N. 94 ORDINANZA 8 - 12 marzo 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Spese  di  giustizia  - Patrocinio a spese dello Stato - Ammissione -
  Esclusione  del beneficio per l'indagato, imputato o condannato per
  reati  di  evasione  in materia di imposte sui redditi e sul valore
  aggiunto - Prospettata violazione dei diritti di difesa di soggetti
  non  rientranti  nella categoria dei «non abbienti» e della parita'
  di  trattamento,  per  irragionevole  non  estensione  della  causa
  ostativa  ad  imputati  di altri reati - Difetto di rilevanza della
  questione  nel  giudizio a quo, in cui si procede per reati diversi
  (da   quelli   indicati   nelle  norme  censurate)  e  formulazione
  contraddittoria   dei   profili   della   questione   -   Manifesta
  inammissibilita'.
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 91, comma 1, lettera a).
- Costituzione,  artt. 3,  24,  secondo  e terzo comma, e 27, secondo
  comma.
Spese  di  giustizia  - Patrocinio a spese dello Stato - Ammissione -
  Obbligo  di provvedere sull'istanza di ammissione anche nel caso in
  cui  vengano  richieste  informazioni sulle condizioni patrimoniali
  dell'istante - Assunta violazione del principio di buon andamento -
  Manifesta infondatezza della questione.
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96, comma 4.
- Costituzione, art. 97, primo comma.
(GU n.11 del 17-3-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Ugo  DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 91,
comma 1, lettera a), e 96, comma 4, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia   di   spese   di  giustizia),  promossi  con  ordinanze  del
18 settembre  2002  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale  di  Brescia  e del 10 aprile 2003 dalla Corte d'appello di
Torino,  iscritte ai numeri 576 del registro ordinanze 2002 e 475 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica numeri 3 e 32, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 gennaio 2004 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Brescia,  chiamato  a  decidere  sulla richiesta di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato proposta da un imputato dei delitti di
cui  agli  articoli 110  del  codice penale, 223, 216 e 224 del regio
decreto  16 marzo  1942,  n. 267,  dopo  avere disposto a mezzo della
Guardia di finanza accertamenti in ordine alle condizioni personali e
familiari   dell'istante,   cosi'  come  consentito  dal  comma 9-bis
dell'art. 1  della  legge  30 luglio  1990,  n. 217, introdotto dalla
legge  29 marzo  2001,  n. 134,  ha  sollevato,  in  riferimento agli
artt. 24,  terzo  comma,  27,  secondo comma, e 3 della Costituzione,
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 91,  comma 1,
lettera a),  del  d.P.R.  30 maggio  2002,  n. 115 (Testo unico delle
disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia  di spese di
giustizia),  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  «l'ammissione al
patrocinio  a spese dello Stato e' esclusa per l'indagato, l'imputato
o  il  condannato per reati commessi in violazione delle norme per la
repressione  dell'evasione  in  materia  di imposte sui redditi e sul
valore   aggiunto»,   nonche',   in  riferimento  all'art. 97  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 96, comma 4, dello
stesso decreto, nella parte in cui stabilisce che il giudice provvede
in ordine all'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
anche  quando  abbia  richiesto le informazioni di cui ai commi 2 e 3
del medesimo articolo;
        che,   ad   avviso   del   remittente,   l'art. 91,  comma 1,
lettera a),  del  d.P.R.  n. 115 del 2002, imponendo l'esclusione dal
patrocinio  a  spese  dello  Stato  dell'istante  che  sia  indagato,
imputato  o  condannato  per reati commessi in violazione delle norme
per  la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e
sul  valore  aggiunto,  con valutazione preliminare da compiere anche
nel  caso in cui siano stati disposti accertamenti tramite Guardia di
finanza  circa  le  condizioni reddituali e patrimoniali dell'istante
stesso,  contrasterebbe,  in primo luogo, con l'art. 24, terzo comma,
Cost.,  il  quale,  prevedendo per l'ammissione al patrocinio l'unica
condizione  che il soggetto sia «non abbiente», non consentirebbe che
soggetti   indagati,   imputati  o  condannati  per  una  determinata
tipologia di reati fiscali siano esclusi dal beneficio;
        che,  sempre  secondo  il  giudice  a  quo,  la  disposizione
censurata,   riconducendo   l'effetto   preclusivo   ad  accertamenti
giurisdizionali  di  valenza  diversa,  ma  comunque  non definitivi,
violerebbe l'art. 27, secondo comma, della Costituzione;
        che,  prosegue il remittente, l'art. 91, comma 1, lettera a),
del  d.P.R. n. 115 del 2002 violerebbe anche l'art. 3 Cost., sotto un
duplice   profilo,   in  quanto,  da  un  lato,  incomprensibilmente,
l'esclusione  dal  patrocinio a spese dello Stato sarebbe limitata ai
soggetti   imputati   dei   reati  fiscali  ivi  indicati  e  non  si
estenderebbe  anche  ai soggetti imputati di altri reati che, al pari
di  quelli  considerati,  possono consentire di acquisire consistenti
proventi in ipotesi assoggettabili a prelievo fiscale o comunque tali
da  assicurare  una  situazione di benessere economico inconciliabile
con  quella  che  costituisce  il  presupposto  per  l'ammissione  al
patrocinio;  dall'altro,  sarebbe  irragionevole la sottoposizione al
medesimo   trattamento  di  soggetti  che  si  trovano  in  posizioni
diversificate  quanto  al differente grado di fondatezza dell'ipotesi
accusatoria;
        che  l'art. 96,  ultimo comma, del d.P.R. n. 115 del 2002, ad
avviso  del  giudice a quo, violerebbe l'art. 97, primo comma, Cost.,
in  quanto  la previsione che il giudice deve decidere in ordine alla
istanza  di  ammissione  al  patrocinio a spese dello Stato anche nel
caso  in cui abbia richiesto, come nel caso di specie, informazioni a
mezzo   della   Guardia  di  finanza  sulle  condizioni  patrimoniali
dell'istante,  ai  sensi  del  secondo  e  terzo  comma  del medesimo
articolo,  contrasterebbe  con  i principi del corretto funzionamento
della   pubblica   amministrazione,  sia  perche'  l'eventuale  esito
positivo  di tali accertamenti comporterebbe la revoca del decreto di
ammissione,  con vanificazione di tutte le attivita' conseguenti, sia
perche'   darebbe   luogo   ad   una  duplicazione  di  accertamenti,
sovrapponendosi  quello demandato dal giudice alla Guardia di finanza
alla   verifica  svolta  obbligatoriamente,  ai  sensi  dell'art. 98,
comma 2, dall'Intendente di finanza a seguito della comunicazione del
decreto  di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con inutile
dispendio di risorse economiche e di energie lavorative;
        che  e'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate
inammissibili o infondate;
        che, in ordine alla questione concernente l'art. 91, comma 1,
lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002, la difesa erariale rileva che
la  stessa si fonda su un presupposto inesatto, poiche', al contrario
di  quanto  sostenuto  dal  remittente,  la disposizione censurata e'
finalizzata  ad escludere la possibilita' di chiedere l'ammissione al
patrocinio  a spese dello Stato da parte dell'indagato, dell'imputato
o  del condannato, ove il procedimento in relazione al quale sussiste
l'esigenza  del patrocinio attenga ai reati di violazione delle norme
per  la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e
sul  valore  aggiunto,  e  non  anche  ad  escludere  la possibilita'
dell'ammissione  al patrocinio nei confronti di soggetti che in altri
procedimenti  siano  stati  indagati,  imputati o condannati per tali
reati;
        che,   pertanto,  la  questione  non  sarebbe  rilevante  nel
giudizio  principale,  nel  quale si procede per fatti di bancarotta,
diversi da quelli considerati dalla disposizione censurata;
        che,  per  quel  che  concerne  la  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 96,  ultimo  comma,  del  d.P.R. n. 115 del
2002,  la  difesa  erariale  ne  eccepisce la contraddittorieta' e la
astrattezza,  e quindi la irrilevanza nel giudizio a quo, dal momento
che con essa il remittente mira ad escludere la eventualita' di dover
revocare  un  beneficio che deve ancora essere concesso, eventualita'
che   potrebbe   comunque  verificarsi  in  esito  agli  accertamenti
successivi  all'ammissione,  da  espletarsi  a  cura  del  competente
ufficio  finanziario,  cui  il  decreto di ammissione al patrocinio a
spese  dello  Stato  deve essere trasmesso, e che possono interessare
tanto   la  mancanza  originaria  quanto  quella  sopravvenuta  delle
condizioni di reddito;
        che,  inoltre,  prosegue  l'Avvocatura, poiche' il remittente
non  ha  precisato  se,  nella specie, le informazioni richieste alla
Guardia  di  finanza siano o meno pervenute, ne' se queste portino ad
escludere  lo  stato  di  non abbienza dell'interessato, la questione
risulterebbe proposta in modo astratto;
        che,  in  ogni  caso, ad avviso dell'Avvocatura, la questione
sarebbe  anche  infondata,  dal  momento che, contrariamente a quanto
sostenuto  dal remittente, non vi sarebbe identita' o sovrapposizione
tra  le  verifiche della Guardia di finanza direttamente disposte dal
giudice  e quelle che il competente ufficio finanziario deve svolgere
a  seguito  della  trasmissione  del  decreto  di ammissione, essendo
queste  esperibili  solo in caso di concessione del beneficio al fine
di   accertare   le   condizioni   reddituali  dell'interessato,  sia
originarie  che  sopravvenute,  entro il termine di cinque anni dalla
definizione  del  processo,  da  effettuarsi  anche con riferimento a
redditi  che  non  sono  stati  assoggettati  ad  imposta perche' non
rientranti nella base imponibile, o esenti o provenienti da attivita'
illecite;
        che,  infine,  osserva  la  difesa  erariale,  la  previsione
secondo  cui il giudice deve pronunciarsi nel termine di dieci giorni
dalla  presentazione  dell'istanza  a  pena  di  nullita'  degli atti
successivi,  anche  nel  caso  in  cui  abbia richiesto informazioni,
risponde  all'esigenza, imposta dall'art. 24, terzo comma, Cost., che
l'interessato  non  sia privato dell'assistenza difensiva nel periodo
necessario  ad  accertare  la veridicita' delle condizioni economiche
dichiarate;
        che, con ordinanza in data 10 aprile 2003, la Corte d'appello
di   Torino,  chiamata  a  decidere  sull'istanza  di  ammissione  al
patrocinio  a  spese  dello  Stato presentata da un imputato al quale
erano  state contestate diverse violazioni della legge 7 agosto 1982,
n. 516,  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 24, secondo e
terzo   comma,   Cost.,   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 91, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002;
        che  il  remittente  rileva,  in  primo  luogo,  che,  mentre
l'art. 24, terzo comma, Cost., impone al legislatore di assicurare ai
non  abbienti,  con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi
davanti  ad  ogni giurisdizione, senza porre ulteriori condizioni, la
disposizione  censurata  esclude  la  possibilita'  di  usufruire del
patrocinio  a  spese dello Stato per tutti coloro che, pur risultando
non   abbienti,   siano  indagati,  imputati  o  condannati  per  una
determinata tipologia di reati fiscali;
        che,  ricorda il giudice a quo, questa Corte, con la sentenza
n. 243  del  1994, aveva ritenuto ammissibili cause di esclusione dal
patrocinio  diverse da quelle della non abbienza, sul presupposto che
ai  soggetti  esclusi  poteva  comunque  applicarsi la disciplina del
gratuito patrocinio contenuta nel r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282;
        che,  tuttavia,  poiche'  la  legge 29 marzo 2001, n. 134, ha
disposto l'abrogazione del citato regio decreto (abrogazione ribadita
dall'art. 289  del d.P.R. n. 115 del 2002), ai soggetti non abbienti,
che   si  trovino  nella  condizione  di  cui  all'art. 91,  comma 1,
lettera a),   verrebbe   a   mancare   ogni  tutela,  con  violazione
dell'art. 24 della Costituzione;
        che  la medesima disposizione contrasterebbe poi con l'art. 3
Cost.,  dal  momento  che, se puo' essere considerato ragionevole che
coloro che sono chiamati a rispondere di reati che procurano un danno
patrimoniale   allo   Stato   non   possano  godere  di  agevolazioni
patrimoniali  da  parte  di  quest'ultimo,  non  sarebbe  altrettanto
ragionevole  che  un  simile  trattamento non sia applicato anche nei
confronti  di  chi  sia  indagato,  imputato  o condannato per reati,
diversi  da quelli considerati, che del pari consentono di accumulare
ricchezze sottratte al prelievo fiscale;
        che  anche  in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, la quale, richiamando la memoria depositata nel
giudizio  introdotto con ordinanza n. 576 del 2002, ha chiesto che la
questione sia dichiarata non fondata;
        che   in   una   memoria   depositata  in  prossimita'  della
trattazione  della  questione  in  camera  di consiglio, l'Avvocatura
dello  Stato ha eccepito la inammissibilita' della questione, perche'
sollevata  in  modo  contraddittorio,  assumendosi,  da  un  lato, il
contrasto  della  norma  con  i  canoni di cui all'art. 24, secondo e
terzo  comma,  Cost.,  e  sostenendosi, dall'altro, la ragionevolezza
della  norma  stessa  con  riguardo  ai  reati  in essa considerati e
chiedendosi, anzi, un ampliamento del suo ambito di applicazione;
        che il remittente, quindi, non avrebbe tenuto conto del fatto
che  il  principio  di  coerenza  e  ragionevolezza  dell'ordinamento
costituisce   criterio   fondamentale  di  valutazione  dei  modi  di
attuazione    di   ogni   altro   canone   costituzionale,   operando
conseguentemente  valutazioni atomistiche, tra loro collidenti, senza
neppure avvertire l'esigenza di individuare un criterio di prevalenza
o  di  composizione  delle  medesime,  non consentendo di cogliere la
logica della denunzia;
        che,  sotto altro profilo, l'Avvocatura rileva che il giudice
a  quo  postula  che  il soggetto richiedente sia non abbiente, senza
fornire  alcuna  precisazione  al riguardo, e senza considerare che a
fondamento della norma censurata si trova una valutazione legislativa
tipicizzata  di  inattendibilita'  dell'autocertificazione reddituale
del  soggetto  indagato,  imputato o condannato per reati commessi in
violazione  delle  norme  per la repressione dell'evasione in materia
fiscale,  ovvero di incompatibilita' della situazione presupposta dal
reato contestato con la condizione di non abbienza cui e' ancorato il
beneficio.
    Considerato  che  le ordinanze di rimessione pongono questioni in
parte  coincidenti  e  che  quindi  i relativi giudizi possono essere
riuniti e decisi congiuntamente;
        che  entrambe  le  questioni  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 91, comma 1, lettera a), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nella  parte in cui stabilisce che l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato e' esclusa per l'indagato, l'imputato o il condannato per
reati   commessi   in  violazione  delle  norme  per  la  repressione
dell'evasione  in  materia  di  imposte  sui  redditi  e  sul  valore
aggiunto, debbono essere dichiarate manifestamente inammissibili, sia
pure per ragioni diverse;
        che  la  questione  sollevata  dal  giudice  per  le indagini
preliminari del Tribunale di Brescia risulta irrilevante nel giudizio
a  quo,  in quanto dalla stessa ordinanza di rimessione si evince che
in quel giudizio si procede per fatti di bancarotta e cioe' per reati
diversi  da  quelli  per  i  quali  la  disposizione  censurata  nega
l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
        che,   infatti,  l'art. 91,  comma 1,  lettera a),  il  quale
stabilisce  che l'ammissione al patrocinio e' esclusa per l'indagato,
l'imputato  o  il  condannato  di  reati commessi in violazione delle
norme  per  la  repressione  dell'evasione  in materia di imposte sui
redditi e sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che
l'esclusione  opera  solo  in  relazione ai procedimenti direttamente
concernenti  la commissione di uno dei reati specificamente indicati,
e  non  con  riferimento alla condizione soggettiva di chi, indagato,
imputato  o  condannato  in altri procedimenti per uno di tali reati,
assuma  la  qualita'  di  indagato,  imputato  o condannato per reati
diversi;
        che, pertanto, poiche' non sussiste, nel giudizio principale,
il  denunciato  ostacolo all'ammissione dell'imputato al patrocinio a
spese  dello  Stato,  la  questione e' priva del necessario requisito
della  rilevanza e per tale assorbente ragione deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile;
        che  la questione di legittimita' costituzionale del medesimo
art. 91,  comma 1,  lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata
dalla  Corte  d'appello  di  Torino  e'  a  sua  volta manifestamente
inammissibile per il modo in cui essa e' formulata;
        che,   infatti,   il  remittente,  da  un  lato,  censura  la
disposizione  in  esame, per contrasto con l'art. 24, secondo e terzo
comma,  Cost., perche', ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese
dello  Stato,  introdurrebbe un requisito ulteriore rispetto a quello
della  non  abbienza  dell'interessato, che sarebbe l'unico richiesto
dall'art. 24,  terzo  comma della Costituzione; dall'altro, ritenendo
ragionevole   l'esclusione   dal  beneficio  dei  soggetti  indagati,
imputati  o condannati per i reati espressamente indicati, censura la
medesima  disposizione,  prospettandone  il  contrasto  con  l'art. 3
Cost.,  per  la irragionevole non estensione della esclusione a reati
diversi  da  quelli  considerati,  che  del  pari  consentirebbero di
accumulare ricchezze sottratte al prelievo fiscale;
        che,  dal  testo dell'ordinanza di rimessione, non emerge che
il  denunciato  contrasto con l'art. 3 Cost. sia stato prospettato in
via  subordinata  al  mancato  accoglimento  della questione sotto il
profilo  della violazione dell'art. 24, terzo comma, Cost., essendosi
il   giudice  a  quo  limitato,  nel  dispositivo  dell'ordinanza,  a
sollevare  questione  «nei  termini sopra riportati», cosi' rinviando
alla motivazione della stessa ordinanza, nella quale i due profili di
illegittimita'  non  risultano  trattati in termini di subordinazione
dell'uno  all'altro, ravvisandosi piuttosto il contrasto con entrambi
i parametri evocati;
        che   la   giurisprudenza   di   questa   Corte  e'  costante
nell'affermare  la  manifesta  inammissibilita'  di  questioni con le
quali  vengano  sollecitati  interventi  correttivi  aventi finalita'
contraddittorie  tra loro (sentenza n. 123 del 1988, ordinanze n. 458
del  1998,  n. 373  del 1999, n. 7 del 2003), quali certamente devono
ritenersi  quella  volta  alla  rimozione  della  condizione ostativa
all'ammissione  al  patrocinio  a  spese dello Stato sotto il profilo
dell'art. 24,  terzo  comma,  Cost., e quella volta alla affermazione
della  irragionevolezza  della  mancata  estensione  della condizione
ostativa ad altre ipotesi non considerate dal legislatore;
        che  la  questione di legittimita' dell'art. 96, comma 4, del
d.P.R.  n. 115  del 2002, censurato in riferimento all'art. 97, primo
comma,  Cost.,  nella parte in cui stabilisce che il giudice provveda
in ordine all'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
anche  quando  lo  stesso  abbia  richiesto le informazioni di cui ai
commi   2   e   3  del  medesimo  articolo,  deve  essere  dichiarata
manifestamente infondata;
        che,  infatti,  come  questa  Corte  ha piu' volte affermato,
anche  con  riferimento al procedimento finalizzato all'ammissione al
patrocinio  a  spese  dello Stato, il principio del buon andamento si
riferisce    agli   organi   dell'amministrazione   della   giustizia
esclusivamente  per  profili  concernenti  l'ordinamento degli uffici
giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, ma
non  riguarda  l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  nel suo
complesso  e i diversi provvedimenti che ne costituiscono espressione
(ordinanza n. 458 del 2002);
        che,  in  ogni caso, deve escludersi che la previsione che il
giudice  debba  provvedere  sulla istanza di ammissione al patrocinio
dello  Stato  entro  il  termine  di dieci giorni dalla presentazione
della  istanza,  a  pena di nullita' degli atti successivi, anche nel
caso  in  cui  abbia ritenuto di dover disporre accertamenti ai sensi
dei  commi 1  e 2 dell'art. 96 del d.P.R. n. 115 del 2002, sia lesiva
del   precetto   costituzionale  del  buon  andamento,  essendo  essa
evidentemente  finalizzata  a garantire l'effettivita' del diritto di
difesa  dei  non  abbienti  nel  procedimento penale cui l'istanza si
riferisce  e  ad  impedire  che,  decorso il termine di dieci giorni,
possano  essere  compiuti atti ai quali il difensore del non abbiente
avrebbe   diritto  di  partecipare,  salvi  ovviamente  gli  appositi
strumenti,  anche  sanzionatori,  previsti dal medesimo d.P.R. n. 115
del 2002 (sentenza n. 304 del 2003).
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    1) dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo 91,  comma 1, lettera a),
del  d.P.R.  30 maggio  2002,  n. 115 (Testo unico delle disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia  di  spese  di giustizia),
sollevata,  in  riferimento  agli  articoli 3, 24, terzo comma, e 27,
secondo  comma,  della  Costituzione,  dal  giudice  per  le indagini
preliminari   del   Tribunale  di  Brescia  e,  in  riferimento  agli
articoli 3  e  24,  secondo  e terzo comma, della Costituzione, dalla
Corte d'appello di Torino, con le ordinanze indicate in epigrafe;
    2)   dichiara   la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo 96,  comma 4,  del d.P.R.
30 maggio  2002,  n. 115,  sollevata, in riferimento all'articolo 97,
primo   comma,  della  Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini
preliminari  del  Tribunale  di  Brescia, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 marzo 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C0346