N. 242 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2003

Ordinanza  emessa  il  10  dicembre 2003 dal tribunale amministrativo
regionale  del Piemonte sul ricorso proposto da Massa Carlo contro il
comune di Asti

Edilizia  e  urbanistica  -  Condono  edilizio - Condono per le opere
  abusive  ultimate  entro  il  31  marzo  2003  -  Previsione di una
  disciplina   analitica   in  luogo  dell'indicazione  dei  principi
  fondamentali - Violazione del riparto di competenze legislative tra
  Stato  e  Regioni - Assenza di previa intesa o concertazione con le
  Regioni  -  Incidenza  sui  principi  di  sussidiarieta' e di leale
  collaborazione.
- D.L.  30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito dalla legge 24
  novembre 2003, n. 326.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, 118, primo comma.
(GU n.14 del 7-4-2004 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  presente ordinanza nella camera di consiglio
del 26 novembre 2003;
    Visto  l'art. 21  della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo
modificato  dalla  legge  21  luglio  2000,  n. 205  e  l'art. 36 del
regolamento 17 agosto 1907, n. 642;
    Visto  il  ricorso  n. 1437/2002 proposto dal signor Massa Carlo,
rappresentato  e  difeso dagli avv. Enrico Rabino e Serenella Nicola,
elettivamente domiciliato in Torino, via Palmieri 40;
    Contro  il  Comune  di  Asti, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv. Secondo Dino Raviola e M. Gabriella
Garbino,  con  domicilio  eletto in Torino presso lo studio dell'avv.
Santilli, via Sacchi 44;
    Per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione:
        dell'ordinanza  n. 1288/2001  del  31 luglio 2001, con cui il
responsabile  del  servizio tecnico del Comune di Asti ha ordinato la
demolizione   delle   opere  abusive  realizzate  in  Asti  localita'
Cornapo', nei terreni identificati al catasto al foglio n. 88 mappale
173;
        e  di tutti gli atti antecedenti, preordinati, consequenziali
e comunque connessi ai provvedimenti impugnati;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Vista  la  domanda  cautelare presentata in via incidentale dalla
ricorrente;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Asti;
    Uditi nella camera di consiglio del 26 novembre 2003, relatore il
referendario   Cecilia   Altavista,  l'avv.  Scancarello  per  delega
dell'avv. Rabino per il ricorrente;
    Ritenuto e considerato quanto segue:

                              F a t t o

    Il   ricorrente,   destinatario  dell'ordine  di  demolizione  in
epigrafe  indicato,  espone  che l'ordinanza impugnata e' illegittima
per i seguenti motivi:
        violazione di legge in relazione all'art. 7 della legge n. 47
del  28 febbraio 1985; all'art. 7 della legge n. 94 del 25 marzo 1982
e  all'art.  56  della  legge  regionale  n. 56  del 5 dicembre 1977,
nonche'  all'art.  13  delle  N.T.A.  del  P.R.G. di Asti; eccesso di
potere   per  travisamento  dei  fatti  ed  erronea  valutazione  dei
presupposti;   carenza   e/o   insufficienza   di  istruttoria  e  di
motivazione; contraddittorieta', illogicita', sviamento;
        violazione  di  legge  in  relazione  all'art.  1 della legge
n. 431  del 5 agosto 1985; agli artt. 151 e 164 del d.lgs. n. 490 del
29  ottobre  1999; nonche' all'art. 3 della legge n. 241 del 7 agosto
1990;  eccesso  di  potere  per  travisamento  dei  fatti  ed erronea
valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria
e di motivazione; contraddittorieta', illogicita', sviamento;
        violazione  di  legge  in  relazione  all'art. 13 della legge
regionale  n. 45  del 9 agosto 1989 e al r.d. 3267 del dicembre 1923;
nonche'  all'art.  11  delle  N.T.A.  del  P.R.G. di Asti; eccesso di
potere   per  travisamento  dei  fatti  ed  erronea  valutazione  dei
presupposti;   carenza   e/o   insufficienza   di  istruttoria  e  di
motivazione; contraddittorieta', illogicita', sviamento.
    Il ricorrente concludeva per l'annullamento degli atti impugnati,
previa sospensione del provvedimento.
    La fase cautelare si e' tenuta nell'odierna camera di consiglio.

                            D i r i t t o

    Nell'odierna  camera  di consiglio, nella quale e' stata chiamata
la   trattazione   dell'incidente   cautelare,   il  difensore  della
ricorrente   ha   rappresentato  che  la  propria  assistita  intende
avvalersi  della sospensione del procedimento sanzionatorio, in forza
del  disposto  dell'art. 32 d.l. 30 agosto 2003, n. 269, conv., nella
legge  24  novembre  2003, n. 326, che richiama, sul punto, l'art. 44
legge n. 47 del 1985.
    Tale   ultima   norma,   com'e'  noto,  pur  riferendo  l'effetto
sospensivo  anche  ai procedimenti giudiziari, esclude esplicitamente
le   procedure  cautelari  dall'ambito  della  propria  applicazione:
pertanto,  il  collegio e' chiamato a decidere sulla domanda proposta
con  il  ricorso,  che  concerne,  in  questa  fase,  la  sospensione
dell'ordinanza di demolizione impugnata.
    A  tale proposito, e proprio al fine di indagare la sussistenza o
meno  del  danno grave e irreparabile la cui imminenza e' presupposto
per  la concessione della misura cautelare, il collegio deve valutare
la  portata  della  sospensione  del  procedimento  -  amministrativo
-sanzionatorio:  e'  chiaro,  infatti,  che, ove il risultato sperato
attraverso  la  pronuncia  di questo giudice fosse gia' raggiunto per
legge,  in  questa  sede non rimarrebbe che trarne le conseguenze sul
piano  processuale,  in  termini di sopravvenuta carenza di interesse
alla  pronuncia  cautelare, o per simili constatazioni del venir meno
del contenuto stesso della domanda.
    La  valutazione della portata della norma di cui all'art. 32 d.l.
citato  e',  pertanto,  rilevante  al  fine  del decidere l'incidente
cautelare che si sta trattando, costituendo il primo passaggio logico
da  affrontare,  mediante  l'attestazione  dei parametri normativi da
assumere  come  riferimento per la valutazione del danno: e, a questo
proposito,  va  rilevato  che  non  solo  la disposta sospensione del
procedimento   amministrativo   deve  essere  valutata,  ma  l'intero
art. 32,  in  quanto l'esame della concreta entita' e sussistenza del
pregiudizio  addotto  dalla  ricorrente (che ha dichiarato di volersi
avvalere  del  condono)  va condotto alla stregua delle norme che non
solo  sospendono,  ma  rendono  passibile  di  cancellazione  l'abuso
commesso: e che tale sia la portata della norma in riferimento emerge
dalla  sua  semplice  lettura,  in forza della quale e' consentita la
sanatoria, entro taluni limiti, delle opere abusive ultimate entro il
31  marzo 2003, con applicazione, per quanto compatibile, della legge
n. 47 del 1985 e dell'art. 39 della legge n. 724 del 1924.
    A tal fine del decidere l'incidente cautelare e' quindi rilevante
quanto dispone l'art. 32 d.l. n. 269 del 2003.
    Il collegio, chiamato a darne applicazione, dubita tuttavia della
legittimita' costituzionale di tale norma.
    Con  lo  stabilire la condonabilita' delle opere edilizie abusive
non  e'  dubbio  che  la  legge  ha inciso sulla funzione relativa al
governo  del  territorio,  nella  quale  sono  comprese  materie  che
l'art. 117   della   Costituzione   indica   come   di   legislazione
concorrente,  per  la  quale  la  potesta'  legislativa  spetta  alle
regioni,  salvo  che  per la determinazione di principi fondamentali,
riservata alla legge statale.
       L'art. 32   in   esame   non   contiene,   tuttavia,  principi
fondamentali,  ma  disposizioni che minutamente stabiliscono termini,
modalita'  e  limiti  della  sanatoria  degli  abusi edilizi, oltre a
disporre,  ovviamente,  la  condonabilita'  (evidentemente, in via di
eccezione)  degli  stessi: contiene, cioe', disposizioni eccezionali,
che per definizione sono l'antitesi dei principi generali.
    Neppure sembra, ad avviso del collegio, che la norma possa essere
giustificata  con l'esercizio del sistema di sussidiarieta', che, con
quello  di  adeguatezza, nel sistema del nuovo assetto costituzionale
vale,  come ha rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 303
del  2003,  a  rendere  piu'  flessibile  un disegno che, altrimenti,
rischierebbe   di   vanificare,   per   l'ampia  articolazione  delle
competenze,  istanze  di  unificazione  che  trovano  sostegno  nella
proclamazione dell'unita' e indivisibilita' della Repubblica.
    Tale  elemento  di  flessibilita', contenuto nell'art. 118, primo
comma,   Cost.   (che   si  riferisce  esplicitamente  alle  funzioni
amministrative,  ma  che  la  Corte  costituzionale,  nella  sentenza
citata,  individua  quale meccanismo dinamico che finisce col rendere
meno  rigida  la  stessa distribuzione delle competenze legislative),
puo'   consentire   una  deroga  al  normale  riparto  di  competenze
legislative   contenuto   nel   Titolo   V  solo  se  (ragionevole  e
proporzionato)  e' oggetto di intesa con le regioni. La fondamentale,
citata  sentenza  della  Corte  costituzionale  ha  chiarito  che dal
congiunto  disposto degli artt. 117 e 118, primo comma, e' desumibile
anche  il  principio  dell'intesa,  come  conseguenza della peculiare
funzione  attribuita  alla  sussidiarieta',  alla  quale  deve essere
attribuita   valenza   squisitamente  procedimentale.  L'esigenza  di
esercizio  unitario  «che consente di attrarre, insieme alla funzione
amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza  di  una
disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le
attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale, ovverosia le
intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta».
    Se  cosi'  e',  non  si  puo'  non  dubitare  che  l'art. 32 cit.
costituisca  infrazione  al  sistema  costituzionale. Nel testo della
norma,  infatti,  non  e'  traccia di concertazione, o intese, con le
regioni;  ed  anzi,  alcune di esse hanno gia' sollevato davanti alla
Corte la questione dell'invasione delle proprie competenze.
    Ne'  puo'  ravvisarsi  nel  riferimento  operato dal terzo comma,
(oltre  a quanto stabilito nella legge statale, anche) alla normativa
regionale per cio' che riguarda le condizioni i limiti e le modalita'
del  rilascio  del  titolo  abilitativo,  una clausola di sostanziale
salvezza  per le competenze regionali: trattasi infatti (come ha gia'
rilevato  il  Tribunale amministrativo regionale Emilia-Romagna, sez.
Parma,  nella  ordinanza  20  novembre  2003,  n. 27),  nonostante la
ridondanza   dell'espressione,  di  aspetti  di  mero  dettaglio  del
procedimento.
    E  neppure  puo'  trarre  a  diverse  conclusioni  la prospettata
transitorieta' della disciplina, che il secondo comma dichiara valida
fino  all'adeguamento  della legislazione regionale alle disposizioni
di  cui  al  d.P.R.  n. 380  del  2000, giacche' tale normativa, come
rileva  la  predetta ordinanza del Tribunale amministrativo regionale
Parma,  non  sembra  pertinente alla materia in esame; a cio' si deve
aggiungere  che  certamente  non  transitorio  e'  l'effetto  che  la
sanatoria   di   opere   gia'   abusivamente  edificate  produce  sul
territorio,  il  cui governo, percio', risulta sottratto, per lo meno
nel periodo considerato, in maniera irrevocabile all'ente competente.
    Cosi'  mera  formula  verbale, incapace di modificare a vantaggio
della   legge   nazionale  il  riparto  costituzionalmente  garantito
(perche'  cio'  equivarrebbe  a  negare  la  stessa  rigidita'  della
Costituzione)  sono  le  dichiarazioni  di  salvezza delle competenze
regionali  contenute  nei  primi  commi dell'art. 32, la cui portata,
come  si  e'  detto  appare  poi invece interamente e sostanzialmente
invasiva di tali competenze.
    La  questione  della  legittimita' costituzionale, per infrazione
degli artt. 117 e 118 della Costituzione, appare pertanto rilevante e
non  manifestamente  infondata; la sezione deve percio' rimetterne la
soluzione alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio.
                              P. Q. M.
    Il   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Piemonte,  prima
sezione,  ritenuta d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata
la  questione  di  costituzionalita'  dell'art. 32  d.l. 30 settembre
2003,  n. 269,  convertito  nella legge 24 novembre 2003, n. 326, per
contrasto  con  gli  artt. 117, terzo comma e 118, primo comma, della
Costituzione:
        sospende il giudizio in corso;
        ordina  la trasmissione della presente ordinanza e degli atti
del giudizio alla Corte costituzionale;
        ordina  la  notificazione dell'ordinanza stessa alle parti in
causa  e  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e  la  sua
comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi' deciso in Torino, nella camera di consiglio del 26 novembre
2003.
                                        Il Presidente: Gomez De Ayala
                Il referendario estensore: Altavista
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