N. 407 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2003

Ordinanza  emessa  il 28 ottobre 2003 dal giudice di pace di Roma nel
procedimento civile vertente tra Petrangolo Antonio e Comune di Roma

Circolazione  stradale  -  Regolamentazione  della  circolazione  nei
  centri  abitati - Facolta' dei Comuni, quali enti proprietari della
  strada,  di  subordinare  il  parcheggio  e la sosta dei veicoli al
  pagamento  di  una  somma  (c.d.  ticket)  -  Delega della relativa
  disciplina  al  Governo - Mancata indicazione di principi e criteri
  direttivi  in  ordine  alle  zone  da  sottoporre  a vincolo e alla
  tariffazione   -   Previsione,   nella   sola  normativa  delegata,
  dell'emanazione di direttive ministeriali per i Comuni - Eccesso di
  delega  - Incidenza sulla liberta' di circolazione - Violazione dei
  principi   di  eguaglianza  e  di  imparzialita'  amministrativa  -
  Impedimento  alla  fruizione  in  condizioni  di  parita'  del bene
  demaniale della strada - Discriminazione dei cittadini in base alle
  condizioni  economiche  -  Contrasto  con il principio di capacita'
  contributiva  -  Violazione  della  riserva  di legge in materia di
  prestazioni patrimoniali imposte.
- Legge  13  giugno  1991,  n. 190, art. 2, comma 1, lett. f) [recte:
  d)];  codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 7,
  comma 1, lett. f).
- Costituzione, artt. 3, 16, 23 e 76 [53 e 97].
(GU n.20 del 19-5-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha  emesso  la  seguente ordinanza nella causa iscritta al numero
586  contenzioso  anno 01, tra avv. Antonio Petrangolo, elettivamente
domiciliato  in  Roma, via dei Villini n. 18 e difeso dal medesimo ex
art. 86  c.p.c.,  attore,  e  comune  di Roma, in persona del sindaco
legale rappresentante, convenuto contumace.

                          Premesso in fatto

    Il  sig.  avv. A. Petrangolo ha proposto ricorso avverso sanzione
amministrativa  inflittagli  per avere omesso il pagamento del ticket
relativo al parcometro (art. 7, lettera f, codice strada).
    Deduceva   il   ricorrente   l'incompetenza  dell'ausiliario  del
traffico  che  aveva  elevato la relativa contravvenzione. Il giudice
d'ufficio  sollevava  eccezione  d'incostituzionalita', come appresso
motivata per violazione artt. 76, 16, 3, 23 Cost.

                            D i r i t t o

    1.  -  Violazione  articolo  76  della  Costituzione:  eccesso di
delega.
    Il potere dei comuni, quali proprietari delle strade comunali, di
subordinare il parcheggio e la sosta nelle strade al pagamento di una
somma,  trova  il  suo  titolo  nella  legge delega al Governo per la
formazione  del  codice  della  strada 13 giugno 1991 n. 190, art. 2,
lettera  d), che nello stabilire l'oggetto dell'emanando codice della
strada,  sancisce, tra l'altro ...: ... «d) previsione della facolta'
dell'ente proprietario della strada di subordinare il parcheggio e la
sosta  dei  veicoli  al  pagamento  di  una  somma», senza null'altro
aggiungere  e/o specificare in ordine ai principi e criteri direttivi
di tale subordinazione, ne' in ordine ai criteri impositivi.
    Eppure  la  Costituzione ha circoscritto entro limiti ben precisi
il ricorso alla delega legislativa, al fine di impedire le cosiddette
deleghe  in  bianco. E' per questo che l'articolo 76 Cost. stabilisce
in  maniera  esplicita  quali limiti insormontabili alla delega della
funzione legislativa:
        1) la determinazione, esclusivamente da parte del Parlamento,
dei principi e criteri direttivi;
        2) il tempo limitato;
        3) l'oggetto che deve essere ben definito e circoscritto.
    Nella fattispecie, risulta del tutto omessa la determinazione dei
principi e criteri direttivi e di valutazione che possono rendere una
zona di tale eccezionale rilevanza, rispetto al tessuto urbanistico e
alle caratteristiche ordinarie dello stesso, da rendere necessario il
pagamento del cosiddetto ticket.
    Omesso  e' altresi' ogni criterio di determinazione della tariffa
di  pagamento  neppure  nei  suoi  limiti  minimi e massimi: siamo in
realta',  in  presenza  di  una  vera  delega in bianco, che priva il
cittadino di ogni garanzia, a fronte di decisioni spesso, in realta',
arbitrarie  del  potere  esecutivo,  sia  in  ordine  alle  localita'
sottoposte a vincolo, sia in ordine alle somme da pagare.
    Ne'   tali   criteri  possono  essere  individuati  nel  generico
riferimento  alle  esigenze di tutela della sicurezza stradale di cui
al  primo  comma,  articolo  2,  legge  n. 190/1991: tale criterio e'
invero  riferito  genericamente  alla disciplina generale dell'intero
codice  della  strada,  ma non e' riferito, ne' importa ex se, alcuna
implicazione  precisa  e determinata in ordine alla scelta dei luoghi
determinati  da sottoporre all'onere del pagamento, ne' ai criteri di
determinazione delle somme da imporre.
    L'impossibilita'   di   assumere  quello  della  sicurezza  della
circolazione  quale  criterio,  per  la  fattispecie  che  interessa,
risulta  del  resto  dalla  intrinseca  mancanza  di  ragionevolezza,
illogicita' e inadeguatezza dello strumento, giacche' la stessa auto,
parcheggiata  nel  medesimo  posto  non  rende  la  circolazione piu'
sicura, se il parcheggio e' a pagamento anziche' essere gratuito.
    Si  tratta  sempre  del  medesimo  posto,  occupato,  nel caso di
parcheggio  gratuito,  da  chi  si  serve  della  strada uti cives (o
equiparato),  nel  secondo  caso,  da  quel  cives  che  ha  maggiori
possibilita'    economiche:    cambia    la    posizione   soggettiva
dell'occupante,  non  la  sicurezza  della  circolazione, posto che i
posti  per  il  parcheggio  (gratuito  o a pagamento) sono sempre gli
stessi.
    Appare  evidente  che  quindi,  nella  specie,  non essendo stati
predeterminati  nella  legge  di  delegazione  i principi e i criteri
direttivi   relativamente  al  parcheggio  a  pagamento,  non  appare
infondato  ritenere  esistente  la  violazione dell'articolo 76 della
Costituzione, con eccesso di delega.
    La    Costituzione,   invece,   obbliga   il   legislatore   alla
predeterminazione  dei  principi  e  criteri  direttivi,  al  fine di
evitare,  come  sta  in  realta'  accadendo,  che il potere normativo
concesso  all'esecutivo  possa  essere  esercitato in modo divergente
dalle  finalita' che lo ispirano: se tali finalita' non sono chiare e
precise,  l'Esecutivo  ha modo di giustificare ogni proprio arbitrio.
«Quando  la  determinazione  dei principi e criteri manchi, oppure si
identifichi con la mera indicazione dell'oggetto stesso della delega,
si  puo'  avere  nell'atto  delegante  illegittimita'  costituzionale
rilevabile».  (Cons.  St.  IV,  14 maggio 1974, n. 360). «Se la legge
delegante  non  contiene  neanche  in  parte  i requisiti relativi ai
principi  ai  criteri  direttivi sorge il contrasto tra l'articolo 76
Cost.  e  norma  delegante,  denunciabile  al  sindacato  della Corte
costituzionale». (C. cost. 26 gennaio 1957, n. 3).
    Nella specie l'omissione nella legge di delega dei principi e dei
criteri   direttivi,  stabiliti  in  maniera  uniforme  per  l'intero
territorio  nazionale,  ha  prodotto situazioni aberranti, sia quanto
alla   continua   estensione   delle   zone   soggette  al  pagamento
(comprendendovi anche zone periferiche, di nessun eccezionale rilievo
urbanistico)  spesso  su sollecitazione dei cittadini residenti (che,
con  il  parcheggio  a pagamento, vengono in pratica ad acquisire una
servitu'  di  fatto,  aumentando il valore del proprio immobile), sia
quanto ai criteri di determinazione del ticket, variabili non solo da
citta'  a  citta',  ma altresi' per la stessa citta', a seconda delle
zone e delle ore.
    In  pratica  e'  la  commercializzazione  di quel bene demaniale,
d'uso  generale  immediato e gratuito, che e' la strada, del quale il
codice     prevede     l'inalienabilita'     (art. 822     c.c.)    e
l'incommerciabilita'.
    Non   va  sottaciuta  la  circostanza  che  la  stessa  autorita'
delegata,  resasi  conto  del  vuoto normativo in ordine ai criteri e
principi  direttivi di cui trattasi, ha cercato, a suo modo, di porvi
rimedio,  stabilendo  nel  codice  della  strada, (d.P.R. n. 85/1992,
art. 7,  lett.  f),  di demandare al Ministro dei lavori pubblici, di
concerto  con la Presidenza del Consiglio, il compito di stabilire le
direttive  in  ordine  alle deliberazioni delle giunte comunali delle
aree  destinate  a  parcheggio, nonche' le condizioni e tariffe: tale
soluzione  non sana l'illegittimita' rilevata, anzi ne costituisce un
ulteriore  aggravamento.  Invero  l'articolo  76 Cost. stabilisce una
riserva  di  legge  in  materia disponendo che i principi e i criteri
direttivi,  relativi  alla  materia delegata, devono essere stabiliti
solo  dal  Parlamento  e  adottati  con l'atto formale della legge di
delegazione.
    Nella  specie  non  solo  il  Parlamento ha omesso nella legge di
delegazione di formulare detti principi, ma il Governo, sua sponte e,
a  sua  volta  senza  neppure averne ricevuto una seppure impossibile
delega, ha delegato un suo Ministro all'emanazione di detti criteri.
    E'  evidente la violazione non solo dell'articolo 76 Cost., ma il
difetto  assoluto  di  potere  del  Ministro  dei  lavori pubblici in
materia,  realizzandosi  in  tal  modo  quella  forma  piu'  grave di
incompetenza del soggetto denominata «straripamento di potere».
    A  completamento della situazione giova ricordare che la legge 22
marzo  2001,  n. 85,  di delega al Governo per la revisione del nuovo
codice  della  strada, pur prevedendo all'articolo 2, numero 7, lett.
o),  la facolta' del Governo di rivedere la disciplina del parcheggio
nei  centri  abitati,  nulla  dice  riguardo ai principi e ai criteri
direttivi di tale disciplina.
    2. - Violazione articolo 16 della Costituzione.
    A  norma  dell'articolo 16 Cost. «Ogni cittadino puo' circolare e
soggiornare  liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale,
salvo  la  limitazione  che  la  legge stabilisce in via generale per
motivi   di  sanita'  e  sicurezza ...».  Nella  nostra  Costituzione
pertanto  la  liberta'  di  circolazione  e' sottoposta alla seguente
tutela:
        1)  riserva  di  legge  («salvo  le  limitazioni che la legge
stabilisce ...»);
        2)  possibilita'  di  limitazione  circoscritta  a  motivi di
sanita' e sicurezza.
    L'articolo  16  Cost.  risulta  violato in ordine ai motivi con i
quali  si  possa giustificare la limitazione di cui trattasi: a norma
dell'articolo  16  essi  possono  essere costituiti solo da motivi di
sanita' e sicurezza.
    Nella  specie, la legge n. 190/1991 non indica alcuna motivazione
in  ordine  ai  criteri delle aree da sottoporre a vincolo, come gia'
visto  a  proposito  dell'articolo  76 Cost., lasciando in tale campo
assoluta  liberta' all'Esecutivo. In merito va ricordato che l'ambito
dell'articolo  16  Cost.  non  puo' essere circoscritto alla liberta'
della  circolazione  delle  persone  come  pedoni, escludendo da tale
ambito e dalla relativa tutela i mezzi di circolazione.
    Una   simile   interpretazione   dell'art. 16  sarebbe  priva  di
fondamento  logico,  letterale  e  storico  e sarebbe certo al di la'
della realta'.
    L'uomo,  quale essere ragionevole, si e' dato da sempre dei mezzi
che  l'hanno  aiutato  (cavallo,  carro,  cicli,  auto,  ecc.)  nella
circolazione  moltiplicando gli effetti dello sforzo muscolare. L'uso
di  tali mezzi e' divenuto indispensabile man mano che si sono estese
le  citta'  e  moltiplicati  i  rapporti;  l'avvento dell'auto ha poi
annullato  le  distanze  intensificando  i  rapporti  di  lavoro  e i
traffici, i rapporti sociali.
    Sarebbe impensabile mantenere l'attuale livello di sviluppo senza
l'ausilio  di  tali mezzi di circolazione: incidere sulla liberta' di
circolazione  dei  mezzi e' come agire sulla liberta' di circolazione
delle persone.
    Se  la tutela della circolazione fosse limitata alla tutela della
persona   fisica   del  pedone,  il  Costituente  non  avrebbe  avuto
necessita'  di  curare, accanto all'articolo 13 Cost. (liberta' della
persona),   l'articolo  16  (liberta'  di  circolazione)  essendo  la
liberta'  di circolazione della persona fisica - pedone gia' compresa
nell'articolo 13 Cost.
    Una  tutela  della  circolazione  limitata  ai pedoni sarebbe una
garanzia cosi' fuori del tempo da considerarsi irridente e irrisoria,
ove  si  pensi  all'enorme  estensione  delle  metropoli, alle grandi
distanze  per  raggiungere  posti  di  lavoro e agli intensi rapporti
interpersonali  che  caratterizzano  la  nostra  epoca,  nonche' alle
insufficienze croniche, mai superate dei mezzi pubblici di trasporto.
    Garantire   la   liberta'   di   circolazione   senza   garantire
contestualmente  la possibilita' di usare mezzi idonei alla stessa e'
contraddittorio, giacche' non puo' aversi circolazione adeguata senza
mezzi  idonei;  una  circolazione  solamente  pedonale o riservata ai
mezzi  pubblici  (notoriamente  insufficienti) paralizzerebbe la vita
economica e sociale.
    Pertanto,  le  limitazioni  di  cui  all'articolo 16 Cost. devono
essere  riferite anche ai mezzi di trasporto, sia quanto alla riserva
di  legge  sia  quanto  alle  motivazioni  che possono essere solo di
sanita' e di sicurezza.
    Nella  legge  di delega n. 190/1991, come sopra ricordato, non vi
e'   alcuna   limitazione   o  indicazione  sui  motivi  che  possono
legittimare  il  parcheggio  a  pagamento  ne' sui principi e criteri
direttivi della scelta delle aree da sottoporre a vincolo. Tutto cio'
non  solo  costituisce violazione dell'articolo 76 Cost., ma altresi'
dell'articolo  16: ai sensi dell'art. 16 Cost. la materia puo' essere
disciplinata  solo  con  legge  formale,  almeno quanto ai principi e
criteri  direttivi,  e  non rimessa alla discrezione del Ministro dei
lavori  pubblici,  come avvenuto con la delega ex articolo 7, lettera
f) del codice della strada.
    Anche quanto ai motivi, sono in realta' inesistenti le ragioni di
sicurezza  e/o  sanita'  previste  dalla  Costituzione:  se invero il
pericolo  per  la  sicurezza  o  sanita'  fosse dato dall'occupazione
dell'area  con il parcheggio, tale occupazione - e quindi il pericolo
- rimane, come sopra accennato, anche se l'area viene occupata dietro
pagamento,  anziche'  essere gratuita, nessun vantaggio ne segue alla
sanita' e alla sicurezza pubblica dal pagamento.
    Neppure puo' ritenersi che diminuisca il flusso delle auto, posto
che non diminuisce il numero dei posti occupabili per il parcheggio.
    E'  di  tutta  evidenza che il ricorso a motivazioni di sicurezza
e/o  di sanita' o di buon uso della strada e' del tutto pretestuoso e
di comodo, ed evidenzia cosi' la irragionevolezza del provvedimento.
    Tutto cio' trova conferma nelle stesse delibere degli enti locali
(vedi  delibera Comune di Roma 1° dicembre 1995 ove puo' leggersi «la
tariffazione del posto privato costituisce l'elemento strategicamente
piu' forte per l'indirizzo della domanda di trasporto verso i vettori
collettivi»),  confermando  in  tal  modo  l'inesistenza di motivi di
sicurezza  e  sanita'  e la rispondenza del provvedimento a motivi di
politica   dei   trasporti,  ove  vengono  fatte  valere  motivazioni
(scoraggiare l'uso dell'auto privata) non previste, anzi in contrasto
con  la  Costituzione,  in  una  situazione ove, data la gia' notoria
insufficienza  dei trasporti pubblici, incidere nel trasporto privato
significa   privare   il   cittadino   di  un  fondamentale  diritto,
spettantegli  non solo uti cives, ma altresi' quale uomo, costituendo
il  diritto  alla circolazione uno dei fondamentali diritti dell'uomo
(vedi  articolo  13 Dichiarazione diritti dell'uomo 12 dicembre 1948;
art. 12 Patto internazionale dei diritti civili e politici - New York
1978;  art.  2  Convenzione  europea  sui  diritti  dell'uomo  - Roma
4 novembre 1950).
    In  realta',  nella  specie,  prendendosi  a pretesto il buon uso
della strada, si tende a raggiungere scopi non previsti dalla legge e
in contrasto con le liberta' costituzionali.
    L'onere  cosi'  imposto agli utenti della strada da', in realta',
vita ad un istituto nullo, perche' privo di causa giuridica: esso non
e' per la legge ne' un'imposta, ne' una tassa, ne' un contributo, non
avendo  nessuna  di  tale  qualificazione:  ne'  puo' essere ritenuto
prezzo  pubblico,  essendo  inesistente la custodia, del cui servizio
dovrebbe essere il corrispettivo: in piu' vi e' la considerazione che
la  strada,  quale  bene  demaniale,  e'  stata gia' costruita con il
danaro  dei  cittadini,  i  quali  sono, cosi', nuovamente chiamati a
pagare,  per quello stesso bene, il cui uso dovrebbe essere gratuito,
dovendo  il  relativo costo essere coperto con le imposte, essendo la
strada un servizio a utilita' generale e indivisibile.
    3. - Violazione articolo 3 della Costituzione.
    Se  poi  si  volesse  sostenere  che  il  parcometro  a pagamento
costituisca  un  mezzo per scoraggiare il mezzo del veicolo, non puo'
non  evidenziarsi la illegittimita' costituzionale che ne deriva, per
violazione   del   principio  di  uguaglianza  dei  cittadini,  senza
distinzioni  legate  alle  condizioni personali e sociali, nonche' al
principio   di   imparzialita'   dell'azione  amministrativa  di  cui
all'articolo 97 Cost.
    In   verita'   nell'accesso  ad  un  servizio  pubblico  talmente
essenziale  e generale quale la strada, al punto che essa, per la sua
intrinseca  destinazione all'uso immediato e diretto dei cittadini e'
dalla  legge annoverata esplicitamente tra i beni demaniali (art. 822
c.c.),  inalienabili  e  incommerciabili,  viene  operata  una  grave
discriminazione,  privilegiando  chi  paga  il  ticket e cioe' chi ha
maggiori possibilita' economiche.
    Tale   preferenza,   accordata   a   chi   ha  tali  possibilita'
nell'accesso  a  detto  servizio  pubblico,  viene  a realizzarsi, in
realta',   sulla   base   delle   condizioni   economiche   personali
dell'utente:  a  norma  dell'articolo 3 Cost., tale criterio non puo'
essere  assunto  quale metro discriminatorio, violandosi il principio
di uguaglianza di trattamento garantito dalla Costituzione.
    E'  evidente la differenza di trattamento che ne consegue tra chi
e'  in  grado  di  pagare  il  ticket (che per una giornata di lavoro
raggiunge  il livello minimo notevole di 8/10 euro circa) a fronte di
chi non abbia tali possibilita'.
    Al  primo  e'  concesso,  in  conseguenza  delle  sue  condizioni
economiche,  di  usufruire della strada e delle relative possibilita'
di  parcheggio; al secondo tale possibilita' viene negata in forza di
una  norma  che  gli  impone  un  onere  sproporzionato  alle proprie
possibilita'.
    Tale rilievo risulta poi in tutta la sua gravita' ove si rifletta
che  la  Costituzione  all'articolo  3,  secondo  comma,  recita: «E'
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale  che,  limitando  di  fatto  la  liberta' e l'uguaglianza dei
cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo della persona umana e la
effettiva  partecipazione  di  tutti i lavoratori alla organizzazione
politica, economica, sociale del Paese».
    Se  si riflette che l'automobile e' oggi, data l'estensione delle
citta',  il  pendolarismo,  la cronica inefficienza e/o insufficienza
dei  mezzi  pubblici  di trasporto, il mezzo ordinario per recarsi al
lavoro,  ne  segue che i lavoratori e i meno abbienti, che dovrebbero
essere  quelli  meglio  tutelati dallo Stato, sono invece quelli piu'
colpiti e discriminati: basti pensare che la retribuzione media di un
impiegato e' di 1.200 euro circa mensili, il ticket in media e' in un
euro  l'ora. Per 8 ore giornaliere per 25 giorni mensili, il costo e'
di  circa  200 euro, cioe' circa un sesto dello stipendio, il che non
puo'  essere  ritenuto  equo  e conforme al principio della capacita'
contributiva,  cui  dovrebbe ispirarsi ogni prestazione patrimoniale,
richiesta autoritativamente, ai sensi dell'articolo 53 Cost.
    4. - Violazione articolo 23 della Costituzione.
    Va  altresi'  evidenziato  che la tariffazione del parcometro non
trova  nella  legge  n. 490/1991  di  delegazione  alcun  criterio di
determinazione, lasciandosi tutto al mero arbitrio dell'Esecutivo, in
palese  violazione  dell'articolo  23  Cost.:  ne'  migliore sorta e'
toccata  sul  punto  alla legge n. 85/2001 di delega per la revisione
del nuovo codice della strada.
    In  merito  la  Corte  costituzionale  ha  da  tempo  sancito  il
principio  che  «il  carattere  impositorio  della prestazione non e'
escluso per il solo fatto che la richiesta del servizio dipenda dalla
volonta' del privato: ed invero tutte le volte in cui un servizio, in
considerazione di una sua particolare rilevanza, venga riservato alla
mano  pubblica  e  l'uso  di  esso  sia da considerarsi essenziale ai
bisogni  della  vita,  e'  d'uopo  riconoscere  che la determinazione
autoritaria  delle tariffe deve assimilarsi nella realta' ad una vera
e propria imposizione patrimoniale.
    Se  e'  vero  che  il  cittadino  e'  libero di stipulare o no un
contratto,  e'  altrettanto  vero  che questa liberta' si riduce alla
possibilita'  di scegliere fra la rinunzia di un bisogno essenziale e
l'accettazione   di   condizioni  e  di  obblighi  unilateralmente  e
autoritariamente prefissati.
    Si  tratta insomma di una liberta' formale, perche' la scelta nel
primo  senso  comporta il sacrificio di interesse assai rilevante. Si
deve  quindi  ritenere che quando si tratta di un servizio essenziale
(e  nessuno  puo'  dubitare  che tale sia quello del parcheggio sulle
strade  urbane),  la  determinazione  delle  tariffe non possa essere
rimessa  all'arbitrio  delle  autorita', ma debba essere assistita da
quelle  garanzie  che la Costituzione ha voluto assicurare attraverso
la riserva di legge (art. 23 Cost.)», (Corte, costituzionale 9 aprile
1963,  n. 72),  con  la  indicazione,  almeno,  dei  criteri idonei a
delimitare  la  discrezionalita'  della  pubblica ammiistrazione, per
cio'  che  attiene sia al quantum che ai soggetti passivi (vedi Corte
costituzionale n. 210/1971; idem n. 67/1973; idem n. 93/1963) al fine
di escludere che la discrezionalita' si trasformi in arbitrio.
    Nella  specie  la  legge n. 190/1991 non contiene nessun criterio
non  solo  quanto  alle zone da sottoporre al vincolo come sopra gia'
ricordato,  ma  neppure  in  ordine  ai  criteri per la tariffazione,
neppure  quanto  ai  limiti  minimi  e massimi: sotto tale profilo si
ritiene  sussistano  fondati  dubbi di costituzionalita' (v. C. cost.
n. 36  del  27  giugno  1953;  idem  n. 2  del  30 gennaio 1962; idem
n. 70/1960; idem n. 65/1962; idem n. 210/1971; idem n. 257/1982).
                              P. Q. M.
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,  comma 1,  lettera f)
della legge di delega n. 190/1991 e dell'articolo 7, comma 1, lettera
f)  del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in relazione agli
articoli  76,  3,  16, 23 della Costituzione nella parte in cui viene
delegata  la  disciplina  della facolta' dell'ente proprietario della
strada  di  subordinare  il  parcheggio  e  la  sosta  dei veicoli al
pagamento  di  una somma, senza la previa determinazione con la legge
di delega dei principi e criteri direttivi sia in ordine alle zone da
sottoporre  a  vincolo  sia  in  ordine  alla tariffazione, impedendo
altresi'  ai  cittadini  di  fruire in condizioni di parita' del bene
demaniale  della  strada,  ma  discriminando  gli stessi in base alle
condizioni economiche;
    Rimette  le  eccezioni di incostituzionalita' sopra indicate alla
Corte  cotituzionale  al  fine  della  relativa decisione; a tal fine
dispone che, previa notificazione della presente ordinanza alle parti
in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la sua
comunicazione al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente
del Senato della Repubblica, da effettuarsi a cura della cancelleria,
la stessa sia trasmessa alla Corte costituzionale a cura della stessa
cancelleria  unitamente  agli  atti  di  causa  e  alla  prova  delle
notificazioni  e  comunicazioni previste dall'articolo 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87.
        Roma, addi' 28 ottobre 2003
                     Il giudice di pace: Claudio
04C0558