N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2004
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 marzo 2004 (della regione Marche) Bilancio e contabilita' pubblica - Norme delle legge finanziaria 2004 - Possibilita' del ricorso all'indebitamento solo per finanziare le spese di investimento (con precisa indicazione delle tipologie delle operazioni che costituiscono rispettivamente indebitamento ed investimento, i procedimenti di controllo e l'attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre modifiche alle tipologie) - Ricorso della Regione Marche -Previsione di norme di dettaglio non riconducibili ai principi di coordinamento di finanza pubblica - Denunciata lesione delle attribuzioni della Regione in materia di autonomia finanziaria - Denunciata indebita compressione delle competenze regionali lese dalla puntuale elencazione degli «investimenti» ed «indebitamenti» ammessi - Previsione dell'attribuzione delle modifiche alle tipologie di indebitamento al Ministro dell'economia - Atto normativo di natura regolamentare - Invasione della sfera di competenze regionale con mancata previsione di qualsiasi forma di partecipazione delle stesse - Lesione dell'autonomia finanziaria della Regione - Incidenza sui rapporti tra fonti statali e fonti regionali, con violazione dei principi costituzionali relativi all'esercizio del potere regolamentare. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 16, 17, 18, 19 e 20. - Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, e 119. Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di personale, dotazioni organiche delle amministrazioni regionali, degli enti regionali e delle aziende del Servizio sanitario - Rideterminazione degli organici entro limiti e secondo criteri prestabiliti, blocco temporaneo delle assunzioni a tempo indeterminato nell'anno 2004 e previsione di criteri e limiti per l'assunzione di personale a tempo determinato - Ricorso della Regione Marche - Denunciata esorbitanza dalle competenze statali esclusive - Invasione di competenze legislative (residuali o concorrenti) delle Regioni - Denunciata invasione della competenza legislativa residuale spettante alle Regioni in materia ordinamento degli uffici e del personale regionale - Incidenza sui rapporti tra fonti statali e fonti regionali, con violazione dei principi costituzionali relativi all'esercizio del potere regolamentare. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65. - Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto e sesto. Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di personale, dotazioni organiche delle amministrazioni regionali, degli enti regionali e delle aziende del Servizio sanitario - Rideterminazione degli organici entro limiti e secondo criteri prestabiliti, blocco temporaneo delle assunzioni a tempo indeterminato nell'anno 2004 e previsione di criteri e limiti per l'assunzione di personale a tempo determinato - Ricorso della Regione Marche - Denunciata esorbitanza dalle competenze statali esclusive - Invasione di competenze legislative (residuali o concorrenti) delle Regioni - Carattere dettagliato e inderogabile delle previsioni statali - Violazione della sfera di autonomia finanziaria delle Regioni. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65. - Costituzione artt. 117, commi terzo e quarto, 119. Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di personale a tempo indeterminato nelle amministrazioni regionali, negli enti regionali e nelle aziende del Servizio sanitario - Fissazione di criteri e limiti per l'anno 2004 - Attribuzione del relativo potere al Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo interistituzionale tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata - Ricorso della Regione Marche - Denunciata invasione della potesta' regolamentare spettante alle Regioni in materie non riservate alla legislazione statale esclusiva - Ingiustificata allocazione di funzioni amministrative presso organi statali, in contrasto con le regole costituzionali sulla distribuzione delle competenze amministrative nell'ordinamento - Esorbitanza dall'ambito del coordinamento della finanza pubblica - Invasione di competenza legislativa residuale delle Regioni - Denunciata esorbitanza dalle competenze statali esclusive - Invasione di competenze legislative (residuali o concorrenti) delle Regioni - Denunciata invasione della competenza legislativa residuale spettante alle Regioni in materia ordinamento degli uffici e del personale regionale - Violazione del riparto delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 60. - Costituzione artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, 118. Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2004 - Assunzioni di personale a tempo indeterminato nelle amministrazioni regionali, negli enti regionali e nelle aziende del Servizio sanitario - Fissazione di criteri e limiti per l'anno 2004 - Attribuzione del relativo potere al Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo interistituzionale tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata - Ricorso della Regione Marche - Intervento legislativo di dettaglio in materia relativa all'organizzazione amministrativa della Regione e degli subregionali - Esorbitanza dall'ambito del coordinamento della finanza pubblica - Violazione della sfera di autonomia legislativa e finanziaria delle Regioni. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 53, 60 e 65. - Costituzione artt. 117, commi secondo, terzo e quarto, 119. Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Norme della legge finanziaria 2004 - Modifica alla normativa recata dal decreto legge n. 269/2003 e dalla legge di conversione n. 326/2003 - Intervento legislativo di dettaglio per l'individuazione dei casi di esclusione dalla sanatoria - Ricorso della Regione Marche - Violazione della competenza legislativa concorrente relativa al governo del territorio nell'ambito del quale e' ricompresa l'edilizia. - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 125. - Costituzione art. 117, commi terzo e quarto.(GU n.15 del 14-4-2004 )
Ricorso della regione Marche, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni della giunta regionale n. 138 del 17 febbraio 2004 e n. 148 del 20 febbraio 2004, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Simonetta Sabatini di Ancona n. rep. 39.501 del 20 febbraio 2004; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 16, 17, 18, 19, 20, 53, 60 e 65 e dell'art. 4, comma 125 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 («Legge finanziaria 2004», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2003 - Supplemento ordinario - n. 196), per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. F a t t o 1. - La legge 24 dicembre 2003, n. 350, contiene una serie di disposizioni che la regione Marche ritiene lesive della propria sfera di competenza costituzionalmente garantita. Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni: l'art. 3, comma 16 per il quale «ai sensi dell'art. 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b) del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione delle societa' di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all'art. 12 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, solo per finanziare spese di investimento»; l'art. 3, comma 17, che delimita la nozione di indebitamento per gli enti di cui al comma 16, ricomprendendovi «l'assunzione di mutui, l'emissioni di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata non collegati a un'attivita' preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attivita' oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unita' indipendente e specializzata», nonche' «le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche» ed escludendo «agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di bilancio. Modiche alle predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base dei criteri definiti in sede europea»; l'art. 3, comma 18, che, ai fini di cui all'art. 119, sesto comma, delimita la nozione di investimenti, ricomprendendovi: «a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali; b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti; c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnicoscientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale; d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale; e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose; f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti; g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni; h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109; i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio»; l'art. 3, comma 19, per il quale «gli enti e gli organismi di cui al comma 16 non possono ricorrere all'indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o societa' finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l'istituto finanziatore, in sede istruttoria, e' tenuto ad acquisire dall'ente l'esplicazione specifica sull'investimento da finanziare e l'indicazione che il bilancio dell'azienda o della societa' partecipata, per la quale si effettua l'operazione, relativo all'esercizio finanziario precedente l'operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio»; l'art. 3, comma 20, per il quale «le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT»; l'art. 3, comma 53 che (riformulando l'art. 34, comma 4 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), prevede che «per l'anno 2004, alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2 e 70, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le Forze armate, i Corpi di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e' fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, fatte salve le assunzioni di personale relative a figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore all'unita', nonche' quelle relative alle categorie protette»; l'art. 3, comma 60, che (riformulando l'art. 34, comma 11 della legge 27 dicembre 2002, n. 289), in particolare stabilisce che «ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2003 - l'art. 34, comma 11 aggiungeva «per gli altri enti locali» - e gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004. Tali assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verficatesi nel corso dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i limiti predetti, di personale appartenente al ruolo sanitario» e che «i singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilita' interno per l'anno 2003. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 53»; l'art. 3, comma 65, nella parte in cui (riformulando l'art. 34, comma 13 della legge 27 dicembre 2002, n. 289), stabilisce che «per l'anno 2004 le amministrazioni di cui al comma 53 possono avvalersi di - l'art. 34, comma 13, prevedeva "possono procedere all'assunzione di" - personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto all'art. 108 del testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nei limiti di spesa previsti dall'art. 34, comma 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e successive modificazioni. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell'anno 2004, assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, non puo' superare quella sostenuta per lo stesso personale nell'anno 2003. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali, fatta eccezione per le province e i comuni che per l'anno 2003 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno, cui si applica quanto disposto dall'art. 29, comma 15, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonche' nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Per il comparto scuola trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore»; l'art. 4, comma 125, che (intervenendo sul comma 27 dell'art. 32 del d.l. n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che individua ipotesi specifiche di opere abusive non suscettibili di sanatoria), prevede che «la lettera g) del comma 27 dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 - che le circoscriveva a quelle "realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima, quali identificate ai sensi del secondo comma dell'art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616" -, e' sostituita dalla seguente: g) siano state realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo, lacuali e fluviale, nonche' nei terreni gravati da diritti di uso civico». 2. - La regione Marche, con deliberazione della giunta n. 138 del 17 febbraio 2004 e n. 148 del 20 febbraio 2004, ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte le norme sopra richiamate, perche' illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 3. - Illegittimita' dell'art. 3, commi 16, 17, 18, 19 20 della legge 24 dicembre 2003 n. 350, per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, commi terzo, quarto e sesto e 119 Cost. L'art. 3, comma 16 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 stabilisce, in particolare, che le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli altri organismi indicati nella stessa norma possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento e che le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti di cui all'art. 12 d.lgs. n. 76 del 2000, solo per finanziare spese di investimento. La norma nei commi successivi si preoccupa di delimitare la nozione di indebitamento (comma 17) e, ai fini di cui all'art. 119, sesto comma, quella di investimenti (comma 18), escludendo la possibilita' di ricorrere all'«indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o societa' finalizzata al ripiano di perdite» (comma 19) ed assoggettando, infine, «le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18», all'adozione di un «decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT» (comma 20). 3.1. - Si deve ritenere che i commi 16-20 dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 intendano dare attuazione e vogliano integrare un principio presente nell'art. 119, ultimo comma Cost. Ma si deve dubitare, in primo luogo, che il principio costituzionale di cui all'art. 119, ultimo comma, Cost., possa essere oggetto di autonoma interpretazione del legislatore nazionale e definito nei suoi aspetti applicativi direttamente dalla legge finanziaria, anziche' dalle norme di coordinamento e comunque al di fuori di un intervento o una possibilita' di definizione da parte del legislatore regionale. I commi 16-20 dell'art. 3, nel disciplinare l'indebitamento delle regioni e degli enti locali con previsioni di dettaglio non riconducibili ai principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di cui all'art. 119 della Costituzione, violano l'autonomia finanziaria garantita agli enti sub-statali proprio dall'art. 119 della Costituzione. L'art. 119, secondo comma Cost. prevede che l'autonomia finanziaria delle regioni si muova «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Principi che vengono dettati dal legislatore statale, ma - proprio perche' diretti ad attuare il previsto coordinamento - tali principi debbono essere inseriti in una disciplina che determini contestualmente i «principi generali», cosi' come ha previsto la stessa legge finanziaria per il 2003 (n. 289 del 27 dicembre 2002, che, all'art. 3, ha istituito un'Alta Commissione per indicare al Governo il contenuto di tale normativa; anche la legge finanziaria impugnata conferma questa scelta all'art. 2, comma 20, legge n. 350 del 2003, fissando il termine entro il quale l'Alta Commissione deve concludere i suoi lavori). La determinazione di norme, per di piu' di dettaglio, nell'ambito delle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, risulta - anche sotto questo profilo - illogica e lesiva delle competenze regionali. Competenze regionali che vengono compresse e comunque lese dalla puntuale elencazione degli «investimenti» e degli «indebitamenti» ammessi, di cui, in particolare, al comma 18 dell'art. 3 della legge impugnata: elencazioni e precisazioni che finiscono per condizionare in termini stringenti - e, come tali, inammissibili - la stessa capacita' di esercizio autonomo delle competenze legislative ed amministrative delle regioni. La lesione e' particolarmente evidente per la parte in cui le norme impugnate rendono illegittimo il finanziamento mediante ricorso all'indebitamento di una serie di interventi destinati alla realizzazione di investimenti e in particolare di quelli riferiti ai trasferimenti in conto capitale a favore di privati: cio' significa che tutte le spese relative ai contributi in conto capitale alle imprese, alle famiglie, alle associazioni non sono piu' finanziabili con il ricorso all'indebitamento. Lo stesso dicasi per la quasi totalita' dei cofinanziamenti regionali di programmi comunitari. La compressione della competenza regionale e', sotto questo profilo, evidente, perche' si produce - in assenza di qualsiasi previo meccanismo di coordinamento o di intesa - un'alterazione consistente degli equilibri dei bilanci regionali: dati i ristretti margini di autofinanziamento delle regioni, la quasi totalita' delle spese regionali di investimento sono, infatti, finanziate con l'indebitamento. In definitiva, la disciplina posta dallo Stato si pone in contrasto con il sistema costituzionale vigente che attribuisce alle regioni potesta' normativa nel quadro dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, che deve essere pertanto legge di coordinamento e non di dettaglio. 3.2. - La legge impugnata viola comunque l'art. 117, sesto comma Cost., quando all'art. 3, comma 17, stabilisce che le «modifiche alle predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base dei criteri definiti in sede europea», ed all'art. 3, comma 20, precisa che «le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT». E', infatti, evidente che viene cosi' attribuita al Ministro dell'economia e delle finanze potesta' regolamentare in materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato laddove «deve escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale materia con atti normativi di rango sublegislativo» (cosi' la sentenza di questa Corte 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 della parte In diritto). Ne' la competenza ministeriale e' accompagnata da qualsiasi garanzia procedurale, che consenta la partecipazione delle regioni alla definizione delle variazioni delle tipologie degli investimenti e degli indebitamenti. Di qui un ulteriore profilo di lesione delle competenze regionali. 4. - Illegittimita' dell'art. 3, commi 53, 60, 65 della legge 24 dicembre 2003 n. 350, per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo, quarto e sesto comma Cost. 4.1. - L'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 stabilisce, in particolare, per l'anno 2004 il «divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato» (comma 53); nonche' la fissazione di criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato «per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2003 e gli enti del Servizio nazionale», da stabilire «con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ... previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata» (comma 60). L'art. 3 prevede, inoltre, che «per l'anno 2004 le amministrazioni di cui al comma 53 possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto all'art. 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nei limiti di spesa previsti dall'articolo 34, comma 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e successive modificazioni» (comma 65). Le disposizioni ora richiamate dispongono dunque un vero e proprio blocco generalizzato della assunzione di personale, da parte delle amministrazioni pubbliche. E' necessario difatti sottolineare che le disposizioni dell'art. 3 interessano «le amministrazioni di cui agli artt. 1, comma 2, e 70, comma 4 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le Forze armate, i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco». L'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 si applica, in particolare, alle «Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni le province, i comuni, le comunita' montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAM) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300». 4.2. - Si deve rilevare che la disciplina delle assunzioni e delle dotazioni organiche delle amministrazioni regionali e degli enti facenti parte del Servizio sanitario nazionale non rientra tra le materie per le quali lo Stato puo' esercitare potesta' legislativa esclusiva. Nessuna delle materie elencate nella disposizione di cui all'art. 117, secondo comma Cost. e' in grado di costituire per il legislatore statale titolo legittimante all'esercizio di potesta' legislativa nella disciplina delle assunzioni relative alle regioni, agli enti territoriali regionali, e in particolare, agli enti del Servizio sanitario. Al legislatore statale e' riservata la sola disciplina di cui all'art. 117, comma secondo, lettera g), Cost., relativa alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», come affermato anche di recente da questa Corte costituzionale (sentenza 19 dicembre 2003 n. 363, punto 4 della parte In diritto); per cui la corrispondente materia «ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici substatali», non essendo contemplata in nessuno degli elenchi contenuti nello stesso art. 117, spetta inequivocabilmente alla competenza residuale del legislatore regionale. Poiche' i meccanismi di contenimento delle dotazioni organiche disciplinati con le norme impugnate attengono all'organizzazione della funzione amministrativa regionale e locale, e' da ritenere che la loro disciplina sia riservata alla competenza del legislatore regionale; competenza che, nel caso di specie, risulta inequivocabilmente lesa. Le norme impugnate, in particolare, non possono essere ricondotte alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», materia riservata allo Stato ai sensi della lettera m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. E', infatti, evidente che la determinazione dei livelli essenziali per garantire determinati diritti sul territorio nazionale, che, come afferma questa Corte nella sentenza 282/2002, legittima il legislatore a «porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti», coincidente con il livello minimo dei medesimi, deve comunque rispondere alla necessita' di preservare le diversita' territoriali, e non puo' essere identificata con la decisione sulla necessita' di bloccare le assunzioni e le dotazioni organiche in particolar modo delle strutture del Servizio sanitario nazionale. In conclusione, le norme impugnate sono illegittime per la parte in cui si riferiscono non solo allo Stato e o agli enti pubblici nazionali, ma anche alle regioni, agli enti regionali e alle strutture del Servizio sanitario. 4.3. - Anche qualora si dovesse ritenere che la disciplina impugnata possa essere ricondotta ad ambiti di competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost. - piu' precisamente, alle materie «tutela della salute» e «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario» - l'art. 3, commi 53, 60 e 65 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sarebbe comunque da ritenere costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per la parte in cui disciplina, con norme non di principio, direttamente applicabili da parte dei destinatari e comunque non derogabili dal legislatore regionale, una materia compresa tra quelle affidate alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni. Sotto questo profilo, la disciplina della legge impugnata si pone chiaramente in contrasto con il ruolo specificamente riservato allo Stato nella legislazione concorrente; ruolo che la norma costituzionale limita alla determinazione dei principi fondamentali della materia. Si devono ritenere principi fondamentali «solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono per i principi enunciati o da esse desumibili» (Corte cost., sent. 7 novembre 1995, n. 482), con un «livello di maggior astrattezza» rispetto alle regole positivamente stabilite dal legislatore regionale (Corte cost., 16 marzo 2001, n. 65). Ora, pur considerando la funzione di tali principi in termini ampi, di indirizzo e coordinamento delle competenze regionali per la realizzazione di esigenze unitarie, la nuova formulazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., rispetto a quella previgente dell'art. 117, primo comma, Cost., opera una netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina, «comunque risultanti dalla legislazione statale gia' in vigore» (sentenza 26 giugno 2002, n. 282, in motivazione), fermo restando che le norme per essere considerate principi fondamentali devono essere «espressive di scelte politico-legislative fondamentali o, quantomeno, di criteri o modalita' generali tali da costituire un saldo punto di riferimento in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale» (sentenza 18 febbraio 1988, n. 177, punto 2.3.1 della parte In diritto) e che le regioni sono in ogni caso responsabili nel proprio territorio delle norme di organizzazione e di procedura (sentenza 14 novembre 2003, n. 338 punto 5.1 della parte In diritto). Le norme impugnate sacrificano cioe', in maniera del tutto illegittima ed incoerente, quel contenuto minimo dell'autonomia legislativa regionale che, nelle materie attribuite alla competenza legislativa concorrente delle regioni, il legislatore statale non puo' viceversa comprimere o eliminare. Anche a voler ammettere - ma la regione ricorrente contesta tale interpretazione - che lo Stato abbia il potere di emanare discipline autoapplicative o di dettaglio nelle materie di potesta' legislativa concorrente, si deve ricordare che, per costante giurisprudenza di questa Corte (v. Corte cost., 23 luglio 2002, n. 376, punto 6 parte In diritto), tale potere si puo' estrinsecare solo attraverso norme a carattere cedevole rispetto agli interventi del legislatore regionale. Carattere, con tutta evidenza, da escludere per le norme impugnate, che impongono limiti gravi e immediatamente efficaci alle dotazioni di personale, disciplinando tali limiti in via esclusiva (senza lasciare alcuno spazio di autonomia alla legislazione regionale), in maniera dunque gravemente lesiva della competenza legislativa della regione. L'esclusione di una disciplina di dettaglio in materia di dotazione organica e' stata del resto ribadita da questa Corte (cfr. sentenza 13 gennaio 2004, n. 5, punto 3 parte In diritto, per la quale, ad esempio, «una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi. E la distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, che certamente non e' materia di norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto strettamente connessa alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicche', anche in relazione ad essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle regioni svolgere con una propria disciplina»). Non vi puo' d'altro canto essere dubbio sul carattere puntuale e di dettaglio delle disposizioni recate dall'art. 3, commi 53, 60 e 65. Le norme impugnate non determinano semplici principi per il contenimento della spesa in materia di personale degli enti regionali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, ma arrivano a determinare il numero massimo di posti in dotazione organica e a disporre un blocco generale e coattivo delle assunzioni, per di piu' legato a date puntualmente individuate. E' quindi evidente che, di fronte a questa disciplina, non esiste da parte del legislatore regionale la possibilita' di intervenire a livello legislativo e amministrativo in materie che, invece, sono riconducibili alla sua competenza legislativa concorrente. L'art. 3, commi 53, 60 e 65 cioe', in palese violazione di quanto previsto dall'art. 117, terzo comma Cost., non contiene norme di principio volte a definire il quadro normativo della materia che il legislatore regionale dovrebbe rispettare nell'esercizio della sua autonomia legislativa costituzionalmente garantita. Al contrario, stabilisce norme puntuali rivolte direttamente ai soggetti destinatari della disciplina, senza lasciare alcuno spazio alla necessaria interposizione del legislatore regionale. E' necessario anche sottolineare che, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 205 (rimasto invariato a seguito della riforma operata dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), competono alle regioni, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. La norma prevede, in particolare, che alle regioni spetti la «determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attivita' destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attivita' di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unita' sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione ed alla valutazione della qualita' delle prestazioni sanitarie» (art. 2, secondo comma). Questa Corte, di recente, ha confermato che «nei limiti dei principi fondamentali, nulla vieta (...) che le regioni, responsabili per il proprio territorio dei servizi sanitari, dettino norme di organizzazione e di procedura, o norme concernenti l'uso delle risorse pubbliche in questo campo» (sentenza 14 novembre 2003, n. 338 punto 5.1 della parte In diritto). In conclusione, lo Stato puo' dettare principi generali di carattere finanziario per le regioni e per le aziende sanitarie: ma non puo' stabilire e determinare azioni strumentali puntuali e di dettaglio, quali la determinazione delle dotazioni organiche e il blocco delle assunzioni, al fine di realizzare tali principi. 4.4. - In questa prospettiva, e' evidente che anche un eventuale riferimento all'«interesse nazionale» non potrebbe giustificare l'attribuzione allo Stato della potesta' di disciplinare il blocco delle assunzioni e la determinazione delle dotazioni organiche delle regioni, degli enti regionali e delle aziende del Servizio sanitario. Indipendentemente dalla circostanza che, in nessun modo, il limite dell'interesse nazionale e' oggi espressamente menzionato nelle norme del Titolo V della Costituzione, si deve comunque rilevare che l'eventuale richiamo ad interessi nazionali non puo' di per se' escludere la potesta' legislativa regionale negli ambiti materiali di competenza concorrente o residuale di cui all'art. 117 Cost., terzo e quarto comma. La scelta del legislatore di revisione costituzionale e' stata, infatti, chiaramente quella di non attribuire al rilievo nazionale della materia e agli interessi nazionali da essa soddisfatti, il significato di un fattore di esclusione della potesta' legislativa regionale («l'interesse nazionale non e' piu', oggi, un limite autonomo della legislazione regionale, ne' puo' essere autonomo fondamento di un intervento legislativo statale in materie di competenza regionale [cfr., sentenze n. 303 e 370 del 2003]», cosi' la sentenza 16 gennaio 2004, n. 16, punto 6, parte In diritto). Il nuovo testo costituzionale, non prevedendo l'interesse nazionale come limite alla potesta' legislativa delle regioni, non prevede neppure l'esercizio di un generale potere di indirizzo e coordinamento (che, nel contesto costituzionale previgente, costituiva il corollario positivo dell'interesse nazionale). E, infatti, la tutela degli interessi nazionali - o ultraregionali - e' espressa, nel nuovo art. 117 Cost., solo in sede di elencazione tassativa dei compiti specificatamente riservati alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Tali affermazioni sono suffragate dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha, di recente, confermato che «il nuovo art. 117, terzo comma, della Costituzione, affida alla potesta' legislativa concorrente delle regioni la materia della tutela della salute (...). Pertanto, in tale materia le regioni possono esercitare le proprie competenze legislative approvando una propria disciplina - anche sostitutiva di quella statale - sia pure nel rispetto del limite dei principi fondamentali posti dalle leggi dello Stato. D'altra parte, deve escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale materia con atti normativi di rango sublegislativo, in considerazione di quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione; e parimenti, e' da escludere la permanenza in capo allo Stato del potere di emanare atti di indirizzo e coordinamento in relazione alla materia de qua, anche alla luce di quanto espressamente disposto dall'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale stabilisce che «nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'art. 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112» (sentenza 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 della parte In diritto). 5. - Illegittimita' dell'art. 3, commi 53, 60 e 65 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma e dell'art. 119 Cost. 5.1. - Le disposizioni impugnate - oltre a violare la competenza legislativa piena o comunque concorrente delle regioni - prevista dall'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione, violano l'autonomia di spesa, costituzionalmente riconosciuta e garantita alle regioni dal primo comma dell'art. 119 Cost. La drastica limitazione delle dotazioni organiche e il blocco delle assunzioni imposto dalle norme della legge 24 dicembre 2003, n. 350 determina, nel caso delle amministrazioni regionali e degli enti del Servizio sanitario regionale, una lesione della sfera di autonomia finanziaria della regione, la quale non puo' che essere l'unico soggetto abilitato a prevedere procedure e criteri di controllo della propria spesa pubblica. La ratio del disegno costituzionale ricavabile da quest'ultima disposizione rende, infatti, inammissibile ritenere che allo Stato sia consentito dettare norme che limitino direttamente tale autonomia, introducendo specifiche forme di controllo dettate dal livello centrale. Le norme in esame violano quindi l'art. 119 Cost., nella parte in cui, disconoscendo il carattere autonomo e non piu' prevalentemente derivato della finanza regionale, pongono limiti al legislatore regionale nella definizione delle proprie politiche di bilancio. Infatti, la scelta circa l'eventuale ricorso a forme di blocco delle assunzioni non puo' che spettare esclusivamente alla regione, oltretutto nel perseguimento di finalita' autonomamente definite nell'esercizio della propria funzione di indirizzo politico. Di qui le denunciate lesioni dell'autonomia finanziaria della regione ricorrente, riconosciuta dall'art. 119 Cost. Questa Corte ha chiarito che «in base al nuovo articolo 119, gli enti locali e le regioni hanno «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma) e godono di «risorse autonome» (secondo comma). Tributi ed entrate proprie, da essi stessi stabiliti secondo i principi, di coordinamento della finanza pubblica, compartecipazioni al gettito di tributi statali riscossi sul loro territorio, e accesso ad un fondo perequativo per i territori con minore capacita' fiscale, da utilizzarsi «senza vincoli di destinazione», sono le risorse che debbono consentire a regioni ed enti locali di «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (secondo, terzo e quarto comma). Per il resto, e' prevista solo la possibilita' che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi finanziari speciali «in favore di determinati comuni, province, citta' metropolitane e regioni» per gli scopi indicati, o «diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (quinto comma). Non sono quindi ammesse forme di «ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza 16 gennaio 2004, n. 16, punti 4 e 5 parte In diritto; cfr., nello stesso senso, sentenza 29 gennaio 2004, n. 49, punto 2 parte In diritto). 6. - Illegittimita' dell'art. 3, comma 60 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma e dell'art. 118 Cost. 6.1. - L'art. 3, comma 60, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 prevede, in particolare - come gia' sottolineato - che ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2003 e gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004». Lo stesso art. 3, comma 60, determina la percentuale massima di tali assunzioni (che «fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni del servizio verificatesi nel corso dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti»); esclude determinate categorie di personale dalle possibili assunzioni («per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i limiti predetti, di personale appartenente al ruolo sanitario») e che «i singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilita' interno per l'anno 2003. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 53». In sostanza, la norma impugnata demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione, in particolare per le regioni e «per gli enti del Servizio sanitario nazionale» di «criteri e limiti» - assolutamente puntuali e cogenti - per le «assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004». La norma statale impugnata prevede dunque un'ipotesi di allocazione di decisioni amministrative presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che incardina in organi statali le relative funzioni ed attivita'. In tal modo, le disposizioni richiamate si pongono in palese contrasto con quanto stabilito dall'art. 117, sesto comma Cost., e dall'art. 118 Cost., che fissano, rispettivamente, una ripartizione rigida della potesta' regolamentare e i parametri costituzionali per la corretta allocazione-distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti che «costituiscono» la Repubblica. Allo Stato la potesta' regolamentare spetta solo nella materia di legislazione esclusiva statale; alle regioni spetta, invece «in ogni altra materia». Poiche' l'oggetto della disciplina del decreto impugnato e' riconducibile a materie elencate nell'art. 117, commi tre e quattro Cost., e' altrettanto innegabile che la potesta' di dettare norme a contenuto regolamentare, in tale ambito disciplinare, deve essere riconosciuta solo alla regione (si puo' citare la sentenza di questa Corte 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 della parte In diritto, per la quale «deve escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale materia con atti normativi di rango sublegislativo, in considerazione di quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione»). 6.2. - L'attribuzione di funzioni amministrative ad organi dell'amministrazione statale viola, nel caso di specie, anche l'art. 118 primo comma Cost. In proposito, l'art. 118, primo comma Cost. stabilisce che «le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a province, citta' metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». La norma costituzionale non contiene un'attribuzione diretta di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo; fissa semplicemente, criteri e principi per la ripartizione di tali funzioni da parte dell'ente che risulti, di volta in volta, titolare di una potesta' legislativa nella specifica materia. Di conseguenza, l'art. 118, primo comma, costituisce necessario parametro di legittimita' costituzionale di ogni intervento normativo finalizzato ad allocare funzioni amministrative. Tale parametro e' individuato nell'esigenza che sussistano specifiche ragioni di esercizio unitario della funzione, puntualmente motivate in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, tali da giustificare nei singoli casi l'attrazione della competenza ad un livello di governo superiore rispetto a quello «piu' vicino» al cittadino (in questo senso si puo' citare la sentenza di questa Corte 1° ottobre 2003, n. 303, punto 16 parte In diritto, secondo cui la disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo deve essere finalizzata «ad assicurare l'immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettivita»). Di qui il necessario rigore nel valutare ogni norma dalla quale consegua l'attribuzione delle competenze al livello di governo «piu' lontano» dal cittadino, ossia al livello statale. Vi e' dunque un obbligo per il legislatore, particolarmente per quello statale, di accompagnare qualunque scelta di allocazione di funzioni amministrative ad un livello diverso da quello comunale, con una analisi ed una verifica sostanziale dell'effettiva rispondenza della scelta (pur sempre discrezionale) ai parametri indicati dalla norma costituzionale. Cio' implica che la norma che alloca le funzioni dovra' anche enunciare le circostanze e le finalita' che rendono legittima la scelta effettuata. Le disposizioni impugnate non soddisfano tali requisiti, non essendo rinvenibile, neppure implicitamente o indirettamente, alcun riferimento ad una qualunque ragione in grado di giustificare l'attribuzione ad organi statali di funzioni amministrative relative ai limiti delle assunzioni di personale negli enti regionali e negli enti del Servizio sanitario nazionale. Anche se questa Corte volesse ritenere che lo Stato possa autoattribuirsi funzioni amministrative nella materia in oggetto (a prescindere dall'illegittimita' del riconoscimento di una sua potesta' legislativa, denunciata nei paragrafi precedenti) senza sottostare ad alcun vincolo formale di espressa indicazione dei presupposti che ne motivano la scelta, le disposizioni impugnate si devono comunque ritenere costituzionalmente illegittime in quanto lesive dei limiti sostanziali che l'art. 118, primo comma, stabilisce per la distribuzione delle competenze amministrative nell'ordinamento. In altri termini, non si vede alcun motivo per allocare a livello centrale funzioni amministrative che risultano collegate alla specifica localizzazione sul territorio dei singoli enti e alla concreta modalita' di realizzazione delle funzioni svolte da tali enti. Tali funzioni, infatti, potrebbero adeguatamente essere svolte dalle amministrazioni preposte alla cura degli interessi che insistono sul territorio regionale. 6.3. - Il fatto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'art. 3, comma 60 debba essere adottato previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di conferenza unificata, non puo' assumere decisivo rilievo. La previsione di un accordo non supera la lesione delle competenze legislative attribuite alla regione dalla Costituzione; anche perche' - attraverso l'accordo - lo Stato acquisirebbe la possibilita' di dettare norme di mero dettaglio, espropriando quindi del tutto l'autonomia legislativa ed amministrativa della regione. 7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 53, 60 e 65 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per violazione degli artt. 117, secondo, terzo e quarto comma e 119 Cost. 7.1. - Lo Stato non puo' fondare la propria competenza sulla circostanza che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dalla disposizione impugnata (in particolare dal comma 60) ha come finalita' quella di garantire il «concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica». L'obiettivo indicato dal legislatore statale non puo' consentirgli di intervenire in settori materiali dell'ordinamento che gli sono sottratti, come quello relativo all'organizzazione amministrativa della regione e degli enti subregionali al quale deve essere ascritto l'art. 3, comma 60 della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Peraltro, un intervento dello Stato, potrebbe giustificarsi solamente ove fosse rivolto alla determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo e quarto comma e 119 Cost. In proposito, deve essere evidenziato che l'art. 3, in particolare al comma 60, nel disporre che le «assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni del servizio verificatesi nel corso dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i limiti predetti, di personale appartenente al ruolo sanitario. Non puo' essere, in ogni caso, stabilita una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'art. 119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, maggiorato del 30 per cento o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle entrate sia superiore alla media nazionale per fasce demografiche», non introduce norme di coordinamento della finanza pubblica, ma stabilisce dei vincoli alla politica delle assunzioni di regioni ed enti locali; ne' tali vincoli possono essere ricondotti per la loro intensita' normativa al rango di principi della materia, apparendo ictu oculi puntuali e dettagliati. 7.2. - La previsione, gia' sopra censurata, della conclusione di un accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali per fissare criteri e limiti per le assunzioni per l'anno 2004, indicati dal comma 60 dellart. 3, non e' in grado di sanare l'illegittimita' della norma denunciata. Lo strumento dell'accordo e' certamente coerente con il principio del coordinamento di cui allart. 119 Cost. Ma e' evidente che l'accordo idoneo a consentire un coordinamento rispettoso dell'autonomia costituzionale delle regioni non puo' intervenire come strumento per definire le modalita' di applicazione di puntuali limiti fissati unilateralmente dal legislatore statale che, in tal modo, si pone in violazione dell'art. 119 Cost. 8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 125, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 8.1. - L'art. 4, comma 125 della legge 24 dicembre 2003 n. 350, stabilisce che «la lettera g) del comma 27 dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e' sostituita dalla seguente: g) siano state realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo, lacuali e fluviale, nonche' nei terreni gravati da diritti di uso civico». La norma escludendo dalla sanatoria non solo le opere realizzate sul demanio marittimo, ma anche lacuale, fluviale, nonche' sui terreni gravati dal diritto di uso civico, legittima l'intervento dello Stato con una disciplina di dettaglio, individuando le zone escluse dalla sanatoria ed e', pertanto, lesiva della competenza legislativa residuale di cui all'art. 117, quarto comma Cost., in quanto riferita alla materia edilizia e comunque della competenza concorrente di cui all'art. 117, terzo comma Cost., se si conviene con l'opinione che ricomprende l'edilizia nella materia del governo del territorio (essa infatti «incide sulla materia del "governo del territorio", dal comma tre del medesimo articolo attribuita alla potesta' legislativa concorrente dello Stato (per la determinazione dei principi fondamentali) e delle regioni (per ogni altro aspetto della disciplina),» - in particolare nell' - «ambito di materia costituito dall'edilizia - che - va ricondotto al "governo del territorio"». Cosi' la sentenza 19 dicembre 2003, n. 362, punti 5 e 5.1 della parte In diritto).
P. Q. M. Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 16, 17, 18, 19, 20, 53, 60 e 65, nonche' dell'art. 4, comma 125 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 117, 118, 119 Cost. Firenze - Roma, addi' 24 febbraio 2004 Prof. avv. Stefano Grassi 04C0306