N. 296 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 dicembre 2003
Ordinanza emessa l'11 dicembre 2003 dal tribunale di sorveglianza di Napoli sull'istanza proposta da Barreca Santo Ordinamento penitenziario - Corrispondenza del detenuto - Possibilita' della sottoposizione, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo dell'amministrazione penitenziaria - Omessa specificazione dei presupposti per l'adozione del provvedimento del giudice - Mancata previsione di una tutela giurisdizionale nei confronti dell'atto dell'amministrazione penitenziaria - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del diritto di difesa - Contrasto con le garanzie poste a tutela del principio della segretezza e della liberta' delle comunicazioni. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 18, comma 7, sostituito dalla legge 12 gennaio 1977, n. 1, art. 2. - Costituzione artt. 3, 15 e 24.(GU n.16 del 21-4-2004 )
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Riunito in camera di consiglio per deliberare sulla domanda ex art. 69 l.p. avanzata da Barreca Santo nato a Reggio Calabria il 4 febbraio 1959 letti gli atti relativi a Barreca Santo, attualmente detenuto nella casa circondariale di Palmi, in espiazione della pena dell'ergastolo inflitta con sentenza 26 giugno 2000 dalla Corte di appello di Reggio Calabria nonche' appellante avverso la sentenza 26 aprile 2000 della Corte di assise di Reggio Calabria con la quale era condannato all'ergastolo; Rilevato che in data 9 settembre 2003 il magistrato di sorveglianza di S.M.C.V., a seguito di nota sulla richiesta della Casa di reclusione di Carinola del 2 settembre 2003, disponeva la sottoposizione della corrispondenza epistolare e telegrafica in arrivo e in partenza del detenuto Barreca a visto di censura per un periodo di mesi sei; Rilevato che in data 13 settembre 2003, il detenuto proponeva reclamo avverso il suddetto provvedimento e tale reclamo veniva registrato in tribunale ai sensi dell'art. 69 l.p. anche se impropriamente; O s s e r v a La Corte di cassazione con giurisprudenza costante ha affermato che «il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 18, comma 7, dell'ordinamento penitenziario dispone la sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza di un condannato o internato non e' annoverabile tra quelli sulla liberta' personale e, pertanto, non e' ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 2, della Costituzione; inoltre non prevedendo la legge alcuno specifico mezzo di impugnazione, deve essere considerato inoppugnabile in ossequio al principio di tassativita' enunciato nell'art. 568, comma 1, c.p.p. (tra le altre Cass. sez. I 9 febbraio 1989, 30 novembre 1989, 5 dicembre 1991, 27 febbraio 1993, 8 febbraio 1994, 14 luglio 1994, 20 dicembre 1994). Alla stregua di tale giurisprudenza, nell'assenza della previsione nell'art. 18 l.p. di una forma di controllo sul provvedimento del magistrato che sottopone la corrispondenza del detenuto a visto di controllo, il collegio dovrebbe dichiarare il reclamo proposto dal Barreca inammisibile. E' di tutta evidenza che la decisione riguarda una fattispecie incidente su un bene oggetto di tutela costituzionale; occorre allora verificare, se la legge ordinaria sia rispettosa del precetto costituzionale. L'art. 15 della Costituzione recita: la liberta' e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione puo' avvenire soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. L'art. 18, comma 7, della legge n. 354/1975 stabilisce: «la corrispondenza dei singoli condannati o internati puo' essere sottoposta, con provvedimento del magistrato di sorveglianza a visto di controllo del direttore o di un appartenente all'amministrazione penitenziaria designata dallo stesso direttore. L'art. 15 della Costituzione, quindi, subordina la limitazione della liberta' e segretezza della corrispondenza a tre condizioni: l'autorita' che puo' limitare il diritto costituzionale e' solo l'autorita' giudiziaria; il provvedimento limitativo deve essere motivato; le limitazioni possono avvenire con le garanzie stabilite dalla legge. Ictu oculi l'art. 18 l.p. soddisfa solo le prime due condizioni perche' prescrive che la corrispondenza puo' essere sottoposta a visto di controllo con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza. L'art. 18 non prevede ulteriori forme di garanzia: non e' infatti specificato in presenza di quali presupposti possa il magistrato limitare il bene costituzionalmente protetto; non e' prevista alcuna forma di controllo da parte del condannato ne' prima dell'adozione del provvedimento ne' nella fase successiva. Sotto il primo profilo, puo' evidenziarsi la diversa disciplina dell'art. 266 c.p.p. che prevede la possibilita' di intercettare conversazioni o comunicazioni solo quando si procede per specifici reati e allorche' l'intercettazione sia indispensabile ai fini della prosecuzione della indagini. Sotto l'altro profilo, si richiamano gli artt. 254 e 257 c.p.p. che disciplinano il sequestro di corrispondenza negli uffici postali o telegrafici cui e' statuito che il sequestro e' disposto dall'autorita' giudiziaria quando vi sia fondato motivo di ritenere che tale corrispondenza possa avere relazioni con il reato e il provvedimento e' adottato con decreto motivato contro il quale la parte puo' proporre richiesta di riesame. La mancata previsione nell'art. 18 l.p. di presupposti o condizioni in presenza delle quali il magistrato puo' emettere provvedimenti limitativi di un bene di rilevanza costituzionale appare certamente non conforme al precetto costituzionale. L'obbligo della motivazione si rileva una vuota e mera formalita': non essendo indicati i parametri di legge a cui il magistrato deve attenersi, la motivazione serve ad esplicitare il perche' e' stato esercitato il potere discrezionale attribuito dalla norma, ma non puo' servire a verificare che il potere sia stato esercitato nel rispetto della norma. La motivazione puo' divenire allora una mera esercitazione retorica anche perche' non essendo previsto alcun mezzo di impugnazione non c'e' alcuna concreta possibilita' di denunciare un'illogica o apparente motivazione. La mancata previsione del diritto del detenuto a far valere le proprie ragioni si pone in contrasto altresi' con l'art. 24 della Costituzione che al primo e secondo comma sancisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. L'assenza di vocatio in ius, l'omessa previsione di un'impugnazione, la non ricorribilita' in Cassazione del decreto applicativo della censura rappresentano una palese violazione della norma costituzionale; non appaiono compatibili con lo spirito del codice di procedura penale che all'art. 666 c.p.p. disciplina il procedimento giurisdizionale unitario nelle materie di competenza del tribunale o del magistrato di sorveglianza in cui emerge la volonta' di giurisdizionalizzare tutta la fase esecutiva; ne' appaiono compatibili con altri procedimenti previsti dalla legge penitenziaria, si pensi in particolare all'art. 30-bis, 14-ter, 53-bis e 69 l.p. che assicurano la giurisdizionalizzazione del reclamo in materie non sempre incidenti su beni o interessi costituzionalmente protetti. E' d'altra parte nota la crescente tendenza della giurisprudenza costituzionale e di legittimita' a configurare l'attivita' della magistratura di sorveglianza come rientrante nella nozione di giurisdizione vera e propria, sottraendola dall'ambito della c.d. amministrazione in cui e' stata a lungo relegata. Valuti infine il giudice delle leggi se e' conforme all'art. 3 della Costituzione un sistema che prevede la giurisdizionalizzazione del reclamo in materie non sempre incidenti su beni o interessi di rilevanza costituzionali (ad esempio l'esercizio del potere disciplinare) e non prevede alcuna forma di controllo nell'ipotesi, ben piu' importante e di maggiore spessore, in cui il magistrato di sorveglianza intervenga su questioni che incidono su beni di rilevanza costituzionale. Per tutte le considerazioni fin qui svolte, il collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 18 della legge n. 354/1975 per violazione degli artt. 3, 15 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede limiti all'esercizio del potere del magistrato di sorveglianza di sottoporre la corrispondenza dei detenuti a visto di controllo e non prevede la possibilita' per il detenuto di esercitare il diritto di difesa in relazione ad un provvedimento che limita un suo diritto garantito dalla Costituzione
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e l'art. 1 della deliberazione della Corte costituzionale del 16 marzo 1956; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 18, comma 7, della legge n. 354/1975 nella parte in cui, in violazione degli artt. 3 15 e 24 della Costituzione, non prescrive i limiti entro i quali il magistrato di sorveglianza puo' esercitare il potere di limitare il diritto alla tutela e segretezza della corrispondenza e non prevede la possibilita' per il detenuto cui sia stato imposto il visto di censura sulla corrispondenza di tutelare il proprio diritto nell'ambito di un procedimento giurisdizionale; Sospende per l'effetto la decisione in ordine al reclamo proposto dal detenuto Barreca; Ordina che a cura della cancelleria la presente ora sia notificata al detenuto, al magistrato di sorveglianza di S.M.C.V., al procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; Si comunichi ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e si trasmetta, a notifiche e comunicazioni avvenute, alla Corte costituzionale. Napoli, addi' 4 dicembre 2003 Il presidente estensore:Acerra 04C0474