N. 193 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2003
Ordinanza emessa il 10 dicembre 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Ariano Irpino nel procedimento penale a carico di Blasi Adriano Processo penale - Procedimento per reati sessuali - Incidente probatorio - Assunzione della testimonianza della persona maggiorenne affetta da deficit mentale con le particolari modalita' previste per la persona minore di anni sedici - Mancata previsione - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del diritto di difesa e del diritto alla salute - Contrasto con il principio del giusto processo. - Cod. proc. pen., artt. 398, comma 5-bis. - Costituzione, artt. 2, 3, 24, 32 e 111.(GU n.13 del 31-3-2004 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale iscritto al n. 834/2003 R.G. noti e al n. 704/2003 R.G. g.i.p., nei confronti di Blasi Adriano (nato ad Avellino il 2 agosto 1984), indagato per il reato p.e.p dall'art. 609-bis commi 1 e 2, 61 n. 5 e n. 1l in danno di L.V.A.; Rilevato che il p.m. dott.ssa Daniela Tognon, presentava istanza di incidente probatorio ex art. 392, comma 1, lett. a) per l'assunzione della testimonianza di L.V.A. deducendo in particolare che l'escussione della teste, trattandosi di persona adulta, ma affetta da deficit psichico (classificato in termini clinici con il codice DMS IV 71.9), andava condotta nelle forma «protetta» e secondo le modalita' contemplate dall'art. 398, comma 5-bis, c.p.p.; Rilevato, altresi', che la difesa assumeva la inammissibilita' dell'esame testimoniale nelle forma protetta, essendo la norma citata applicabile solo ed esclusivamente ai minori di anni sedici e non ai soggetti adulti affetti da deficit o da infermita' mentale, sebbene vittime di reati sessuali; Rilevato ancora che con ordinanza emessa in data 10 gennaio 2003 questo g.i.p. riteneva sussistente il «grave impedimento» di cui alla lett. a) ex art. 392 c.p.p., e dunque ammetteva l'incidente probatorio, ma al contempo riteneva di non potere procedere alla assunzione della prova nelle forme ordinarie; in particolare rilevava la necessita' di procedere alla escussione della teste «in forma protetta» ex art. 398, comma 5-bis, c.p.p.; nella specie tale modalita' appariva indispensabile ad assicurare la genuinita' della prova e anche a tutelare la personalita' della persona offesa; infatti, alla luce di quanto evidenziato dal consulente del p.m. - esperto in neurologia e psichiatria - L.V.A. e' «molto timida, timorosa presenta ... grande fragilita' ed insicurezza; ... una personalita' immatura debole. dipendente ... facilmente manipolabile utilizza un linguaggio puerile»); Pertanto, la deposizione della predetta, alla presenza delle parti e comunque dell'indagato, in un'aula di tribunale potrebbe turbare il gia' fragile equilibrio della po e nuocere alla sincerita' delle sue risposte (cfr. ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio); Premesso che l'art. 398, comma 5-bis, c.p.p., nella parte in cui prevede la escussione dei testimoni «nelle forme protette» e' testualmente limitato alla testimonianza resa dal minore di sedici anni, vittima di reati sessuali; che non e' possibile estendere tale norma analogicamente ex art. 14 delle preleggi al caso di specie e in genere ai casi di assunzione testimoniale di persona adulta, ma affetta da deficit, insufficienza o infermita' mentale, tale da porla in condizioni analoghe a quelle di un minore. O s s e r v a Sussistono i presupposti per sollevare di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 398, comma 5-bis, c.p.p., nella misura in cui non prevede, analogamente a quanto previsto per i minori di anni sedici, che si possa procedere all'assunzione della testimonianza di persona offesa, nell'ambito dei reati sessuali, che sia adulta e inferma di mente, con le «modalita' protette» ivi contemplate (ad es. mediante mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva, con l'assistenza di un esperto, in una stanza separata da quella in cui si trovano le parti e mediante l'utilizzo di vetro-specchio unidirezionale etc). La questione e' ammissibile essendo sottoposta al vaglio dell'autorevole giudice che si adisce una norma di legge, non suscettibile di interpretazione ed estensione in via analogica ex art. 14 delle preleggi. E' del pari rilevante in quanto la declaratoria di illegittimita' della norma nella parte qua permette nel giudizio a quo l'esame della teste - vittima di un reato sessuale - nelle forme protette, salvaguardando al contempo la genuinita' della prova e la personalita' della stessa; consente altresi' di porre l'acquisizione probatoria al riparo da possibili eccezioni di inutilizzabilita' o nullita'. Non e' manifestatamene infondata, in quanto la mancata estensione della norma citata nel senso innanzi prospettato contrasta con gli articoli 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione della Repubblica Italiana. Contrasta con l'art. 2 della Costituzione in quanto la mancata estensione della norma de qua agli adulti infermi di mente non assicura piena tutela «dei diritti inviolabili della persona». In particolare, l'art. 2 Cost. garantisce i diritti inviolabili dell'uomo anche nel procedimento-processo penale. L'iter procedimentale deve essere improntato all'osservanza di regole che siano in grado di salvaguardare la personalita' dell'individuo, quale che sia il ruolo da esso rivestito (teste, indagato o imputato) e deve, dunque, svolgersi in modo da assicurare il rispetto della dignita', del pudore, della riservatezza e della integrita' affettiva e psichica di tutte le persone in esso coinvolte. Cio' non accade per l'adulto infermo di mente, vittima di reati sessuali, allorquando e' chiamato a deporre su vicende e questioni particolarmente delicate e scabrose afferenti la sfera piu' intima della sua personalita', in un'aula di tribunale e alla presenza del giudice e delle parti, in specie dell'imputato. Infatti, il contatto diretto dell'infermo di mente con la viva realta' processuale ha un effetto profondamente invasivo, tale da minare la serenita' e da generare una situazione di forte tensione e stress emotivo, con possibile perturbamento dell'equilibrio psichico, gia' fragile e compromesso, di questa particolare categoria di testimoni - persone offese. Lo stesso autorevole giudice che si adisce in diverse occasioni non ha mancato di sottolineare (cfr. sent. n. 262/1998) che le esigenze di salvaguardare la personalita', la riservatezza, la dignita' e il pudore «sono di preciso rilievo costituzionale, coinvolgendo la protezione dei diritti fondamentali della persona». Nella sentenza del n. 283/1997 (in cui veniva dichiarata la illegittimita' cost. dell'art 498, comma 4, c.p.p. nella parte in cui non estendeva «la conduzione dell'esame testimoniale» da parte del giudice anche ai testimoni, affetti da infermita' mentale) l'autorevole giudice ha evidenziato in particolare che «la garanzia del diritto fondamentale del rispetto della personalita' esige che la regola - relativa alle modalita' di assunzione della prova per testi - sia derogabile in relazione alla concretezza delle circostanze, nel caso della testimonianza di persona inferma di mente ...» affermando che le ordinarie modalita' dell'esame ... possono tradursi in una vicenda suscettibile di pregiudicare la personalita' particolarmente fragile del teste affetto da infermita' mentale.». Giova ancora rilevare che l'estensione della norma de qua alla audizione del teste - p.o. adulto - infermo di mente e' soluzione che si porre in perfetta armonia e coerenza anche con le decisioni adottate in merito dalla CE, la quale ha espressamente disposto che ciascuno Stato membro deve assicurare e garantire che «le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifica che risponda in modo ottimale alla loro situazione.». Ebbene senza dubbio la vittima di un reato sessuale, gia' ex se vittima particolarmente fragile, ancor piu' se si tratta di minori o di persone affette da deficit mentale, e' «un soggetto particolarmente vulnerabile»; ergo la necessita' di un trattamento specifico si traduce anche nella necessita' di apprestare modalita' di assunzione della prova che proteggano il teste, mediante l'utilizzo di specchi unidirezionali, di telecamere a circuito chiuso, con la mediazione di psicologi o comunque di personale altamente specializzato, insomma in un «ambiente neutro», che consenta all'infermo di esprimersi liberamente, al contempo preservandone la dignita' e la riservatezza. Contrasta con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza in quanto le situazioni di salvaguardia della personalita' del minore si possono presentare anche in relazione agli infermi di mente. Il minorato psichico versa in uno stato di debolezza e fragilita' mentale; sovente usa un linguaggio puerile, non riesce ad esprimersi, si presenta intimorito ed e' facile ad opera di dissuasione e di suggestione, perche' appunto privo di uno sviluppato bagaglio critico; dunque al pari del minore deve essere posto in condizioni di deporre e di essere preservato dalle «aggressioni» dell'esame ordinario, che, benche' operato con il «filtro» del giudice, non appare idoneo a tutelare e a salvaguardare la personalita' di tali soggetti. Contrasta con l'art. 24 Cost., traducendosi in un difetto di adeguata e piena tutela giurisdizionale. Le difficolta' di approccio che si possono avere con questa particolare categoria di testimoni, in ragione anche del coinvolgimento di questioni attinenti alla sfera piu' intima della personalita' e della inevitabile situazione di imbarazzo e tensione - che si genera nei processi del genere - richiedono, se si vuole porre il teste infermo di mente nella concreta ed effettiva condizione di difendere a pieno i propri diritti e di rendere una deposizione testimoniale serena, genuina e veridica, foriera da «elementi inquinati», che sia rimesso al vaglio del giudice stabilire caso per caso tempo, luogo e modalita' particolari di escussione del teste. L'assunzione della prova «in modo protetto» e' strumentale ad assicurare il diritto ad un processo giusto, inteso questo come efficace protezione delle situazioni soggettive giuridicamente rilevanti e come mezzo per contribuire alla ricerca della verita', cio' ovviamente nell'interesse di tutte le parti processuali, anche della stessa persona indagata/imputata. Viola ancora l'art. 32 Cost., perche' il diritto alla salute-intesa come benessere psico-fisico - non appare adeguatamente garantito e preservato. Porre tale teste a stretto e immediato contatto con la viva realta' processuale, con le parti; farlo impattare anche solo visivamente con il suo presunto aggressore; farlo deporre, per quanto la deposizione sia filtrata dal giudice, in un ambiente carico di «tensione» comporta uno stress emotivo, che in una persona, con un equilibrio psichico, gia' fortemente minato e compromesso, puo' tradursi in una lesione alla integrita' e al benessere fisico e psichico. Contrasta con l'art. 111 Cost., sub specie di garanzia di un «processo giusto», volto alla ricerca della verita'. E' superfluo sottolineare che le ordinarie modalita' di escussione del teste possono intimorire «l'infermo di mente», che, a cagione della sua fragile personalita', e' facilmente suggestionabile e dunque puo' essere indotto ad una ritrattazione o ad una diversa versione dei fatti. La assunzione della prova in modo protetto (in una stanza munita di vetro-specchio unidirezionale, mediante videoregistrazione, con telecamere nascoste e con l'ausilio di un esperto), dunque in una situazione di calma e in condizioni di completa - serenita' difficilmente attuabili altrimenti (alla presenza delle parti) - consente alla persona di esprimersi liberamente, al di la' di condizionamenti e paure. Consente altresi' al giudice di potere apprezzare, in sede di valutazione della prova, ogni minima sfumatura del linguaggio, di cogliere preziosi elementi nel comportamento, nelle movenze del corpo e in genere nell'atteggiamento complessivo tenuto nel corso dell'esame dal teste. Garantisce, pertanto, la genuinita' e la incontestabilita' della prova, elidendo il rischio di una decisione sulla base di elementi «inquinati».
P. Q. M. Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 398, comma 5-bis, c.p.p. in relazione agli articoli 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui in motivazione; Sospende il procedimento in corso; Dispone la notificazione della presente ordinanza al p.m. ai difensori dell'indigato, all'indagato, alla persona offesa, al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Ordina che la cancelleria proceda alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ariano Irpino, addi' 10 dicembre 2003 Il giudice per le indagini preliminari: Ianniciello 04C0353