N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 2003

Ordinanza  emessa  il  19 dicembre 2003, dal tribunale amministrativo
regionale  della  Puglia,  sezione  staccata  di  Lecce  sul  ricorso
proposto  da  Centro  Diagnostico  Salentino  contro  Azienda  U.S.L.
Lecce 1 ed altri

Sanita'  pubblica - Regione Puglia - Prestazioni sanitarie erogate da
  strutture pubbliche e private convenzionate - Volumi di prestazioni
  eccedenti  il  programma  preventivo  concordato  fissato in misura
  corrispondente  a  quelli  erogati nel 1998 e il relativo limite di
  spesa  a carico del servizio sanitario regionale - Previsione della
  remunerazione  di  detti  volumi  di prestazioni con le regressioni
  tariffarie  fissate  dalla  giunta  regionale  - Irragionevolezza -
  Incidenza  sul  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione -
  Violazione  dei  principi fondamentali stabiliti dalla legislazione
  statale  in  materia  (liberta'  di  scelta  dell'utente,  efficace
  competizione  tra le strutture accreditate ed equiordinazione delle
  tasse,  economicita'  della  scelta  in  conseguenza di valutazioni
  comparative tra qualita' e costi.
- Legge Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117.
(GU n.12 del 24-3-2004 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente sentenza;
    Visto  il  ricorso  1794/2003  proposto  da:  Centro  Diagnostico
Salentino,  rappresentato e difeso da: Tolomeo Adriano, Conte Manlio,
con  domicilio  eletto  in  Lecce, via Augusto Imperatore, 16, presso
Tolomeo Adriano;
    Contro:
        Azienda  U.S.L.  LE1  rappresentato  e difeso da: Pappalepore
Vito  Aurelio  con  domicilio  eletto in Lecce, p.tta S. Giovanni dei
Fiorentini, 9, presso Garrisi Giovanni;
        Regione  Puglia  -  Bari rappresentato e difeso da: Portaluri
Pier  Luigi,  Ancora  Luciano,  con  domicilio  eletto  in Lecce, via
Imbriani, 24, presso Portaluri Pier Luigi;
        e nei confronti di: Laboratorio analisi Pignatelli;
        e  nei  confronti  di:  Studio  radiologico  Quarta  Colosso,
rappresentato   e  difeso  da:  Matteo  Ada,  Patarnello  Fabio,  con
domicilio  eletto  in  Lecce,  via  S. Francesco d'Assisi, 33, presso
Matteo Ada;
    per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione:
        della  delib.  D.G.  AUSL  LE1,  31  marzo  2003,  n. 1278  e
dell'allegato  contratto  per  adesione  sottoscritto con riserva dal
ricorrente;
        di  ogni  atto  connesso,  consequenziale e presupposto e tra
questi,  ove  occorra,  della delib. GRP n. 1073 del 16 luglio 2002 e
della  delib.  ARES  n. 20/02, nonche' delle delibb. GRP nn. 1392/01,
310/02  e  2242/02,  della  direttiva dell'Assessorato regionale alla
sanita'  n. 24/1293/2  del 4 marzo 2003 e della nota Ares n. 1364 del
24 marzo 2003;
e per il risarcimento del danno.
    Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio di: Azienda Usl LE1,
Regione Puglia, Studio radiologico Quarta Colosso;
    Vista la domanda cautelare prodotta dalla parte ricorrente;
    Visti  i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera della giunta
regionale 4 settembre 2003 n. 1326, con la quale e' stato adottato il
«Documento  di  indirizzo economico-funzionale dei Servizio sanitario
regionale  per  il  2003  e  triennale 2003-2005"», nonche' ogni atto
consequenziale;
    Visti  i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera dell'Azienda
unita' sanitaria locale LE1, 22 ottobre 2003 n. 3677, con la quale e'
stata  data applicazione alla delibera della giunta regionale n. 1326
del 2003;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  nella Camera di consiglio del 10 dicembre 2003 il relatore
cons.  Antonio Cavallari e uditi altresi' l'avv. Gianluigi Pellegrino
e  l'avv.  prof., Ernesto Sticchi-Damiani, in sostituzione degli avv.
Adriano  Tolomeo  e  Manlio  Conte,  l'avv. Petruzzi, in sostituzione
degli  avv.  Ada  Matteo  e  Fabio Patarnello, l'avv. prof. Pierluigi
Portaluri e l'avv. Luciano Ancora;
    Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
    Il  Centro Diagnostico Salentino, struttura operante in regime di
accreditamento  provvisorio  col  Servizio  sanitario  regionale  per
l'erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali, ha proposto
ricorso   straordinario  al  Presidente  della  Repubblica  chiedendo
l'annullamento:
        della  delibera  della  A.U.S.L.  LE1,  31 marzo 2003 n. 1278
relativa    alla   determinazione   del   piano   delle   prestazioni
specialistiche  ambulatoriali  da  acquisire attraverso l'apporto dei
professionisti  e  strutture  private  in  regime  di  accreditamento
provvisorio  per  l'anno  2003.  Determinazione  dei tetti massimi si
spesa»;
        del   contratto   relativo  alle  prestazioni  di  assistenza
specialistica   ambulatoriale   per  l'anno  2003  che  la  struttura
ricorrente si e' impegnata ad erogare;
        delle  deliberazioni  della  giunta regionale 16 luglio 2002,
n. 1073,  15 ottore 2001, n. 1392, 8 aprile 2002, n. 310, 23 dicembre
2002,  n. 2242  nonche'  della delibera dell'Ares 7 marzo 2002 n. 20,
della direttiva dell'Assessorato regionale alla sanita' 4 marzo 2003,
n. 24/1293/2 e della nota Ares 24 marzo 2003, n. 1364.
    Ha chiesto altresi' il risarcimento del danno.
    Con   atto  notificato  il  9  e  10  settembre  2003  lo  Studio
radiologico   Quarta   Colosso  ha  chiesto  la  trasposizione  della
controversia  in  sede  giurisdizionale;  tanto  e' avvenuto con atto
notificato l'11 settembre 2003 e depositato il 16 settembre 2003.
    Deduce i seguenti motivi:
        incompetenza.  Eccesso  di potere. Violazione della normativa
di settore;
        eccesso  di potere sotto molteplici profili. Carenza assoluta
del  presupposto. Violazione delle statuizioni espresse dal Consiglio
di Stato con sentenza n. 499/03. Illegittimita' derivata;
        violazione della complessiva normativa di settore. Violazione
del piano sanitario nazionale quanto alla destinazione delle risorse.
        violazione art. 5, lett. e) d.lgs. n. 229/1999;
        violazione    della    normativa   di   settore.   Violazione
art. 8-quinquies, lett. d), d.lgs. 502/1992 e succ. mod.;
        violazione  art. 11, legge regionale 32/01: Eccesso di potere
per   carenza  di  istruttoria.  Irrazionalita',  contraddittorieta',
disparita' di trattamento;
        violazione  di  legge  ed  eccesso  di potere sotto ulteriori
profili;
        illegittimita'  derivante  dalla illegitimita' costituzionale
della normativa richiamata;
    Conclude  per  l'accoglimento  dei ricorso ed il risarcimento del
danno.
    Si  costituiscono  in  giudizio  la  Regione Puglia e la Azienda,
unita'  sanitaria  locale  LE1  deducendo in ordine alla infondatezza
delle censure dedotte.
    Si  costituisce altresi' lo Studio radiologico dr. Quarta Colosso
s.a.s.
    La  struttura  ricorrente  propone  altresi'  motivi aggiunti nei
confronti  della  delibera  della  giunta  regionale 4 settembre 2003
n. 326  recante  il  «Documento di indirizzo economico-funzionale dei
SSR per il 2003 e triennale 2003-2005"» nonche' degli atti connessi.
    Deduce  l'illegittimita'  derivata  dai vizi censurati con l'atto
introduttivo.
    Con i motivi aggiunti notificati il 19 e 20 novembre 2003 vengono
infine  impugnati  la delibera dell'Azienda USL LE1, 22 ottobre 2003,
n. 3677,  con la quale e' stata data applicazione alla delibera della
giunta   regionale  n. 1326  del  2003,  il  contratto  per  adesione
sottoscritto  con  riserva  dalla  struttura ricorrente ed ogni altro
atto connesso.
    Viene   dedotta   l'illegittimita'  derivata  ed  autonoma  delle
determinazioni da ultimo assunte.
    Conclude reiterando la richiesta di accoglimento del ricorso.
    In  varie  memorie  la  AUSL  LE1 e la Regione Puglia argomentano
sull'infondatezza delle censure dedotte.
    Nella  Camera di consiglio del 10 dicembre 2003 la causa e' stata
ritenuta   per   la   decisione  di  merito  con  sentenza  in  forma
semplificata,  ai  sensi  dell'art.  21 comma undicesimo, e 26, comma
quarto,  della  legge  n. 1034  del 1971, cosi' come modificato dalla
legge n. 205 del 2000.

                            D i r i t t o

    A  - Le censure sollevate nel ricorso in ordine alla assegnazione
di risorse economiche per l'acquisto, da parte dei Servizio sanitario
regionale,  di  prestazioni  specialistiche  ambuiatoriali da privati
impongono  l'esame dei seguenti profili: a) la competenza a disporre,
ai  vari  livelli, l'assegnazione di risorse per lo svolgimento delle
diverse attivita' che spettano al Servizio sanitario regionale; b) la
posizione   rivestita   dalle  istituzioni  private  nell'ambito  dei
Servizio  sanitario regionale; c) le modalita' di finanziamento delle
istituzioni pubbliche e di quelle private; d) i criteri preposti alla
ripartizione   delle   risorse  economiche  fra  le  varie  finalita'
perseguite dal Servizio sanitario regionale, nonche' all'assegnazione
delle stesse all'assistenza specialistica ambulatoriale e quindi alla
determinazione   dei   tetti   di   spesa  relativi  all'acquisto  di
prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati.
    B  -  In ordine alla competenza all'assegnazione delle risorse si
osserva quanto segue.
    I.  -  L'art.  4 del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede, nei commi 7,
7-bis  e  7-ter  (abrogati  espressamente  dall'art. 4,  comma 3, del
d.lgs. n. 229 del 1999) che:
        a)  le  prestazioni,  sia  di  degenza  che ambulatoriali, da
rendere  a fronte del finanziamento erogato nella misura dell'80% dei
costi  sopportati  nell'anno  precedente,devono  formare  oggetto  di
apposito   piano   annuale   preventivo   che,   tenuto  conto  della
tariffazione,   ne  stabilisca  quantita'  presunte  e  tipologia  in
relazione  alle  necessita'  che piu' convenientemente possono essere
soddisfatte  nella  sede  pubblica.  Tale preventivo forma oggetto di
contrattazione fra regione e unita' sanitarie locali, da una parte, e
azienda    ospedaliera    e   presidi   ospedalieri   con   autonomia
economico-finanziaria, dall'altra;
        b)  la  remunerazione  a tariffa delle prestazioni effettuate
rappresenta  la  base di calcolo ai fini del conguaglio in positivo o
in negativo dell'acconto, assegnato nella misura sopra indicata;
        c)  il  sistema  di  finanziamento  di  cui sopra, valido per
l'anno  1995, dovra' essere progressivamente superato nell'arco di un
triennio,  al  termine del quale si dovra' accedere esclusivamente al
sistema  della remunerazione a prestazione degli erogatori pubblici e
privati.
    Tali  disposizioni si occupano del piano annuale preventivo delle
prestazioni  sanitarie e della correlata contrattazione che si svolge
all'interno delle istituzioni pubbliche (cioe' la regione e le unita'
sanitarie   locali  da  una  parte,  azienda  ospedaliera  e  presidi
ospedalieri  con autonomia economico-finanziaria, dall'altra) ai fini
della   determinazione  di  tale  piano;  si  tratta  dunque  di  una
contrattazione   sui  generis,  sarebbe  piu'  corretto  parlare  del
concorso di piu' soggetti pubblici nell'adozione di un programma.
    Nel  disegnare il sistema l'art. 2 comma 8 della legge n. 549 dei
1995  aggiunge  una ulteriore tessera stabilendo che:" Analogamente a
quanto  gia'  previsto  per  le  aziende  ed  i  presidi  ospedalieri
dall'articolo  4,  commi 7, 7-bis e 7-ter, del decreto legislativo 30
dicembre  1992,  n. 502,  come modificato dall'art. 6, comma 5, della
legge  23 dicembre  1994,  n. 724,  nell'ambito  dei  nuovi  rapporti
instaurati  ai sensi dell'art. 8, comma 5, del decreto legislativo 30
dicembre  1992,  n. 502,  e successive modificazioni ed integrazioni,
ferma  restando  la facolta' di libera scelta, le regioni e le unita'
sanitarie  locali,  sulla base di indicazioni regionali, contrattano,
sentite  le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative,
con  le  strutture  pubbliche  e private ed i professionisti eroganti
prestazioni  sanitarie  un piano annuale preventivo che ne stabilisca
quantita'  presunte  e  tipologia,  anche  ai  fini  degli  oneri  da
sostenere".
    La  norma  in esame, superando la parziale disciplina dell'art. 4
commi  7,  7-bis  e  7-ter, prevede quindi che le regioni e le unita'
sanitarie  locali  definiscono  convenzionalmente  con  le  strutture
pubbliche,  con  quelle  private  e  con i professionisti che erogano
prestazioni  sanitarie il piano annuale preventivo delle prestazioni,
cosi' determinando la spesa da affrontare.
    L'art. l  comma  32 della legge n. 662 dei 1996 prevede che:" «Le
regioni,  per  l'esercizio  1997, nell'ambito delle funzioni previste
dall'art. 2,  comma  2,  del  decreto  legislativo  30 dicembre 1992,
n. 502,  e  successive  modificazioni,  individuano, nel rispetto dei
livelli  di  spesa  stabiliti  per  l'anno  1996,  le  quantita' e le
tipologie  di  prestazioni sanitarie che possono essere erogate nelle
strutture  pubbliche e in quelle private. La contrattazione dei piani
annuali  preventivi,  di  cui  all'art. 6,  comma  5,  della legge 23
dicembre  1994,  n. 724,  ed  all'art. 2,  comma 8,  della  legge  28
dicembre  1995,  n. 549,  deve  essere realizzata in conformita' alle
predette  indicazioni,  con la fissazione del limite massimo di spesa
sostenibile"».
    La  norma ribadisce quindi che la contrattazione investe il piano
delle  prestazioni  da rendere e quindi la spesa da affrontare; in un
momento  precedente,  tuttavia,  si  colloca  la individuazione delle
quantita'  e tipologie delle prestazioni sanitarie che possono essere
erogate,  individuazione  operata  nel  rispetto dei livelli di spesa
stabiliti.
    L'art. 32  comma  8  della  legge  n. 449  dei  1997 delimita con
maggiore  precisione  le  diverse  sfere ed attribuzioni, attribuendo
rilievo   preminente   alla  «compatibilita'  finanziaria"»;  prevede
infatti   che:"  «Le  regioni,  in  attuazione  della  programmazione
sanitaria  ed  in coerenza con gli indici di cui all'art. 2, comma 5,
della  legge  28  dicembre  1995, n. 549, e successive modificazioni,
individuano   preventivamente   per  ciascuna  istituzione  sanitaria
pubblica  e  privata,  ivi  compresi  i presidi ospedalieri di cui al
comma  7,  o  per  gruppi  di istituzioni sanitarie, i limiti massimi
annuali  di  spesa  sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi
annuali  delle  prestazioni, nonche' gli indirizzi e le modalita' per
la  contrattazione  di  cui  all'art. 1,  comma  32,  della  legge 23
dicembre 1996, n. 662».
    La determinazione, per ogni istituzione sanitaria o per gruppi di
istituzioni,   della   spesa  che  deve  essere  sopportata  e  delle
prestazioni   che  devono  essere  rese  spetta  esclusivamente  alla
regione;  in  questo  campo  non  v'e'  spazio per una determinazione
convenzionale.
    E'  questo  un  percorso  piu'  logico, in quanto l'apporto delle
istituzioni   sanitarie  pubbliche  e  private  non  puo'  certamente
influire   sulla   quota   dei  Fondo  sanitario  nazionale  messa  a
disposizione  della  singola  regione e pertanto sulla consequenziale
determinazione relativa al livello della spesa regionale.
    E'  ben  vero  che  le  istituzioni sanitarie pubbliche e private
nonche'  le  organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative
potrebbero  (queste  ultime  con  un apporto consultivo) concorrere a
formare  la  decisione  relativa al riparto delle risorse disponibili
fra i vari settori di impiego.
    Tale  modalita'  di amministrazione concordata, contemplata dalla
normativa  precedente,  e'  stata pero' esclusa dalla disposizione in
esame,  che (evidentemente per la difficolta' di procedere secondo un
modulo  che  subordini  l'operare all'accordo degli interessati in un
settore  nel  quale la divergenza degli interessi e' notevole e cosi'
pure  la  conflittualita) attribuisce il relativo potere in esclusiva
alla regione, sicche' questa determina, per ogni istituzione o gruppo
di  istituzioni,  il  preventivo delle prestazioni e quindi il limite
massimo di spesa sostenibile.
    La  regione  stabilisce inoltre «gli indirizzi e le modalita' per
la  contrattazione  di  cui  all'art. 1,  comma  32,  della  legge 23
dicembre 1996, n. 662»".
    Questa  norma,  attribuendo alla regione il potere di fissare gli
indirizzi  e  le  modalita' della contrattazione, evidenzia che altri
devono   applicare   tali  indirizzi  e  modalita',  cioe'  che  alla
contrattazione devono procedere le unita' sanitarie locali.
    L'ambito della contrattazione, seppure definito letteralmente col
richiamo  dell'art. 1  comma  32 della legge n. 662 dei 1996 e quindi
delle  disposizioni cui questo rimena (l'art. 6, comma 5, della legge
23  dicembre  1994, n. 724, che ha sostituito il comma 7 e inserito i
commi  7-bis e 7-ter nell'art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992 norme poi
abrogate  dall'art. 4,  comma  3  del  d.lgs.  n. 229  del  1999  - e
l'art. 2,  comma  8,  della  legge  28  dicembre  1995,  n. 549),  e'
circoscritto  all'applicazione  dei citati indirizzi, sul presupposto
della  determinazione  da  parte della regione e dell'ammontare della
spesa  per  ciascuna  istituzione sanitaria o gruppo di istituzioni e
della quantita' di prestazioni da rendere.
    Tali    indirizzi   possono   ragionevolmente   ricondursi   alla
determinazione  delle  piu'  varie  modalita' della spesa nell'ambito
della  unita' sanitaria locale; ad esempio al frazionamento del tetto
in  limiti di spesa mensili, alla assenza di un tetto di spesa o alla
fissazione  di  tetti  piu' elevati per le strutture che accettino di
rendere  le  prestazioni  con una remunerazione ridotta rispetto alle
tariffe,  alle  modalita'  della  regressione tariffaria (cioe' delle
riduzioni dei corrispettivi tariffari una volta che si siano superati
determinati  scaglioni),  che la unita' sanitaria locale e la singola
istituzione  possono  determinare  convenzionalmente  in applicazione
degli indirizzi regionali.
    II.  -  All'insieme  normativo delineato nulla aggiunge il d.lgs.
n. 229   del   1999  quanto  alla  centralita'  della  determinazione
regionale  attinente  al  volume  delle  prestazioni  che il Servizio
sanitario  regionale  si  impegna ad acquistare nell'anno e quindi al
volume della spesa da sostenere nello stesso periodo.
    Il testo in questione, infatti, accenna al «volume complessivo di
attivita»  di  assistenza  sanitaria  nell'art. 8-quinquies,  comma 1
lett. d), senza nulla dire in ordine alla competenza a determinare lo
stesso.
    La  radicazione nella Regione, in via esclusiva, della competenza
a  determinare  i volumi delle prestazioni da acquistare deriva dalla
spettanza  a  tale  ente  della funzione relativa alla formazione del
proprio  bilancio  e  quindi  alla determinazione della entita' della
spesa  sanitaria; la stessa e' confermata dalla previsione del d.lgs.
n. 502  del  1992,  art. 8-quater,  comma  3  lett.  b),  relativa al
«fabbisogno ... della programmazione regionale"» dall'assenza di ogni
riferimento  a  tale  funzione  nell'ambito delle previsioni relative
alla cosiddetta «contrattazione»".
    E'  invece  oggetto  di  una  diversa  disciplina  il ruolo della
regione  e delle unita' sanitarie locali nel procedimento che termina
con la formazione degli accordi e contratti individuali.
    L'art. 8-quinquies,  nel  primo  comma,  prevede  che  le regioni
individuano  le  responsabilita'  riservate  alla  regione  e  quelle
attribuite  alle  unita'  sanitarie  locali  nella  definizione degli
accordi  contrattuali;  definiscono,  inoltre,  gli  indirizzi per la
formulazione  dei programmi di attivita' delle strutture interessate,
con l'indicazione delle funzioni e delle attivita' da potenziare e da
depotenziare,  ed i criteri per la determinazione della remunerazione
delle  strutture  ove  queste  abbiano  erogato volumi di prestazioni
eccedenti il programma preventivo concordato.
    La  stessa  disposizione,  nel  secondo comma, prevede poi che la
regione  e  le  unita'  sanitarie  locali  definiscono accordi con le
strutture  pubbliche  ed  equiparate e stipulano contratti con quelle
private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con
le  loro  organizzazioni  rappresentative  a  livello  regionale, che
fissano  (fra  l'altro)  il  volume  massimo  di  prestazioni  che le
strutture  presenti  nell'ambito  territoriale  della medesima unita'
sanitaria  locale  si  impegnano  ad  assicurare  e  il corrispettivo
preventivato a fronte delle attivita' concordate.
    La  nuova  disciplina  conferma, dunque, la natura programmatoria
dei compiti attribuiti alla Regione, investendo sia la Regione che le
unita'  sanitarie  locali della funzione attuativa e quindi lasciando
spazio   alla  attribuzione  delle  relative  attivita'  alle  unita'
sanitarie locali.
    Viene    infine    espressamente    limitato    l'ambito    della
«contrattazione"»,  intesa  come  apporto  dell'altro contraente alla
definizione  del  contenuto  dei  contratto,  in  senso  conforme  al
risultato   raggiunto   dalla   interpretazione   sistematica   delle
precedenti  disposizioni.  Dato  che  spetta,  in via esclusiva, alla
Regione  stabilire  il volume complessivo delle prestazioni sanitarie
da  erogare e la ripartizione delle risorse finanziarie fra i diversi
ambiti  territoriali,  che  spetta  comunque all'Autorita' (Regione o
AUSL)  suddividere  l'assegnazione  complessiva fra i diversi rami di
attivita',  l'unica fase suscettibile di ulteriore indagine e' quella
della  ripartizione delle risorse fra le varie strutture, pubbliche e
private operanti nei diversi rami dell'assistenza sanitaria.
    L'art. 8--quinquies comma 2 del d.lgs. n. 502 del 1992 stabilisce
che  gli  accordi  con  le  strutture  pubbliche e i contratti con le
strutture  private  vengono  stipulati, «anche attraverso valutazioni
comparative della qualita' e dei costi"».
    Posto  che  le modalita' logistico-organizzative nella erogazione
delle  prestazioni  devono  essere  conformi  a quanto determinato ai
sensi dell'art. 8--quater in sede di accreditamento e che la qualita'
della  assistenza  deve  essere tale da superare i controlli previsti
dall'art. 8-octies,   l'unico  ambito  suscettibile  di  «valutazione
comparativa»"  e'  quello dei «costi"»; per le stesse ragioni l'unico
ambito suscettibile di «contrattazione"» e' quello dei «costi"».
    L'Amministrazione,  prima di contrattare, stabilisce il volume di
prestazioni  da  acquistare  e,  dopo  aver  contrattato,  deve  aver
acquistato  il  volume fissato; deve inoltre contrattare con le varie
strutture  contemporaneamente  e  deve  sottoporre  a tutte le stesse
condizioni  (per  la  necessita' che la trasparenza e l'imparzialita'
informino   tutte   le  attivita',  privatistiche  e  pubblicistiche,
dell'Amministrazione);  tutto  cio'  comporta  che ai privati vengano
sottoposte   condizioni   standard   (relative   a  tetti  di  spesa,
regressioni delle tariffe in relazione all'aumento dei tetto di spesa
ecc..)  e  che questi possano solo accettare o meno (contra C. di S.,
Sez. V, 31 gennaio 2003 n. 499).
    Un  ambito  piu' ampio puo' avere l'apporto che le organizzazioni
rappresentative  delle strutture private e dei professionisti possono
fornire  nel  raggiungimento  di  «eventuali"» intese, proprio per la
natura  colletiva  di  tali soggetti e degli interessi in gioco; tali
elementi, previsti dall'art. 8-quinquies, comma 2, sono tuttavia solo
eventuali  e  cio'  ne determina l'irrilevanza ai fini della presente
analisi.
    III.  -  Il quadro normativo e' completato dall'art. 20 comma 4 e
dall'art. 25,  commi 1 e 2 della legge della Regione Puglia n. 28 del
2000.
    La  prima  disposizione  stabilisce  che:  «...e'  competenza dei
direttori  generali  delle  ASL, nell'ambito di quanto definito dalla
programmazione  regionale,  definire  le attivita' da potenziare e da
depotenziare,  nonche' il volume massimo di prestazioni, distinto per
tipologia  e  per  modalita' di assistenza, che le strutture presenti
nell'ambito  territoriale  della  medesima unita' sanitaria locale si
impegnano ad assicurare"»; l'art. 25 citato prevede che:
        «1.   -   A   norma   del  d.lgs.  n. 502/1992  e  successive
modificazioni  di  cui agli articoli 8-quater, quinquies e sexies del
d.lgs.  n. 229/1999,  i  limiti  di  remunerazione per le prestazioni
interessanti  l'assistenza  specialistica  e  ospedaliera  erogate da
soggetti  privati  provvisoriamente  accreditati sono determinati, di
norma   annualmente,   nell'ambito   dei   documento   di   indirizzo
economico-funzionale che costituisce atto di indirizzo, coordinamento
e programmazione in materia sanitaria della Regione Puglia.
        2.  -  Nell'ambito  delle  linee  e  dei limiti fissati dalla
programmazione  regionale,  a  norma dell'art. 8-quinquies del d.lgs.
n. 229/1999,    alle    Aziende    sanitarie   territoriali   compete
l'individuazione  dei soggetti interessati tra quelli di cui al comma
1  del  presente  articolo,  l'individuazione  delle funzioni e delle
attivita'  da  potenziare  e depotenziare, la definizione dei volumi,
della  tipologia  e  delle  modalita' di erogazione delle prestazioni
richieste,  gli accordi contrattuali con detti soggetti e la verifica
dei   loro   rispetto   anche  in  materia  di  appropriatezza  delle
prestazioni erogate"».
    IV.  -  La competenza cosi' attribuita alle aziende sanitarie (in
relazione  alla  determinazione  delle  quantita'  di  prestazioni da
acquistare  dal•  settore  pubblico,  dalle stesse amministrato, e da
quello  privato) non e' lesiva del principio di imparzialita' sancito
dall'art. 97   della   Costituzione   perche',   contestualmente,  il
legislatore  fissa  le regole che disciplinano il finanziamento delle
strutture  e  quindi  l'acquisto  delle prestazioni; la violazione di
tali  regole  non  equivale  alla  inesistenza  delle stesse, sicche'
comporta  l'illegittimita'  degli  atti amministrativi cosi' posti in
essere  non l'illegittimita' costituzionale delle norme che prevedono
il  cumulo  in  capo  allo stesso soggetto dell'esercizio di funzioni
amministrative e della erogazione di prestazioni sanitarie.
    D'altro  canto,  si  deve  osservare  che tale cumulo costituisce
l'essenza  del  Servizio  sanitario  nazionale,  che  necessariamente
svolge   funzioni   amministrative  ed  eroga  prestazioni  sanitarie
(ipotizzare  lo  svolgimento  delle  funzioni da parte di un soggetto
sovraordinato  alle  aziende  unita'  sanitarie  locali,  cioe' dalla
regione,   non  porta  alla  soluzione  del  lamentato  conflitto  di
interessi,  ma  alla riproposizione della stessa situazione con altre
connotazioni soggettive, dato che il soggetto da ultimo preposto alla
gestione  del  sistema  sanitario  e quindi dei relativo bilancio, in
ambito regionale, e' proprio la regione); il cumulo in esame, infine,
appare  coerente  coi  principio  di  sussidiarieta'  (che  porta  ad
affidare   la   gestione   degli  interessi  collettivi  ai  soggetti
istituzionali  piu'  vicini  ai  portatori  dei  medesimi),  cui sono
ispirate le piu' recenti scelte istituzionali.
    C. -- Quanto alla posizione rivestita dalle istituzioni sanitarie
private  nell'ambito  del  Servizio  sanitario  nazionale  si osserva
quanto  segue. L'art. 8, comma 5 del d.lgs. n. 502 dei 1992 prevedeva
che:  «L'unita'  sanitaria locale assicura ai cittadini la erogazione
delle  prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative,
di   diagnostica   strumentale   e   di  laboratorio  ed  ospedaliere
contemplate  dai  livelli  di  assistenza secondo gli indirizzi della
programmazione  e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei
propri presidi, nonche' delle aziende e degli istituti ed enti di cui
all'art. 4,  delle  istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli
ospedali   militari,  o  private,  ad  integrazione  delle  strutture
pubbliche,  e  dei  professionisti  con  i quali intrattiene appositi
rapporti   fondati   sulla   corresponsione   di   un   corrispettivo
predeterminato  a  fronte della prestazione resa, con l'eccezione dei
medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta."
    L'art. 6,  comma  7, della legge n. 724 del 1994 ha poi soppresso
le  parole  «sulla  base  di  criteri di integrazione con il servizio
pubblico"»  (invero  le  parole  dell'art. 8, comma 5 citato erano ad
integrazione del servizio pubblico).
    L'art. 8-bis comma 1, d.lgs. n. 502 del 1992 (inserito dal d.lgs.
n. 229  del  1999) ha previsto che:" «Le regioni assicurano i livelli
essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi
dei  presidi  direttamente  gestiti  dalle  aziende  unita' sanitarie
locali,  delle  aziende  ospedaliere,  delle  aziende universitarie e
degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonche' di
soggetti  accreditati ai sensi dell'art. 8-quater, nel rispetto degli
accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies».
    L'art. 8-sexies,  comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992 menziona le
strutture    che   erogano   assistenza   sanitaria   ospedaliera   e
ambulatoriale  a  carico  dei  SSN,  senza  distinguere fra strutture
pubbliche  e  strutture private; l'unica differenza e' costituita dal
fatto che le regioni e le unita' sanitarie locali definiscono accordi
con  le  strutture  pubbliche  ed equiparate, stipulano contratti con
quelle  private  e  con  i  professionisti  accreditati,  secondo  la
previsione dei precedente art. 8-quinquies comma 2.
    In  base  all'art. 8-quater  comma  1  dei  medesimo testo sia le
strutture  pubbliche  che  quelle  private  operano  subordinatamente
all'accreditamento istituzionale.
    In  via  transitoria,  l'art. 6,  comma 6, della legge n. 724 del
1994  prevedeva  che «per il biennio 1995-1996 l'accreditamento opera
comunque  nei  confronti  dei  soggetti  convenzionati e dei soggetti
eroganti  prestazioni  di  alta  specialita'  in regime di assistenza
indiretta  regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore
dei  citato  decreto  legislativo  n. 502  del 1992, che accettino il
sistema  della  remunerazione  a  prestazione sulla base delle citate
tariffe"»;  nella  Regione  Puglia la situazione transitoria e' stata
disciplinata  dall'art. 30,  comma  2, della legge regionale n. 4 del
2003,   secondo   il   quale  «l'accreditamento  transitorio  di  cui
all'art. 6,  comma  6,  della  23 dicembre 1994, n. 724, e' prorogato
fino  all'attuazione  delle  procedure  di  cui all'art. 8-quater del
d.lgs.  n. 502/1992 e successive modificazioni»," (procedure relative
all'accreditamento delle strutture sanitarie).
    L'equiordinazione  delle  strutture pubbliche e di quelle private
risulta  infine  dalle  solenni  affermazioni contenute nell'art. 30,
comma  1,  della  legge regionale n. 4 del 2003, secondo il quale: La
Regione  Puglia  garantisce  la  libera  scelta dei cittadini ai fini
dell'accesso    alle    prestazioni   sanitarie   nell'ambito   della
programmazione   regionale  e  dell'organizzazione  dei  servizi  del
sistema   sanitario   regionale,   comprendente  tutte  le  strutture
pubbliche   e   private  accreditate  ex  art. 8-quater  del  decreto
legislativo  30  dicembre  1992  n. 502 e successive modificazioni, e
nell'ambito degli accordi e contratti di cui all'art. 8-quinquies».
    L'unica  differenza  fra  i  presidi  sanitari  pubblici e quelli
privati e' da individuare nel dovere dei primi di rendere, nei limiti
determinati dall'assetto strutturale ed organizzativo, le prestazioni
sanitarie  richieste  o  necessarie,  prestazioni  che, per contro, i
secondi devono rendere solo nei limiti stabiliti nel contratto.
    Se  le  strutture pubbliche e quelle private prestano entrambe un
servizio  pubblico,  soltanto  queste  ultime  lo prestano nei limiti
stabiliti contrattualmente.
    Nessuna differenza invece sussiste sotto il profilo della diversa
«entita»"   dei   servizio   pubblico  da  rendere,  e  quindi  della
complessita'  strutturale  che  deve essere assunta in funzione della
necessita'  di  dover  garantire  prestazioni  che  presuppongono  la
disponibilita'  di  attrezzature  specialistiche  e l'adibizione alle
stesse  di personale che ne assicuri il funzionamento nell'arco delle
24 ore.
    Questo   aspetto   problematico   si   risolve,   infatti,  nella
remunerativita' delle previsioni tariffarie.
    Se  l'operativita'  di strutture del genere costituisce un dovere
per  la  branca pubblica del Servizio sanitario, misure economiche di
vario  genere  hanno  assicurato  l'equiordinazione  delle  strutture
pubbliche e di quelle private anche sotto il profilo in questione.
    La Regione Puglia, ad esempio, con la deliberazione del Consiglio
regionale  n. 995  del  1995,  ha  suddiviso le strutture ospedaliere
pubbliche  e private in quattro fasce, a seconda della presenza della
terapia intensiva e del numero delle alte specialita', prevedendo una
decurtazione  del  compenso  tariffario decrescente in funzione della
maggiore complessita' della struttura.
    La  complessita' della struttura (che renda pssibile l'erogazione
di prestazioni onerose, non remunerate in modo adeguato dalla tariffa
prevista  e  quindi  sostenibili  solo da un settore che non persegua
fini  di  lucro,  cioe'  da  quello  pubblico) non costituisce poi un
elemento  atto  a  differenziare i presidi pubblici da quelli privati
nel   campo  delle  prestazioni  specialistiche  ambulatoriali,  come
dimostra  l'esistenza di strutture private che erogano le prestazioni
piu'   complesse   (tomografie   assiali  computerizzate  dell'ultima
generazione,  rese  da apparecchiature aperte, e risonanze magnetiche
nucleari).
    Tutto  cio'  comprova  la  remunerativita'  delle tariffe e delle
misure  correttive  delle stesse (adottate nel campo ospedaliero), la
volonta' del legislatore di prestare l'assistenza sanitaria anche con
l'intervento  dell'iniziativa  economica privata (per l'insufficienza
delle   strutture   pubbliche)  e  quindi  la  equiordinazione  delle
strutture pubbliche e di quelle private, necessaria in un sistema che
veda nella concorrenza uno stimolo al miglioramento.
    D.  -  In  ordine  al  finanziamento delle strutture, pubbliche e
private, che erogano prestazioni sanitarie si osserva quanto segue.
    I.  -  L'art. 6 comma 5 della legge n. 724 del 1994 stabiliva che
le regioni dovessero disciplinare le modalita' di finanziamento delle
aziende  ospedaliere  sulla  base  di  vari  principi,  fra  i  quali
l'attribuzione, da parte delle regioni stesse, per l'anno 1995 di una
quota  del  Fondo  sanitario  destinata alla copertura parziale delle
spese  necessarie  per  la gestione, determinata nella misura dell'80
per  cento  dei  costi  complessivi  dell'anno  precedente, decurtati
dell'eventuale  disavanzo di gestione; che la remunerazione a tariffa
delle prestazioni effettuate rappresentava la base di calcolo ai fini
del conguaglio in positivo o in negativo dell'acconto erogato; che il
sistema  di finanziamento basato su acconti commisurati alle spese di
gestione  «dovra'  essere  progressivamente  superato nell'arco di un
triennio,  al  termine dei quale si dovra' accedere esclusivamente al
sistema  della remunerazione a prestazione degli erogatori pubblici e
privati».
    L'art. 8-quinquies,  comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992 recita:"
«In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unita'
sanitarie  locali,  anche  attraverso  valutazioni  comparative della
qualita'  e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche
ed  equiparate,  e  stipulano  contratti  con  quelle private e con i
professionisti accreditati, che indicano:
        d)  il  corrispettivo  preventivato  a fronte delle attivita'
concordate,  globalmente  risultante  dalla  applicazione  dei valori
tariffari  e  della  remunerazione  extra-tariffaria  delle  funzioni
incluse  nell'accordo,  da  verificare  a  consuntivo  sulla base dei
risultati  raggiunti  e delle attivita' effettivamente svolte secondo
le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d).
    Il  successivo art. 8-sexies, comma 1, recita:" «Le strutture che
erogano  assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico dei Servizio
sanitario  nazionale  sono  finanziate  secondo  un ammontare globale
predefinito    indicato    negli    accordi   contrattuali   di   cui
all'art. 8-quinquies    e   determinato   in   base   alle   funzioni
assistenziali  e  alle attivita' svolte nell'ambito e per conto della
rete  dei  servizi  di  riferimento. Ai fini della determinazione del
finanziamento   globale   delle   singole   strutture,   le  funzioni
assistenziali  di  cui  al  comma  2 sono remunerate in base al costo
standard  di  produzione  dei  programma  di  assistenza,  mentre  le
attivita'  di  cui  al  comma  4  sono  remunerate  in base a tariffe
predefinite per prestazione.».
    Le unita' sanitarie locali, costituite in aziende (enti erogatori
al  tempo  stesso  di  spesa e di servizi, questi attraverso i propri
presidi),  sono  finanziate (in quanto enti cui e' commessa la tutela
delle  esigenze  sanitarie  della  popolazione  residente nell'ambito
territoriale  di  competenza)  sulla  base  di  una  quota  capitaria
«corretta»   in  relazione  alle  caratteristiche  della  popolazione
residente,  ai  sensi  dell'art. 2 comma 2-sexies lett. d) del d.lgs.
n. 502  del  1992,  e  «informano  la  propria attivita' a criteri di
efficacia,  efficienza  ed economicita' e sono tenute al rispetto del
vincolo  di  bilancio,  attraverso  l'equilibrio  di  costi e ricavi,
compresi   i   trasferimenti   di   risorse  finanziarie»,  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1-ter del medesimo testo.
    Le   aziende  ospedaliere  (enti  erogatori  di  servizi)  devono
chiudere il proprio bilancio in pareggio, ai sensi dell'art. 4, comma
8 del d.lgs. n. 502 del 1992.
    In  base  al  successivo  nono  comma  gli ospedali che non siano
costituiti  in  azienda  ospedaliera  conservano la natura di presidi
dell'unita'  sanitaria  locale ed agli stessi e' attribuita autonomia
economico-finanziaria   con  contabilita'  separata  all'interno  del
bilancio  dell'unita'  sanitaria  locale,  con  l'introduzione  delle
disposizioni   previste   per   le  aziende  ospedaliere,  in  quanto
applicabili.
    Fra  tali  disposizioni deve essere ricompresa quella relativa al
pareggio  del bilancio, in quanto il relativo obbligo e' stato esteso
ai  presidi ospedalieri delle aziende unita' sanitarie locali, dotati
di    autonomia   economico-finanziaria   e   contabilita'   separata
all'interno   del  bilancio  dell'azienda  unita'  sanitaria  locale,
dall'art. 32 comma 7 della legge n. 449 del 1997.
    L'art. 8-sexies  comma  1  del d.lgs. n. 502 del 1992 (si ripete)
prevede  che:  «Le  strutture  che  erogano  assistenza ospedaliera e
ambulatoriale   a   carico  del  Servizio  sanitario  nazionale  sono
finanziate  secondo  un  ammontare globale predefinito indicato negli
accordi  contrattuali  di  cui  all'art. 8-quinquies e determinato in
base  alle funzioni assistenziali e alle attivita' svolte nell'ambito
e  per  conto  della  rete  dei servizi di riferimento. Ai fini della
determinazione  del finanziamento globale delle singole strutture, le
funzioni  assistenziali  di cui al comma 2 sono remunerate in base al
costo  standard  di produzione del programma di assistenza, mentre le
attivita'  di  cui  al  comma 4  (attivita' assistenziali relative ad
episodi  di  assistenza  ospedaliera  per  acuti erogata in regime di
degenza  ordinaria  e  di  day  hospital  nonche' alle prestazioni di
assistenza  specialistica  ambulatoriale)  sono  remunerate in base a
tariffe predefinite per prestazione».
    In   sintesi   i   principi  generali  dell'ordinamento  statuale
stabiliscono  che  i  presidi del Servizio sanitario nazionale, siano
essi  pubblici  o  privati,  sono  su  un piano di parita' e che tale
parita'  e' assicurata dal finanziamento di tali strutture secondo un
ammontare   globale   predefinito   determinato   in  relazione  alle
remunerazioni  (secondo  le  tariffe) corrispondenti alle prestazioni
(di  assistenza  ospedaliera,  con  degenza  o  meno, e di assistenza
specialistica  ambulatoriale)  che l'unita' sanitaria locale acquista
(in base all'accordo o al contratto) da ogni struttura.
    II.  -  La  legge  regionale  n. 38 del 1994 prevede, nell'art. 7
comma  1, che il Fondo sanitario regionale e' ripartito fra le unita'
sanitarie  locali  (enti  erogatori  al  tempo  stesso  di spesa e di
servizi)  sulla  base di quote capitarie (determinate con riferimento
alla  entita'  della  popolazione  residente nell'ambito territoriale
della   USL   ed  attribuendo  specifico  peso  ad  altri  elementi);
nell'art. 8  comma  1  stabilisce  che  alle  aziende  ospedaliere e'
assegnato un finanziamento pari al 60 per cento dei costi complessivi
delle  prestazioni  che  l'azienda  e' in condizione di erogare e nel
successivo  comma 2 prevede che le spese di gestione non coperte sono
finanziate attraverso varie fonti fra le quali gli introiti derivanti
dalla  remunerazione  delle  prestazioni  erogate,  sulla  base delle
tariffe stabilite; in modo analogo (cioe' con finanziamenti correlati
alle  spese di gestione) sono formati i bilanci dei presidi pubblici,
non  costituiti  in  aziende,  ai  quali  e' riferibile il successivo
art. 21, che prevede per le fondamentali strutture della USL autonomi
«budgets», strutturati secondo il «budget» generale.
    L'art. 7  della legge regionale n. 32 del 2001 prevede, nel primo
comma,  che le aziende unita' sanitarie locali iscrivono in bilancio,
fra  i  ricavi,  le assegnazioni disposte dalla giunta regionale; nel
secondo comma che le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico pubblici iscrivono tra i ricavi il minor
importo fra il tetto di remunerazione fissato per l'anno precedente e
il  valore  delle  prestazioni  erogate  (anche  determinate  in  via
provvisoria),  nonche'  ulteriori  poste  relative  al  costo ed alla
qualita' delle prestazioni rese.
    In tal modo le aziende ospedaliere e gli IRCCS pubblici (cioe' le
aziende  ospedaliere  «Policlinico»  di  Bari e «Ospedali Riuniti» di
Foggia  e  gli  IRCCS  «Oncologico» e «De Bellis») vengono finanziati
(sostanzialmente)  in  base  al  valore delle prestazioni rese, in in
base  ai costi sopportati; cosi' non e' invece per le altre strutture
sanitarie pubbliche.
    Per  queste  (si  precisa  che le strutture pubbliche del Sistema
sanitario   regionale   in   Puglia,  oltre  le  aziende  ospedaliere
«Policlinico»  di  Bari e «Ospedali Riuniti» di Foggia e gli Istituti
di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico  «Oncologico»  e «De
Bellis»,  sono  quelle  gestite  dalle  AUSL) l'art. 12 comma 1 della
legge regionale n. 32 del 2001 prevede l'obbligo delle aziende unita'
sanitarie  locali  di  garantire  l'equilibrio  economico dei singoli
presidi  ospedalieri  dalle  stesse  gestiti,  determinando il valore
delle   prestazioni   rese  sulla  base  delle  tariffe  agli  stessi
riconosciute,   senza   tuttavia   nulla  stabilire  in  ordine  alla
formazione dei bilanci, cioe' al finanziamento delle prestazioni rese
in base al valore delle medesime.
    L'art. 30  comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 stabilisce
che:  «A norma dell'art. 8-quinquies, comma 1, lettera d), del d.lgs.
n. 502/1992,  ove  le  strutture  pubbliche e private abbiano erogato
volumi  di  prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato,
fissato  in  misura  corrispondente  a  quelli erogati nel 1998, e il
relativo  limite  di spesa a carico del Servizio sanitario regionale,
detti  volumi  sono  remunerati con le regressioni tariffarie fissate
dalla giunta regionale».
    Detta   norma  sembrerebbe  aver  posto  sullo  stesso  piano  le
strutture   pubbliche  e  quelle  private,  aver  previsto  programmi
preventivi  concordati  relativi  a volumi di prestazioni e limiti di
spesa  anche  nei  confronti  delle  strutture  pubbliche e quindi il
finanziamento   delle   stesse   in  base  alla  remunerazione  delle
prestazioni rese.
    Cosi', pero', non e'.
    L'assenza  di  qualsiasi  modifica  alle disposizioni della legge
regionale  n. 38  del 1994 che disciplinano la formazione dei bilanci
dei presidi ospedalieri e il finanziamento degli stessi, nonche' agli
artt. 7  e  12, comma 1, della legge regionale n. 32 del 2001 porta a
ritenere  che  siano  stati  disciplinati  i  conti  economici  delle
strutture  private e delle strutture pubbliche costituite in azienda,
cioe'  che la norma in questione abbia regolato i volumi di attivita'
ed  i  limiti  di  spesa  nei confronti delle strutture pubbliche che
analoga   disciplina   conoscevano  anche  nel  passato  (le  aziende
ospedaliere  «Policlinico»  e «Ospedali Riuniti» nonche' gli Istituti
di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico  «Oncologico»  e «De
Bellis»).
    Tale  sistema  non  e' stato (nel necessario rispetto della legge
regionale)  significativamente modificato dalle delibere della giunta
regionale  n. 1800  del  1998,  n. 1003  del  1999, n. 1832 del 1999,
n. 1392  del  2001, n. 1073 del 2002 e n. 1326 del 2003, contenenti i
documenti  di indirizzo economico-funzionale, rispettivamente, per il
1998, 1999, 2001, 2002, 2003.
    Sono  stati  previsti  tetti  massimi  di  remunerazione solo nei
confronti  delle strutture private (compresi gli enti ecclesiastici e
gli  istituti  di  ricovero e cura di carattere scientifico privati),
delle  aziende  ospedaliere  (fino  alla soppressione delle stesse) e
degli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico pubblici.
    Nei   confronti   delle  aziende  unita'  sanitarie  locali  (che
amministrano  tutti  i  presidi  ospedalieri  non  eretti  in aziende
autonome,  cioe'  ora  sostanzialmente  tutti  i  presidi ospedalieri
pubblici  nella  Regione  Puglia)  il  finanziamento  e' avvenuto per
«quote  capitarie»,  cioe'  in  relazione alla entita' numerica della
popolazione  residente nel territorio di ciascuna USL; una indistinta
assegnazione  finanziaria  ha  quindi  riguardato  tutte le attivita'
sanitarie.
    A  sua  volta  ciascuna  USL  non  stabilisce, per le prestazioni
remunerabili  in  base ad una tariffa predeterminata, la quantita' da
acquistare  (e  quindi remunerabile) da ciascun presidio ospedaliero;
questo  anche  in  base alle disposizioni della legge regionale n. 32
del  2001,  che,  negli artt. 7 e 12, prevede un bilancio consolidato
della  AUSL  (nel  quale  confluiscono  i  dati delle varie gestioni)
articolato  nella  iscrizione  fra  i ricavi delle assegnazioni della
giunta regionale, mentre non prevede, per i vari presidi ospedalieri,
la  formazione  di  un  autonomo bilancio che iscriva fra i ricavi il
valore delle prestazioni rese e quindi sia finanziato in tal modo.
    III.  -  E'  opportuno,  a  questo  punto,  sottolineare  che  la
valutazione   della   serie  di  disposizioni  regionali  (da  ultimo
l'art. 28  della  legge  regionale n. 4 del 2003) relativa al ripiano
(ex  post) dei disavanzi sanitari e' estranea al presente giudizio in
quanto  disciplina  un  fenomeno  diverso dall'assegnazione (ex ante)
delle   risorse   finanziarie   alle   strutture   sanitarie,   cioe'
dall'assegnazione  alle strutture private di tetti di spesa (cioe' di
stanziamenti  che  saranno  erogati  in  relazione  alla quantita' di
prestazioni rese) a fronte dell'assegnazione alle AUSL, e quindi alle
strutture  pubbliche  da  queste  amministrate,  di  finanziamenti in
relazione ai costi previsti.
    Gli  atti  relativi  al  ripiano dei disavanzi sanitari attengono
inoltre  ad  un complesso di atti amministrativi che interviene in un
momento  successivo a quello sottoposto all'esame di questo giudice e
quindi irrilevante ai fini di questo giudizio.
    Infine   si   deve  osservare  che  tale  ripiano  consegue  alla
incapacita'   delle  strutture  pubbliche  di  far  fronte  ai  costi
attraverso i ricavi, dimostra l'incapacita' delle strutture pubbliche
di  adeguarsi alle leggi del mercato (inadeguatezza giustificata solo
in  piccola  parte dalla diversita' dei fini perseguiti attraverso le
strutture  pubbliche del servizio sanitario, e cioe' dal dovere delle
strutture  pubbliche  di erogare le prestazioni anche oltre il limite
di  spesa  assegnato),  ma  proprio  per questo comprova il tentativo
dello Stato e delle regioni di costruire un sistema sanitario teso al
pareggio  di spese ed entrate, aperto agli investimenti dei privati e
quindi fondato sulla equiordinazione degli uni e degli altri.
    In  altre  parole,  l'insieme  normativo  prevede  come  elemento
essenziale  del  sistema  sanitario  il finanziamento delle strutture
pubbliche  e  private  attraverso  la remunerazione delle prestazioni
rese  (art. 8-quinquies, comma 2 lett. d) e art. 8-sexies comma 1 del
d.lgs.  n. 502  del  1992);  il ripiano del disavanzo delle strutture
(possibile solo nei confronti di quelle pubbliche) non assume rilievo
patologico soltanto se e' transitorio (cioe' accompagna l'adeguamento
delle  strutture  pubbliche)  o  concilia  la  natura  pubblica  e le
specifiche  funzioni  di  queste con il criterio del finanziamento in
base  alle  prestazioni  rese  (funzione,  peraltro, che ben potrebbe
essere  assolta  con  la previsione di criteri di remunerazione delle
prestazioni   rese  oltre  il  tetto  assegnato,in  applicazione  del
disposto  dell'art. 8-quinquies,  comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 502
del  1992);  ha  invece  carattere  patologico  se  e' finalizzato ad
ovviare  all'incapacita'  del settore pubblico di adeguare i costi al
valore delle prestazioni rese.
    IV.  -  Cio'  premesso,  si  osserva che il rispetto dei principi
fondamentali   stabiliti  dalle  leggi  dello  Stato  era  condizione
espressa  della  legittimita'  costituzionale  delle  leggi regionali
relative  alle  materie in cui il potere legislativo e' ripartito fra
Stato  e  Regioni,  in  base  al  vecchio  testo  dell'art. 117 della
Costituzione,  e  tale  continua  ad  essere  in  base al nuovo testo
risultante  dalla  legge  costituzionale  n. 3 del 2001, in quanto il
potere   di   fissare   i  principi  fondamentali  nelle  materie  di
legislazione  concorrente  (e  fra  queste  rientra  la «tutela della
salute»)  e'  riservato  alla legislazione statale; sussistono quindi
fondati  dubbi  sulla  conformita'  ai  principi  fondamentali  della
legislazione  statale  e quindi sulla legittimita' costituzionale del
sistema  di finanziamento delle strutture sanitarie pubbliche (quanto
alle prestazioni remunerabili in base ad una tariffa predeterminata )
previsto dalla legislazione regionale pugliese.
    La  questione  di  legittimita' costituzionale sarebbe, tuttavia,
rilevante se l'assegnazione di risorse finanziarie per le prestazioni
di specialistica ambulatoriale erogate da privati e la fissazione dei
relativi  tetti  di  remunerazione  fossero  state  influenzate dalla
necessita' di finanziare i costi complessivi delle prestazioni che le
strutture   pubbliche  sono  in  grado  di  erogare,  cioe'  i  costi
complessivi  di tali strutture, indipendentemente dalle remunerazioni
corrispondenti  alle  prestazioni dalle stesse strutture erogate, con
la   conseguenza   che  le  strutture  pubbliche  vengano  ad  essere
finanziate  in gran parte in relazione ai costi, le strutture private
ottengano   invece   la   remunerazione  delle  prestazioni  rese  in
riferimento  a  tetti  massimi  invalicabili  fissati in funzione non
della  quantita'  globale di prestazioni specialistiche ambulatoriali
che  il Servizio sanitario regionale prevede di dover erogare e della
domanda  di tali prestazioni rivolta alle strutture private (sicche',
pur nel rispetto delle esigenze di bilancio e quindi della necessita'
di  fissare  tetti  massimi  di  remunerazione,  siano soddisfatte le
esigenze  della  «libera  scelta» - «I cittadini esercitano la libera
scelta  del  luogo  di  cura  e  dei  professionisti  nell'ambito dei
soggetti  accreditati  con  cui siano stati definiti appositi accordi
contrattuali» secondo l'art. 8-bis comma 2 del d.lgs. n. 502 del 1999
-  e  del  gioco  della  concorrenza  - «efficace competizione fra le
strutture accreditate»,secondo l'art. 8-quater, comma 3 lett. b), del
d.lgs.  n. 502  del  1992  -  e  siano  quindi  rispettati i principi
fondamentali della legislazione dello Stato), ma della disponibilita'
residuale di risorse.
    Si  deve  tuttavia  escludere  che  tale difformita', rispetto al
principio fondamentale sancito dalla legislazione nazionale in ordine
al  finanziamento  delle  strutture  pubbliche  e di quelle private e
quindi alle condizioni che permettano al settore privato di competere
liberamente   col   settore   pubblico  nel  campo  della  assistenza
sanitaria, abbia determinato la residualita' dei tetti fissati per le
strutture  private;  cio' per quanto si dira' al successivo paragrafo
E. punto IV.
    E.  I.  -  L'esame  del  Collegio  deve  ora  investire i criteri
preposti  al  riparto delle risorse economiche fra le varie finalita'
perseguite   dal   Servizio   sanitario   regionale   e  quindi  alla
determinazione   dei   tetti   di   spesa  relativi  all'acquisto  di
prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati.
    L'unico  indirizzo  che  la  legislazione  nazionale  fornisce in
ordine  a questo secondo aspetto conferma (se ve ne fosse bisogno) la
equiordinazione  delle  strutture  pubbliche  e  di  quelle  private;
l'art. 8-quinquies  comma  2  del  d.lgs.  n. 502  del 1992, infatti,
prevede  che gli accordi con le strutture pubbliche ed i contrati con
le  strutture  private, relativi al volume massimo di prestazioni che
le  stesse si impegnano a rendere, vengono definiti «anche attraverso
valutazioni comparative della qualita' e dei costi».
    II.  - La disciplina legislativa dettata dalla Regione Puglia, in
proposito, inizia con l'art. 25 della legge regionale n. 28 del 2000,
che  nei  commi  3  e  4 prevede: «3. Fino a diversa deliberazione da
parte  della giunta regionale, da adottarsi nell'ambito del documento
di  indirizzo  economico-funzionale  in  materia sanitaria per l'anno
2001  e  triennale  2001-2003,  nei  confronti  dei  soggetti privati
provvisoriamente  accreditati  si applicano le disposizioni e i tetti
di  remunerazione previsti dalla deliberazione di giunta regionale 27
dicembre 1999, n. 1832.
    4. Le   regressioni   tariffarie,   nella  misura  e  secondo  le
progressioni  fissate  dalla  deliberazione  di  giunta  regionale 15
luglio   1999,  n. 1003,  trovano  applicazione,  sempre  nei  limiti
invalicabili del tetto massimo di remunerazione, a partire dal volume
di  prestazioni  complessivamente  erogate  nel  1998,  fatti salvi i
depotenziamenti  gia'  determinati  dal direttore generale della ASL,
territorialmente competente».
    L'art. 11  della legge regionale n. 32 del 2001, nei commi 3 e 4,
prevede  che:  «3.  I  direttori  generali  delle  aziende  sanitarie
verificano,  entro il 31 marzo 2002, il volume di attivita' svolto da
ciascun  soggetto privato provvisoriamente accreditato nell'anno 2001
e la qualita' dei risultati conseguiti.
    4. I  direttori generali, nel rispetto delle capacita' erogative,
anche   potenziali,  delle  strutture  pubbliche  e  in  presenza  di
capacita' produttiva complessiva superiore al fabbisogno, determinata
con  riferimento  alle  prestazioni erogate nell'ambito degli accordi
contrattuali  nell'anno  2001,  entro  la  data di cui al comma 3 del
presente  articolo,  attraverso  gli  accordi  e  i  contratti di cui
all'art. 8-quinquies    del    d.lgs.    n. 502/1992   e   successive
modificazioni,  pongono,  a  decorrere  dall'anno  2002, a carico del
servizio  sanitario  regionale  un  volume  di attivita' comunque non
superiore al fabbisogno».
    L'art. 9  della legge regionale n. 20 del 2002 prevede che: «1. I
direttori  generali  delle aziende unita' sanitarie locali adeguano i
tetti  di  spesa  per  l'anno  2003  per  prestazioni  erogate  dalle
strutture  transitoriamente accreditate in relazione agli adempimenti
di cui all'art. 11 della legge regionale n. 32/2001, con le riduzioni
connesse  alle  esclusioni  e  limitazioni  contenute  negli  atti di
definizione dei livelli essenziali di assistenza e nel rispetto delle
intese  intervenute  a  livello  regionale  e  approvate dalla giunta
regionale.».
    L'art. 30,   comma   4,  della  legge  regionale  n. 4  del  2003
stabilisce  che: «A norma dell'art. 8-quinquies, comma 1, lettera d),
del  d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano
erogato  volumi  di  prestazioni  eccedenti  il  programma preventivo
concordato,  fissato  in  misura  corrispondente a quelli erogati nel
1998,  e  il relativo limite di spesa a carico del Servizio sanitario
regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie
fissate dalla giunta regionale».
    Il   successivo   quinto   comma   prevede   poi  una  disciplina
transitoria,  secondo la quale: «Fino all'approvazione da parte della
giunta  regionale  del  documento  annuale  e  triennale di indirizzo
economico-funzionale  del Servizio sanitario regionale, per l'anno di
riferimento,   nei   confronti   di   tutte   le   strutture  private
transitoriamente accreditate sono confermati i tetti di remunerazione
fissati,anche  in  nome  e per conto delle altre aziende del Servizio
sanitario  regionale, dall'AUSL nel cui ambito amministrativo insiste
la  sede legale o principale della struttura privata interessata, con
riferimento all'anno precedente».
    Infine  il  sesto  comma  stabilisce  che:  «Nei contratti con le
strutture  private,  le  AUSL  fissano  i  volumi  e  le tipologie di
prestazioni,  in  coerenza con quanto previsto al comma 4, e i volumi
eccedenti  remunerabili,  nel  rispetto dei limiti massimi annuali di
spesa sostenibile fissati dalla Regione».
    III. - I documenti di indirizzo economico-funzionale del Servizio
sanitario   regionale,   adottati   dalla   giunta  regionale,  hanno
disciplinato il punto nella seguente maniera.
    La  delibera  della  giunta  regionale n. 1800 del 1998 impone ai
direttori  delle AUSL di determinare il budget delle prestazioni ed i
tetti  massimi  di spesa per ciascuna struttura o persona esercitante
attivita'  specialistica  convenzionata  in  misura  complessiva  non
superiore  a  quella  indicata al n. 18 della narrativa, che fissa la
spesa   per  prestazioni  specialistiche  ambulatoriali  «interne  ed
esterne»  entro  i  limiti tendenziali definiti dalle medie nazionali
(2,2-2,5%)».
    La  delibera  della giunta regionale n. 1003 del 1999, recante il
documento  di  indirizzo  economico-funzionale del Servizio sanitario
regionale  per  il  1999,  ha  ripartito il Fondo sanitario regionale
assegnando  le  risorse nella misura del 5% alla prevenzione, del 43%
alla    assistenza    distrettuale   o   territoriale   (comprendente
l'assistenza  farmaceutica  e quella specialistica, l'assistenza agli
anziani, la medicina di base ed altre forme residuali di assistenza),
del  52%  alla  assistenza  ospedaliera (in quanto si e' ritenuta non
sostenibile  una  repentina  riduzione delle risorse destinate a tale
forma  di  assistenza  al  46,5%  previsto  nell'ambito  del piano di
riparto  del  Servizio  sanitario  nazionale  per  il 1999 «stanti le
evidenti  rigidita'  strutturali  derivanti  dagli  oneri consolidati
connessi  a  livello  ospedaliero  dell'assistenza» - cosi' a pag. 23
della delibera).
    La stessa delibera fissa, a pag 24, per l'acquisto di prestazioni
specialistiche  ambulatoriali  da privati (in tutte le branche, cioe'
laboratori     di    analisi,    radiologia,    medicina    nucleare,
fisiokinesiterapia,  branche  a visita, secondo l'elencazione di pag.
30)  la  somma  di L. 164 miliardi (corrispondente, secondo la stessa
delibera  n. 1003  del  1999,  all'importo massimo programmato per il
1998   dalla   delibera   n. 1800   del   1998),  somma  lievitata  a
L. 182 miliardi alle pagine 25 e 26.
    A  pag. 27 della citata delibera, infine, si esplicita che L. 182
miliardi  corrispondono  alla  quota  capitaria  di L. 44.660; questa
somma   viene   quindi   destinata,   pro-capite,   per  l'assistenza
specialistica  da  privati,  a  fronte  della spesa sopportata per le
stesse prestazioni nel 1998, pari a L. 38.510 pro-capite, globalmente
L.  157  miliardi (sopportata, secondo la stessa delibera n. 1003 del
1999,  al  lordo delle regressioni tariffarie previste dalla delibera
della  giunta  regionale n. 74 del 1999, delibera annullata da questo
Tribunale  con  la sentenza 6 novembre 1999, n. 746, che prevedeva la
remunerazione   integrale   delle  prestazioni  erogate  nel  periodo
1° gennaio  1998/30  settembre 1998, mentre per il periodo 1° ottobre
1998/31  dicembre  1998 era prevista la decurtazione del 25 per cento
per  le strutture ed i professionisti operanti nelle branche a visita
e  del  50  per  cento  per  i  soggetti operanti nelle altre branche
specialistiche).
    Tale  assegnazione e' stata poi portata a L. 202 miliardi, sempre
per il 1999, con la delibera della giunta regionale 27 dicembre 1999,
n. 1832.
    La  delibera  della  giunta  regionale  5 ottobre  2001,  n. 1392
(contenente  il  documento  di  indirizzo economico-funzionale per il
Servizio  sanitario  regionale per il 2001) ha destinato all'acquisto
di prestazioni specialistiche e di diagnostica strumentale da privati
L.   212   miliardi,  incrementando  del  5%  l'analogo  stanziamento
contenuto  nella  delibera  n. 1832  del  1999  e  portando  la quota
capitaria a L. 51.940 (pag. 11 della delibera).
    La  delibera  della  giunta  regionale  16  luglio  2002, n. 1073
(contenente   il  documento  di  indirizzo  economico-funzionale  del
Servizio  sanitario  regionale per il 2002) parte dal presupposto che
il Fondo sanitario regionale e' stato impiegato (nel 2000, secondo la
letterale  espressione  contenuta  a  pag.  15)  per  il  3,1%  nella
prevenzione,   il   43,1%   nell'assistenza  territoriale,  il  53,8%
nell'assistenza ospedaliera, a fronte delle percentuali del 5%, 43% e
52%  (rispettivamente)  previste nella delibera n. 1003 del 1999 (che
contiene  il  documento  di  indirizzo  economico-funzionale  per  il
Servizio  sanitario  regionale  per  il  1999  e le assegnazioni alle
aziende  sanitarie  per lo stesso anno) e delle percentuali nazionali
del 3,6%, 46,6%, 49,8%.
    Prevede   la   ripartizione  del  Fondo,  nel  2002,  secondo  le
percentuali  del  3,4%  alla  prevenzione,  del 43,8% alla assistenza
territoriale  (comprendente  l'assistenza  specialistica) e del 52,8%
alla assistenza ospedaliera.
    Destina   tuttavia  all'acquisto  di  prestazioni  specialistiche
ambulatoriali  da  privati  la  stessa  somma prevista dalla delibera
n. 1392 del 2001 (punto 2.b della parte dispositiva).
    La  delibera  della  giunta  regionale 4 settembre 2003, n. 1326,
recante  «Documento  di  indirizzo  economico-funzionale del Servizio
sanitario regionale per il 2003 e triennale 2003-2005» prevede che il
tetto  complessivo  di spesa regionale, per l'acquisto di prestazioni
specialistiche  dal  settore  privato,  venga incrementato del 4,02%,
pari all'aumento del fondo sanitario regionale tra il 2002 e il 2003,
passando  di  conseguenza  da  Mld 212,0 a 220,5 Mld di Lire, pari ad
Euro 113.894,621.
    Si  stabilisce altresi' che le Aziende USL, nell'attribuzione dei
tetti di spesa (comprensivi delle prestazioni da erogare in regime di
regressione  tariffaria)  prevedano  un aumento complessivo del 4,02%
rispetto  ai  tetti  di spesa riferiti al 2001, cosi' come confermati
per  il  2002  in  esecuzione  della  legge regionale n. 32 del 2001;
dall'aumento  del  4,02%  sono  escluse  le  strutture operanti nelle
branche di terapia fisica e riabilitativa.
    IV. - Riepilogando, l'art. 25, commi 3 e 4, della legge regionale
n. 28  del  2000  stabilisce  che, fino a diversa deliberazione della
giunta regionale, nei confronti dei soggetti privati provvisoriamente
accreditati  si  applicano le disposizioni e i tetti di remunerazione
previsti dalla deliberazione della giunta regionale 27 dicembre 1999,
n. 1832  (cioe' L. 202 miliardi); e che, all'interno di questo limite
insuperabile, le regressioni tariffarie (previste dalla deliberazione
della  giunta  regionale n. 1003 del 1999) si applicano a partire dal
volume di prestazioni complessivamente erogate nel 1998.
    Premesso che il dato monetario fino al quale la struttura privata
e' remunerata a tariffa intera ed a partire dal quale si applicano le
regressioni   tariffarie   previste   si   ottiene   applicando  alle
prestazioni  rese  nel  1998 le tariffe vigenti nel momento in cui si
opera  (come e' pacifico e come si desume dal riferimento legislativo
al  «volume  di  prestazioni  complessivamente  erogate  nel  1998»),
nell'interpretare la norma si deve tener conto che per il 1998, se la
delibera  della  giunta  regionale  n. 1800  del 1998 e le successive
integrazioni  hanno  previsto  un  tetto  di  spesa  globale  per  le
prestazioni di specialistica ambulatoriale e la delibera della giunta
regionale   n. 74   del   1999  ha  previsto  una  limitazione  delle
remunerazioni  per  i  mesi  di ottobre, novembre e dicembre, nessuna
limitazione  in  concreto  ha  operato  (per la tardivita' degli atti
adottati  -  in  esecuzione  della  delibera  della  giunta regionale
n. 1800  del  1998  e  delle  successive  integrazioni  -  al fine di
determinare  il  tetto  di spesa assegnato ad ogni struttura ed ancor
piu'  della  delibera  della  giunta regionale n. 74 del 1999, che ha
previsto la remunerazione integrale delle prestazioni rese fino al 30
settembre   e   riduzioni   della   remunerazione   per  quelle  rese
successivamente,  ma  e' intervenuta il 16 febbraio 1999 e per questo
e'  stata  annullata  da  questo Tribunale con la sentenza 6 novembre
1999, n. 746); in conclusione la capacita' produttiva delle strutture
private, nel 1998, si e' potuta esplicare senza limiti.
    La giunta regionale ha poi esercitato, con la delibera 15 ottobre
2001,  n. 1392,  il  potere attribuitole dall'art. 25, comma 3, della
legge regionale n. 28 del 2000, portando per il 2001 il tetto globale
di  spesa a L. 212,1 miliardi, fermo restando che il tetto massimo di
remunerazione  a  tariffa  intera  era  costituito dal valore attuale
delle  prestazioni  rese  nel  1998  (art. 25  comma  4  della  legge
regionale  n. 28 del 2000); la maggiore disponibilita' del 5% (pari a
L.   10,1   miliardi)   era   quindi   destinata  a  remunerare  «con
l'applicazione   degli  abbattimenti  tariffari  previsti»  «le  sole
tipologie  di  prestazioni  aggiuntive specificamente richieste dalla
USL» (pag. 12 della delibera).
    Lo   stanziamento  delle  somme  per  l'acquisto  di  prestazioni
specialistiche  da  privati  con  riferimento ad un periodo in cui le
strutture  private  hanno  esplicato  la propria capacita' produttiva
avendo  come  solo  limite  la  domanda, sicche' non si puo' definire
residuale  (rispetto alle risorse che richiede il finanziamento delle
strutture  pubbliche  in  base  ai  costi  sopportati  dalle  stesse)
l'ammontare  delle  risorse destinate alle strutture private e quindi
dipendente  dall'indicato  sistema  di  finanziamento delle strutture
pubbliche  la fissazione dei tetti di spesa per le strutture private,
ha  portato  questo  Tribunale  a  ritenere (nella sentenza 15 maggio
2002,  n. 1887) irrilevante la questione di costituzionalita' (per il
contrasto  con  l'art. 117,  cioe'  col  principio fondamentale della
legislazione  statale  relativo  alla equiordinazione delle strutture
pubbliche  e  di quelle private - sancito dall'art. 8-bis, comma 1, e
dall'art. 8-sexies   del  d.lgs.  n. 502  del  1992  -,  nonche'  col
principio  fondamentale  relativo  al  finanziamento  delle strutture
pubbliche  e  private, che erogano prestazioni sanitarie tariffabili,
con  un  ammontare globale corrispondente al valore delle prestazioni
rese  -  sancito  dall'art. 8-sexies,  comma  1 del d.lgs. n. 502 del
1992)  degli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 38 del 1994 e degli
artt. 7 e 12 della legge regionale n. 32 del 2001 (nelle parti in cui
tali  norme  non  prevedono  l'erogazione ai presidi ospedalieri solo
delle  remunerazioni  corrispondenti  alle prestazioni rese); cio' in
quanto  l'assunzione,  come  termine  di riferimento dell'entita' del
tetto  di remunerazione a tariffa intera delle strutture private, del
volume  di  attivita'  svolta  in un periodo nel quale tali strutture
avevano  esplicato  senza  limiti  la  propria  capacita'  produttiva
escludeva  che  su  tale  assegnazione  avesse  influito  (rendendola
residuale  rispetto a quella delle strutture pubbliche) il sistema di
finanziamento di queste ultime in base ai costi e non al valore della
produzione.
    La  stessa  sentenza  ha  ritenuto  irrilevante  la  questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 11,  comma  4,  della  legge
regionale  5  dicembre  2001,  n. 32,  secondo  la  quale i direttori
generali,   entro   il  31  marzo  di  ogni  anno,  devono  procedere
all'assestamento   delle   previsioni   relative   al  fabbisogno  di
prestazioni  sanitarie «nel rispetto delle capacita' erogative, anche
potenziali, delle strutture pubbliche».
    Il  contrasto  fra  tale norma ed il principio fondamentale della
legislazione  statale  relativo  alla equiordinazione delle strutture
pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie (sancito negli
artt. 8-bis  e  8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992) e' stato infatti
ritenuto  irrilevante in quanto gli atti in quella sede impugnati non
erano stati adottati in applicazione della norma regionale indicata.
    Parimenti   irrilevante   devono   essere  ritenute  le  indicate
questioni nel presente giudizio.
    Dagli  atti  impugnati,  infatti,non  risulta  che  l'assegazione
finanziaria  relativa  all'acquisto  di prestazioni specialistiche da
privati  sia  stata  disposta in base a disponibilita' residue, cioe'
solo dopo aver soddisfatto le esigenze delle strutture pubbliche.
    Pur  essendo  stato  assunto  «il  pieno  impiego  dei potenziali
erogativi  delle  strutture  pubbliche»  a presupposto della delibera
della  giunta  regionale  n. 1073  del  2002  (punto  2.b della parte
dispositiva),  l'assenza  di qualsiasi analisi, negli atti regionali,
in  ordine ai citati «potenziali erogativi» non permette di stabilire
se  tali atti abbiano fatto applicazione dell'art. 11, comma 4, della
legge regionale n. 32 del 2001, perseguendo l'obiettivo di assicurare
il   pieno  impiego  delle  strutture  pubbliche  ed  utilizzando  le
strutture private solo per soddisfare la domanda eccedente.
    V.  - La tendenziale completezza dell'esame impone di valutare la
conformita'   dell'ordinamento   regionale   al   principio   sancito
dall'art. 8-quater,  comma  1  lett.  d), del d.lgs. n. 502 del 1992,
secondo  il  quale  le  regioni  devono  fissare  i  «criteri  per la
determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano
erogato  volumi  di  prestazioni  eccedenti  il  programma preventivo
concordato,  tenuto  conto  del volume complessivo di attivita' e del
concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura».
    Il  Collegio ritiene che tali criteri non debbano necessariamente
consentire   a  ciascun  soggetto  di  accedere  alla  struttura  che
preferisce  in  qualsiasi  giorno in quanto il principio della libera
scelta,  sancito  dal  legislatore  nazionale, va salvaguardato in un
quadro   piu'   ampio,  che  comprende  necessariamente  le  esigenze
finanziarie.
    Il diritto alla salute, di cui all'art. 32 della Costituzione, e'
tutelato   non   incondizionatamente  ma  compatibilmente  con  altre
esigenze,  prima  fra  tutte  quella relativa alla disponibilita' dei
mezzi finanziari, tutelata dall'art. 81 della Costituzione.
    Le limitazioni derivanti al diritto alla salute dalla limitatezza
delle   risorse   finanziarie   disponibili  sono  state  piu'  volte
sottoposte  al  vaglio  della  Corte costituzionale, che ne ha sempre
ritenuto  la legittimita' (vedi Corte costituzionale 16 ottobre 1990,
n. 455;  3  giugno  1992,  n. 247;  15 luglio 1994, n. 304; 24 luglio
1995,  n. 416),  con  esclusione  di  quelle che incidono sul «nucleo
irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come
ambito  inviolabile  della  dignita'  umana» (Corte costituzionale 20
novembre 2000, n. 509).
    Sulla  base  di  tali  considerazioni  si  deve  ritenere  che il
legislatore   nazionale   abbia  inteso  assicurare  una  ragionevole
elasticita'  dei  tetti di spesa fissati per le singole strutture, in
vista  della necessita' di erogare un volume di prestazioni superiore
a quello programmato.
    Se,  tuttavia, i limiti di bilancio sono ineludibili, non si puo'
negare  il potere delle Regioni di impostare le proprie previsioni di
bilancio  in  termini  rigidi  e  quindi  di  escludere l'acquisto di
prestazioni sanitarie oltre il volume programmato; questo in ossequio
al  dettato  dell'art. 119  della  Costituzione,  secondo il quale le
Regioni hanno «autonomia finanziaria di entrata e di spesa».
    Se  tale  eventualita'  si  verifichi  e  siano rese da strutture
private  prestazioni  richieste sul ricettario del Servizio sanitario
nazionale   e  cioe'  richieste  dal  Servizio  sanitario  nazionale,
prestazioni  quindi  da remunerare, la situazione rientra nell'ambito
di applicazione dell'art. 2041 del codice civile.
    Da  un  lato,  quindi, la previsione del legislatore nazionale in
ordine  alla  fissazione  dei  criteri  per  la  remunerazione  delle
prestazioni  rese oltre il volume programmato deve essere intesa alla
luce  della  necessaria  previsione  di  limiti  di spesa certi e non
elastici   (in  ossequio  al  principio  sancito  dall'art. 81  della
Costituzione),  dall'altro e' presente nell'ordinamento una norma che
permette   la   remunerazione   (entro   determinati   limiti)  delle
prestazioni in esame (anche in difetto di somme stanziate in bilancio
per   la  specifica  esigenza);  tutto  cio'  consente  di  escludere
qualsiasi  dubbio  sulla  legittimita'  costituzionale delle norme di
legge  regionale che non hanno previsto i criteri di remunerazione di
prestazioni  sanitarie  rese  oltre  le  entita' programmate, nonche'
sulla  legittimita'  degli atti amministrativi adottati in esecuzione
delle norme indicate.
    L'art. 30,  comma  4  della  legge  regionale  n. 4  del  2003 ha
stabilito  di  acquistare  un  volume  di  prestazioni  pari a quello
erogato  nel  1998  (nel quale le strutture private, si ripete, hanno
esplicato  la  propria capacita' produttiva senza limiti), prevedendo
altresi'  l'acquisto  di  un  ulteriore  volume  con  le  regressioni
tariffarie fissate dalla giunta regionale.
    Il  successivo sesto comma ha confermato che nei contratti con le
strutture  private deve essere contemplato l'acquisto di un volume di
prestazioni  corrispondente  per tipologia a quanto erogato nel 1998,
prevedendo  altresi'  che  le  prestazioni  eccedenti  devono  essere
contenute nei «limiti massimi annuali di spesa fissati dalla Regione»
(evidentemente   a   seguito   dell'applicazione   delle  regressioni
tariffarie menzionate nel precedente quarto comma).
    Questo  modulo,  anche se letteralmente prevede la determinazione
di  acquistare  un determinato volume di prestazioni ed i criteri per
la  remunerazione  delle prestazioni rese oltre tale volume, fissando
un  limite  di spesa insuperabile quantifica il volume di prestazioni
che  si  e' programmato di acquistare (una parte a tariffa intera, il
resto   con   regressioni)  e  non  prevede  quindi  criteri  per  la
remunerazione di prestazioni rese oltre il limite programmato.
    Si  e'  detto,  tuttavia, della conformita' di tale disciplina ai
principi sanciti dalla legislazione nazionale.
    VI.  -  La  contestazione della legittimita' costituzionale delle
norme  regionali  impone  di  valutare  un altro profilo dell'insieme
normativo.
    L'art. 30,  comma  4, della legge regionale n. 4 del 2003 prevede
che:  «A norma dell'art. 8-quinquies, comma 1, lettera d), del d.lgs.
n. 502/1992,  ove  le  strutture  pubbliche e private abbiano erogato
volumi  di  prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato,
fissato  in  misura  corrispondente  a  quelli erogati nel 1998, e il
relativo  limite  di spesa a carico del servizio sanitario regionale,
detti  volumi  sono  remunerati con le regressioni tariffarie fissate
dalla giunta regionale».
    Il  successivo  sesto  comma prevede che le prestazioni eccedenti
sono  remunerate  (con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta
regionale)  «nei  limiti massimi annuali di spesa sostenibile fissati
dalla Regione».
    La norma stabilisce, quindi,che il limite di spesa per l'acquisto
di  prestazioni  sanitarie  da remunerare a tariffa intera e' pari al
valore  attuale  (determinato  cioe'  in base alle tariffe vigenti al
momento  di  applicazione  della  legge)  del  volume  di prestazioni
erogato  nel  1998;  oltre tale volume le prestazioni sono remunerate
con  le  regressioni  tariffarie  fissate dalla giunta regionale, nei
limiti massimi di spesa fissati dalla stessa Regione.
    Tali  disposizioni riproducono il contenuto dell'art. 25, commi 3
e  4, della legge regionale n. 28 del 2000, secondo i quali la giunta
regionale  aveva  il  potere  di  fissare,  in  seno  al documento di
indirizzo economico-funzionale in materia sanitaria, i limiti massimi
annuali  di  spesa,  mentre  l'entita'  della remunerazione a tariffa
intera era pari al valore «attuale» delle prestazioni rese nel 1998.
    Le differenze fra i due corpi normativi attengono:
      a) al regime delle regressioni tariffarie, in quanto l'art. 25,
comma  4  della  legge  regionale  n. 28  del 2000 prevede che queste
operino  «nella  misura  e  secondo  le  progressioni  fissate  dalla
deliberazione della giunta regionale 15 luglio 1999, n. 1003», mentre
l'art. 30,  comma  4  della legge regionale n. 4 del 2003 attribuisce
alla   giunta  regionale  il  compito  di  fissare  la  misura  delle
regressioni stesse;
      b)  al  regime  transitorio,  che  in base all'art. 25, comma 3
della  legge  regionale  n. 28 del 2000 comporta l'applicazione delle
disposizioni   e   dei   tetti   di   remunerazione   previsti  dalla
deliberazione  della  giunta  regionale  n. 1832  del  1999  (L.  202
miliardi),  mentre in base all'art. 30, comma 5 della legge regionale
n. 4  del  2003  comporta  l'applicazione  dei tetti di remunerazione
fissati nell'anno precedente.
    Poiche'  il  regime  transitorio  previsto  dall'art. 30, comma 5
citato,  con  l'applicazione  nel  2003  dei  tetti  di remunerazione
fissati per il 2002 dalla delibera della giunta regionale n. 1073 del
2002 (in misura pari all'ammontare fissato per il 2001 dalla delibera
della giunta regionale n. 1392 del 2001, cioe' L. 212,1 miliardi), si
e'  esaurito  nel  corso  dello  stesso anno 2003, dato che la giunta
regionale (con la delibera 4 settembre 2003, n. 1326) ha incrementato
il  tetto  globale  di  spesa nella misura del 4,02% portandolo da L.
212,1  miliardi  a  L.  220,5  miliardi,  si  puo' ritenere lo stesso
ininfluente sulla controversia in esame.
    In  sintesi,  il regime attuale si articola nell'innalzamento del
tetto  globale  di spesa (portato a L. 220,5 miliardi) e in una curva
meno  accentuata  delle  regressioni tariffarie, dato che la delibera
della  giunta  n. 1326  del  2003  ha  previsto la remunerazione pari
all'85%  della  tariffa (invece del 70% stabilito nella deliberazione
della  giunta  regionale n. 1003 del 1999) per le prestazioni erogate
oltre  il  valore  attuale  della  produzione del 1998 e fino al 110%
dello  stesso  valore,  pari  al  70%  della  tariffa (invece del 50%
stabilito  nella delibera citata) per le prestazioni erogate dal 111%
al  120%  del  valore  della  produzione  del 1998, pari al 60% della
tariffa  (invece  del  40%)  per le prestazioni erogate oltre il 120%
della  produzione  del  1998,  fino  al  limite  costituito dal tetto
insuperabile.
    Tale  miglior  trattamento  non  esclude,  pero',  che  nel  2003
l'assegnazione  di  risorse finanziarie per l'acquisto di prestazioni
specialistiche   ambulatoriali   da  privati  a  tariffa  intera  sia
determinata  con riferimento al volume delle prestazioni rese da tale
settore nel 1998 senza alcuna valutazione dell'andamento, negli anni,
della  domanda  di  prestazioni  specialistiche  rivolta  al  settore
privato;  cosi'  pure  l'ammontare globale della spesa per l'acquisto
delle  prestazioni  in  parola  ha avuto degli incrementi determinati
nelle  varie delibere della giunta regionale senza alcuna analisi del
fenomeno  specifico, cioe' della entita' della domanda di prestazioni
specialistiche   rivolta   alle  strutture  private  provvisoriamente
accreditate; per tutte si richiama la delibera della giunta regionale
n. 1326  del 2003, che incrementa (del 4,02%) la spesa per l'acquisto
di  prestazioni  specialistiche  dal  settore privato in misura «pari
all'aumento  del  fondo  sanitario  regionale  tra il 2002 e il 2003»
(pag.12  della  delibera).  In  tal  modo non si tiene in alcun conto
l'andamento  della  domanda  negli anni successivi al 1998, andamento
che  mostra  (in  base  al  fatturato  delle varie strutture private,
giunto nella grande maggioranza dei casi ai limiti di spesa assegnati
prima  del  mese  di  dicembre,  come  risulta  dalla  certificazione
acquisita  nel  giudizio  n. 1060  del  2003;  da tale certificazione
risulta  che  il  laboratorio  ricorrente,  nel 2002, ha raggiunto il
tetto  fissato per la remunerazione al 100% a settembre e dopo non ha
piu'  chiesto  alla  AUSL  la  remunerazione per prestazioni rese) il
divario  esistente  fra  la  domanda  di  prestazioni  specialistiche
rivolta   alle  strutture  private  e  l'assegnazione  di  somme  per
l'acquisto   da  parte  del  Servizio  sanitario  regionale  di  tali
prestazioni.
    E'  ben  vero  che  la  tutela  della  «libera  scelta» (prevista
dall'art. 8-bis  del  d.lgs.  n. 502  del  1992) da parte dell'utente
incontra   un   limite   nelle   disponibilita'   finanziarie  e  che
l'amministrazione  puo'  fissare  tetti di spesa di livello inferiore
rispetto  al  volume  di prestazioni che una determinata struttura (o
l'insieme  delle  strutture accreditate) puo' erogare (art. 8-quater,
comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992); e' altrettanto vero, pero', che
l'insieme  delle prestazioni che il Servizio sanitario regionale deve
rendere  e  deve, quindi, acquistare da strutture pubbliche o private
deve  essere  suddiviso  fra  le une e le altre in base alle esigenze
primarie di assicurare la liberta' di scelta dell'utente (art. 8-bis,
comma  2,  del d.lgs.n. 502 del 1992), l'efficace competizione fra le
strutture  accreditate  (art. 8-quater,  comma 3, lett. b) del d.lgs.
n. 502  del  1992),  nonche'  tendenzialmente l'acquisto a seguito di
valutazioni comparative della qualita' e dei costi (art. 8-quinquies,
comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).
    Non si intende con cio' affermare (si ripete) che all'utente deve
essere assicurata fino all'ultimo giorno dell'anno la possibilita' di
scegliere  la  struttura  pubblica  o privata cui rivolgersi, poiche'
questo comporterebbe la impossibilita' di fissare dei tetti e globali
e individuali per ogni struttura, ma che la determinazione del limite
di  spesa globale deve tener conto dell'andamento della domanda (come
anche  la  fissazione del tetto assegnato ad ogni struttura. Invero i
vizi rilevati affiiggono la determinazione dei tetti - insuperabile e
della  remunerazione  al  100%  della tariffa - per ogni struttura in
virtu'   del   legame   di   consequenzialita'   esistente   fra   la
determinazione del tetto globale e quella dei tetti individuali, dato
che   l'erronea  quantificazione  del  tetto  globale  non  puo'  che
determinare l'erroneita' dei tetti individuali).
    VII.  -  Si  osserva  quanto segue in ordine al rilievo che ha la
valutazione  comparativa  della  qualita' e dei costi nelle strutture
pubbliche  ed  in  quelle  private e, in assenza di tale valutazione,
l'analisi  dell'andamento della domanda di prestazioni specialistiche
ambulatoriali  alle strutture private, in funzione della razionalita'
delle  scelte,  dell'economicita'  delle  stesse,  della tutela della
liberta'  di  scelta  dell'utente,  della competizione fra il settore
pubblico  e quello privato. Dagli atti acquisiti nel giudizio n. 1060
del 2003 risulta che i dati piu' analitici sono stati espressi, dalle
aziende  unita'  sanitarie  locali,  nella  elaborazione  dei budgets
generale  e  delle  singole strutture (invero gli artt. 18 e 20 della
legge  regionale  n. 38  del  1994  formulano  precise indicazioni in
ordine  alla  formazione  dei  budgets  quali «allegati necessari del
bilancio  economico  preventivo»,  mentre  i  documenti  di  «budget»
acquisiti  riguardano  dati  consuntivi);  una  rappresentazione meno
analitica  e',  invece,  nel  bilancio  di esercizio, dato che questo
documento esprime dati relativi alla totalita' delle prestazioni rese
dai  vari distretti e dai vari presidi ospedalieri, senza evidenziare
gli apporti di ciascuna specialita' per ogni struttura.
    Dall'esame degli atti acquisiti risulta che sono stati oggetto di
specifica  valutazione  i  dati  relativi al numero delle prestazioni
rese  da  ciascuna  unita'  operativa,  il  valore  della somma delle
prestazioni  rese da ciascuna unita', il costo globale di ogni unita'
operativa.
    Si  e'  quindi  nelle  condizioni  di conoscere (con una semplice
operazione  aritmetica,  non  effettuata  ma  effettuabile)  il costo
(medio) delle prestazioni rese.
    Manca,  negli  elaborati contabili delle aziende unita' sanitarie
locali,  una analisi (ne', in base al contenuto degli atti impugnati,
risulta  che  un'analisi  del  genere  sia  stata  compiuta  in  sede
regionale) relativa al costo globale delle prestazioni specialistiche
ambulatoriali  rese  dai  privati,  alla  somma di tali prestazioni e
quindi  al  costo  medio delle stesse (fermo restando che il dato del
costo  medio  delle  prestazioni  non  e' molto indicativo, attesa la
grande   varieta'  delle  medesime,  sicche'  sarebbero  maggiormente
indicativi i dati attinenti a grandi raggruppamenti di prestazioni).
    E'  mancato  quindi l'apprestamento degli strumenti contabili cui
fa  riferimento  l'art. 5,  comma  5, lett. d), del d.lgs. n. 502 del
1992,  che  prescrive  «la  tenuta  di una contabilita' analitica per
centri  di  costo  e responsabilita' che consenta analisi comparative
dei costi, dei rendimenti e dei risultati».
    Si  deve  a  questo  punto  osservare  che,  se  il  valore delle
prestazioni  sanitarie  rese  da  una struttura operativa pubblica e'
superiore  al  costo  della  struttura  stessa,  non  e' detto che la
utilita'   della  valutazione  comparativa  e'  per  cio'  stesso  da
escludere   e  deve  essere  acquisito  come  il  migliore  possibile
l'assetto  che  salvaguarda  il livello operativo raggiunto da quella
struttura  pubblica.  Il  valore  della produzione e' stato, infatti,
determinato  con  l'applicazione  integrale  delle tariffe, mentre le
strutture  private  operano,  oltre  un certo limite, con regressioni
tariffarie, sicche' il confronto e' sempre utile.
    Tale   valutazione  comparativa,  finalizzata  ad  assicurare  la
competizione   fra   le  strutture  accreditate  (cioe'  la  migliore
utilizzazione   delle   risorse  economiche  attraverso  il  continuo
miglioramento degli assetti produttivi) nonche' la liberta' di scelta
dell'utente  -  nei  limiti  prima  accennati  - (le due finalita' si
integrano  in  quanto, esemplificando schematicamente, se il Servizio
sanitario  regionale  compra da chi offre i prezzi piu' bassi, questo
prestatore eroghera' i propri servizi solo se assicurera' la qualita'
degli stessi, in quanto l'utente, libero di scegliere, li richiedera'
solo   se   li   riterra'   soddisfacenti),  non  puo'  evidentemente
prescindere  dalla  rigidita'  dell'assetto delle strutture sanitarie
pubbliche  (i  cui  costi sono in gran parte relativi al personale) e
dalla  difficolta'  di  analizzare  un  fenomeno appena accennato, in
quanto  la  domanda  di  prestazioni  specialistiche ambulatoriali al
settore  privato  non  si e' potuta esplicare liberamente per effetto
dei tetti fissati negli anni passati.
    La   difficolta'   dell'analisi   e'   tuttavia   superabile  con
l'utilizzazione di strumenti di indagine diversi dal mero recepimento
dell'esistente,  quali  possono  essere  l'individuazione del periodo
(nel  corso  dell'anno)  in  cui  e'  stato  raggiunto,  da  ciascuna
struttura, il tetto di remunerazione a tariffa intera ed il ricorso a
proiezioni   (relative  all'anno)  fondate  sulla  sintesi  dei  dati
relativi  all'intera  regione,  in  modo  da  stabilire  (seppure con
l'approssimazione  delle  indagini  basate su proiezioni) l'andamento
della domanda in questione.
    Il  rilievo  da attribuire alla rigidita' strutturale del sistema
sanitario  pubblico  e'  poi  una  questione  di  politica sociale ed
economica,  da  risolvere con l'individuazione di correttivi (come il
ripianamento  del  passivo per un periodo predeterminato, in modo che
il correttivo sia temporaneo e cioe' finalizzato al superamento della
fase  patologica)  al  principio  della necessaria corrispondenza del
finanziamento delle strutture al valore della produzione.
    Il  sistema  delineato  dal  legislatore nazionale, si ripete, e'
finalizzato alla migliore utilizzazione delle risorse economiche e il
cardine di tale sistema e' costituito dalla corrispondenza del valore
della  produzione  tariffabile  (quale e' quella ospedaliera e quella
specialistica  ambulatoriale)  all'entita'  dei finanziamenti erogati
alle   strutture  produttive,  finanziamenti  che  per  le  strutture
pubbliche  (come  per  quelle  private)  devono assumere la natura di
remunerazioni.
    Corollario  di  tale  assunto  e' l'acquisto delle prestazioni in
base ad una valutazione comparativa dei costi e della qualita'.
    Un  sistema che alla valutazione comparativa non procede, perche'
evidentemente non ritiene di poter utilizzare i dati rivenienti dalla
comparazione   per   la   rigidita'  strutturale  dell'organizzazione
sanitaria   pubblica   (rigidita'   strutturale   su  cui,  peraltro,
interviene perseguendo l'obiettivo della razionalizzazione della rete
ospedaliera  con  le  delibere della giunta regionale 26 luglio 2002,
n. 1086,  2  agosto  2002,  n. 1987, 30 settembre 2002, n. 1429), non
puo'  esimersi  tuttavia dal formare le proprie scelte per il settore
privato  nell'osservanza  dei  principi  fondamentali  dettati  dalla
legislazione statale nella materia.
    VIII.  -  Nella  parte  relativa  alla  determinazione  del tetto
cosiddetto  «montante»,  fino al quale la remunerazione e' erogata in
misura  pari  al  100%  delle  tariffe  previste,  le  determinazioni
amministrative  sono  vincolate  dall'art. 30,  comma  4  della legge
regionale  n. 4  del 2003, che fissa questo tetto della spesa globale
in  misura corrispondente al valore attuale delle prestazioni erogate
nel 1998.
    La illegittimita' delle determinazioni amministrative puo' essere
ritenuta  solo  dopo  che  la  Corte costituzionale abbia ritenuto la
illegittimita'  della  norma  indicata,  sicche' il presente giudizio
deve  essere  sospeso  con  la rimessione degli atti al giudice delle
leggi.  Ragioni  di opportunita' impongono, inoltre, di sospendere il
giudizio anche nella parte relativa alla determinazione del limite di
spesa  globale  e del tetto insuperabile per la struttura ricorrente,
determinazioni  operate, rispettivamente, dalla delibera della giunta
regionale  n. 1326  del  2003  e  dalla  AUSL Le 1, da ultimo, con la
deliberazione  22 ottobre 2003, n. 3677, determinazioni non vincolate
da una norma di legge regionale.
    In  conclusione il collegio sospetta che l'art. 30, comma 4 della
legge  regionale  n. 4  del  2003  violi il principio di razionalita'
delle  scelte  sancito dagli artt. 3 (in funzione dell'eguaglianza) e
97  (in  funzione  della  bonta'  dell'azione  amministrativa)  della
Costituzione,   nonche'   l'art. 117  della  Costituzione  in  quanto
contraddice  vari  principi  fondamentali  sanciti dalla legislazione
statale   nella   materia;   infatti,   l'insieme  delle  prestazioni
specialistiche ambulatoriali che il Servizio sanitario regionale deve
rendere  e  deve, quindi, acquistare da strutture pubbliche o private
deve  essere  suddiviso  fra  le une e le altre in base alle esigenze
primarie di assicurare la liberta' di scelta dell'utente (art. 8-bis,
comma  2, del d.lgs. n. 502 del 1992), l'efficace competizione fra le
strutture  accreditate  (art. 8-quater,  comma 3, lett. b) del d.lgs.
n. 502  del  1992)  e  quindi l'equiordinazione delle stesse (sancita
dall'art. 8-bis,  comma  1, e dall'art. 8-sexies, comma 1, del d.lgs.
n. 502  del  1992),  nonche'  l'economicita'  della  scelta,  dovendo
l'acquisto  conseguire anche a valutazioni comparative della qualita'
e dei costi (art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).
    Il  dubbio  di  costituzionalita'  che  questo  collegio nutre in
riferimento  all'art. 117  della Costituzione (con specifico riguardo
alle norme che sanciscono l'equiordinazione delle strutture pubbliche
e  di quelle private) non e' escluso dalla circostanza che l'art. 30,
comma  4,  della  legge  regionale  n. 4 del 2003 prevede che i patti
relativi a programmi comprendenti volumi di prestazioni pari a quelli
erogati  nel  1998  riguardino  sia le strutture pubbliche che quelle
private;  cio'  perche'  tali  accordi,  in  base  alla  legislazione
regionale,  non  intercorrono  con i presidi ospedalieri amministrati
dalle   AUSL,   cioe'   la  stragrande  maggioranza  delle  strutture
ospedaliere   pubbliche   (le  strutture  ospedaliere  pubbliche  non
amministrate  dalle AUSL sono le aziende ospedaliere «Policlinico» di
Bari,  «Ospedali  Riuniti»  di  Foggia e gli IRCCS «Oncologico» e «De
Bellis»).
    Infine,  e' indubbia la rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 30,  comma 4 della legge regionale n. 4 del
2003,  nella  parte  in  cui  prevede  che  le  AUSL stipulano con le
strutture private patti relativi a programmi comprendenti prestazioni
sanitarie  per volumi pari a quelli erogati nel 1998, da remunerare a
tariffa intera.
    La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  di  questa
norma,  infatti,  comporterebbe  (si  ripete) la illegittimita' per i
vizi   dedotti   nel   terzo,   quarto   e  quinto  motivo  e  quindi
l'annullamento  degli  atti  impugnati  (relativi  ai  tetti di spesa
fissati  per  il  2003), che di quella norma fanno applicazione nella
parte  in cui vengono fissati i limiti della remunerazione da erogare
in misura pari al 100% delle tariffe.
    In  conclusione,  il giudizio deve essere sospeso, dovendo essere
rimessa  alla Corte costituzionale, con ordinanza, la questione della
conformita' dell'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003
agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.
    Per  ragioni  di  opportunita' il giudizio va anche sospeso nella
parte relativa alla contestazione del tetto insuperabile, fissato con
la  deliberazione  della  AUSL  LE1,  22  ottobre  2003,  n. 3677, in
esecuzione   di   quanto  disposto  dalla  giunta  regionale  con  la
deliberazione  4 settembre  2003,  n. 1326 (nell'esercizio del potere
attribuito  dall'art. 30, commi 5 e 6, della legge regionale n. 4 del
2003).
                              P. Q. M.
    Solleva    la   questione   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 30,  comma  4,  della legge regionale della Puglia n. 4 del
2003 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.
    Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a cura della
segreteria,   gli  atti  del  giudizio  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti ed al
presidente  della  giunta  regionale della Puglia e sia comunicato al
presidente del consiglio regionale della Puglia.
    Cosi' deciso in Lecce, nella camera di consiglio dell'11 dicembre
2003.
                Il Presidente ed estensore: Cavallari
04C0339