N. 85 SENTENZA 26 febbraio - 9 marzo 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudizio   amministrativo   -  Controversie  in  tema  di  operazioni
  elettorali  -  Mezzi  di  prova - Limitazione dei poteri istruttori
  alle  sole  risultanze  documentali,  con  esclusione  della  prova
  testimoniale   -  Assunto  deteriore  trattamento  fatto  a  quanti
  ricorrono  al giudice amministrativo rispetto a quelli che adiscono
  il  giudice  ordinario,  con violazione del diritto di difesa e del
  principio di ragionevole durata del processo - Difetto di rilevanza
  della questione - Inammissibilita'.
- D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 83/11, quinto comma.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.11 del 17-3-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 83/11, quinto
comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per
la  composizione  e  la  elezione  degli organi delle Amministrazioni
comunali),  promosso  con ordinanza del 23 gennaio 2003 dal Tribunale
amministrativo  regionale  della  Campania  sul  ricorso  proposto da
Cioppa  Giuseppe  e  altri  contro il Ministero dell'interno e altri,
iscritta  al  n. 452  del  registro ordinanze 2003 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 28,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione di Cioppa Giuseppe e altri e del
comune di Bellona;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 febbraio  2004  il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati Giuseppe Palma per Cioppa Giuseppe e altri e
Antonio Romano per il comune di Bellona.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  un giudizio elettorale promosso davanti al
Tribunale   amministrativo  regionale  della  Campania  per  ottenere
l'annullamento  delle  operazioni elettorali svoltesi, per il rinnovo
del  consiglio comunale e della carica di sindaco, in due sezioni del
comune   di   Bellona   e   il   consequenziale   annullamento  della
proclamazione  degli  eletti,  l'adito  Tribunale,  con ordinanza del
23 gennaio    2003,    ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  agli  articoli 3,  24  e  111 della
Costituzione,  dell'art. 83/11,  quinto  comma,  del d.P.R. 16 maggio
1960,  n. 570  (Testo  unico  delle  leggi  per  la composizione e la
elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), nella parte in
cui, «non derogando ai sistemi probatori ordinari del giudizio avanti
alle  magistrature  amministrative,  limita, nel giudizio elettorale,
alle  sole risultanze documentali i poteri istruttori fruibili per la
definizione del merito».
    1.1.  -  Il  Tribunale  rimettente  premette  che  i ricorrenti -
consiglieri  comunali  e  candidati non eletti della lista rimasta in
minoranza  -  avevano  dedotto,  fra  l'altro,  che  in una delle due
sezioni   elettorali   de   quibus   si  sarebbero  verificate  gravi
irregolarita',  concretanti  violazione degli artt. 51 e seguenti del
d.P.R.  n. 570 del 1960: alla fine della prima giornata di votazione,
al  momento della chiusura del seggio, riscontrata la mancanza di una
scheda  vidimata,  per  ritrovare  la stessa il presidente del seggio
aveva  proceduto all'apertura dell'urna e, quindi, aveva esaminato le
schede  votate, finche', trovata una scheda bianca, l'aveva prelevata
e  inserita  fra le schede non votate. Di cio' non si faceva menzione
nel verbale - del quale il Tribunale aveva disposto l'acquisizione -,
ma  i  ricorrenti  avevano tentato di provare la circostanza mediante
dichiarazioni sottoscritte da due persone.
    Osserva   il   rimettente   che  le  dichiarazioni  prodotte  dai
ricorrenti  non  hanno  valore  di  prova,  ma soltanto di istanza di
ammissione  della  prova  per  testi,  e che le dedotte violazioni di
legge potrebbero essere provate solo mediante testimonianza.
    1.2.  -  Premette  il rimettente che la tutela giurisdizionale in
materia  elettorale  e'  ripartita fra il giudice ordinario, al quale
spettano  le  controversie  in  tema  di  eleggibilita', e il giudice
amministrativo,  al  quale  sono  devolute le controversie in tema di
operazioni   elettorali,   e  che  tale  ripartizione,  per  costante
giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione, integra, in conformita'
agli  artt. 103  e  113  Cost., una puntuale applicazione dei criteri
generali  di  riparto  della  giurisdizione,  secondo la natura delle
posizioni   soggettive   dedotte   in   causa,  involgendo  le  prime
controversie  diritti  soggettivi  e  le  seconde,  invece, interessi
legittimi.
    Da   tale   premessa   discende  l'orientamento  dominante  della
giurisprudenza   amministrativa,   secondo  la  quale  «nel  giudizio
amministrativo  elettorale la prova testimoniale non e' ammissibile e
le   dichiarazioni   testimoniali   sotto   forma   di  dichiarazioni
sostitutive  di  atto  di  notorieta' non possono essere lo strumento
surrettizio  per  introdurvela»; orientamento del tutto consolidato -
osserva il rimettente - non scalfito da un'isolata pronuncia, secondo
la  quale al processo elettorale, avendo esso natura di giurisdizione
di  merito,  sarebbe applicabile, in via diretta, l'art. 27 del regio
decreto  17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi
alle  sezioni  giurisdizionali  del  Consiglio  di  Stato),  il quale
consente   (nei   giudizi   in   cui  la  giurisdizione  del  giudice
amministrativo  e', appunto, estesa al merito) l'espletamento di ogni
mezzo  di  prova  ammesso dal codice di procedura civile, compresa la
prova testimoniale.
    1.3.  -  Quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il tribunale
rimettente  osserva  che  le  operazioni,  denunciate dai ricorrenti,
compiute  in  violazione  degli artt. 51 e seguenti del d.P.R. n. 570
del  1960, se accertate attraverso la prova testimoniale, «potrebbero
condurre   in  astratto  all'accoglimento  del  ricorso»,  e  che  ai
ricorrenti non poteva farsi carico di non aver esplicitamente chiesto
l'ammissione di tale prova, in quanto - come statuito da questa Corte
con  sentenza  n. 146  del  1987  - «non e' lecito imporre alla parte
l'onere   di   chiedere  l'assunzione  di  mezzi  istruttori  la  cui
ammissibilita'  dipende  dalla declaratoria di incostituzionalita' di
disposizioni che non la prevedono».
    Ne'  la questione di costituzionalita' sarebbe resa irrilevante -
come  sostenuto  dai controinteressati costituitisi in giudizio - dal
valore  di  atto fidefacente del verbale delle operazioni elettorali,
redatto   dall'ufficio   elettorale   di   sezione,  con  conseguente
impossibilita'   di  acquisire  una  prova  testimoniale:  rileva  in
proposito  il rimettente che la giurisprudenza penale ritiene che «il
falso  ideologico  e' ravvisabile solo in relazione a cio' che l'atto
esplicitamente  e'  destinato  a  provare»;  mentre la giurisprudenza
amministrativa   ha   precisato  che  «il  verbale  delle  operazioni
elettorali  fa  fede fino a querela di falso in relazione a quanto il
presidente  di  seggio,  in  qualita'  di pubblico ufficiale, attesta
essere  avvenuto  in  sua  presenza,  ma tale effetto non riguarda le
circostanze non verbalizzate che, pertanto, possono essere dimostrate
dagli  interessati  anche  in  mancanza di formale querela». Osserva,
quindi,  che,  alla luce della richiamata giurisprudenza, l'eccezione
e' infondata, poiche', nel caso di specie, nulla risulta verbalizzato
in  ordine  alla  anticipata  apertura  dell'urna  contente le schede
votate,  «con  la  conseguenza  che  il  giudice  adito  e'  privo di
qualsiasi elemento su cui fondare il proprio convincimento».
    1.4. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
tribunale  rimettente  ritiene  che  la  norma  impugnata  contrasti,
innanzitutto,  con  l'art. 3  Cost.,  giacche',  nella stessa materia
elettorale,  riserva  un trattamento deteriore a coloro che ricorrono
al  giudice amministrativo rispetto a coloro che ricorrono al giudice
ordinario:   nel   giudizio   davanti  a  quest'ultimo,  infatti,  si
applicano,  ai  sensi  dell'art. 82, settimo comma, del d.P.R. n. 570
del  1960,  le  norme  del  codice  di procedura civile, quindi anche
quelle relative alla assunzione della prova per testimoni; il che non
e'  previsto  per  il  giudizio  davanti al giudice amministrativo, e
siffatta discriminazione tra i due processi non appare giustificata.
    A  tal  proposito  il giudice a quo sostiene che la diversita' di
posizioni    giuridiche    fatte   valere,   rispettivamente,   nelle
controversie  in  tema  di  eleggibilita'  (diritti  soggettivi) e in
quelle  in tema di regolarita' delle operazioni elettorali (interessi
legittimi),  non  sia  di  ostacolo  alla estensione alle seconde dei
mezzi istruttori ammessi nelle prime.
    A  conforto di tale tesi il rimettente richiama le sentenze della
Corte  costituzionale  n. 140  del  1992  e n. 144 del 1996, relative
entrambe   al   processo   amministrativo  elettorale:  la  prima  ha
dichiarato    l'illegittimita'    costituzionale,    per   violazione
dell'art. 3  Cost., dell'art. 5, terzo comma, della legge 20 novembre
1982,  n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni
a  mezzo  posta  connesse  con  la notificazione di atti giudiziari),
nella  parte  in  cui  non  prevede  la sua applicabilita' ai giudizi
dinanzi ai giudici amministrativi, ivi compresi i giudizi elettorali;
la   seconda   ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale,  per
contrasto  con  l'art. 3  Cost.,  anche in correlazione con l'art. 24
Cost.,  dell'art. 83/11,  primo  comma,  del  d.P.R. n. 570 del 1960,
nella  parte  in  cui  fa decorrere il termine di dieci giorni per la
notificazione  del  ricorso,  unitamente  al decreto presidenziale di
fissazione  d'udienza,  dalla  data  di  tale provvedimento, anziche'
dalla data di comunicazione di esso.
    Il  rimettente  invoca,  inoltre, la sentenza n. 146 del 1987, la
quale  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 44,
primo  comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione
del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), dell'art. 26 del
regio  decreto  17 agosto  1907, n. 642 (Regolamento per la procedura
dinanzi  alle  sezioni  giurisdizionali  del  Consiglio  di Stato), e
dell'art. 7,  primo  comma,  della  legge  6 dicembre  1971,  n. 1034
(Istituzione  dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in
cui,  nelle  controversie  di impiego dei dipendenti dello Stato e di
enti  riservate  alla  giurisdizione  esclusiva  amministrativa,  non
consentono   l'esperimento   dei   mezzi  istruttori  previsti  dagli
artt. 421,  secondo,  terzo e quarto comma, 422, 424 e 425 del codice
di procedura civile.
    Osserva,   in   particolare,   che   quest'ultima  sentenza,  nel
dispositivo,  si  riferisce  a  tutte le «controversie di impiego ...
riservate  alla  giurisdizione  esclusiva amministrativa», senza fare
distinzione  fra controversie su diritti soggettivi e controversie su
interessi legittimi, e in cio' e' ravvisabile - secondo un'autorevole
dottrina  -  una  scelta  consapevole,  nel  senso  di escludere che,
nell'ambito in esame, abbia rilievo la diversa natura delle posizioni
giuridiche dedotte in giudizio.
    1.5.  -  Sotto  altro  profilo, il tribunale rimettente evidenzia
alcune caratteristiche del processo amministrativo elettorale, che lo
differenziano  dal tipico giudizio impugnatorio e che giustificano, a
suo   avviso,  la  richiesta  di  ampliamento  dei  mezzi  istruttori
esperibili.
    Detto  processo,  infatti, si atteggia come un giudizio fra parti
private,  a  cui  l'ente territoriale, per il quale si sono svolte le
elezioni,  e'  chiamato  a  partecipare  non  come autorita' emanante
(essendo  estraneo  al  procedimento  elettorale,  gestito  da  altra
pubblica  amministrazione),  ma  solo come soggetto controinteressato
(al  pari  di qualsiasi candidato eletto), in quanto destinatario del
risultato  del  voto;  tant'e'  che, per pacifica giurisprudenza, nei
suoi confronti e' ammessa l'integrazione del contraddittorio.
    Inoltre,  l'annullamento  della  proclamazione  degli eletti puo'
essere  chiesto  solo  al  giudice  amministrativo, essendo esclusa -
secondo  la  giurisprudenza  consultiva  del  Consiglio  di  Stato  -
l'alternativita'  con  il  ricorso  straordinario al Presidente della
Repubblica,  in considerazione della natura peculiare del contenzioso
elettorale  amministrativo,  per  il  quale  e' previsto uno speciale
sistema procedimentale e di tutela giurisdizionale accelerata.
    Al  giudice  investito  della  controversia, poi, spetta, a norma
dell'art. 84  del  d.P.R.  n. 570  del  1960,  non  solo il potere di
annullare  l'atto  di  proclamazione degli eletti, ma anche quello di
correggere,  in  caso di accoglimento del ricorso, il risultato delle
elezioni  e di sostituire ai candidati illegalmente proclamati coloro
che  hanno  diritto  di esserlo; sicche' per il giudizio in questione
non  si  pone  mai  un  problema  di  esecuzione  della  sentenza,  a
differenza che per il normale giudizio di annullamento.
    Riguardo,  ancora,  all'atto  di  proclamazione  degli eletti non
risulta   sia   mai   stato  esercitato  il  potere  di  annullamento
governativo,  previsto  dall'art. 6  del  regio decreto 3 marzo 1934,
n. 383   (Approvazione   del  testo  unico  della  legge  comunale  e
provinciale),   ne'   appare   possibile   individuare   un'autorita'
amministrativa abilitata ad esercitare il potere di autotutela.
    Tali  caratteristiche  - argomenta il rimettente - individuano un
tipo  di  processo  che,  a prescindere dalla natura della situazione
giuridica  soggettiva  fatta  valere,  costituisce  l'unico strumento
previsto dall'ordinamento per la correzione del risultato elettorale,
non modificabile da alcun atto di natura extraprocessuale.
    D'altro  canto,  se  il rapido consolidamento degli effetti della
consultazione  elettorale  e'  un  obiettivo meritevole di tutela, in
quanto  conferisce  stabilita' all'azione amministrativa degli organi
elettivi,  esso  -  prosegue  il  giudice  a  quo  -  non puo' essere
conseguito  a  scapito  dell'accertamento  dei  vizi  denunziati  dai
soggetti  legittimati  al ricorso; ed e' proprio in funzione di detto
accertamento  che risulta - a suo giudizio - oltremodo frustrante una
tutela   limitata   agli   scarni   mezzi   probatori   del  processo
amministrativo  di  legittimita':  donde  la  violazione dell'art. 24
Cost.
    Infine,  il  rimettente  rileva  che (altri) «mezzi probatori non
possono   acquisirsi   in   processi   da  incardinare  presso  altre
giurisdizioni, se non violando il principio della ragionevole durata,
espresso  nell'art. 111  Cost., che nel processo elettorale necessita
di  una piu' rigorosa attuazione in ragione della temporaneita' degli
organi eletti».
    2.  -  Si sono ritualmente costituiti i ricorrenti nel giudizio a
quo,  i  quali hanno concluso per la pronuncia di incostituzionalita'
della  norma  impugnata, e il controinteressato comune di Bellona, il
quale ha concluso, invece, per la dichiarazione di inammissibilita' e
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica,  i ricorrenti nel
giudizio  a  quo  e  il resistente comune di Bellona hanno presentato
memorie, con le quali illustrano le rispettive conclusioni.
    3.1.  -  I  ricorrenti  sostengono,  citando  alcune pronunce del
Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione  siciliana,  che  le  controversie  in  materia di operazioni
elettorali  sono  oggetto  di  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo,  in  quanto  esse  attengono  a  posizioni giuridiche
soggettive  aventi  natura  di  diritti  soggettivi:  il  diritto  in
questione  sarebbe  quello  dei  candidati  e  degli  altri  soggetti
legittimati  «ad ottenere che i risultati elettorali cosituiscano una
libera   e   fedele   rappresentazione   della   volonta'  del  corpo
elettorale».   Ne  consegue  -  a  loro  avviso  -  che  al  giudizio
amministrativo   elettorale   devono   applicarsi   le   disposizioni
dell'art. 35  del  decreto  legislativo  31 marzo  1998, n. 80 (Nuove
disposizioni  in  materia  di  organizzazione  dei rapporti di lavoro
nelle  amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie
di  lavoro  e  di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione
dell'articolo 11,  comma 4,  della legge 15 marzo 1997, n. 59) - come
modificato   dall'art. 7   della   legge   21 luglio   2000,   n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) -, il quale, al
comma 3,  prevede  che  il giudice amministrativo, nelle controversie
devolute   alla   sua   giurisdizione   esclusiva,   «puo'   disporre
l'assunzione  dei  mezzi  di  prova  previsti dal codice di procedura
civile,   nonche'   della   consulenza   tecnica  d'ufficio,  esclusi
l'interrogatorio formale e il giuramento».
    I  ricorrenti  sostengono,  inoltre,  in  via subordinata, che la
giurisdizione  amministrativa  in materia ha natura di «giurisdizione
di  merito», atteso che il giudice ha il potere non solo di annullare
le  operazioni  elettorali,  ma anche di rettificarne i risultati. Ne
consegue  che  nelle  controversie de quibus e' applicabile l'art. 27
del   r.d.   n. 642   del   1907,   il   quale  consente  al  giudice
amministrativo,  nei casi in cui esercita giurisdizione di merito, di
assumere  ogni  mezzo  istruttorio  che possa «condurre alla scoperta
della verita».
    Pertanto,  vuoi che si tratti di giurisdizione esclusiva vuoi che
si  tratti  di  giurisdizione  di  merito,  la  prova  testimoniale -
affermano  i  ricorrenti  -  e'  senz'altro  ammissibile nel giudizio
amministrativo elettorale.
    Ove  si  ritenga,  invece,  che  le  controversie  in  materia di
operazioni   elettorali,   in   quanto  investirebbero  posizioni  di
interesse   legittimo,   ricadono  nella  giurisdizione  generale  di
legittimita',  non  puo'  non  ravvisarsi  -  deducono i ricorrenti -
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83/11 del d.P.R. n. 570 del
1960,   nella  parte  in  cui  non  consente  in  dette  controversie
l'assunzione della prova testimoniale.
    La  norma sarebbe, innanzitutto, in contrasto con l'art. 3 Cost.,
poiche'  non  e' giustificato, come osservato dal giudice rimettente,
il  trattamento deteriore riservato a coloro che ricorrono al giudice
amministrativo  (quanto  alle  controversie  in materia di operazioni
elettorali)  rispetto  a  coloro  che  adiscono  il giudice ordinario
(quanto   alle   controversie   in   materia   di   eleggibilita'   e
incompatibilita).  Infatti,  la Corte costituzionale, con la sentenza
n. 146  del  1987,  nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 44,  primo  comma,  del r.d. n. 1054 del 1924, dell'art. 26
del  r.d.  n. 642  del  1907, e dell'art. 7, primo comma, della legge
n. 1034  del  1971, nella parte in cui, nelle controversie di impiego
dei  dipendenti  dello  Stato  e di enti riservate alla giurisdizione
esclusiva  amministrativa,  non  consentono  l'esperimento  dei mezzi
istruttori  previsti  negli artt. 421, secondo, terzo e quarto comma,
422, 424 e 425 cod. proc. civ., non ha operato alcuna distinzione tra
controversie  in  materia  di  diritti  soggettivi  e controversie in
materia  di  interessi  legittimi,  rendendo  esperibili  detti mezzi
istruttori anche quando si tratta di interessi legittimi.
    In  secondo  luogo,  i  ricorrenti osservano che, nel giudizio in
esame,  al  giudice e' attribuito, dall'art. 84 del d.P.R. n. 570 del
1960,  non  solo  il potere di annullare totalmente o parzialmente le
operazioni  elettorali,  ma  anche  quello  di correggere, in caso di
accoglimento del ricorso, il risultato delle elezioni e di sostituire
ai  candidati illegalmente proclamati eletti coloro che hanno diritto
di  esserlo,  sicche'  in  un giudizio siffatto non possono bastare i
limitati poteri istruttori della giurisdizione di legittimita', tanto
piu'  che  la  tutela  giurisdizionale  e' la sola tutela contemplata
nella materia de qua, non essendo esperibile il ricorso straordinario
al Presidente della Repubblica, ne' l'annullamento d'ufficio.
    La  norma  impugnata,  pertanto,  e'  in  contrasto con l'art. 24
Cost.,  poiche'  pregiudica  il diritto di difesa del ricorrente, non
consentendo un compiuto accertamento dei vizi da lui denunciati.
    Infine,  come  rilevato dal giudice rimettente, l'acquisizione di
mezzi  di  prova  preclusi nel giudizio elettorale, facendo ricorso a
processi da incardinare davanti ad altre giurisdizioni, comporterebbe
la  violazione  del  principio  di  ragionevole  durata del processo,
sancito dall'art. 111 Cost.
    In     conclusione,    i    ricorrenti    chiedono    dichiararsi
l'ammissibilita',   secondo   l'ordinamento   vigente,   della  prova
testimoniale  nel giudizio amministrativo elettorale e, in subordine,
dichiararsi   l'illegittimita'   costituzionale  dell'art. 83/11  del
d.P.R.  n. 570 del 1960, nella parte in cui «non derogando ai sistemi
probatori    ordinari   del   giudizio   avanti   alle   magistrature
amministrative, limita, nel giudizio elettorale, alle sole risultanze
documentali  i  poteri  istruttori  fruibili  per  la definizione del
merito».
    3.2. - Il resistente comune di Bellona eccepisce, in primo luogo,
l'irrilevanza della questione rispetto al giudizio a quo.
    Ritiene,  infatti,  non  condivisibile l'affermazione del giudice
rimettente,  secondo  cui  l'omessa  verbalizzazione  dell'anticipata
apertura  dell'urna  elettorale e di alcune schede votate non integra
gli estremi del falso ideologico.
    In  proposito,  osserva  che  secondo  la  giurisprudenza  penale
l'incompletezza  di un'attestazione contenuta in un atto pubblico da'
luogo  a  falsita'  ideologica ogni qual volta il contesto espositivo
dell'atto  sia  tale  da far assumere all'omissione dell'informazione
relativa  a un determinato fatto il significato della negazione della
sua esistenza.
    Nel  caso  di  specie,  rileva  che  nel  verbale  della  sezione
elettorale,  in  cui  si  sarebbero verificati i fatti denunciati dai
ricorrenti,  non  vi e' traccia alcuna dei fatti medesimi e che detto
verbale  risulta  sottoscritto  da  tutti  i  componenti dell'ufficio
elettorale  e  dai  rappresentanti  di lista, ivi compresi coloro che
hanno   reso   le  dichiarazioni  sulle  quali  si  basa  il  ricorso
introduttivo   del   giudizio  davanti  al  Tribunale  amministrativo
regionale  In  particolare,  evidenzia  che nel verbale in questione,
alla  pagina 15,  relativa  alla  chiusura delle operazioni del primo
giorno   di   votazione,   si   legge   che  il  presidente  provvede
immediatamente  a  chiudere  l'urna  contente  le  schede votate e la
scatola  con  le  schede  autenticate e le sigilla nel modo descritto
nelle istruzioni.
    Se  i  fatti  denunciati  si  fossero  effettivamente verificati,
avrebbero  dovuto  -  argomenta  il resistente - essere riportati nel
verbale; sicche' l'omissione di verbalizzazione al riguardo assume il
valore  di  attestazione  della  insussistenza dei fatti medesimi, la
quale integrerebbe una falsita' ideologica.
    Ne  consegue che l'unico strumento idoneo a infirmare l'efficacia
probatoria  del  verbale  e' la querela di falso, mentre a nulla puo'
valere una eventuale prova testimoniale.
    Risultando,  dunque, detta prova del tutto inutilizzabile ai fini
della decisione sul chiesto annullamento delle operazioni elettorali,
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  - a suo avviso -
irrilevante.
    Nel  merito, poi, delle censure mosse dal giudice a quo, osserva,
quanto  alla prospettata violazione dell'art. 3 Cost., scaturente dal
diverso  regime  delle  prove utilizzabili nel giudizio relativo alle
operazioni  elettorali rispetto a quello in materia di eleggibilita',
che  tale  diversita'  e'  connaturale  alle  caratteristiche dei due
giudizi,  l'uno attribuito alla giurisdizione amministrativa, l'altro
alla giurisdizione ordinaria.
    Quanto alla violazione degli artt. 24 e 111 Cost., osserva che la
tutela  non  e'  affatto  limitata  agli  scarni  mezzi probatori del
processo    amministrativo,   ma   comprende   anche   lo   strumento
appositamente  previsto  dall'ordinamento per contestare il contenuto
degli  atti  fidefacenti,  ossia  la  querela  di  falso, altrettanto
necessaria  nel  giudizio  in  materia  di  eleggibilita'  dinanzi al
giudice  ordinario, quando si intenda contestare la veridicita' di un
atto  pubblico.  Del  resto,  il principio sancito nell'art. 2700 del
codice  civile  -  soggiunge  il  resistente  -  non puo' non trovare
applicazione   in   tutti  i  procedimenti  giurisdizionali  previsti
dall'ordinamento,  proprio  in  virtu' dei principi costituzionali di
uguaglianza    e    di   effettivita'   e   pienezza   della   tutela
giurisdizionale.
    Conclude,  pertanto,  per  la  declaratoria di inammissibilita' o
infondatezza della questione.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Campania dubita
della legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 3, 24 e
111  della  Costituzione,  dell'art. 83/11,  quinto comma, del d.P.R.
16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e
la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), nella parte
in  cui  tale comma, «non derogando ai sistemi probatori ordinari del
giudizio  avanti alle magistrature amministrative, limita, in materia
elettorale,  alle  sole  risultanze  documentali  i poteri istruttori
fruibili  per  la definizione del merito», e, in particolare, esclude
l'utilizzabilita' della prova testimoniale.
    2. - La questione e' inammissibile.
    2.1.  -  Il  giudice  a  quo  reputa  rilevante  la  questione di
legittimita'  costituzionale,  in  quanto  ritiene,  sotto  un  primo
profilo,  che  l'efficacia  probatoria dell'atto pubblico, costituito
dal    verbale    delle    operazioni    elettorali,   non   precluda
l'utilizzabilita' di mezzi istruttori diversi dalla querela di falso,
e  in quanto ritiene, sotto un secondo profilo, che soltanto la prova
testimoniale  costituisca mezzo istruttorio idoneo a fornire la prova
del  fatto  allegato  dai  ricorrenti  come invalidante le operazioni
elettorali.
    Ritiene  il  rimettente  che  la prima conclusione si fondi sulla
giurisprudenza   sia  penale  che  amministrativa  secondo  le  quali
l'efficacia  di  piena  prova riconosciuta dalla legge (art. 2700 del
codice  civile)  all'atto  pubblico  -  e,  quindi,  al verbale delle
operazioni  elettorali - concerne esclusivamente quanto il presidente
del  seggio,  in  qualita'  di pubblico ufficiale (art. 24 del d.P.R.
n. 570   del  1960  e  art. 40  del  d.P.R.  30 marzo  1957,  n. 361,
«Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi  recanti  norme per la
elezione  della  Camera  dei  deputati»), attesta essere stato da lui
compiuto  o  essere  avvenuto  in sua presenza; sicche' la verita' di
circostanze  non  risultanti  dal  verbale  puo'  essere  provata con
strumenti diversi dalla querela di falso.
    2.2. - Tali considerazioni non sono condivisibili.
    E'  ben  vero  che  il  falso  ideologico concerne esclusivamente
attestazioni  e  che, pertanto, in linea di principio, l'omissione di
circostanze,  pur  se rilevanti, non rende per cio' solo falso l'atto
pubblico incompleto nella descrizione di quanto compiuto dal pubblico
ufficiale o avvenuto in sua presenza.
    Ma  e'  anche vero - come costantemente afferma la giurisprudenza
chiamata  ad applicare l'art. 479 del codice penale - che l'omissione
di  una  circostanza  rilevante  puo' risolversi non gia' in una mera
incompletezza,  bensi'  in  una  falsa attestazione implicita, e cio'
accade  quando  il  contesto  espositivo  dell'atto  e'  tale  da far
assumere all'omissione dell'esposizione di un fatto il significato di
negazione dell'esistenza stessa di quel fatto.
    Nel  giudizio  a  quo  il  Tribunale  rimettente  non  poteva non
considerare  che,  come  rilevato  dal  comune di Bellona, il verbale
delle  operazioni  attesta  che,  al  termine  del  primo  giorno  di
votazione,  «il  presidente provvede a chiudere immediatamente l'urna
contenente  le schede votate e la scatola con le schede autenticate e
le  sigilla  nel  modo descritto nelle istruzioni»: attestazione che,
inequivocabilmente,   costituisce   negazione   del  fatto  (apertura
dell'urna   per   ricercarvi  una  scheda  non  votata)  dedotto  dai
ricorrenti   a   fondamento   della  domanda  di  annullamento  delle
operazioni elettorali e della proclamazione degli eletti.
    2.3.   -   E'   evidente,   conseguentemente,  che,  non  potendo
l'efficacia  di piena prova dell'attestazione (immediata chiusura con
sigilli   dell'urna),   contenuta   nel   verbale,  essere  posta  in
discussione   altrimenti   che  con  la  querela  di  falso  a  norma
dell'art. 2700    cod.    civ.,    la   questione   di   legittimita'
costituzionale,  sollevata  in riferimento all'esclusione della prova
testimoniale dal novero dei mezzi di prova, dei quali il giudice puo'
valersi   nel   giudizio  amministrativo  elettorale,  e'  del  tutto
irrilevante nel caso di specie.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 83/11,  quinto  comma, del d.P.R. 16 maggio
1960,  n. 570  (Testo  unico  delle  leggi  per  la composizione e la
elezione  degli organi delle Amministrazioni comunali), sollevata, in
riferimento  agli  articoli 3,  24  e  111  della  Costituzione,  dal
Tribunale amministrativo regionale della Campania, con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 9 marzo 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C0311