N. 313 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2003

Ordinanza  emessa  il 24 novembre 2003 dal giudice di pace di Pescina
nel  procedimento  civile  vertente  tra  Cerasani Giuseppe e Polizia
Municipale di San Benedetto dei Marsi

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al  giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni
  di  ammissibilita'  -  Onere per il ricorrente di versare presso la
  cancelleria  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
  sanzione  inflitta  dall'organo  accertatore  -  Contrasto  con  il
  diritto  alla  tutela giurisdizionale - Violazione del principio di
  parita'  delle  parti  in  giudizio  -  Compressione  della  tutela
  giurisdizionale  contro  gli  atti della Pubblica Amministrazione -
  Irragionevolezza  della  scelta  operata  dal legislatore - Mancata
  previsione  della  possibilita'  di  non deposito della cauzione da
  parte dei non abbienti.
- Codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,
  comma 3, introdotto dall'art. 1-septies della legge 1° agosto 2003,
  n. 214    [recte:    dall'art. 4,    comma 1-septies    del    d.l.
  27 giugno 2003,  n. 151,  convertito  con  modifiche nella legge 1°
  agosto 2003, n. 214].
- Costituzione, artt. 3, 24, 111, commi primo e secondo, e 113.
(GU n.17 del 28-4-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Visti  gli  atti del procedimento iscritto al n. 87A/03 del ruolo
generale affari contenziosi dell'anno 2003 di questo ufficio;
    Premesso  che, con ricorso depositato nella cancelleria di questo
ufficio  in data 8 novembre 2003, il sig. Cerasani Giuseppe proponeva
ricorso,  chiedendone  l'annullamento,  contro  il  verbale  n. 2774,
registro   cron.   n. 272/03,  del  «Servizio  associato  di  Polizia
municipale»  dei comuni di Pescina e S. Benedetto dei Marsi (Aquila),
datato  16  ottobre  2003, perche' «il giorno 19 agosto 2003 alle ore
20,25  in  localita'  via  A. Torlonia del comune di S. Benedetto dei
Marsi»  aveva  «violato  le norme del codice della strada di cui agli
articoli  7  commi 1 lett. a) e 13, perche': circolava alla guida del
veicolo suddetto in via A. Torlonia, in violazione dell'ordinanza del
sindaco che disponeva l'isola pedonale»:
        che  nel  predetto ricorso il sig. Cerasani dichiara di avere
transitato  nella predetta via giacche' «via Capocroce, dove io abito
e' una traversa del suddetto corso»;
        che  preliminarmente  questo  organo giudicante deve rilevare
che  il  ricorso  in oggetto e' stato depositato in cancelleria privo
della prova dell'avvenuto versamento della «somma pari alla meta' del
massimo  edittale  della  sanzione  inflitta dall'organo accertatore»
prescritto  dal terzo comma dell'art. 204-bis del decreto legislativo
n. 285 del 1992 (introdotto dalla legge n. 214 del 2003);
        che,  ai  sensi dei predetto comma dell'art. 204-bis cit., il
ricorrente deve versare tale cauzione «a pena di inammissibilita' del
ricorso»;
    Considerato   che   questo   organo   giudicante   dubita   della
legittimita'  costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24, 111 e
113  della  Costituzione, dell'art. 204-bis, terzo comma, del decreto
legislativo  n. 285  del  1992  (introdotto dalla legge n. 214 del 1°
agosto   2003   «Conversione   in   legge,   con  modificazioni,  del
decreto-legge   27   giugno   2003,   n. 151,  recante  modifiche  ed
integrazioni  al  codice  della  strada»),  secondo cui «All'atto del
deposito   del   ricorso,   il  ricorrente  deve  versare  presso  la
cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita' del
ricorso,  una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  edittale della
sanzione inflitta dall'organo accertatore»;
        che,  ai  sensi  dell'art. 23  della legge n. 87 del 1953, la
questione  di  legittimita'  costituzionale puo' essere sollevata, di
ufficio,  dalla  autorita'  giurisdizionale  «qualora il giudizio non
possa  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione di legittimita' costituzionale»;
        che,  in merito alla rilevanza della questione, questo organo
giudicante   si   trova   dover   applicare   la   norma   della  cui
costituzionalita' si dubita;
        che,  in  merito  alle  disposizioni  costituzionali ritenute
violate, si evidenzia quanto segue:
          a)   la   giurisprudenza  costituzionale  e'  costante  nel
ritenere  che «il diritto alla tutela giurisdizionale va ascritto tra
i  principi  supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui e'
intimamente   connesso   con   lo   stesso  principio  di  democrazia
l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice
e un giudizio» (v. gia', Corte cost. sent. n. 18 del 1982);
          b)   nella   sent.   n. 67   del   1960   (nel   dichiarare
incostituzionale   l'art. 98   c.p.c.)   la  Corte  ha  espressamente
affermato che l'imposizione di una cauzione «contrasta, oltre che con
l'art. 3,  anche con l'art. 24 Cost., in quanto essa puo' determinare
conseguenze   di  eccezionale  gravita'  rispetto  all'esercizio  dei
diritti  che  l'art. 24  Cost. proclama inviolabili, ove si consideri
che e' esclusa ogni possibilita' di reclamo e che, se la cauzione non
e'  prestata  al termine stabilito, il processo si estingue». In tale
direzione si pone anche la sentenza della Corte n. 21 del 1961 che ha
dichiarato  l'incostituzionalita'  del  c.d. solve et repete. E se e'
vero  che  altre  norme,  che  dispongono  obblighi  di  cauzione  in
determinate  fasi processuali, sono state ritenute dalla Corte non in
contrasto  con  la  Costituzione,  va  ricordata la motivazione della
sent.  n. 268 del 1984 (con cui la Corte ha ritenuto non in contrasto
con   la   Costituzione   l'assoggettamento   degli  atti  giudiziari
all'imposta   di  bollo  in  quanto  «non  si  puo'  dedurre  che  la
Costituzione  imponga,  in  via  generale,  una garanzia di gratuita'
della  protezione giudiziaria») nella quale la Corte ha affermato che
«Nessuna  analogia e' riscontrabile tra l'assoggettamento all'imposta
di  bollo  e l'antica regola del solve et repete, in quanto mentre il
primo  costituisce  un onere patrimoniale di carattere generale - che
non ha alcun rapporto con l'oggetto della controversia - imposto alla
generalita'  dei  soggetti  quando  questi  vogliano  agire  in  sede
giurisdizionale, la seconda rappresentava invece un onere particolare
imposto  a  chi  agisse  in  giudizio  contro il fisco per negare una
propria  obbligazione  tributaria  e  -  con il prescrivere il previo
adempimento  di  detta  obbligazione  - era strettamente connessa con
l'oggetto   della  lite,  invertendo  cosi'  il  principio  giuridico
generale  per cui qualsiasi prestazione pretesa dalla controparte, in
tanto  e'  dovuta,  nel caso di contestazione, in quanto ne sia stata
accertata  l'esistenza in sede giurisdizionale». Nel caso della norma
posta  dall'art. 204-bis, terzo comma, ricorre esattamente un'ipotesi
di obbligo imposto al ricorrente (previsto a pena di inammissibilita)
di  versare  una  cauzione  proprio  in  relazione ad una pretesa (il
verbale  di accertamento) contestata dal destinatario (il ricorrente)
e  sulla  cui  contestazione  e'  chiamato  a  pronunciarsi  l'organo
giurisdizionale;
          c)  da  questo  specifico  punto  di  vista emerge anche la
violazione   dell'art. 111,   primo  e  secondo  comma,  Cost.  (come
modificato  a  seguito  della  legge costituzionale n. 2 del 1999) in
quanto  l'art. 204-bis, quinto comma, nel prevedere che la depositata
cauzione  (nella  misura relativa alla sanzione inflitta e alle spese
processuali)   e'   destinata   all'amministrazione  di  appartenenza
dell'organo  accertatore,  viola  la  parita' delle parti in giudizio
imponendo  ad  una soltanto l'obbligo di «versare» in anticipo quanto
sara'   eventualmente   destinata   a   «corrispondere»  in  caso  di
soccombenza mentre nulla e' chiesto all'altra parte;
          d) contrasto dell'art. 204-bis, terzo comma, con l'art. 113
Cost.  (secondo  cui «contro gli atti della P.A. e' sempre ammessa la
tutela  giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi»), in
quanto   limita   l'ambito   di   operativita'   di   tale  principio
costituzionale;   ne'   vale   a  giustificare  tale  limitazione  la
previsione   della   possibilita'  di  impugnazione  della  eventuale
successiva  ordinanza-ingiunzione prefettizia, essendo tale ordinanza
soltanto  eventuale  ed  imponendo anzi al ricorrente, qualora voglia
adire    l'autorita'    giudiziaria,    l'obbligo    di    percorrere
preliminarmente un ricorso amministrativo.
    In  tal  senso  si  sono  espresse  anche  le sezioni unite della
Cassazione  nella pronuncia del 21 dicembre 2001, n. 16181, in cui si
legge  che  «In  materia  di  sanzioni  amministrative pecuniarie per
violazioni  al codice della strada, il ricorso al prefetto avverso il
verbale  di  accertamento  dell'infrazione al codice della strada, ai
sensi dell'art. 203 cod. strad. (approvato con decreto legislativo 30
aprile  1992 n. 285), non costituisce - stante l'incompatibilita' col
sistema costituzionale (artt. 24, 103 e 113 Cost.) di un principio di
riserva  di amministrazione - presupposto processuale per poter adire
il  giudice  ordinario e quindi il previo esperimento di tale ricorso
amministrativo   e'  meramente  facoltativo,  potendo  l'interessato,
indipendentemente  da  esso,  rivolgersi al giudice per contestare la
soggezione  alla  sanzione amministrativa pecuniaria». E, piu' avanti
le  sezioni  unite  aggiungono:  «In  proposito  va  osservato che la
previsione   di   uno   speciale  ricorso  amministrativo  contro  un
particolare   atto   del   procedimento  sanzionatorio  non  comporta
l'esclusione della tutela giurisdizionale in materia. Tale esclusione
sarebbe,    infatti,   manifestamente   incompatibile   col   sistema
costituzionale  (artt. 24,  103  e  113  Cost.), il quale non prevede
alcuna  riserva  di  amministrazione,  nel  senso di sottrarre atti o
materie alla giurisdizione. Pertanto, anche in materia d'impugnazione
dei   verbali   di   violazione   lo   speciale   rimedio  di  natura
amministrativa  non  costituisce  impedimento  all'esplicazione della
tutela  giurisdizionale.  Tale  principio  e'  stato  affermato nella
sentenza  n. 5897  del 1° luglio 1997, nella quale le sezioni unite -
sulla  scorta  della  giurisprudenza  costituzionale - sono pervenute
alla  conclusione  che il ricorso al Prefetto di cui all'art. 203 del
codice stradale (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), lungi dal costituire
un  rimedio  esclusivo,  ha  carattere  meramente  facoltativo  e non
costituisce   neppure,   quindi,  una  condizione  di  proponibilita'
dell'azione  giudiziaria».  E'  la  stessa  Cassazione  a  ricordarci
l'univoco  orientamento della giurisprudenza costituzionale in merito
(v.  sentt.  nn. 255  e  311  del  1994, ord. n. 315 del 1995 e sent.
n. 437  del 1995). Ed infatti, in merito alla lesione della immediata
operativita'  oltre che dell'art. 24 Cost. anche dell'art. 113 Cost.,
va ribadito che il verbale di accertamento e' atto definitivo;
          e)   l'art. 204-bis,   terzo  comma,  si  pone  inoltre  in
contrasto  con  gli  artt. 3,  24  e 113 Cost. sotto il profilo della
irragionevolezza della scelta operata dal legislatore in quanto:
          e1)  in  via  generale, siffatta (tipologia di) cauzione e'
prevista,  nell'ordinamento  giuridico italiano, solo per questo tipo
del ricorso ma in assenza di una qualunque valida giustificazione (se
non  quella  appunto  -  incostituzionale - di limitare l'accesso del
singolo alla giurisdizione) della differenza intercorrente fra questo
tipo del ricorso ed ogni altro mezzo di tutela giurisdizionale;
          e2)  nello  specifico,  non  si  individua  la  ragionevole
giustificazione  della  previsione  di  siffatta  cauzione  contro il
«verbale    di    accertamento»   ma   non   contro   la   successiva
ordinanza-ingiunzione  pur  riguardante  il  medesimo  fatto;  a  tal
proposito  non  si  comprende  quale sia la ragione che differenzi il
ricorso  ex  art. 204-bis  cit.  da quello successivo (riguardante la
posteriore    ordinanza-ingiunzione),    giacche'   il   ricorso   ex
art. 204-bis dovrebbe piuttosto essere incentivato in quanto fonte di
risparmio (di tempo e lavoro) per stessa P.A. oltre che per rapidita'
degli esiti e della immediatezza della eventuale sanzione;
          e3)  ancor  piu'  nello specifico (dal punto di vista della
«ragionevolezza  interna»  della  scelta  legislativa)  la previsione
dell'obbligo  di  deposito  di  una  cauzione  pari  al  doppio della
sanzione   inflitta   con   il   «verbale   di  accertamento»  appare
spropositata nel quantum (nel caso di specie, ad esempio, la sanzione
-  che  il  ricorrente  e'  chiamato  a pagare - e' pari a Euro 68,25
mentre  la  cauzione - meta' del massimo della sanzione edittale - da
versare  e'  pari  a  Euro  137,55,  cioe'  il  doppio  di  quanto il
ricorrente  dovrebbe  versare con la semplice «multa»; e questo esito
si  ottiene  praticamente  in tutti i casi); e, del resto, qualora si
affermasse  che la cauzione debba essere pari alla sanzione da pagare
con  il  «verbale»  si  ricadrebbe in una fattispecie simile a quella
(gia'  dichiarata  incostituzionale  dalla  Corte)  del c.d. solve et
repete  (e  dunque  la  cauzione  ex  art. 204-bis, terzo comma, cod.
strada e' in realta' piu' gravosa dello stesso solve et repete!);
          f)  l'art. 204-bis,  terzo comma, si rivela ad ogni modo in
contrasto, con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede
per  i  non  abbienti  la possibilita' di non deposito della cauzione
medesima.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 mazzo 1953, n. 87;
    Ritenuta,  per  le ragioni esposte in motivazione, la rilevanza e
la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale,  solleva  dinanzi alla Corte costituzionale questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis, terzo comma, del
decreto  legislativo  n. 285 del 30 aprile 1992 cosi' come introdotto
dall'art. 1-septies della legge 1° agosto 2003 n. 214, per violazione
degli  artt. 3,  24,  111  e  113  della  Costituzione per le ragioni
sopraesposte;
    Per   l'effetto   dispone   la  sospensione  del  giudizio  e  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  all'autorita'  che  ha emesso il provvedimento impugnato,
alla  parte  ricorrente,  e al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.
        Pescina, addi' 24 novembre 2003.
                    Il giudice di pace: Leombruni
04C0499