N. 223 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2004

Ordinanza  emessa il 16 gennaio 2004 dal giudice di pace di Lagonegro
nel  procedimento  civile  vertente  tra  G.  & I. Auto di Iannibelli
Nunzio e Germano Alessandro S.n.c. e Prefettura di Potenza

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al  giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni
  di  ammissibilita'  -  Onere per il ricorrente di versare presso la
  cancelleria  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
  sanzione   inflitta   dall'organo   accertatore  -  Violazione  del
  principio  di  uguaglianza  - Discriminazione in danno dei soggetti
  meno  abbienti  -  Inosservanza  del  compito  della  Repubblica di
  rimuovere  gli ostacoli economico-sociali limitativi di fatto della
  liberta'  e dell'eguaglianza - Compressione del diritto alla tutela
  giurisdizionale  -  Lesione  del diritto di difesa - Ingiustificata
  situazione   di   privilegio  per  la  Pubblica  Amministrazione  -
  Violazione  del  principio  del  giudice naturale precostituito per
  legge.
- Codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,
  introdotto  dall'art.  1-septies della legge 1° agosto 2003, n. 214
  [recte:  dall'art.  4,  comma  1-septies,  del d.l. 27 giugno 2003,
  n. 151,  convertito,  con  modifiche,  nella  legge 1° agosto 2003,
  n. 214].
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.14 del 7-4-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  nella causa iscritta al
n. 344/03  R.G.  tra  G.  &  I.  Auto  di Iannibelli Nunzio e Germano
Alessandro   S.n.c.,   rappresentata   e  difesa  dall'avv.  Prospero
Amendolara, opponente;
    Contro: Prefetto di Potenza, opposto;
    Avente  ad  oggetto  opposizione  a  verbale di contestazione per
infrazione al codice della strada.

                              F a t t o

    Con  ricorso depositato in cancelleria il 25 settembre 2003 la G.
&  I.  Auto  di  Iannibelli  Nunzio  e  Germano Alessandro S.n.c., in
persona  del legale rappresentate p.t., proponeva opposizione avverso
il  verbale  di contestazione n. ATX0000071923, elevato dalla sezione
Polizia  stradale  di  Potenza  in data 1° maggio 2003, notificato il
18 agosto  2003,  con cui veniva contestata al conducente del veicolo
ATV   AUDI  A6  tg.  BK911GF,  di  proprieta'  della  ricorrente,  la
violazione  della  disposizione  di  cui  all'art. 142/198 del d.lgs.
30 aprile  1992,  n. 285  e  irrogata  la sanzione pecuniaria di euro
137,55.
    La    ricorrente    preliminarmente    sollevava   eccezione   di
illegittimita'    costituzionale    dell'art. 204-bis    del   d.lgs.
n. 285/1992,  a  suo  dire  gravemente  lesivo del diritto di difesa,
depositando  il  ricorso  senza  il versamento della «somma pari alla
meta'  del  massimo  edittale  della  sanzione  inflitta  dall'organo
accertatore»,  cosi'  come  prescritto  dall'articolo  sopra  citato,
introdotto  dalla  legge n. 214/2003. In via subordinata e nel merito
chiedeva  l'annullamento  del  verbale impugnato, siccome viziato per
eccesso  di  potere  e  violazione  di legge, con vittoria di spese e
competenze del giudizio.
    Fissata dal giudice l'udienza di comparizione ex art. 23, secondo
comma,  legge  n. 689/1981,  si  costituiva, con comparsa di risposta
trasmessa  alla  cancelleria  di  questo  ufficio in data 15 dicembre
2003,  il Prefetto di Potenza, il quale, in via preliminare, eccepiva
l'inammissibilita'   dell'opposizione   per  mancato  deposito  della
cauzione  prevista  dall'art. 204-bis  c.d.s.;  in  subordine  e  nel
merito,  deducendo  l'assoluta infondatezza del ricorso in fatto e in
diritto, ne chiedeva il rigetto, con ogni conseguenza di legge.
    All'odierna   udienza,   il   giudice,   vista   l'eccezione   di
illegittimita'  costituzionale sollevata dalla ricorrente, ritenutane
la  rilevanza  e la fondatezza, sospende il procedimento per i motivi
che seguono.

                            D i r i t t o

    1.   -   Violazione   del   principio  di  uguaglianza  stabilito
dall'art. 3 della Costituzione.
    E'  noto  che  uno  degli  aspetti  di  novita' del decreto legge
n. 151/2003  e'  rappresentato  dalla  possibilita',  offerta  in via
alternativa  al  ricorso  amministrativo  al  prefetto,  di  proporre
ricorso  al  giudice  di pace del luogo in cui la violazione e' stata
commessa,  entro  sessanta  giorni  dalla  data di contestazione o di
notificazione.  A  tal fine, l'art. 204-bis, comma 3, del c.d.s. (nel
testo riformulato dall'art. 4, comma 1-septies, del d.l. n. 151/2003)
prvede  che  «all'atto  del  deposito del ricorso, il ricorrente deve
versare  presso  la  cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di
inammissibilita'  del  ricorso, una somma pari alla meta' del massimo
edittale  della  sanzione  inflitta  dall'organo accertatore». Questa
disposizione,   che   fin  dai  primi  commenti  anche  sulla  stampa
quotidiana,  e'  stata  ritenuta  uno strumento volto a scoraggiare i
ricorsi,  pone in realta' una pluralita' di problemi, sia di concreta
applicazione, sia di eventuale illegittimita' costituzionale.
    Quanto a questi ultimi, si puo' osservare che, se e' senza dubbio
vero  che  la  Costituzione  non  sancisce  la gratuita' del servizio
giudiziario (Corte costituzionale, sentenza 268/849), di modo che, in
linea di massima, la previsione di oneri patrimoniali o tributari per
accedere alla tutela giurisdizionale non e', di per se', illegittima,
e'  altrettanto vero che la previsione di oneri o altri strumenti non
puo'   risolversi   in  una  compressione  del  diritto  alla  tutela
giurisdizionale, costituzionalmente garantito.
    La  stessa Corte costituzionale (sentenza 29 novembre 1960 n. 67)
dichiaro'   costituzionalmente   illegittimo  l'art. 98  c.p.c.,  che
prevedeva  proprio il potere del giudice di imporre una cauzione alla
parte,  con  conseguente  estinzione  del giudizio in caso di mancato
versamento.  Inoltre  la sentenza 21/61 aboli' la cosiddetta clausola
solve  et  repete,  cioe'  l'obbligo  di  pagare  comunque  i tributi
richiesti   dall'amministrazione   finanziaria  per  poter  agire  in
giudizio,   proprio  perche'  compressiva  del  diritto  alla  tutela
giurisdizionale.
    Invero,  tralasciando pure i problemi applicativi e le incertezze
posti dalla soluzione del libretto postale ipotizzata dalla circolare
13   agosto  2003  del  Ministero  della  giustizia,  l'eccezione  di
illeggittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis  C.d.S. non appare
destituita  di  fondamento,  in  quanto  tale  norma,  prevedendo  il
versamento  di  una  cauzione  per poter ricorrere al giudice di pace
contro le sanzioni irrogate, menoma gravemente il diritto alla difesa
e  lede  il  principio  di  eguaglianza tra i cittadini, determinando
inoltre  un tattamento favorevole per l'amministrazione, la quale, in
caso  di  accoglimento  dei  ricorsi amministrativi, cui il cittadino
farebbe ricorso per evitare il versamento della cauzione, non sarebbe
condannata al pagamento delle spese processuali.
    In realta', l'art. 204-bis c.d.s. che ha introdotto l'obbligo del
versamento  di una cauzione in denaro, a pena di inammissibilita' del
ricorso,  viene  a  creare  un'inammissibile  discriminazione  tra  i
cittadini, garantendo un'effettiva tutela giurisdizionale soltanto ai
cittadini  piu' abbienti, gli unici in grado di poter versare subito,
al  momento del deposito del ricorso, una somma che e' addirittura il
doppio di quella prevista per il pagamento in misura ridotta.
    Certo,  si potrebbe obiettare che il cittadino meno abbiente puo'
sempre  scegliere la via del ricorso amministrativo, per il quale non
e'  previsto  il  versamento della cauzione. Ma non si vede per quale
ragione  debba essere ammessa una simile situazione di disparita' tra
i  cittadini - assolutamente contraria al dettato costituzionale - in
virtu'  della quale il ricorso amministrativo diventerebbe il ricorso
destinato  ai  cittadini  poveri  e  quello  giudiziario lo strumento
riservato ai cittadini ricchi.
    In ragione di quanto precede, questo giudice ritiene che si ponga
fondatamente   la   questione   della   legittimita'   costituzionale
dll'art. 204-bis c.d.s., per l'evidente violazione dell'art. 3, comma
2,  della  Costituzione,  secondo  cui  «e'  compito della Repubblica
rimuovere  gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di  fatto  la  liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana».
    2.   -   Violazione  del  diritto  di  difesa  ex  art. 24  della
Costituzione.
    Sulla  scorta di quanto fin qui esposto, appare altresi' evidente
il   contrasto   dell'art. 204-bis   c.d.s.   con   l'art. 24   della
Costituzione,  il  quale recita testualmente che «tutti possono agire
in  giudizio  per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La   difesa  e'  diritto  inviolabile  in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento».
    Non  a  caso la Corte costituzionale, nella sentenza n. 61/64, ha
statuito  che  una  disposizione  normativa  che leda il principio di
uguaglianza,  prevedendo  un trattamento diverso per cittadini che si
trovino  in  uguale  situazione,  puo' trovare legittima applicazione
solo ove vi sia l'indefettibile presenza di «ragionevoli motivi».
    Nel   caso  dell'art. 204-bis  non  sembra  che  tale  condizione
ricorra,  a  meno  che non si voglia considerare «ragionevole motivo»
l'obiettivo   (non   dichiarato,  ma  evidente)  del  legislatore  di
scoraggiare i ricorsi e di conseguire, attraverso il freno inibitorio
costituito   dalla  cauzione,  il  deflazionamento  dei  processi  di
opposizione  alle  sanzioni amministrative derivanti da infrazioni al
codice della strada.
    Il  versamento  della cauzione all'atto del deposito del ricorso,
si palesa, insomma, un espediente escogitato al solo fine di impedire
l'instaurazione di nuovi processi, con l'imposizione di un «balzello»
che non trova riscontro in nessun altro tipo di giudizio.
    Ma c'e' di piu'.
    E' una regola fondamentale del nostro ordinamento che il processo
nasca  e  si sviluppi nel rispetto di norme procedurali che pongano i
vari soggetti su un piano di assoluta parita'.
    Tale  regola subisce, con l'obbligo di versamento della cauzione,
un'evidente  violazione, determinando un'ingiustificata situazione di
privilegio  per  l'amministrazione,  che,  in  caso di esito positivo
della  lite,  ha  immediatamente  a disposizione la somma dovutale, e
spesso, anche parte delle spese del giudizio.
    Per  di piu' i cittadini meno agiati, che dall'introduzione della
cauzione  si  vedono  di fatto «costretti» a rinunciare al ricorso in
sede  giurisdizionale  e  debbono proporre il ricorso amministrativo,
subiscono  un  ulteriore  svantaggio, atteso che, non vigendo in sede
amministrativa   il   principio   della   soccombenza,   in  caso  di
accoglimento  del  ricorso, non vengono rimborsati ne' delle spese di
causa sostenute per l'assistenza di un legale ne' degli esborsi.
    3.  - Violazione del diritto al giudice naturale ex art. 25 della
Costituzione.
    L'art. 204-bis  C.d.S.  e'  altresi'  in  evidente  contrasto con
l'art. 25  della  Costituzione a norma del quale «nessuno puo' essere
distolto dal giudice naturale precostituito legge».
    Appare   di   tutta   evidenza,   infatti,  che  l'ingiustificato
«balzello»  costituito  dalla cauzione, nel momento in cui pregiudica
la  possibilita'  del  cittadino  meno  abbiente  di  agire  in  sede
giurisdizionale,  si  pone  in  netto  contrasto  con l'art. 25 sopra
citato,  che  garantisce il diritto di tutti i cittadini di ricorrere
al giudice naturale.
    In altri termini, l'obbligo della cauzione preclude ad una fascia
di  cittadini  -  quella  economicamente  piu' vulnerabile - di poter
esercitare  la  scelta,  libera  ed  incondizionata,  tra  la  tutela
amministrativa  e  quella  giurisdizionale,  obbligandola di fatto al
ricorso  amministrativo,  privo,  per  sua  natura, delle garanzie di
difesa  costituzionale,  proprie  della  sede giurisdizionale. In tal
senso  l'art. 204-bis  in  esame  si  pone  come  fonte di ulteriori,
ingiustificate, disugluaglianze e discriminazioni tra i cittadini.
    Si  aggiunga  per  concludere,  che  ritenere  costituzionalmente
legittima  la  posizione privilegiata garantita alla p.a. dalla norma
in  esame,  si pone in contrasto con l'ormai consolidato orientamento
giurisprudenziale    (ad    esempio,    in   materia   di   documenti
amministrativi,     trasparenza     amministrativa,     funzionalita'
dell'amministrazione),  che  ha  colmato  nel tempo il divario tra il
cittadino e la p.a.
                              P. Q. M.
    Solleva      questione     di     legittimita'     costituzionale
dell'art. 204-bis  del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto
dall'art. 1-septies  della  legge 1° agosto 2003, n. 214 (in Gazzetta
Ufficiale supp. ord. n. 186 del 12 agosto 2003), per violazione degli
artt. 2,  3, 24 e 25 della Costituzione, nei termini e per le ragioni
di cui in motivazione.
    E pertanto:
        letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
        ritenuta,  per  i  motivi  sopra  esposti,  rilevante  e  non
manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale
sollevata dalla ricorrente;
    Sospende il presente procedimento.
    Dispone  a  cura della cancelleria l'immediata trasmissione degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  la  notificazione  della presente
ordinanza  alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Lagonegro, addi' 16 gennaio 2004
                  Il giudice di pace: D'Alessandro
04C0388