, 60 e 65
della  legge  24  dicembre  2003,  n. 350, per lesione della sfera di
competenza regionale, particolarmente per violazione degli artt. 117,
secondo, terzo e quarto comma e 119 Cost.
    7.1.  -  Lo  Stato  non  puo' fondare la propria competenza sulla
circostanza  che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
previsto  dalla  disposizione impugnata (in particolare dal comma 60)
ha  come  finalita'  quella di garantire il «concorso delle autonomie
regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica».
    L'obiettivo   indicato   dal   legislatore   statale   non   puo'
consentirgli di intervenire in settori materiali dell'ordinamento che
gli   sono   sottratti,   come   quello  relativo  all'organizzazione
amministrativa  della regione e degli enti subregionali al quale deve
essere  ascritto  l'art. 3,  comma  60  della legge 24 dicembre 2003,
n. 350.
    Peraltro,  un  intervento  dello  Stato,  potrebbe  giustificarsi
solamente  ove  fosse  rivolto  alla  determinazione  dei principi di
coordinamento  della  finanza  pubblica, ai sensi degli articoli 117,
terzo e quarto comma e 119 Cost.
    In   proposito,   deve   essere   evidenziato  che  l'art. 3,  in
particolare al comma 60, nel disporre che le «assunzioni, fatto salvo
il  ricorso  alle  procedure  di  mobilita', devono, comunque, essere
contenute,  fatta  eccezione  per  il  personale  infermieristico del
Servizio  sanitario  nazionale, entro percentuali non superiori al 50
per  cento  delle  cessazioni  del  servizio  verificatesi  nel corso
dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti,
della dimensione demografica, dei profili professionali del personale
da   assumere,   della  essenzialita'  dei  servizi  da  garantire  e
dell'incidenza  delle spese del personale sulle entrate correnti. Per
gli  enti  del  Servizio  sanitario nazionale possono essere disposte
esclusivamente  assunzioni,  entro  i  limiti  predetti, di personale
appartenente  al  ruolo  sanitario.  Non  puo'  essere, in ogni caso,
stabilita  una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con
popolazione  superiore  a 5.000 abitanti e le province che abbiano un
rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'art.
119,  comma  3,  del  decreto  legislativo  25  febbraio 1995, n. 77,
maggiorato  del  30  per  cento  o  la  cui  percentuale di spesa del
personale  rispetto  alle  entrate sia superiore alla media nazionale
per  fasce  demografiche», non introduce norme di coordinamento della
finanza  pubblica,  ma  stabilisce  dei  vincoli  alla politica delle
assunzioni di regioni ed enti locali; ne' tali vincoli possono essere
ricondotti  per  la  loro  intensita'  normativa al rango di principi
della materia, apparendo ictu oculi puntuali e dettagliati.
    7.2.  - La previsione, gia' sopra censurata, della conclusione di
un  accordo  tra  Governo,  regioni  ed  autonomie locali per fissare
criteri  e  limiti  per  le  assunzioni per l'anno 2004, indicati dal
comma 60 dellart. 3, non e' in grado di sanare l'illegittimita' della
norma denunciata.
    Lo strumento dell'accordo e' certamente coerente con il principio
del  coordinamento  di  cui  allart. 119  Cost.  Ma  e'  evidente che
l'accordo   idoneo   a   consentire   un   coordinamento   rispettoso
dell'autonomia costituzionale delle regioni non puo' intervenire come
strumento  per  definire  le  modalita'  di  applicazione di puntuali
limiti  fissati  unilateralmente  dal legislatore statale che, in tal
modo, si pone in violazione dell'art. 119 Cost.
    8.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 125, della
legge 24 dicembre 2003, n. 350, per lesione della sfera di competenza
legislativa  regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117,
terzo e quarto comma, Cost.
    8.1.  -  L'art. 4, comma 125 della legge 24 dicembre 2003 n. 350,
stabilisce   che  «la  lettera  g)  del  comma  27  dell'art. 32  del
decreto-legge    30   settembre   2003,   n. 269,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  24  novembre 2003, n. 326 e' sostituita
dalla  seguente:  g)  siano  state  realizzate nei porti e nelle aree
appartenenti  al  demanio  marittimo, lacuali e fluviale, nonche' nei
terreni gravati da diritti di uso civico».
    La  norma escludendo dalla sanatoria non solo le opere realizzate
sul  demanio  marittimo,  ma  anche  lacuale,  fluviale,  nonche' sui
terreni  gravati  dal  diritto  di uso civico, legittima l'intervento
dello  Stato  con  una  disciplina di dettaglio, individuando le zone
escluse  dalla  sanatoria  ed  e',  pertanto, lesiva della competenza
legislativa  residuale  di  cui  all'art. 117, quarto comma Cost., in
quanto  riferita  alla  materia  edilizia e comunque della competenza
concorrente  di  cui  all'art. 117, terzo comma Cost., se si conviene
con  l'opinione  che ricomprende l'edilizia nella materia del governo
del  territorio  (essa infatti «incide sulla materia del "governo del
territorio",  dal  comma  tre  del  medesimo articolo attribuita alla
potesta'  legislativa  concorrente dello Stato (per la determinazione
dei  principi  fondamentali)  e delle regioni (per ogni altro aspetto
della  disciplina),»  -  in  particolare  nell'  - «ambito di materia
costituito  dall'edilizia  -  che  -  va  ricondotto  al "governo del
territorio"».  Cosi'  la sentenza 19 dicembre 2003, n. 362, punti 5 e
5.1 della parte In diritto).
                              P. Q. M.
    Si  chiede  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 3,  commi  16,  17,  18,  19,  20,  53,  60  e  65, nonche'
dell'art. 4,  comma  125  della  legge  24 dicembre 2003, n. 350, per
violazione degli artt. 117, 118, 119 Cost.
        Firenze - Roma, addi' 24 febbraio 2004
                      Prof. avv. Stefano Grassi
04C0306