N. 202 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 2003

Ordinanza  emessa  il  13 ottobre 2003 dal tribunale di Venezia, sez.
distaccata di Dolo nel procedimento penale a carico di Isovsky Sedat

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Contrasto  con  i  principi di ragionevolezza e di proporzionalita'
  delle misure sanzionatorie - Carenza del requisito della necessita'
  ed  urgenza  per  l'adozione  da parte della polizia giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dall'art. 13, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.13 del 31-3-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale.
    Premesso  che  in  data  11  ottobre  2003 alle ore 19,30 Isovski
Sedat,  nota o Debar (Macedonia), il 13 ottobre 1979, e' stato tratto
in  arresto  per  il  reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs.
n. 286/1998,  perche'  senza  giustificato  motivo  si tratteneva nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine impartito dalla
Questura  di  Venezia  in  data  23 settembre 2003 ai sensi del comma
5-bis del citato articolo;
        che  in data odierna, 13 ottobre 2003, Isovski Sedat e' stato
presentato   davanti   a  questo  giudice  per  la  convalida  ed  il
contestuale   giudizio   direttissimo  a  norma  dell'art. 14,  comma
5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m.
ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di
alcuna misura cautelare;

                        Osserva quanto segue

    1.  -  L'art. 14,  comma  5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 e succ.
mod. nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera della p.g.
per  il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, legge cit., si pone in
violazione  dell'art. 13, comma terzo, Cost. L'articolo in questione,
dopo  aver stabilito che la liberta' personale e' inviolabile ed aver
specificato  che  eventuali  restrizioni  della liberta' in questione
possono essere disposte solo in base a previsione di legge e per atto
motivato dell'autorita' giudiziaria, prevede al comma 3 una deroga in
forza  della  quale  in  casi  eccezionali  di  necessita' ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge  e'  possibile  l'adozione  di
provvedimenti   provvisori   da   parte  dell'autorita'  di  pubblica
sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la  legge stabilisce la pena
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e  nel massimo a venti (art. 380, comma 1 c.p.p.) e nei casi di
flagranza  di  altri reati specificamente indicati (art. 380, comma 2
c.p.p.),  individuati  dal  legislatore  in base alla legge delega 16
febbraio   1987,   n. 81,  che  prevedeva  di  contemplare  l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotate  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.  E' dunque evidente che in tali casi ricorrano i presupposti
della necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  Questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato   allarme   sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo
l'adozione  immediata  di  un provvedimento limitativo della liberta'
personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla p.g. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121
disp.  att.  c.p.p.  stabilisce infatti che quando il p.m. ritiene di
non  dover  chiedere  al  giudice  l'applicazione di misura cautelare
coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.  E'  evidente che tale norma deve trovare applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2.  -  Peraltro,  non si vede sotto quale altro profilo l'arresto
possa   assolvere   una   utile   funzione,  posto  che  il  giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi al
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art.  14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998, norma in esame, sia costituzionalmente illegittima nella
parte  in  cui  prevede l'arresto obbligatorio anche sotto il profilo
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3. - La Corte costituzionale deve pertanto essere investita della
questione di legittimita' dell'art. 14, comma 5-quinquies, legge cit.
per violazione degli artt. 3 e 13, comma terzo, Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23  legge  11  marzo  1953,  n. 87, ritenuta la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  14,  comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998,  introdotto
dall'art. 13, comma 1, lett. b), legge 30 luglio 2002, n. 189;
    Ordina  l'immediata  trasmissione alla Corte costituzionale degli
atti del procedimento;
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la comunicazione ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Dolo, addi' 13 ottobre 2003
                        Il giudice: De Curtis
04C0362