N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2004
Ordinanza emessa il 22 gennaio 2004 dal giudice di pace di Chieti nel procedimento civile vertente tra Crovace Giampiero e Ufficio territoriale del Governo di Chieti Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento in danno dei soggetti non abbienti - Discriminazione di ordine economico-sociale limitativa di fatto della liberta' e dell'uguaglianza - Contrasto con il valore assoluto della persona umana e con i diritti fondamentali dell'individuo - Violazione del diritto di azione e difesa - Ingiustificata posizione di vantaggio per la Pubblica Amministrazione. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.17 del 28-4-2004 )
IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva; Letto il ricorso n. 533/C, depositato il 2 ottobre 2003 da Crovace Giampiero, rappresentato e difeso dagli avv.ti Frattura e Antonelli, con cui si impugna il verbale di contravvenzione n. 148515210 elevato in data 3 agosto 2003 dai Carabinieri di Lanciano in agro del comune di Lanciano, notificato a mani proprie del ricorrente in pari data; Esaminata la documentazione allegata, accertato che il ricorso, tempestivamente proposto, non e' stato accompagnato dal deposito prescritto dall'art. 204-bis del codice della strada, di tal che dovrebbe essere dichiarato inammissibile; Rilevato che l'opponente ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge il decreto legge 27 giugno 2003, n. 151; Ritenuto che nel caso de quo il collegamento giuridico tra la res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale appare rilevante: infatti, ove si ritenesse l'art. 204-bis del decreto legislativo n 285/1992, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 conforme a Costituzione, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile mentre ove, per contro, si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione dovra' essere esaminata nel merito; Ritenuta la non manifesta infondatezza: per violazione degli articoli 2 e 3 Costituzione in quanto la normativa in parola pone i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di disuguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di poter tutelare i propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace. Ne' e' sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare ricorso al Prefetto in quanto tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto a maggior ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente a soggetti facoltosi sia in quanto la scelta ove tutelare i propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i cittadini sul piano economico e sociale limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto normativo in oggetto possa essere ritenuto incostituzionale in quanto l'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che compito della Repubblica e' rimuovere non creare ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Altresi' lo stesso dato normativo della cui costituzionalita' si dubita lede anche l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustando uno dei diritti fondamentali dell'individuo; per violazione dell'art. 24 della Costituzione. L'ingiustificato ostacolo imposto per la tutela dei diritti del cittadino nella sola sede giurisdizionale contrasta con l'art .24 della Costituzione il quale espressamente prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed aggiunge che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Il fatto poi che, in base alla legge 689/1981, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta per cui il ricorso non e' soggetto a contributo unificato contrasta clamorosamente con l'obbligo di versare la cauzione. L'art. 204-bis pone su una diversa posizione il cittadino e la pubblica amministrazione; quest'ultima vede notevolmente rafforzato il suo potere impositivo senza una reale possibilita' di difesa per il cittadino basti pensare che la cauzione da versare e' spesso una somma di denaro doppia a quella che consentirebbe al cives di definire la pendenza mediante il pagamento in misura ridotta. L'autorita' opposta si trova ad avere un ingiusto vantaggio in quanto, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria ha immediatamente a propria disposizione quanto eventualmente dovuto. Peraltro, il citato art. 204-bis, nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di tutela che quest'ultimo ha a propria disposizione, costringendo i meno facoltosi a presentare ricorso al Prefetto per la tutela dei propri diritti,sede in cui in caso di accoglimento,il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l'assistenza di un professionista ma neppure delle spese vive sostenute e cosi' vanificando anche il principio della soccombenza.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953, ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazione, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede che all'atto del deposito del ricorso il ricorrente debba versare a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore; Sospende il presente giudizio n. 533/C/03 del ruolo generale; Manda alla cancelleria per provvedere alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per notificare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri; Manda alla cancelleria per comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lanciano, addi' 9 gennaio 2004 Il giudice di pace: Anello 04C0510