N. 34 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2004 (della Regione Umbria)

Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2004
  -  Divieto  per  le  Regioni  di  ricorrere  all'indebitamento  per
  finanziare  spese  diverse  da  quelle  di  investimento - Prevista
  specificazione  delle  operazioni  che  costituiscono indebitamento
  (con  indicazione delle caratteristiche di quelle che invece non lo
  sono)   e   delle   operazioni  che  costituiscono  investimento  -
  Attribuzione  al  Ministro dell'economia e delle finanze del potere
  di  modificare,  con  proprio decreto, sentito l'ISTAT, le previste
  tipologie  -  Ricorso della Regione Umbria - Denunciata restrizione
  del  concetto  economico  di  «investimento»,  in  particolare  per
  l'esclusione  dal  suo  ambito  di  alcuni  trasferimenti  in conto
  capitale in quanto effettuati a favore di privati anziche' a favore
  di   soggetti   pubblici  -  Incidenza  sull'autonomia  finanziaria
  regionale  -  Carattere  discriminatorio  della  restrizione  - Non
  conformita' con la disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
  contenuta  nel  Regolamento  CE  n. 2223/96  del  25 giugno 1996  -
  Irragionevole  differenziazione della possibilita' di indebitamento
  delle  Regioni  rispetto  a  quella  dello Stato - Contrasto con la
  disciplina di attuazione delle fonti comunitarie non self-executing
  - Lesione delle competenze regionali per l'attribuzione al Ministro
  di  una  potesta'  sostanzialmente  regolamentare in una materia di
  legislazione  concorrente  quale  quella  del  coordinamento  della
  finanza pubblica - Violazione del principio di leale collaborazione
  (qualora  si  ritenesse  il provvedimento ministeriale esercizio di
  una  funzione  amministrativa)  -  Contrasto  con  il  principio di
  legalita'  sostanziale  per  la  mancanza  di  idonei  criteri  per
  l'esercizio del potere ministeriale.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 17, 18 e 20.
- Costituzione, artt. 3, 117, 118 e 119.
(GU n.18 del 5-5-2004 )
    Ricorso  della  Regione  Umbria,  in persona del presidente della
giunta  regionale  pro  tempore,  autorizzato con deliberazione della
giunta  regionale n. 140 del 19 febbraio 2004 (doc. 1), rappresentata
e  difesa,  come  da  procura del 23 febbraio 2004, n. di rep. 310910
(doc.  2),  rogata  dal  notaio  Biavati  del  Collegio  di  Perugia,
dall'avv.  prof.  Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto
in  Roma  presso  lo  studio  dell'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri
n. 5,

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 17,
18,  20  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni
per  la  formazione  del  bilancio  annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2004)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del  27 dicembre 2003, supplemento ordinario n. 196/L, per violazione
degli  artt. 3, 117, 118, 119 Cost., e dei principi costituzionali di
legalita'    sostanziale,    uguaglianza,    ragionevolezza,    leale
collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

                           Fatto e diritto

    La  legge  24  dicembre  2003, n. 350 (finanziaria 2004) contiene
diverse  disposizioni  concernenti  molte  e  differenziate  materie,
accomunate  dal  fatto di avere direttamente o indirettamente rilievo
finanziario.
    In particolare, essa dedica alcune disposizioni alla precisazione
della  regola  posta  dall'art. 119, sesto comma, secondo il quale le
regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese
di investimento.
    Ribadita  al  comma  16 tale regola, il comma 17 stabilisce quali
operazioni   costituiscano   indebitamento,  e  rientrino  cosi'  nel
divieto. Precisamente, esso dispone (primo periodo) che «per gli enti
di   cui  al  comma  16  costituiscono  indebitamento,  agli  effetti
dell'art.  119,  sesto  comma,  della  Costituzione,  l'assunzione di
mutui,  l'emissione  di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni
di flussi futuri di entrata non collegati a un'attivita' patrimoniale
preesistente   e  le  cartolarizzazioni  con  corrispettivo  iniziale
inferiore  all'85  per  cento  del  prezzo  di mercato dell'attivita'
oggetto  di  cartolarizzazione  valutato  da un'unita' indipendente e
specializzata».  Aggiunge  poi  (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre,    indebitamento    le   operazioni   di   cartolarizzazione
accompagnate  da  garanzie  fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni  e  le  cessioni  di  crediti  vantati  verso altre
amministrazioni  pubbliche»,  mentre  non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma  consentono  di  superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa  statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare  spese  per  le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
    L'ultimo  periodo  del  comma  17  statuisce  che «modifiche alle
predette  tipologie  di  indebitamento  sono disposte con decreto del
Ministro  dell'economia  e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
    A  sua  volta,  il  comma  18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
    Precisamente,    secondo    tale    disposizione    costituiscono
investimenti:
        «a)  l'acquisto,  la  costruzione,  la  ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
        b)  la  costruzione,  la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
        c)   l'acquisto   di   impianti,   macchinari,   attrezzature
tecnico-scientifiche,  mezzi  di  trasporto  e  altri  beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
        d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
        e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
        f)  le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei  limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
        g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla  realizzazione  degli  investimenti  a  cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
        h)  i  trasferimenti  in conto capitale in favore di soggetti
concessionari  di  lavori  pubblici  o  di  proprietari  o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici   o  di  soggetti  che  erogano  servizi  pubblici,  le  cui
concessioni  o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti   agli   enti  committenti  alla  loro  scadenza,  anche
anticipata.  In  tale  fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore  del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
        i)  gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani  urbanistici  attuativi,  esecutivi,  dichiarati  di preminente
interesse  regionale  aventi  finalita'  pubblica volti al recupero o
alla valorizzazione del territorio».
    Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e  delle  finanze,  sentito  l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera',  e'  meramente  ripetitivo  dell'ultimo periodo dello stesso
comma,  il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea
    Tali  disposizioni  restringono  le  possibilita' di azione delle
regioni  rispetto  alla  regola  costituzionale, e presentano diversi
elementi e profili di illegittimita'.
    Nel  contenuto,  va  premesso  che  la  regola costituzionale del
divieto  di  indebitamento  se  non  per investimenti e' direttamente
operativa,  e non demanda alcun compito attuativo alla legge statale.
Anche   se   si   ammettesse   che  questa  possa  dettare  posizioni
specificative  ed  attuative, e' pero' evidente che tali disposizioni
dovrebbero  attenersi  al  concetto  economico di investimenti, e non
potrebbero   arbitrariamente   restringerlo,  estendendo  il  divieto
costituzionale ad ambiti che esso non era destinato a coprire.
    In particolare, e' da sottolineare che il comma 18, lettere g) ed
h),  considera  «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati  a  favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
    In  questo  modo  la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato  concetto  di  investimento,  escludendo  dal  suo ambito
alcuni  trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di  privati  anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che  la  tipologia  del  soggetto destinatario non modifica la natura
economica  della  spesa  e  che  i trasferimenti in conto capitale ai
privati  non  possono  ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento  (e,  dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma   18,   dunque,  incide  sull'autonomia  finanziaria  regionale
restringendo  irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art.  119 Cost., nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
    L'irragionevolezza  della  norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche  all'interno  della  stessa  legge  n. 305 del 2003, se si pone
mente   al   fatto   che   l'art. 4,  intitolato  Finanziamento  agli
investimenti  contempla  sin  dal primo comma contributi a privati (e
poi  ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che  finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di  vista  dell'ente  finanziatore,  un  investimento  - in ogni caso
l'art. 119,  sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare  spese  di  investimento».  Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione  da  tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
    Inoltre, la definizione contenuta nel comma 18, lettere g) ed h),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta  nel  regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9),  relativo  al  sistema  europeo dei conti nazionali e regionali
nella comunita'. Tale regolamento, fra l'altro, comprende nell'ambito
dei trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli investimenti»
(D.92) e fra questi sono espressamente menzionati quelli alle imprese
private  o a soggetti privati diversi dalle imprese. Dunque, le norme
impugnate violano anche l'art. 117, coma primo, Cost.., ed anche tale
illegittimita'  si  traduce  in  lesione  dell'autonomia  finanziaria
regionale.
    Infine,  le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita'  di  indebitamento  delle regioni da quelle dello Stato,
per  il  quale  continua  a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa   illegittimita'   si   traduce   in   lesione  dell'autonomia
finanziaria regionale.
    Illegittime  risultano  anche  le  norme  che  prevedono  che gli
elenchi  di  cui  agli  artt. 17  e  18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
    In  primo  luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo  periodo  del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle  finanze  a  modificare  le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT,  «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20  prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di  quelle  di  investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle  finanze,  sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti  in  sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il  comma  17  potrebbe  essere  inteso  nel senso che il Ministro e'
autorizzato  a  apportare  quelle  modifiche rese necessarie da nuovi
criteri  elaborati  a  livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere  un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
    Entrambe le norme, comunque, risultano illegittime. La materia in
questione  e'  il «coordinamento della finanza pubblica», che rientra
nella  competenza  concorrente  di  Stato e regioni. In tali materie,
l'attuazione  delle fonti comunitarie non self-executing e' regolata,
tuttora,  dall'art.  9,  legge n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge
n. 131 del 2003 non si e' occupata della materia, mentre una apposita
legge  modificativa  della  legge  n. 86  del  1989  e'  in  corso di
discussione).
    In  attesa  della  legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia  lo  Stato  ad  attuare  la  direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga,  perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4  legge  n. 86  del  1989).  Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro  (sostanzialmente  regolamentare)  per  il  recepimento  dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della  sfera  costituzionale  di  competenza  regionale,  dato che la
competenza  dell'organo  collegiale,  prevista  dalla legge n. 86 del
1989,  deve  ritenersi  costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
    Quanto  al  comma  20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso  e'  ancor  piu'  chiaramente  illegittimo  in quanto prevede un
potere   sostanzialmente   regolamentare  in  materia  di  competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost.
    Della    natura   sostanzialmente   regolamentare   del   decreto
ministeriale  previsto  dalle  norme  di cui sopra non sembra potersi
dubitare.  Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una  funzione  amministrativa  attribuita  al  Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che,  comunque,  mancherebbe  qualsiasi  meccanismo di coinvolgimento
delle  regioni,  in contrasto con principio di leale collaborazione e
secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
    Infine,  nella parte in cui si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro  un  «nudo»  potere  discrezionale,  senza formulare criteri
idonei  a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di  legalita'  sostanziale;  ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e'  affidato  un  potere  dal  tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente sull'autonomia regionale, la violazione del principio di
legalita'  sostanziale (che si aggiunge a quella dell'art. 117, sesto
comma  e del principio di leale collaborazione) si traduce in lesione
dell'autonomia stessa.
                              P. Q. M.
    La  Regione  Umbria,  come  sopra  rappresentata e difesa, chiede
voglia  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando  l'illegittimita'  delle disposizioni sopra indicate, nei
termini sopra esposti.
        Padova, addi' 23 febbraio 2004
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon
04C0309